Blood upon the Snow

An Gaorthadh, Irlanda

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    I confini della coven mi si stagliano davanti, invisibili ed introvabili agli occhi di chi non sa guardare con la lente della Grande Madre, dea dai mille nomi.
    L'ultima volta che vi misi piede fu per il mio penultimo compleanno, un dolce ed inaspettato regalo della mia algida madrina, e da allora ho vissuto credendo che mai ci sarei tornata così presto. Le altre Veela mi disgustano ancora, guardano storto la natura da mosca bianca che mi rende così diversa da loro, e se non fosse per l'evento accaduto poco tempo fa probabilmente mi avrebbero punita se avessi osato attendere qui, come sto facendo ora.
    Le creature come mia madre non vedono di buon occhio chi entra di nascosto nei loro confini, nemmeno se portano dentro una parte del loro sangue.
    Per mia fortuna, quest'oggi mi trovo qui per un motivo ben preciso, dunque dovrò subire semplici e silenziose occhiate di traverso, forse qualche sussurro e scongiuro sussurrato dopo il mio passaggio, ma niente di più. Sono comportamenti che posso sopportare, che in un certo senso riesco persino a capire, data la natura altezzosa e riottosa delle Veela... Eppure in questa fredda mattina c'è qualcosa che mi rende più sensibile al resto del mondo, come se nella brezza invernale vi fosse intessuto un'incanto in grado di scuotermi al minimo accenno che vada fuori da quello che ormai è diventato il mio ordinario.
    La causa di tutto questo è nel messaggio inviatomi da Saraid, la mia cara madrina, colei che ha giurato di guidarmi nel nome della Dea. Leggendolo qualcosa mi si è smosso all'interno del petto, dei sentimenti sono venuti a galla e provo timore nell'analizzarli perchè potrebbero condurmi su un sentiero che, al momento, non intendo percorrere.
    Un cacciatore è stato preso ed ora si trova rinchiuso ad An Gaorthadh, in attesa di giudizio... Madrina dice che è uno degli uomini che ha staccato la testa di mia madre, privandola della sua vita.
    Verrà punito per ciò che ha fatto, questo è certo, e la vendetta delle Veela non sarà veloce ed indolore, eppure non riesco a capire se è questo ciò che desidero. Sento di provare sollievo all'idea che ora lo spirito di mia madre potrà riposare con un po' più di pace, e c'è qualcos'altro, una macchia scura e minuscola nella mia anima che desidera provare piacere nel vedere la vita scorrere via dagli occhi di quel cacciatore senza scrupoli.
    Ho paura di questa oscurità, ma so anche che i miei dei mi proteggeranno e guideranno al meglio, come sempre hanno fatto. La vita di ognuno di noi è già stata scritta, sfuggire al destino è sbagliato e pericoloso... Eppure temo per ciò che potrei trovarmi di fronte.
    Traggo un profondo respiro prima di sorpassare il confine, e stringendomi nel cappotto di pelliccia prego Odino e le anime che vivono dentro gli alberi e sotto la terra. Vi prego, proteggetemi e guidate la mia mano al meglio, e non punitemi se mai dovessi esitare.
    Lei mi sta aspettando poco più avanti, quasi sapesse con certezza che sarei arrivata in questo istante. Mi avvicino e chino il capo in segno di rispetto, ma in un moto di affetto e trepidazione allungo le mani verso le sue per stringerle e trarne conforto.
    Madrina, sono corsa appena ho saputo.
    A mio padre non ho detto ancora niente, non ne ho avuto il tempo. Per quanto lui e Niamh non fossero più insieme da molto tempo, so che ha provato dolore nel perdere la persona che più amato al mondo dopo di me, una volta sola mi mostrò del sincero astio nei confronti di coloro che aveva osato strapparmi una madre da sotto le dita in modo così crudele, ma fu solo un'istante e poi Vidar tornò ad essere lo stesso artigiano calmo e saggio di sempre.
    Credo che ringrazierebbe gli dei, se sapesse di questa cattura, ma non si è mai ritenuto tanto importante da indossare la corona di boia, cosa che non posso dire della mia madrina.
    Lui dov'è? Dov'è stato preso? Ti prego, dimmi che non ne ha uccisa un'altra.
     
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    « Dea dei sospiri della marea, della pioggia gentile, il mio canto a te è levato. », inginocchiata davanti all’altare della Dea, Salomé pregava la sua benevolenza per il compito che attendeva la sua beniamina e la comunità delle veela di An Gaorthad. Fino a quel giorno la Dea dai mille volti non aveva mai mancato di camminare al suo fianco, e ancora una volta aveva accolto le sue preghiere: uno dei Cacciatori che aveva osato violare la foresta sacra per macchiarsi del sangue di una sorella era stato individuato e catturato dalla mezza veela poche ore prima, e attendeva di andare incontro al suo Destino nella tenda adiacente a quella dell’anziana.
    « Risvegliami con il tuo colore argentato, sii con me nel sacro rito. Signora del silenzio e dell’oscurità, mostrami la via per non cadere, illuminami la terra sulla quale camminare. Ora che sei al culmine della tua potenza ti rendo onore », fu un’offerta di miele, cereali e altri prodotti della terra che lasciò in una ciotola sull’altare. Il sangue sarebbe confluito direttamente sulla terra al momento opportuno.
    Saraid lasciò la villa nelle redini di Isaac, raccomandandosi di avere un occhio di riguardo per il suo athair: non sapeva quantificare la permanenza nella radura delle sue sorelle. Non ora che tutte loro erano in festa, in attesa che la giustizia compisse il suo corso.

    « Bentornata a casa, mia cara Sigyn », fu con un sorriso che la veela accolse la ragazza, stringendole con decisione ma con delicatezza le mani. Salomé chinò il capo in un cenno di assenso alle sue parole: era certa che la sua protetta fosse impaziente di essere condotta dall’assassino, per poter scorgere nei suoi occhi un bagliore di pentimento che non avrebbe trovato. Presto sarebbe stata accontentata.
    « Il cacciatore attende nella tenda alle nostre spalle », rispose con un tono neutrale, in netto contrasto con la scintilla sanguinaria che le animava lo sguardo.
    « Questa sera verrà condotto nella radura della quercia bianca in presenza dell’anziana e di noi tutte per ricevere il giudizio e la punizione che gli spetta. L’Anziana e io riteniamo sia giusto che prima di allora sia tuo diritto raggiungerlo », non tutte le veela erano concordi con quella decisione, ma nessuna di loro aveva osato contrastare il volere dell’Anziana né erano state sollevate proteste sulla presenza di Sigyn. Niahm era stata sua madre, era impensabile che la figlia non presenziasse nella coven in un momento decisivo come quello.
    « Sarò al tuo fianco se lo desideri. »
     
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    "Giuro su quanto mi è di più caro… che il responsabile pagherà con la vita i suoi crimini." Questo mi disse Vindhlér, colei che protegge dai venti, il giorno in cui unimmo i nostri destini sotto questo stesso cielo d'Irlanda.
    Oggi, come allora, la stessa luce le brilla negli occhi, una fiamma che mai aveva mostrato in altre occasioni e mi provoca timore pur essendo consapevole che non sia rivolta a me. L'uomo nella tenda alle sue spalle troverà la sua morte stanotte, e Saraid luccica d'impazienza insieme alle sue sorelle, lo sento nell'aria, lo percepisco dalla terra sotto i miei piedi, che quasi vibra in attesa di ricevere il sangue di colui che ha osato violare la sacra coven.
    Lei ha giurato, e la promessa è stata mantenuta. Dovrei esserne felice, ma i sentimenti che provo a riguardo sono contrastanti e si succedono come una marea fredda ed obbediente ai capricci di una luna indecisa.
    Nel corso degli anni ho tagliato personalmente gole di piccoli animali per sacrificarli ai miei dei, ed ogni gallina o capretto sembrava essere consapevole del suo scopo, erano calmi e quasi mi porgevano la gola per far si che la mia lama la pungesse a fondo, ma ora... Ora è diverso.
    Lui gemerà, forse non affronterà la morte con la dignità di un guerriero e se dovesse pregarmi di smettere come potrei mai spiegare la mia esitazione alla coven? Come posso dir loro che non è mia intenzione strappare la vita ad un'uomo, per quanto egli possa essere colpevole?
    E poi c'è quest'altra sensazione, questo desiderio di vendetta che appare ogni qual volta il viso di Niamh mi appare in sogno o mi sembra di percepire la sua anima nel vento quando danzo tra gli alberi. Cosa devo fare, o Dea?
    Il silenzio che avvolge me e Saraid dopo che lei ha finito di parlare è assordante, quasi tetro visto il luogo in cui ci troviamo. Dovrebbero cantare uccelli e scoiattoli, ed invece anche le foglie paiono immobili, come se avessero paura di darmi un segno sbagliato per paura di far arrabbiare la Grande Madre.
    Vieni con me, ti prego.
    Sussurro guardandola negli occhi mentre le stringo una mano, lasciandomi poi guidare all'interno della tenda.
    Gli occhi ci mettono qualche secondo per abituarsi alla semi-oscurità, interrotta solo da qualche candela qua e là. Odora di fango, erbe e rame, con una distante nota d'incenso... Aromi familiari, sanno di casa e dolci carezze che talvolta mia madre soleva darmi nei momenti più disparati. Sono quei piccoli gesti a mancarmi di più, insieme alla sua voce, e nel vedere la figura accucciata al centro della tenda mi colpisce ancora più forte la consapevolezza che mai li riavrò.
    Lui è lì, davanti a me, integro per quanto ferito lievemente in viso. Dato il suo crimine deve ritenersi fortunato che le Veela non gli abbiano strappato gli occhi all'istante.
    I nostri sguardi si incrociano e qualcosa mi punge al petto quando noto che in lui non vi è alcuna paura, piuttosto... Disprezzo? Nonostante tutto quello che ci ha fatto e la morte certa a cui sta andando incontro, riesce ancora ad odiarci per ciò che siamo, e piuttosto che chiedere pietà si morderebbe la lingua. Questo vedo nello sguardo del cacciatore, ed il mio si corruccia via via che la comprensione prende piede.
    Hai ucciso mia madre.
    Gli dico con calma ultraterrena mentre m'inginocchio davanti a lui, la mano di Vindhlér a lungo abbandonata.
    Cosa ne hai fatto della sua testa?
    Il suo corpo violato in quel modo così barbaro, un pezzo in meno che ora forse fa parte della collezione di qualche uomo pieno di denaro e titoli altisonanti... Davvero valiamo così poco, per loro? Eppure sembriamo umane, potremmo essere loro madri o sorelle e n-non... Davvero gli esseri umani possono essere per natura così crudeli?
    Mostro.
    Dice il cacciatore, la voce roca ed il tono aspro carico di disprezzo, che tende a sottolineare sputandomi in faccia un grumo di saliva e sangue. Rimango sorpresa da tale gesto, il fiato mozzo incastrato nel petto ed il battito che aumenta insieme alla marea, quelle onde così fredda a cui non so se dare ascolto. A cui non voglio dare ascolto. Eppure... Se fosse solo per stavolta? Solo con lui? Potrei concedermelo, dopo tutto quello che mi ha fatto, dopo tutto il dolore che mi ha donato.
    Madrina.
    La chiamo senza voltarmi, il capo chino e le mani tremanti strette attorno alle ginocchia.
    Passami la tua lama. Insegnami a farlo parlare.
    Oh, padre mio, perdonami. Da oggi non so se sarò mai più degna di essere il tuo fiore bianco.
     
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    Fu con orgoglio ardente che gli occhi di ghiaccio della mezza-veela scrutarono la propria protetta. Saraid le strinse la mano e la condusse in silenzio all’interno della tenda dove le attendeva il traditore: non c’era alcun barlume di pentimenti nelle iridi del mago, se la dea dai mille volti gli avesse concesso di tornare indietro non avrebbe esitato a ricadere nella stessa onta, ancora e ancora. Per un crimine del genere i campi delle Terre d’Estate non sarebbero mai stati violati dalle sue orme macchiate di sangue. La voce di Sigyn risuonò ieratica mentre abbreviava la distanza spaziale che la separava dal cacciatore. Il dolore per la perdita della loro sorella, l’ira per la brutalità che le avevano riservato nel porre fine alla sua esistenza, l’indignazione per il modo in cui ne avevano oltraggiato la salma, rendendola irriconoscibile, riemersero in superficie nel momento in cui quell’uomo la ingiuriò. Saraid avanzò, e quando gli fu vicina non esitò ad afferrargli la mandibola tra le dita, per poi sbattergli con violenza il capo contro il palo di legno al quale era stato incatenato. Intontito per il colpo e per l’effetto che il sangue della creatura aveva su di sé, il cacciatore la guardò per qualche secondo come in stato confusionale.
    « La ragazza ti ha fatto una domanda, mago. Ingiuriala ancora una volta con la tua insolenza e ti strapperò la lingua con le mie stesse mani. », ribadì la mezzaveela con freddezza. Si sarebbe pentito in ogni caso per quell’affronto: le aveva oltraggiate per l’ultima volta. Salomè trasse da sotto la tunica un fodero di pelle, avanzò fino alla ragazza fino a poggiare una mano sulla spalla, stringendogliela con delicatezza ma al contempo stesso determinazione. Le infilò l’arma tra le dita, chiudendole attorno all’impugnatura affinché la brandisse da sé.
    « È tua: fatta forgiare dai goblin in attesa che arrivasse questo giorno, figlia mia », Sigyn era pronta a essere iniziata realmente al loro mondo: Saraid non avrebbe esitato a guidarla, mantenendo fede alla promessa fatta a sua madre – e alla ragazza stessa – il giorno in cui si era occupata del suo battesimo di sangue in quella foresta.
    « Benedetta dall’influenza della luna, non aspetta che tu ne appaghi la sua sete », Saraid si chinò all’orecchio della ragazza, sussurrando suadente il modo in cui intervenire senza ucciderlo, certa che avrebbe affrontato quella prova a testa alta, andando fino in fondo. Sarebbe bastata una piccola spinta, dopotutto: ed era quello che intendeva fare ponendo al cacciatore delle domande ancor più mirate.
    « Niamh non si sarebbe mai spinta fuori dai confini di questa foresta. Non senza essere tratta all’esterno con l’inganno », esordì, assicurandosi di mantenere vivo il contatto visivo con quel cacciatore. La loro compianta sorella non lasciava la foresta nemmeno per vedere sua figlia e la foresta proteggeva tutte loro da sguardi indiscreti: non figurava neanche tra i registri ministeriali, tutte loro l’avrebbero trovata una grande offesa alla propria natura, unica legge alla quale rispondevano. Non poteva essere un caso averla presa di mira.
    « Conosceva i suoi assalitori, in caso contrario credeva di conoscerli. Da quanto tempo eravate sulle sue tracce e in che modo è stata persuasa a lasciare la foresta? »
     
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    Il tonfo sordo provocato dal cranio dell'uomo risuona nel silenzio della tenda, subito seguito dalla tagliente freddezza con cui Vindhlér lo minaccia. Non le vedo il viso, ma percepisco che non vi è alcuna menzogna in ciò che dice, se il cacciatore è abbastanza intelligente se ne accorgerà anche lui e ne farà tesoro.
    Non che importi, la sua vita su questo piano d'esistenza ormai è quasi giunta alla fine. Tutto dipenderà da come sceglierà di arrivare alle terre dei suoi dei, se integro solo in parte o totalmente a pezzi. Ed io che parte avrò in questo massacro? Sono pronta a sacrificare la sua anima alla Dea mentre, col suo sangue da assassino che mi scorre lungo i polsi, grido alla notte che mia madre è stata finalmente vendicata?
    Forse, per questa sola volta, posso permettermi di perdere un po' di quella purezza che mio padre tanto soleva proteggere.
    Forse, se chiudessi gli occhi, non rischierei di vedere il volto urlante del cacciatore nei miei sogni.
    Alzo finalmente il capo quando sento Saraid stringermi la spalla con determinazione, il suo volto fiero è insieme bello e crudele, splende di una luce che non le ho mai visto addosso e mi chiedo da quanto aspettasse questo momento.
    Nello stringere l'impugnatura della lama dei goblin tra le dita, penso che vuole tutto questo solo per il mio bene e per la giusta vendetta che grava sulla coven dal momento in cui mia madre perse la vita. Saggiandone il peso nel palmo, mi convinco di quanto sia necessario farlo parlare perchè potrebbero essercene altri come lui, e pur non vivendo più ad An Gaorthadh è mio dovere preservarne la sacralità. Niamh avrebbe voluto così.
    Il sussurro della mezza Veela è caldo contro il mio orecchio, e nell'incrociare lo sguardo col cacciatore pare quasi sia riuscito ad udirne le parole visto il modo in cui si ritrae contro il palo. Piuttosto credo abbia percepito finalmente il pericolo, e la maschera di disprezzo sta iniziando a cedere lasciando il posto alla paura. In fondo, è un'umano anche lui, e come tale tiene molto alla propria vita.
    Vederlo così è... Bello. Mi spaventa sentirlo, non voglio ammetterlo nemmeno a me stessa, eppure è così.
    Mantengo gli occhi su di lei mentre Saraid gli parla cercando di carpire informazioni dalla sua bocca sporca di sangue, eppure lui rimane zitto, semplicemente si ritrae ancora di più contro il palo, come se potesse magicamente smaterializzarlo altrove.
    Con un veloce movimento del braccio, gli punto la lama contro il viso, rimanendo a pochi centimetri di distanza dalla pelle.
    Rispondi alla mia madrina, mostro.
    Lo appello con lo stesso nomignolo dispregiativo che lui ha rivolto verso di me, solo che il mio tono di voce è stranamente calmo, quasi fosse qualcun altro a parlare al posto mio.
    Andate a farvi fottere, schifose puttane.
    Sibila dopo qualche istante di silenzio, sputandoci addosso il rinnovato astio che prova per la nostra specie, probabilmente senza un vero motivo. Gli uomini come lui non rispettano la natura, ne deturpano le creature raccontandosi di essere migliori quando nessuno ha mai dato loro alcun titolo.
    Gli uomini come lui, vanno puniti.
    La lama affonda sul lato destro di quel viso duro, parte dalla mascella e sale su fino alla tempia aprendo nella carne un taglio rosso e zampillante. Quando giungo alla fine stacco il coltello con uno scatto e me lo riporto in grembo, ansimante.
    Scioccamente spero che basti, anche se lui non ha gridato o chiesto pietà. Una parte di me prega gli dei perchè lo facciano parlare, ma quelle labbra malvage rimangono cucite.
    Ho detto di risponderle!
    In un'improvviso moto di rabbia sottolineo l'ordine spingendo il coltello fino all'impugnatura nella sua coscia sinistra, il fiato sempre più corto mentre un'espressione truce mi sfigura il viso per un lungo momento. Ho odiato quel silenzio ed il suo non essere collaborativo, ho odiato il modo in cui ci ha guardate ed ho odiato ancora di più l'idea delle sue mani strette attorno ai bei capelli di mia madre mentre le tagliava la testa.
    Finalmente ha gridato, ed io grido con lui quando estraggo la lama per piantargliela nello stesso punto ma sulla gamba opposta.
    Rispondi!
    Basta! Ti prego, basta!
    Il fiore bianco s'è ormai insozzato di liquido ramato, potrà lavarlo via ma rimarranno sempre delle macchie visibili per chi saprà come guardarle.
    M-mia moglie... Si è f-finta una pagana interessata allo scambio di erbe ed altri oggetti rituali. Abbiamo d-dei contatti... Una Veela di cui tua madre si fidava.
    Sgrano gli occhi, mi volto di scatto verso Saraid come per chiederle conferma di ciò che ho sentito. Non può essere vero, nessuna sorella tradirebbe mai la coven!
    Madrina? Sta mentendo, non è vero? Vuole solo metterci contro ad una sorella innocente...
     
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    Saraid osservò incantata il modo in cui la lama di Sigyn affondò attraverso la pelle del Cacciatore: il fiore bianco cominciava a sbocciare mostrando la sua vera natura, pur conservando parte di quell’innocenza che da sempre aveva affascinato la sua Maestra. Il sangue cominciò a scorrere dal taglio, ma entrambi, torturatrice e torturato, sapevano che si trattava soltanto del principio di una lenta quanto inesorabile agonia. L’unica cosa che poteva offrirgli era una morte rapida e quanto più indolore possibile, ma il Cacciatore si era giocato quella possibilità nel momento in cui aveva rifiutato di collaborare.
    La mezzaveela non intervenne nell’immediato, fiduciosa che la ragazza avrebbe attinto dall’amore che aveva provato per sua madre la forza e il coraggio necessari per fare ciò che andava fatto le diede la possibilità di condurre l’interrogatorio e non ne rimase delusa. Sigyn affondò il pugnale fino all’elsa mentre l’uomo si contorceva e gridava dal dolore mentre il sangue colava copioso dalla ferita: la ragazza doveva aver tranciato la vena femorale, decretando di lì a pochi minuti la sua fine imminente. Cosa che non poteva permettere… non ancora. La rivelazione del Cacciatore aveva appena cambiato le carte in tavola, rendendo indispensabile tenerlo in vita almeno finché non avesse raccontato loro tutto ciò che aveva da raccontare.
    « Il nome della veela e tua moglie avrà salva la vita », Saraid non rispose alla domanda della sua protetta. Sigyn si conservava ancora troppo pura per poter concepire quanto fosse controversa la natura delle loro sorelle: non poteva escludere quell’ipotesi a priori, l’assenza di potere ammaliatore in quella ragazza era sempre stata vista come una sciagura che avrebbe portato la coven verso la fine e, per quanto amata profondamente, quella debolezza poteva aver reso Niamh un bersaglio da eliminare. Allo stesso modo poteva esserlo diventato Sigyn.
    Saraid si chinò sul Cacciatore, attendendo che parlasse e tuttavia mantenendo una distanza sufficiente per intervenire tempestivamente nel caso in cui avesse osato giocarle un brutto scherzo. Con voce rotta, ridotta a un sussurro, l’uomo le fornì un nome che non le diceva niente.
    « Descrivimela », la descrizione ricordava molte di loro, tranne per un dettaglio.
    « Ha un cerchio rosso e due semicerchi neri tatuati dietro la schiena », una seguace della dea. Saraid non sapeva ancora fino a che punti credergli, ma una cosa era certa: non poteva permettere che il seme del dubbio germogliasse tra di loro, costringendo le sorelle a puntarsi il dito l’una contro l’altra. Quella situazione andava risolta con discrezione.
    « Figlia mia, è il tuo momento: rendi la pace all’anima tormentata di tua madre. Che il cacciatore giunga al cospetto della Dea. »
     
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    Il silenzio di Vindhlér pesa più di un suo assenso.
    La donna conosce meglio di me la natura delle nostre consorelle, è più simile a loro di quanto io non sarò mai, e per questo sa fin dove una Veela è disposta a spingersi pur di liberarsi di qualcuno che non approva.
    Ho vissuto in mezzo a loro per così tanto tempo, dividendomi tra Irlanda e Norvegia pur di non stare senza mio padre, e in tutto questo tempo le ho amate e capite nonostante gli sguardi di traverso ed i sussurri velenosi che mi venivano rivolti. Le ho sempre rispettate, e loro hanno deciso di tradire mia madre nel peggiore dei modi, impedendole di trovare la pace.
    L'unica colpa di Niamh è stata quella di dare alla luce una mosca bianca, più simile in natura a quell'umano con cui si era accoppiata piuttosto che ad una Veela, e la punizione per questo affronto era giunta con molti anni di ritardo, ma infine aveva colpito.
    Tutto questo mi fa sentire... Triste. Piena di rabbia. Tradita.
    Non so cosa pensare o a chi credere, a parte mio padre, Saraid e i miei dei. Loro non mi hanno mai mentito, mai hanno osato farmi del male. Avrei dovuto rispondere a tono quando mi veniva detto che ero maledetta, invece chinavo il capo e le trattavo con gentilezza e... e... cos'altro potevo fare? Il mio animo è sempre stato candido, solo adesso si sta sporcando del sangue di questo cacciatore.
    Con la mente altrove, non presto attenzione allo scambio che sta avvenendo tra la mia Madrina e l'uomo ormai giunto alla fine dei suoi giorni. Sto pensando a coloro che vivono al di fuori di questa tenda, a quella Veela che ha tolto la vita ad una sua sorella pur di fare ciò che credeva giusto. Eppure, in tutto questo caos, sento di non avere nessuna colpa, poichè la mia nascita così differente nasconde un motivo sacro e se nessuna di loro riesce a capirlo... Beh, che rimangano ottuse.
    Alzo il capo verso Saraid quando mi chiama, ancora in ginocchio e con la lama in mano, la osservo come se fosse la prima volta. Il suo volto è bello e tagliente quanto il coltello sporco di sangue che stringo tra le dita, e nello specchiarmi in quegli occhi scuri non posso fare altro che annuire.
    Il respiro aumenta mentre poso la punta della lama sul lato destro del collo di un uomo che, ormai, per me non ha più connotati umani. E' come se i suoi tratti fossero cancellati, un pallido ricordo di qualcosa che, un tempo, doveva aver sorriso a sua moglie nel portarle la testa di una preda tanto bramata.
    Questo è un dono dei miei dei, mi stanno rendendo più facile il compito di versare altro sangue, e di questo li ringrazio.
    La Dea ti farà soffrire più di quanto abbia fatto io, è una promessa.
    Un sussurro veloce detto con espressione impassibile e poi la punta affonda nella carne, uso l'altra mano per aiutarmi a spingere e tirare dal lato opposto mentre la gola si apre e da quelle labbra spente esce un ultimo verso strozzato. Il corpo sussulta per qualche attimo e poi, finalmente, cade morto.
    Con un tonfo abbandono la lama a terra e mi chino in avanti per portare la fronte contro il pavimento, bagnandomi così i candidi capelli degli ultimi effluvi vitali dell'assassino di mia madre.
    Ora sei libera. Che il vento possa riportarti a casa.
    Mi tremano le labbra nel rivolgermi a Niamh per quella che potrebbe essere l'ultima volta, un paio di lacrime impregnano la terra e prego che la Grande Madre possa liberarmi presto di tutta quella tristezza.
    Nell'alzarmi in piedi sono malferma sulle gambe, cerco il braccio di Vindhlér per tenermi su e lei è lì, come sempre.
    Dobbiamo parlare con l'anziana, Morrigan saprà cosa fare. Quella Veela traditrice deve essere punita.
    Ritrovo un briciolo di risolutezza mentre stringo la carne di Saraid, macchiando di sangue anche lei mentre sento il liquido ramato ed appiccicoso colarmi sulle guance e mischiarsi con le lacrime. Più avanti avrò tempo di eventualmente pentirmi per ciò che ho fatto.
    Deve morire anche lei. Dimmi il suo nome.
     
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    Fu con orgoglio che Saraid scrutò la sua protetta: gli occhi gelidi della mezzaveela trasudavano fierezza per il modo in cui Sigyn aveva reso giustizia a sua madre, la cui anima avrebbe conosciuto la pace non appena l’ultima tra coloro che le avevano arrecato un torto avesse saggiato la lama che sua figlia stringeva tra le dita macchiate di rosso. Pochi istanti dopo il cacciatore morì soffocato nel suo stesso sangue, e dopo un ultimo, grottesco e strozzato rantolo, nella tenda calò nuovamente il silenzio. Quanto accadde poco dopo incantò la mezza veela, affascinata dall’impeto con il quale la sua piccola guerriera si era chinata verso la pozza di sangue che il terreno non aveva ancora assorbito: i capelli argentei della ragazza si tinsero dello stesso colore, conferendole un aspetto tanto minaccioso quanto attraente. Saraid non l’aveva mai trovata così bella come in quel momento, il fiore bianco era infine sbocciato lasciandosi alle spalle qualsiasi esitazione e la sua richiesta non fu che di conferma a quella constatazione: Sigyn voleva vendetta, poco importava quali sarebbero state le conseguenze. E lei non intendeva negargliela: era diritto della ragazza esigere quanto le spettava. La mezza veela la afferrò per un braccio nel vederla vacillare, e la strinse finché non fu certa che non avesse più bisogno del suo sostegno per reggersi di nuovo in piedi.
    « Non te lo permetteranno. », esordì, scostandole una ciocca di capelli dalla guancia per sistemargliela dietro un orecchio.
    « Non lasciare che la furia offuschi il tuo giudizio, ragazza. Per quanto il crimine di cui si è macchiata sia imperdonabile, resta sempre una nostra sorella: nessuna oserebbe toccarla. Per quanto anche l’anziana vorrebbe esaudire il tuo desiderio di giustizia il suo scopo è mantenere la comunità compatta e in pace: quella veela verrebbe punita con l’esilio fino alla fine dei suoi giorni. » Saraid la strinse a sé in un abbraccio, accarezzandole i capelli dolcemente, lasciandole un bacio sul capo, tingendosi le labbra di rosso. Rumore di passi fuori dalla tenda preannunciarono che le due creature, madre e figlia, non avrebbero goduto ancora a lungo dell’intimità della privacy: le altre sorelle sarebbero giunte per recuperare il corpo del Cacciatore, la cui testa sarebbe stata gettata via in modo che venisse ritrovata dal suo gruppo affinché subisse lo stesso trattamento che avevano riservato alla loro amata Niamh. Saraid recuperò la lama dal terreno, afferrò le mani della ragazza racchiudendole intorno all’elsa affinché la stringesse.
    « Se vuoi rendere giustizia alla tua amata madre dovrai agire in fretta: riconoscerai la traditrice dal simbolo della dea tracciato di rosso sulla sua schiena », sussurrò al suo orecchio, per poi separarsi da lei.
    « Intratterrò io l’anziana. Qualsiasi cosa accada non hai di che aver paura: agisci con la sua benedizione e con la mia protezione. Ho fatto una promessa a tua madre e intendo rispettarla »

     
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    Dinnanzi alle parole di Vindhlér, la matassa della verità mi si srotola sempre più davanti agli occhi: in questa coven, fin dal momento in cui nacqui, non ci fu mai un noi. Siamo sempre state io e mia madre contro il loro volere, i loro giudizi taglienti quanto la lama dei goblin che giace sporca di sangue sul pavimento.
    Niamh è stata tollerata solo grazie al suo sangue puro, ed anche quello infine non era bastato a salvarla dalla morte per mano di una traditrice. Infida bestia che, nonostante il male arrecato, non verrebbe giustamente punita dalle sue consorelle. Noi e loro. Io ed il mio desiderio di riportare l'equilibrio seguendo la vendetta.
    La comunità è una bugia.
    Sussurro a denti stretti alla mia madrina, le lacrime ed il sangue mi si stanno asciugando sulla pelle candida e mi rendono il volto una perfetta maschera di furia. Per la prima volta provo del sincero risentimento nei confronti del luogo in cui ho passato molti anni, e in un moto d'odio prego la Grande Madre affinché si abbatta su di loro con tutta la forza degli elementi.
    Mi sto lasciando trasportare dalla foga, ha ragione Saraid nel dire che non devo lasciarmi offuscare il giudizio ma al momento risulta tremendamente difficile. E' come se, una volta versato il sangue del malfattore, ora sentissi il bisogno di vederne ancora, finchè la terra non sarà sazia.
    Quando tutto sarà finito, potrò fermarmi e crollare, sfinita e triste, ora però debbo agire in fretta ed approfittare di questo mio stato mentale. La Veela dalla schiena marchiata di rosso non merita la mia clemenza.
    Stringo di nuovo la lama tra le dita e, prima che Saraid se ne vada, mi avvicino a lei per toccarle un braccio con la mano libera ed abbeverarmi della sua algida forza.
    Grazie di tutto, madrina. Che la Dea possa sempre proteggerti.
    Senza di lei non sarei qui, forse non avrei avuto il coraggio di compiere il mio dovere se non avessi avuto la sua presenza accanto. A lei devo tutto, le sarò sempre debitrice e mai se ne andrà via dal mio cuore. Le rivolgo un ultimo cenno di saluto prima di allontanarmi e scivolare via dal retro della tenda.
    La neve cade in grossi fiocchi, coprirà presto le mie impronte ma mi muovo comunque con cautela tra le tende e nascondo la mia figura dietro ogni angolo non appena sento dei movimenti vicini. Finalmente, vedo ciò che sto cercando: una Veela dalla chioma raccolta in alto sta uscendo dalla sua abitazione, porta con se uno dei vasi che usiamo per raccogliere l'acqua al fiume e sulla schiena semi-scoperta spicca il tatuaggio rosso della Dea.
    Nel suo viso ricordo l'astio provato al mio passaggio ed i commenti sussurrati a fior di labbra per tenere lontana la sfortuna che il mio esile corpo secondo loro possiede insito in sé. Pagherà, così come ha pagato il suo complice.
    La seguo a distanza, guardandomi alle spalle solo una volta poichè m'importa poco di ciò che potrebbero pensare di me le consorelle. Ormai non faccio più parte della loro famiglie... In fondo, non l'ho mai fatto.
    Non mi vede arrivare, nel silenzio le pianto velocemente il coltello in gola fino all'elsa, così che soffochi nel suo stesso sangue. Il fuoco della vendetta arde ed al contempo mi spegne ogni giudizio o possibile senso di colpa, se mai arriveranno, ne subirò più avanti le conseguenze.
    Il corpo rantola e poi cade in avanti, verso l'acqua. Verrà spinto a valle e poi nel mare, dove verrà mangiato dai pesci e dimenticato per sempre.
    Col fiato corto guardo le mie mani e poi la neve, entrambe sporche di rosso. Col piede spingo la materia bianca insanguinata nell'acqua e poi sciacquo me stessa velocemente per levare qualsiasi residuo da viso e capelli. Levarmi due omicidi dall'anima forse non sarà altrettanto facile e le loro tracce rimarranno qui per sempre nonostante il sole della primavera.
     
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