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Recupero di Incantesimi

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  1. soul of art and anarchy
     
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    Caposcuola
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    Lucidità…”. Gli sfuggì una tetra risata, che spirò svelta in uno sghembo sorriso dalle amare sfumature, quasi una smorfia. - Se questo è il prerequisito per contrastare l’incantesimo, resterò alla tua mercé probabilmente per l’eternità. - sentenziò con verbo senza dubbio alcuno melodrammatico e teatrale enfasi, eppure non disonesto: da tempo oramai aveva infatti obliato la sensazione d’esser appieno lucido. Persino in quelle ultime settimane in cui aveva diminuito le dosi degli stabilizzatori dell’umore, la sua mente giaceva in un perenne e vago torpore, assoggettata al caos dei propri contraddittori pensieri e delle proprie creative ispirazioni, a cui falliva nel donar ordine. Solo di tanto in tanto, e difficilmente su proprio intento, una folgore di lucidità squarciava la tempesta imperversante nella sua scatola cranica ed i suoi ragionamenti divenivano nitidi e vividi, precisi e perspicaci, permettendogli d’eccellere contro ogni vaticino. Tuttavia…tuttavia André dubitava che sarebbe stato sufficiente…che la sua ragione per quanto voluttuosa e feroce potesse sopraffare il talento magico del Serpeverde dallo sguardo di tenebrosi e tortuosi abissi, di cui aveva notato le doti in diverse occasioni. - Comunque, confido nel fatto che presto o tardi ti stancherai di far il burattinaio della mia mente. -.
    Lo sghembo sorriso dell’aspirante cantautore si modellò in un malandrino e beffardo ghigno, allorché Rick gli palesò la prospettiva di poter a sua volta tentare di manipolare la sua ben protetta mente, presentandogliela come un'allettante occasione di riscatto, persino di vendetta. - Con piacere - l’intento fu di suonar ironico, poiché Dottor Jekyll non avrebbe tormentato la mente del giovane dalla torbida e artificiosa identità con malsano diletto. Eppure…eppure non poté che essere conscio di come Mr Hyde avrebbe invece gioito di poterne dominare l’inconscio, costringendolo in quel medesimo caos che sperimentava ogni giorno dacché aveva ricordo. Per non essere solo…per non essere l’unico sbagliato…l’unico incapace d’assecondare le proprie aspirazioni, di non deludere le proprie aspettative…l’unico fallimento.
    In pochi graffi di plettro, il distillato lo costrinse ad annegare nella morte apparente e lo rese così attore d’un dramma di cui gli erano ignoti gli atti, le battute, il fine…
    In principio, lo scenario gli apparve sfocato, dai contorni indefiniti e tremanti. A poco, a poco però ciò che lo circondava si fece nitido, persino più della realtà che osservava ogni giorno. E con le immagini, giunsero altresì i suoni: plurime voci irrequiete ed inquiete venivano sovrastate dal rumoreggiare di passi concitati – i propri stessi passi. Stava percorrendo ad ampie ed algide falcate un corridoio vegliato da persone che lo osservavano, che lo giudicavano per l’empio peccato che compiva ogni giorno: quello d’esistere.
    Due guardie proteggevano la porta della stanza degli interrogatori che sapeva essere la sua destinazione, ma non esitarono a concedergli d’oltrepassarne i battenti, salutandolo senza neppure guardarlo in volto. Erano Auror…erano suoi compagni…eppure lo ripudiarono come la feccia che avevano cacciato insieme, rischiando la vita missione dopo missione.
    La bilancia delle sue emozioni piombò nella negatività e il suo umore si fece tenebroso e tempestoso com’il suo sguardo, mentre prorompente gli aggrediva le viscere l’istinto di ferirli come loro lo avevano ferito con quello sdegno. Un istinto che tuttavia poté controllare, poiché aveva infine accettato Mr Hyde come parte di sé e anziché rinnegarlo, aveva appreso a dominarlo.
    Entrato nella sala, oltre il vetro riconobbe in pochi graffi di plettro suo padre: Roussell gli dava le spalle, chinato in avanti sull’interrogato a cui era pericolosamente prossimo, facendosi beffe d’ogni protocollo di sicurezza.
    - Che cosa vuoi da mio figlio? - l’Auror sbatté il pugno mancino sul tavolo ed il movimento permise ad André di scorger il volto dell’uomo che era stato catturato: fu come osservarsi in uno specchio e la meraviglia lo fece inconsciamente approssimare al vetro, sin quasi a sfiorarlo.
    Una risata malevola e folle proruppe dalla gola dell’uomo, che s’agitava come una maledetta fiera costretta in catene. - Ancora non l’hai capito? Non è tuo figlio… - un sibilo che fece scattare Roussell e lo indusse a puntargli la bacchetta alla gola. Fu a quel punto che l’interrogato si volse verso André e lo intrappolò con uno sguardo tempestoso, contraddittorio, sbagliato. Il suo stesso sguardo…
    Si voltò anche suo padre e, come se il vetro a specchio fosse scomparso, parve riuscire a vederlo, a guardarlo con delusione e risentimento. - Papà… - lo invocò con voce smarrita, cercando di trovare nell’uomo risposte e soluzioni come sempre aveva fatto, rialzandosi ad ogni fallimento sol per esser degno della sua approvazione.
    Per qualche effimero istante, l’aspirante cantautore credette che quello che aveva conosciuto come suo padre lo avesse udito, che si stesse allontanando dal Mangiamorte e lo stesse raggiungendo per chiarire quanto appena accaduto. Per rassicurarlo sul fatto che quelle non fossero altro che menzogne e che sarebbe sempre stato suo figlio, a prescindere dai propri errori, dai propri fallimenti. Tuttavia, allorché furono l’uno di fronte all’altro, Roussell non proferì verbo ed invece s’allontanò altresì dal suo cospetto, abbandonandolo, giudicandolo, ripudiandolo.
    Di repente si ritrovò dall’altro lato del vetro, incatenato ad una sedia. La spilla appuntata al suo petto iniziò a colare e le dorate lacrime cadenti gli arsero la pelle dell’avambraccio scoperto. Un avambraccio da cui un nero teschio lo osservava. - Il marchio…mi dispiace, papà…mi dispiace di non esser il figlio che volevi… -.


    Edited by soul of art and anarchy - 2/1/2023, 16:32
     
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