Barricades

Privata

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    Ci furono molti fattori a mio favore ed ora che Emily era ad Hogwarts mi resi conto solo di recente del fatto della possibilità di avere occhi e orecchie anche al castello in caso di bisogno e quel bisogno giunse infatti. SI stavo usando mia figlia, ma non le chiesi di fare chissà che, semplicemente mi avvisò di quando la scuola aveva dato a lei e ai compagni di Marsilda il via libera per Hogsmeade ed Emly fu talmente furba e scaltra da riuscire persino a dirmi di averla vista entrare a Mielandia.
    Dunque avevo mia figlia dalla mia parte e Mielandia era anche il locale di mia moglie, praticamente avevo creato un adescamento. Non sapevo se vantarmene o preoccuparmene, fatto stava che avevo raggiunto il mio obiettivo, per cui fieramente superai Emily dandole un pugnetto in segno di ottima riuscita.
    Dopo si meritava un premio.
    Azioni di spionaggio a parte, ora l'importante era riuscire a costruire un dialogo con Marsilda, nella speranza di fare un po' più di luce in questa nebbia che aleggiava su di lei e il rapporto con suo padre.
    Ciò che si erano inventati per quella sera era una palese balla, anche se questo Dexter era persino riuscito a confermare la sua versione, io non ero così stolto da crederci seduta stante, c'erano troppi buchi in quella storia, troppe cose campate per aria e soprattutto mi fidavo molto del mio istinto in certe situazioni e ciò che avevo assistito nel mio ufficio mi aveva fatto venire i brividi.
    Marsilda aveva una strana e timorosa reverenza verso suo padre che non sembrava essere sana per niente e così, eccomi qui, a ficcarmi in una situazione che non mi competeva e che nessuno aveva approvato.
    Renderla ufficiale era un azzardo, non potevo davvero avviare delle pratiche, era troppo presto e le mie erano solo supposizioni, per questo motivo avevo scelto di agire da solo, per assicurarmi maggiormente che nn mi stavo inventando tutto.
    Solo allora avrei potuto rendere ufficiali le mie indagini.
    Adesso ciò che stavo facendo era solo traducibile con un "non riesco a farmi i cazzi miei".
    Entrai a Mielandia e come un qualsiasi cliente iniziai a farmi strada tra i corridoi stupendomi ogni volta dei dolci incredibili che vendeva, camminai riuscendo finalmente a vederla intenta a osservare dei dolci a forma di diversi animaletti dai gusti più strani.
    Mi posizionai al suo fianco, come se nulla fosse, per poi abbassare lo sguardo su di lei sorridendo.
    "Ciao Marsilda, che coincidenza. Ma sai, è il locale di mia moglie questo, magari prima o poi ti avrei vista in ogni caso."
    La buttai li, non così convinto che ci credesse in realtà che fosse un incontro totalmente casuale e in realtà nemmeno volevo che ci credesse così tanto, magari se riuscivo a instillarle il dubbio potevo osservare qualche reazione, anche se c'era il rischio che si chiudesse a riccio.
    "Come stai?"
    Un'altra cosa che mi ero appuntato era anche la storia della sua famiglia, o almeno quello che suo padre aveva scelto di dirmi. Il fatto che avesse sposato una ballerina e avesse scelto di impedire invece alla figlia di danzare era un controsenso. Poteva semplicemente farle cambiare accademia di danza se il problema erano le persone, che brutte frequentazioni mai si potevano avere? E soprattutto, Marsilda a detta del padre frequentava solo idioti?
    Troppo assurdo. Soprattutto dato come sembrava essere la ragazza.
    "Spero tu non abbia avuto troppe ripercussioni per quello che è successo. Ne a scuola...ne a casa. Ne sarei molto dispiaciuto. Ho necessità di fare certezza su ciò in cui mi imbatto e non vorrei che tu ne abbia pagato alcune conseguente per la mia perizia."
    Dovevo cercare di capire se avesse intenzione di parlare un po' con me, non per forza di suo padre, ma in generale, sarebbe stato più che normale sentirsi in soggezione, ma dovevo fare del mio meglio per essere il più tranquillo possibile, a meno di sentire qualche vaccata stratosferica e ora che non c'era suo padre magari potevo sbilanciarmi un po'.
     
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    Mielandia è un bel posto, quel tipico locale in cui ogni ragazzino e bambino vorrebbe perdersi sperperando denaro a più non posso per poi ritrovarsi con i denti pieni di carie, ma il cuore colmo di soddisfazione.
    Capisco perchè piaccia tanto a Daisy, tutti questi colori sgargianti mi ricordano la sua personalità ed il modo in cui ti stordisce mettendo un sacco di parole una di fila all'altra. O perlomeno, questo era quello che usava fare una volta, perchè da quando è tornata da quel suo mese di malattia l'ho vista diversa, in un certo senso più cupa, e la faccenda mi preoccupa abbastanza.
    Non voglio che capiti un altro incidente come quello accaduto alla Cavanaugh, la mia amica Tassa non si merita tutto quello stress e mi manca vederla sorridere come una volta mentre siamo a lezione. E, odio ammetterlo, ma sento persino la mancanza di quei momenti in cui cercava di distrarmi con quei suoi commenti sconclusionati.
    Di mio non entrerei in questo negozio, non sono un'amante dei dolci e a volte è così pieno di caos e gente da farmi venire mal di testa, ma per lei posso fare un'eccezione e sforzarmi. Voglio prenderle qualche caramella e portargliela, così forse potrò vederla se non felice, perlomeno contenta di avere qualcosa di buono sotto i denti per qualche minuto.
    Il coniglietto rosa shocking che mi fissa da dietro il dispenser pare promettente, ma meglio evitare quella tipologia di animale per evitarle brutti ricordi visto quello che è accaduto al suo batuffolo... Si, prenderò qualche altra bestiolina, tipo quella tigre blu.
    Che strana scelta di colori e abbinamenti, comunque. Chi mai assocerebbe un carnivoro a quella sfumatura di cielo? E perchè non crearli del loro colore originario per dare più realismo?
    Mentre mi pongo queste domande da piccola signorina precisa quale sono una figura si avvicina a me, eppure gli presto attenzione solo quando apre bocca e mi chiama per nome. Quando alzo lo sguardo il volto che mi sorride è gentile, eppure non posso fare a meno di reagire sgranando gli occhi con mal celato terrore di fronte ai tratti del Capo Auror.
    Il panico mi urla in testa che è venuto a prendermi perchè ha scoperto tutto ed ora dovrò finire in prigione per aver coperto le azioni di mio padre, quindi dovrei solo buttarmi a terra e piangere chiedendo mille volte perdono per ciò che ho fatto, volevo solo compiere i miei doveri da figlia come mi era sempre stato imposto insegnato.
    Stringo la tracolla della borsa con entrambe le mani per tentare di mantenere la calma, mi aggrappo a quel sottile pezzo di stoffa come se fosse la mia unica ancora di salvezza, l'unico appiglio che mi trattiene dallo scappare via di corsa lasciandomi alle spalle per sempre quella vita così difficile.
    S-salve, signor Ramirez.
    Lo saluto con un filo di voce e nel frattempo lotto per ritrovare un po' della mia tipica compostezza. Papà dice che con le persone bisogna fingere di avere il controllo anche nei momenti peggiori, perchè se ti mostri debole è la fine. Lui è bravo a farlo, probabilmente ci è nato con questa capacità... Io non lo sono, non quanto lui, e forse non lo sarò mai.
    Mi rilasso nell'apprendere che vuole solo sapere come sono andate le cose dopo il nostro ultimo incontro, anche se una piccola parte di me si chiede quanto sia stato veramente casuale questo incontro. Forse mi ha seguita o qualcosa del genere, se non sbaglio sua figlia frequenta il primo anno dei Grifondoro insieme agli amici idioti della Cavanaugh... In ogni caso, non è qui per mettermi delle manette ai polsi, e questo mi rende felice.
    Sto bene, signore. La preside mi ha solo ammonita senza punirmi in alcun modo, dice che sono una brava studentessa ed è sicura che non combinerò più nulla del genere.
    Un lieve sorriso timido mi piega le labbra ed una luce di gratitudine m'illumina lo sguardo al ricordo di quel piccolo colloquio con la Rei. Sono sicura che papà mi avrebbe fatto passare eventuali punizioni o lavate di capo, visto che l'errore iniziale dopotutto è stato il suo, ma nulla è accaduto e la mia fedina scolastica è ancora praticamente intatta.
    Capisco che il suo intervento è stato necessario, non ce l'ho con lei.
    Perchè mi sento in dovere di rassicurarlo a riguardo? Come se gl'importasse l'opinione di una ragazzina come tante.
    E nemmeno i miei genitori ne sono rimasti risentiti, ho detto loro che ho capito la lezione e non uscirò più con quelle cattive compagnie. Purtroppo sono molto ingenua, signore.
    Ripeto meccanicamente quel discorso, quelle bugie su me stessa che non avrei più voluto sentire o dire, ma che purtroppo sono necessarie per mantenere la facciata che papà ha creato. Devo sforzarmi per lui, glielo devo per tutto quello che ha fatto per me, per ogni lezione che ha voluto impartirmi.
    Torno a guardare le caramelle, ne infilo una manciata in un sacchetto senza curarmi troppo di cosa prendo, toglierò eventuali conigli in seguito prima di darli a Daisy.
    Posso andare adesso? Vorrei portare queste alla mia migliore amica, le giuro che non ho in mente nulla di losco ma se vuole seguirmi per controllare si senta libero di farlo.
     
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    Non era semplice trovare un modo per intromettersi in faccende che non mi competevano affatto. Perché era questo il problema, senza alcuna prova, senza nessun fatto, niente di niente, io mi stavo letteralmente facendo solo i fatti suoi, mi stavo intromettendo a forza in una dinamica che magari vedevo solo io, ma quel pensiero fisso era li, quella sensazione sgradevole che avevo provato nel mio ufficio in presenza di suo padre non riuscivo a scrollarmela di dosso.
    Era decisamente meglio la prospettiva di essere richiamato perché ero un'impiccione, che non intervenire qualora qualcosa di sbagliato ci fosse realmente.
    Il mio obiettivo oggi era quello di avere questa conferma, di essere sicuro che qualcosa c'era anche solo da una sua frase. Mi sarebbe bastata una sua piccola ammissione che tutto avrebbe avuto senso e io quindi mi sarei sentito ancor più legittimato a non farmi da parte.
    Che si sentisse a disagio o i soggezione in mia presenza l'avevo tenuto in conto, anche se non c'era niente ci si poteva sentire agitati se il capo auror braccava così nei negozi di dolciumi.
    Che tra l'altro detta così suonava pure malissimo, ma comunque non ero stupito dal suo nervosismo. Tranquillizzarla non sarebbe stato semplice.
    Forse l'averle detto che volevo solo sapere come stava doveva averla tranquillizzata un pochino, fatto stava che ciò che mi disse era qualcosa che già sapevo. Avevo parlato con Rya a tal proposito e non renderla più allarmata era un bene.
    "Gli adolescenti sono imprevedibili, non mi fido mai al 100% io ahah. Con mia figlia cerco di non abbassare mai la guardia infatti."
    Lo dissi con leggerezza, ma era la pura verità. Questi ragazzi potevano combinarne una da un momento all'altro, abbassare la guardia e fidarsi ciecamente era un errore che non volevo commettere. Certo nemmeno ero diffidente del tutto, ma insomma un occhio di riguardo era necessario.
    La lasciai parlare poi e come uno bravo soldatino ecco ripetere ancora quelle parole a cui non riuscivo a credere, quelle esatte parole che mi avevano scatenato quella sensazione spiacevole.
    "E' qui il punto..."
    Quasi ignorai le sue ultime parole riguardo al fatto che potesse andare via, anche perché no, non potevo farla andare via subito, qui non ci stava vedendo e ascoltando nessuno.
    "Io non credo che tu sia ingenua. Non penso neanche che tu ti sia avvicinata a cattive compagnie. Ma sono solo pensieri miei forse... io.."
    M stavo spingendo oltre, ma il problema era che se non le facevo capire che ero qui per lei, che sospettavo qualcosa, cosa potevo ottenere? Io avevo bisogno di farle capire che se qualcosa c'era, a me poteva dirlo. Era inutile star qui a fare convenevoli inutili, lei voleva andare via e io dovevo darle motivo di rimanere ancora un pochino.
    "Io penso che tu abbia paura di qualcosa...e questo a me dispiace. Volevo solo farti sapere che per qualsiasi cosa, tu puoi parlarmene. Mi basta solo che tu mi dica "Si.""
    Feci un respiro profondo per poi sorriderle, non osai avvicinarmi o farle troppa pressione, mi ero reso conto di come fosse tesa come un filo.
    "In caso contrario non farò nulla, non voglio recarti inutile fastidio o farti sentire a disagio. Però ci tenevo a dirti questo."
    In realtà non ero così sicuro che di fronte a un suo "No" io me ne sarei davvero lavato le mani, forse semplicemente avrei cercato un altro modo per avere una conferma delle mie intuizioni, ma solo fino a un certo punto perché non potevo lottare contro i fantasmi.
     
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    "Io penso che tu abbia paura di qualcosa".
    Queste semplici parole hanno l'effetto di una secchiata d'acqua gelida in pieno viso, mozzano il fiato e mi lasciano ad occhi sgranati per quello che sembra un tempo infinito.
    Tento di riprendermi, di tornare rigida e composta come al solito, ma non sono mai stata brava a tener su certe maschere e quella che mi ha messo addosso papà è la più pesante e fastidiosa di tutte. Sarebbe facile toglierla del tutto, dire quel semplice "Si" suggerito dallo stesso Capo Auror per far terminare questo supplizio... Ma poi cosa ne sarebbe di me? Chi mi dice che papà non abbia in serbo qualcosa di terribile per punirmi in modo ancora più doloroso?
    Ho paura di lui, di ciò che potrebbe succedermi se mai osassi tradire la grande fiducia che ha riposto in me; tutti i suoi insegnamenti e sogni riposti andrebbero in fumo, e sarebbe solo colpa mia, davvero sono pronta a tanto? Continuo a dirmi che mi vuole bene, nonostante tutto, nonostante la gamba rotta e le bugie raccontate sul mio conto per coprire i suoi traffici loschi... Perchè papà prova dell'affetto per me, giusto?
    Eppure il signor Ramirez è riuscito a cogliere qualcosa di me, di noi e del nostro rapporto, tanto da spingersi a raggiungermi in privato per parlare e donarmi la sua disponibilità ad ascoltarmi. Sua figlia è davvero molto fortunata, mio padre ha sempre messo i suoi desideri di violenza e denaro davanti al mio bisogno di danzare e vedere il cielo... Però mi vuole bene, ne sono sicura. Devo crederci, perchè se dovessi scoprire una verità diversa potrei impazzire.
    Sto bene.
    Ripeto come il bravo soldatino che sono, anche se con meno sicurezza nel tono della voce. Anzi, sembro quasi stizzita nel dirglielo, come se mi desse fastidio la sua preoccupazione.
    La realtà è che, come accade per Karen, sono gelosa di quello che non sono e non potrò mai avere, ma preferisco mentire a me stessa bollando il tutto come fastidio nei confronti di quest'uomo decisamente buono piuttosto che ammettere il mio paralizzante terrore e bisogno di rifugiarmi tra le braccia di qualcuno che non potrebbe mai e poi mai spezzarmi un ginocchio a mani nude.
    E quindi eccomi qui, arrabbiata con me stessa e senza controllo su ciò che dico. La storia si ripete come con la Cavanaugh, seppur in modo diverso.
    Mio padre è una brava persona e lei è molto inopportuno!
    Mi tappo la bocca un secondo dopo essermi resa conto di aver alzato la voce e di essermi messa sulla difensiva, volgo lo sguardo attorno a me come se avessi paura di veder spuntare papà da dietro il bancone con i suoi occhi gelidi pronti ad inchiodarmi al suolo. Ho paura, signor Ramirez, sempre e troppa, ma lei deve dimenticarmi.
    Presa dal panico della situazione, col cuore a mille e la mente confusa e spaccata dalla consapevolezza di aver appena commesso un grave errore, scappo. Non è esattamente una fuga coi fiocchi la mia, nemmeno provo a correre per paura che la gamba malandata possa giocarmi brutti scherzi sul più bello, ma l'andatura con cui sguscio via dalla presa del Capo Auror è decisamente veloce. Sono talmente presa dall'ansia che nemmeno mi rendo conto di avere ancora in mano il sacchetto di caramelle non pagato, ma per questo ci sarà modo più avanti di sentirmi in colpa?
    Cosa sto facendo? Perchè non sono rimasta a parlare con lui? Ora andrà tutto peggio e nulla potrà sistemare le cose, papà mi punirà perchè non sono brava quanto lui a mentire ed io gli darò ragione perchè, ancora una volta, è solamente colpa mia.
    Potrei voltarmi per vedere se il signor Ramirez mi sta seguendo, ma ho troppa paura di quello che potrei vedere. Forse è rimasto a Mielandia ed ha scelto di lasciarmi in pace perchè non valgo poi così la pena di perdere tempo prezioso, o magari le mie parole lo hanno offeso e si è sentito un grande ficcanaso... Perchè mi sento così stupida e in colpa?
    In ogni caso, la mia fuga non dura poi molto, dieci passi per la precisione. Non so se sia stato il fato a scegliere, o semplicemente la sfortuna, ma alla fine dell'ultima falcata il ginocchio sinistro cede, preda di una lieve scarica di dolore, ed io cado con lui.
    Finisco faccia a terra sul terreno, il sacchetto si apre spargendo davanti a me il suo colorato contenuto e sento del bruciore provenire dalla guancia che ha impattato col terriccio di Hogsmeade. Sento degli studenti ridacchiare, li vedo puntarmi contro dita cariche di derisione, ed io vorrei solo chiudermi a riccio e scomparire per sempre pur di affrontare un nuovo giorno di questa vita faticosa.
     
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    La reazione che ebbe alla mia affermazione era evidente, non avevo alcun dubbio di aver beccato uno scheletro nell'armadio, ma ancora non potevo avere la certezza dell'identità di quello scheletro. Marsilda non era sorpresa, era tesa. Era visibilmente in tensione e preoccupata, se non ci fosse stato niente non si sarebbe irrigidita ancora di più e se qualcosa c'era e lei però non ne era cosciente sarebbe stata molto più tranquilla nonostante il ruolo che ricoprivo.
    Ormai avevo imparato a distinguere quando una persona era semplicemente agitata solo perché ero il capo auror e basta o quando lo era perché nascondeva qualcosa.
    E le persone a me le cose tendevano molto spesso a nasconderle, per cui non mi era così difficile intuire tali comportamenti irritanti.
    Certo in questo contesto non ero irritato, ma preoccupato, pretendere che Marsilda potesse confidarsi con me come se niente fosse era da illuso e ingenui, ma volevo cercare di trasmettere più sicurezza possibile senza intimorirla, ma forse non ci stavo riuscendo come speravo.
    Quel "Sto bene" aveva note infastidite, forse avevo esagerato, per quanto ne sapevo poteva anche andare dal padre a dirgli che il campo auror la infastidiva e di certo giustificare il mio comportamento sarebbe stato arduo e anche controproducente per me, non dovevo tirare troppo la corda.
    Non dissi nulla, mi morsi il labbro inferiore guardando altrove per pochi attimi. Non stava bene, più ci parlavo e più ne avevo la certezza, ma non avere prove concrete in mano mi urtava.
    Ciò che disse quasi immediatamente dopo mi sorprese invece, non per via del tono usato, ma del contenuto. Io non avevo accennato minimamente al padre, per quanto fosse lui il mio obiettivo, ma nonostante ciò la ragazza ci aveva comunque tenuto a sottolineare quanto fosse una brava persona.
    Era come se avessi ottenuto una sorta di risposta per quanto mi riguardava, comunque azzardato, ma si era messa sulla difensiva scoprendo già un po' le carte.
    Sconvolta da quello che aveva appena detto Marsilda mi voltò le spalle per andarsene, forse dovevo fermarmi qui, lasciare che se ne andasse e prendere per buona questa sua reazione per darmi modo di proseguire con le mie indagini, ma avevo il timore che potesse fare qualcosa di controproducente.
    Dopo pochi attimi quindi uscì anch'io dal negozio e spostai lo sguardo per cercare la sua chioma, fortunatamente non si era allontanata del tutto, così allungai il passo per poi arrivare finalmente vicino a lei trovandola a terra, con le caramelle sparagliate e dei ragazzini decisamente privi di qualsivoglia di altruismo.
    Stavo per intervenire, ma la famiglia Ramirez era composta da elementi che ben poco erano in grado di farsi gli affari propri e dato che probabilmente Emily non si era allontanata da Mielandia perché era una curiosona, aveva anche scelto che non poteva ignorare una situazione del genere.
    Si piazzò davanti a quei ragazzi, mettendosi a modi scudo per Marsilda, e puntò il dito indice contro uno di loro nello specifico. Mi fermai quindi, osservando la scena, decisamente curioso.
    L'unica cosa che dovevo sperare era che non tirasse un pugno in faccia a quello studente, per quanto una parte di me ne sarebbe stata fiera.
    "Immagino sia un sacco spassoso ridacchiare come un cucciolo spelacchiato di Demiguise, che per tua informazione, data la tua ignoranza, sono tipo delle scimmie. Ma i tuoi amici lo sanno che bagni ancora le lenzuola quando ci sono i temporali?"
    Come avesse ottenuto questa informazione era per me un mistero, ero tra lo sconvolto e il fiero oltre ogni dire, dovevo assolutamente raccontarlo a Sarah poi.
    La reazione del ragazzo fu di pure terrore e i suoi amici erano confusi e divertiti, ma comunque fu sufficiente per mandarli via mentre Emily si girava verso Marsilda piegandosi sulle ginocchia.
    "Ti sei fatta male? Lascia fare al mio papà adesso."
    E nel dire ciò alzò un pollice in mia direzione mandando all'aria il nostro piano in incognito. Mi avvicinai scuotendo la testa, ma sorridendo appoggiando una mano sulla testolina di mia figlia.
    "Continua la tua gita su. Più tardi mi dirai come hai ottenuto quella informazione."
    Emily ridacchiò salutando con la mano me e Marsilda e io porsi una mano verso la ragazza sperando di non essere allontanato di nuovo.
    "Scusaci, probabilmente ci troverai particolarmente invadenti e fastidiosi, ma siamo fatto così...ti prego, prendi la mia mano e andiamo via di qua per un pochino. Concedimi solo qualche minuto del tuo tempo. Puoi farlo per me?"
    Se avesse scelto di prendere la mia mano ci saremmo smaterializzati altrove, periferia di Hosgmeade, vicino alla foresta, volevo essere lontano da tutto e tutti per dare modo a Marsilda di tranquillizzarsi.
     
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    Il pizzicore agli occhi aumenta insieme alle risate di quei ragazzini che nemmeno conosco, so che non posso permettermi di piangere davanti a loro perchè sarebbe come dargli un'altra grandissima soddisfazione, l'ennesimo motivo per prendermi in giro, e mi ci metto d'impegno. Stringo i pugni e mi mordo il labbro, il taglio sulla guancia brucia ma non ci do peso perchè l'unica cosa che conta è non versare nemmeno una lacrima, non mostrarsi deboli... Però è tremendamente difficile, e nessuno sarà mai in grado di convincermi del contrario.
    Potrei rimanere sdraiata qui e dimenticarmi di tutto e tutti, prima o poi arriverà la neve e ne rimarrò seppellita oppure una volpe mi mangerà, comunque nessuno sentirà la mia mancanza. E perchè dovrebbero? Daisy ha Karen, mamma ha i suoi vestiti e papà potrà trovarsi qualcun altro, un ragazzino migliore di me che non conosce il significato della parola fallimento.
    Potrei morire e diventare una stella, volerei nell'infinito e danzerei con pianeti e buchi neri. Mi sembra un bel sogno, sempre meglio di quest'incubo che sto vivendo.
    A svegliarmi però arriva una figura piccola, si staglia davanti a me e, pur dandomi le spalle, ne percepisco la forza d'animo, specialmente nel modo in cui rimbecca coloro che fino a pochi istanti fa si stavano divertendo a mie spese. Riconosco la figlia del Capo Auror in quei capelli scuri e nella voce acuta e sicura, la guardo stupita per come sta prendendo le mie difese... Non sono abituata ad avere interazioni piacevoli coi Grifondoro, di solito sono dei totali idioti a cui piace farmi stupidi scherzi, però lei sembra gentile e probabilmente c'entra l'educazione data da suo padre.
    O forse è solo lei ad essere nata buona e colui che l'ha cresciuta le ha solo dato la spinta nella direzione giusta. Dicono che la mela non cade troppo lontano dall'albero, ma nessuno ti dice come comportarti se ti senti come una pera fuori posto in un bosco di pomi.
    Continuo a guardarla con sorpresa persino quando si china accanto a me, vorrei dirle grazie o quantomeno dimostrarle la mia riconoscenza in qualche modo, ma non riesco a muovere la lingua e le caramelle sono andate tutte perdute. Avrei voluto offrirgliene una, ha la faccia di una ragazzina a cui piacciono molto gli animaletti gommosi.
    Mi disturba la cieca fiducia che sembra avere in suo padre, ma non in modo cattivo o disgustoso, è solo che... Fa male. Quel sorriso, il pollice alzato di lei ed il modo in cui lui le poggia la mano sulla testa: io non ho mai avuto tutto questo, non so nemmeno bene cosa significhi e sento qualcosa spostarsi nel mio petto, un peso che cambia posizione pur continuando a soffocarmi.
    Odio mio padre, pur avendo una tremenda paura di lui.
    La realizzazione è improvvisa e mi toglie il fiato, la scaccio con forza reagendo fisicamente e agli occhi del Capo Auror forse gli sembrerà che stia allontanando la sua mano, quando in realtà me l'ha solo porta nel momento sbagliato. Il cuore mi batte all'impazzata e continuo a sentirmi avvolta da questo profondo terrore, mi guardo attorno chiedendomi se ci sia una spia di papà nascosta dietro un'angolo e quando meno me l'aspetto lui tornerà e mi romperà l'altra gamba perchè me lo merito e... e...
    Non è giusto che io viva così, dovrei ricevere anche io dolci carezze sul capo, dovrei dire agli altri che il mio papà è bravo ed è in grado di aiutarli. Perchè devo avere sempre così tanta paura? Sono stanca.
    Con una lacrima che mi riga la guancia ferita, senza nemmeno sapere bene il perchè io lo stia facendo e con la consapevolezza che probabilmente me ne pentirò presto, prendo la mano che il signor Ramirez mi sta porgendo e lascio che mi aiuti a tirarmi su. Lo uso come un'ancora per la gamba malandata, quando ci appoggio sopra il peso mi strappa un soffio di dolore dalle labbra ma stringo i denti.
    La sensazione che mi da la smaterializzazione non è piacevole, sembra mi stiano tirando dall'ombelico con un'amo, e quando ci ritroviamo al limitare della foresta lascio andare l'uomo e barcollo zoppicante fino ad un'albero per appoggiarmici sopra e riprendere il fiato. Inspiro ed espiro per evitare di vomitare, ed è terribile come la voce di papà nella mia testa stia urlando di correre via da quest'uomo buono, e zittirlo non è così semplice.
    Non ho pagato il sacchetto di caramelle.
    Mormoro nel voltarmi mentre tiro su col naso e mi asciugo sangue e lacrime dal viso.
    M-mi dispiace, signor Ramirez, giuro che darò a sua moglie tutti i soldi che le devo il prima possibile. D-di solito non mi comporto così male.
     
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    Non era infastidita, non stava provando astio nei mi riguardi, mentre tendevo la mano verso di lei mi resi conto di quanta paura c'era nel suo sguardo, ma quella paura non era rivolta a me, stava esitando a darmi la mano per motivi che purtroppo non potevo comprendere e questo suo atteggiamento non faceva altro che dare adito ai miei sospetti, che dovevano solo avere conferma del soggetto in questione.
    Come riuscire a comunicarle abbastanza fiducia per avere conferma di una cosa del genere? Era preoccupata e forse c'era anche della vergogna per quello che era appena successo.
    Per questo motivo per ora non dissi nulla, nonostante la sua titubanza decisi di rimanere li il tempo che serviva, solo in caso in cui avesse rifiutato apertamente il mio aiuto allora mi sarei ritratto, ma adesso no. Rimasi li, ancora qualche attimo, con la mano tesa, fino a quando non scelse di prenderla per farsi aiutare ad alzarsi e solo in quel momento mi accorsi che forse si era fatta male cadendo? Fece molta più fatica di quello che mi aspettassi ad alzarsi e il suo viso era rigato dalle lacrime.
    Questo fu sufficiente per farmi decidere di andare via seduta stante da tutta quella gente che passeggiava per le strade di Hogsmeade per rifugiarsi in un luogo più tranquillo e appartato, sperando che essere soli potesse aiutarla a farla stare meglio.
    Appena smaterializzati altrove le diedi qualche istante per riprendersi, ovviamente a meno non provocava più alcun effetto la smaterializzazione, per lei doveva essere una delle prime volte invece.
    Sapevo cosa poteva farla sentire meglio e scossi la testa sorridendo quando si premurò di dirmi che non aveva pagato le caramelle, avrei spiegato io a Sarah poi, sapevo che avrebbe capito.
    Mi avvicinai piano e tesi la mano donandole un cioccolatino alla menta. Non sapevo se potesse piacerle, ma era il mio cioccolato preferito e ce l'avevo sempre con me.
    "Mangia, ti sentirai meglio."
    Nella speranza che lo mangiasse poi ripresi di nuovo le distanze, non volevo turbarla ulteriormente, così scelsi di sedermi a una panchina li vicino lasciando scegliere a lei se volesse unirsi a me.
    "Ti sei fatta male? Ho notato che hai fatto fatica ad alzarti, se ti sei ferita vorrei porre rimedio, dato che in parte è colpa mia."
    D'altronde l'avevo fatta io scappare non facendomi gli affari miei, questo era il minimo che potessi fare, era difficile cercare di carpire qualcosa, avere quello che mi serviva, mi stavo prendendo a cuore questa situazione e sapevo che non era la cosa più giusta da fare, ero uno stupido, ma sapevo fin troppo bene che ignorare qualcosa che avevo davanti agli occhi mi avrebbe fatto sentire anche peggio.
    "Io...vorrei solo farti avere meno paura, qualsiasi sia la fonte. E ti chiederai il perché il capo auror si intromette in questo modo, beh non farei questo lavoro se fossi una persona che si fa gli affari propri quando intuisce che c'è qualcosa di sbagliato che reca tanta paura a qualcuno ingiustamente."
    Avrei comunque dovuto agire diversamente, stavo facendo di testa mia, se qualsiasi altro mio sottoposto si fosse messo a ficcanasare in questo modo avrei detto che non era l'iter giusto da seguire, ma diciamo che almeno qualcosa favore a me stesso potevo farmelo no? In buona fede d'altronde.
     
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    Provo sollievo nel vederlo così tranquillo riguardo le caramelle non pagate, ed in fondo il mio non è stato un furto con intenzioni malevole e la refurtiva, se così si può chiamarla, è davvero cosa da poco.
    Quel sorriso semplice mi tranquillizza, allontana per un po' le ansie e paure che provo nei confronti di quello che ho fatto a Mielandia e persino le risate di quei ragazzini dispettosi. Sicuramente i pensieri torneranno, lo fanno sempre, ma per il momento stanno lì a fissarmi da lontano come se avessero timore di ciò che potrebbe far loro il Capo Auror.
    Siamo in un posto tranquillo, lontani dalle folle di ragazzini che invadono il paesino. Lontani dalle orecchie di mio padre, che tutto possono sentire, gli basterebbe un semplice schiocco di dita per mettermi qualcuno alle calcagna... No, basta con la paranoia, non porterà nulla di buono a parte il cieco terrore.
    Con dita incerte prendo il cioccolatino che il signor Ramirez mi porge e devo costringermi dal non guardarmi attorno per controllare eventuali spie. Come se fossi in grado di trovarle, poi.
    Lo metto in bocca e gli do un morso, il sapore di menta misto al cioccolato è nuovo e non proprio piacevole, ma forse si tratta solo di farci l'abitudine e non voglio essere scortese nei confronti di un'uomo così gentile, quindi mando giù il boccone con un piccolo colpo di tosse.
    Sa di dentifricio.
    Non capisco da dove mi esce questa battuta, seguita un fievole risolino imbarazzato, ma forse è solo merito del modo paterno in cui il Capo Auror riesce a mettermi a mio agio, pur senza farmi troppe pressioni. Ha una figlia più piccola di me e probabilmente ha notato qualcosa nel modo in cui papà mi si rivolge, una durezza che non conosce, e vuole vederci chiaro.
    Avrebbe potuto fare finta di niente, chiudere il discorso pensando che ognuno ha il proprio metodo di educare i figli, e invece ha scelto di vederci chiaro perchè... Perchè gli faccio pena? Oppure pensa semplicemente che non sia giusto quello che ho dovuto subire.
    Se sapesse del ginocchio sinistro, del perchè cede ogni tanto e mi lascia zoppicante e dolorante persino ora che lo sto raggiungendo sulla panchina... Sarebbe così semplice, ho persino realizzato di sentire odio nei confronti di mio padre quindi perchè tirarmi indietro proprio ora?
    Non si preoccupi signore, passerà presto.
    Perchè la paura è troppo forte, e le catene che mi legano a papà sono spesse e possenti. Però le sento tremare e un giorno potrebbero persino arrivare a spezzarsi, se sono fortunata, devo solo trovare un punto debole e dare la giusta spinta.
    Non posso continuare a tacere, se è davvero questo ciò che voglio.
    Pensavo che il mio timore fosse giusto. Pensavo di meritarmelo.
    Escono a fatica le parole, quasi ci fosse un polpo incastrato sul fondo della mia gola intento a riportarle indietro prima che sia troppo tardi. Mi morsico le labbra e stringo la gonna della divisa con nervosismo perchè non sono in grado di raccontare la mia storia come vorrei, ma potrei farglielo capire senza dover rischiare di farmi troppo male.
    Mio padre vuole solo il mio bene, signor Ramirez, e a questo ci credo, ma a volte non si f-ferma a... a volte non si ferma a p-pensare o a chiedermi cosa v-vorrei io.
    Con lo sguardo fisso sulle mie scarpe rimango lì, incapace per qualche secondo di andare avanti. Provo rinnovata invidia per sua figlia, per tutta la sua famiglia in effetti. Lui non sembra il tipo di persona che s'impone o fa del male per punirti.
    Disobbedirgli non è contemplato, ma io non v-voglio...
    Le lacrime ricominciano a pizzarmi gli occhi e lotto per cacciarle indietro e rimanere seduta lì con lui. Lotto con me stessa e per quella ragazzina libera che non ho mai avuto la fortuna di essere.
    Non voglio diventare c-come lui. A me p-piacciono i pianeti, d-da bambina volevo danzare sulle stelle cadenti.
     
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    "Ahah d'altronde siamo proprio in pochi ad appartenere al club del cioccolato con la menta."
    Io provavo a diffondere il verbo, ma erano davvero poche le persone che apprezzavano questo gusto particolare, ma di certo non mi aspettavo che potesse sapere di dentifricio. Che di per sé nemmeno era così male come gusto, ma non da mangiare.
    Tentativo fallito, ma in realtà nemmeno troppo perché Marsilda era riuscita a fare una breve risata nonostante tutto e poteva essere considerato questo come un successo.
    Tornai però a preoccuparmi di lei, soprattutto perché effettivamente male si era fatta, ma non voleva che me ne preoccupassi? Passerà presto...questo era vero, però volevo sincerarmi lo stesso.
    "Non prendere sottogamba botte del genere, con la magia si risolverebbe presto senza farti stare male inutilmente.
    Era un azzardo, ma se per caso si era ferita non potevo ignorare la cosa, poteva peggiorare se non curata come si doveva e poi con la magia botte del genere si potevano curare molto velocemente, non aveva senso ignorarle.
    Una parte di me aveva sperato con tutta se stessa che alla fine non c'era niente su cui indagare, che erano tutte pare mie e che mi ero messo in testa scenari assurdi, ma la risposta di Marsilda mi spiazzò.
    Meritare il timore? Quale ragazzina della sua età parlava in questo modo? Credendo di meritare di avere paura? Che fosse addirittura giusto? C'era qualcosa di profondamente sbagliato e dovevo capire. Ora avevo estremo bisogno di capire, perché avevo avuto la conferma ai miei dubbi ed era ufficiale, ora non potevo più lasciare andare questa situazione.
    Ma non parlai per il momento, interromperla adesso sarebbe stato controproducente, in qualche modo ero riuscita a farla rilassare e farla sentire al sicuro, se riuscivo a capirci qualcosa di più sarebbe stato oltremodo utile.
    E quando citò suo padre non potei che rammaricarmi del fatto che ci avevo visto lungo, quell'uomo era pericoloso.
    Mi morsi il labbro inferiore nel sentire le sue ultime parole, stavo davvero sentendo di una ragazza che veniva ingiustamente repressa perché amava lo spazio e la danza?
    "Interessi meravigliosi."
    Cercai di non pesare il mio sguardo su di lei per non opprimerla, sorrisi guardando verso il bosco poco distante da noi, dando modo a quelle passioni di essere legittimate, volevo come prima cosa farle rendere conto di quanto fosse GIUSTO, quello che mi aveva appena detto.
    "Io sono un pezzo di legno, non ho senso del ritmo, ma so cantare sai? Ma è un segreto, lo sanno pochissime persone, mi raccomando."
    Ed era vero effettivamente, non era di certo uno dei miei argomenti di conversazione principali, anzi tendevo proprio a non dirlo.
    "Cosa ti piace dello spazio? Non hai paura dell'ignoto? Però devo dire che quando andavo ad Hogwarts, l'astronomia, era una delle poche materie facoltative che non mi dispiacevano."
    Non ne sapevo granché, però questo era vero, di certo la preferivo nettamente a storia dell'arte o babbanologia, e in un certo senso l'immensità dell'universo era affascinante.
    Fatto stava che dicendole così speravo di farle capire che parlare di queste passioni era...normale e lecito e che non c'era assolutamente nulla di male.
    Suo padre non poteva pretendere il suo bene in questo modo...ma quanto oltre si spingeva con lei? Cosa voleva dire..."non s ferma"? Era questo a preoccuparmi maggiormente.
    Perché pure mio padre non comprendeva i miei voleri, aveva provato a fermarmi, a non farmi intraprendere la carriera da auror perché voleva il mio bene, ma c'era un'enorme differenza. Io non avevo mai provato paura nei suoi riguardi, era qui il punto.
    "I genitori dovrebbero sempre desiderare il bene dei propri figli, questo è giusto, ma...non esiste che tu sia arrivata a pensare di meritarti il timore, perché lo pensi? Perché hai delle passioni?"
    Era troppo azzardato ora chiederle esplicitamente cosa suo padre le facesse, non mi avrebbe mai risposto...anche se il punto focale era li, quelle dannate parole "non si ferma".
     
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    "Con la magia si risolverebbe presto senza farti stare male inutilmente."
    No!
    La risposta è secca e repentina, ma non furiosa. In fondo quest'uomo sta solo insistendo per il mio bene, però deve smetterla e non deve usare nessun incantesimo su di me, mai e poi mai.
    Sto bene, glielo giuro. Andrò a farmi vedere nell'infermeria della scuola
    Mi ricompongo, appiano l'espressione seria e tento un'imbarazzato sorriso che dovrebbe convincerlo del mio positivo stato di salute mentre gli mento. Ovviamente nessuna infermiera mi vedrà mai attraversare la porta d'ingresso, se non per altri mali per nulla inerenti al ginocchio.
    La cicatrice rimarrà nascosta ancora per un po', così come la verità dietro di essa.
    Trovo faticoso parlargli di me e papà, del rapporto che ci lega e dei limiti che lui mi pone, ma in qualche modo le parole escono fuori e alla fine, pur non sentendomi come se fossi libera di respirare senza costrizioni, riesco persino a trattenere quelle lacrime che minacciavano di colarmi lungo le gote.
    Forse è parlare di quello sciocco sogno di bambina ad aiutarmi, quella danza tra stelle e pianeti che immaginavo ogni notte mentre volgevo lo sguardo al buio notturno trapuntato di luci... O forse è il sorriso che l'uomo buono volge verso il bosco davanti a noi, a farmi stare un po' meglio.
    Sentire che i miei interessi sono validi è bello, e non capisco perchè debba scaldarmi così tanto una frase detta da uno sconosciuto. Magari è perchè anche lui è un padre, una figura che, pur possedendola, non ho mai sentito veramente vicino. Non come avrei voluto, almeno.
    Mi sarebbe piaciuto avere un genitore come lui, uno che ti da lievi pacche sulla testa per dirti che hai fatto un buon lavoro e che sembra genuinamente interessato a te. Perchè a lui interessa di me, vero? Non sono solo un mezzo per arrivare a qualcun altro, qualcosa da usare per i propri scopi... Vero?
    Perchè dovrebbe mentirmi, poi? Inventarsi un segreto di lui che sa cantare solo per creare complicità e farsi raccontare informazioni utili sarebbe un buon piano, ma per una volta, forse sbagliando, scelgo di credere di essere speciale per qualcuno. Non tutte le persone che incontro vogliono farmi del male e qualcosa nel signor Ramirez mi porta a credere che sia veramente buono, un'opposto di mio padre. Spero di non farmi male, parlandoci.
    Lo spazio è lì da sempre, muta rimanendo immutato e non se ne andrà nemmeno quando sulla Terra non rimarrà più alcun essere umano.
    Rispondo con lo sguardo perso verso l'alto, un'espressione affascinata mi solca gli occhi mentre immagino la danza che le stelle effettueranno questa notte, mentre tutti staranno dormendo.
    Credo sia una delle poche certezze della vita ed è... è semplicemente bello.
    Mi stringo nelle spalle mentre torno a guardare il Capo Auror, forse non abituato a sentire tanta serietà uscire dalla bocca di una ragazzina. Per certe cose sono cresciuta troppo in fretta, però una parte di me continua a sognare di poter ballare sugli anelli di Saturno, un giorno.
    E' riuscito a farmi sciogliere, seppur in parte, ma quando riporta il discorso su papà ed il mio timore m'irrigidisco di nuovo e morsico il labbro inferiore tra i denti in un moto nervoso.
    Perchè lui è mio padre, merita il mio rispetto. Ed io ho sbagliato.
    Basta, sciocca che non sei altro, hai detto abbastanza. Sa già troppo di me, e cosa succederebbe se ci fosse papà, o chi per lui, a guardarci da dietro gli alberi? A me romperebbe l'altra gamba, ma cosa potrebbe fare al signor Ramirez? Cosa potrebbe fare a sua figlia, se scoprisse che ne ha una?
    L'improvvisa ondata di paura e raziocinio mi fa alzare in piedi di scatto, il ginocchio geme ma stringo i pugni per resistere.
    Grazie per tutto quello che ha fatto per me, signor Ramirez, ma ora devo proprio andare.
    Mi dice che posso scrivergli ogni volta che voglio, che verrà a parlarmi se avrò mai bisogno di lui ed io gli sorrido ringraziandolo, dicendogli che comunque non ce ne sarà bisogno.
    Mentre cammino da sola verso il villaggio mi dico che andrà tutto bene, che papà non scoprirà mai nulla e nessuno dovrà star male. Mai più.
     
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