Innaffiare il futuro

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    Anastasia stava poggiata sul bordo della cattedra in una delle aule dell’accademia, le braccia incrociate e lo sguardo rivolto all’ampia finestra. Stava osservando le nuvole candide che correvano sul cielo azzurro, spinte da venti troppo alti per sentirsi a terra, ma la sua testa si trovava altrove. Quella mattina, solo poche ore prima di dirigersi all’Accademia, aveva avuto la terza seduta con lo psicologo che aveva chiesto di poter vedere dopo tutte le discussioni con Heather delle settimane precedenti. La rossa aveva avuto ragione, sul fatto che avesse dei problemi molto più che sull’alcolismo, e adesso che stava cercando di ricostruirsi una vita il più normalmente possibile Anastasia aveva dovuto ammetterlo e iniziare ad affrontarli. Non c’era in ogni caso un posto abbastanza lontano in cui andare perché i problemi non riuscissero a raggiungerla, e in quel momento non aveva nemmeno poi tanta voglia di scappare.
    Indigo era stata una ventata di aria fresca nella sua vita, e anche se aveva iniziato quasi per gioco alla fine aveva scoperto che il lavoro ad Hogwarts le piaceva davvero, per non parlare di come tutto il mondo dei Carter di sua competenza fosse più semplice da gestire se lo faceva da Londra invece che da angoli sperduti del sud-est asiatico. Anastasia, aveva scoperto parlandone con l’uomo dagli occhiali di corno, non aveva davvero voglia di scappare nonostante l’impulso a fuggire che provava ogni volta che si presentava una tensione emotiva.
    Se fosse fuggita non avrebbe potuto essere lì, per esempio, a verificare quanto le era stato riferito circa la sua candidata alla borsa di studio “Carter” per giovani maghi. I risultati dell’indagine dell’ufficio che si occupava di vagliare le candidature erano in una cartellina anonima che riposava accanto a lei, sulla cattedra: non si era trattato di nulla che avesse invalidato l’erogazione del premio o Anastasia avrebbe letto prima di quella cartellina che, invece, aveva riposato per settimane fra la sua posta, ignorata.
    Si voltò verso la porta quando la sentì aprirsi, supponendo che fosse la ragazza con cui aveva chiesto di poter avere un colloquio. Era vestita elegante ma senza essere pretenziosa, come sempre quando girava per affari a Londra, con un paio di pantaloni lunghi e una camicetta azzurra dalle maniche arrotolate - Ciao Bryony - un sorriso nei confronti della bionda, che si era presentata a lei con il suo vero nome ma, sospettava, non con la sua vera personalità. Ania non aveva tutti i dati, ovviamente, ma si stava chiedendo in quanti fossero davvero e con chi avesse parlato la prima volta. Sarebbe stata la stessa personalità ad arrivare? - Sono passata a vedere come stai -
     
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    Bree era molto confusa sul perché fosse stata chiamata a rapporto in una delle aule vuote dell'accademia. Sentiva il cuore batterle in gola, l'ansia che le stringeva lo stomaco come una morsa, facendole sentire una leggera nausea. Di solito quando venivi chiamato singolarmente per un colloquio non era mai una cosa positiva e Bree era terrorizzata che fossero brutte notizie. Che qualcuno avesse scoperto della sua condizione e la voleva cacciare dalla scuola? Che uno degli alter avesse fatto qualcosa di tanto grave da avere conseguenze per tutti loro?
    Mentre si dirigeva all'aula non aveva che pensieri in testa, un vortice di situazioni e possibilità che continuavano a ripetersi come un film senza una vera fine, senza darle una risoluzione del conflitto, solo nuovi scenari e nuove paure.
    Con mano tremante aprì la porta dove le avevano detto che aspettava la persona che voleva parlarne e quando varcò la soglia fu abbastanza confusa da quello che vide. Era una ragazza poco più grande di lei, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, molto simili ai suoi in colore, ma non in espressività. Se quando si guardava allo specchio vedeva tenerezza, tristezza e confusione, quando guardava negli occhi della donna vedeva solo sicurezza, fierezza e un tocco di cinismo che le davano un aria regale, quasi fosse una regnante gentile a cospetto di un suo suddito devoto. Era alquanto strano vedere una ragazza così giovane mostrare tutta quella sicurezza, qualcosa che Bree, nei suoi anni di vita, non era mai riuscita a raggiungere nemmeno un po'.
    “Sto bene, la ringrazio” mormorò, la voce quasi un sussurro, melodiosa e pacata, decisamente differente da quella che usava il resto del sistema, quando non la stava imitando. Si scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lasciando però che l'altra parte nascondesse il volto, cercando di mascherare lo sguardo perso di quando cercava di contattare Oliver all'interno.
    Era abituata a rispondere alle persone che non conosceva come se sapesse esattamente cosa stava succedendo, durante il periodo scolastico, quando non sapeva ancora di essere parte di un sistema, erano più le volte che le persone la salutavano e parlavano con lei come se si conoscessero da una vita di quelle in cui era lei a creare un legame, quindi, senza volerlo, aveva imparato a fingere. Poi aveva capito che era stata Zoey a fare tutti quei legami, ma intanto l'abitudine si era stabilita e con il tempo non era mai andata persa, anzi, si era solo affinata per nascondere le comunicazioni interne del sistema.
    Lei è Anastasia Carter, ha incontrato Lou una sera e ci ha offerto una borsa di studio chiarì velocemente Oliver, sempre dritto al punto e senza perdersi in dettagli. Peccato che Bree non avesse idea di come una cosa del genere fosse possibile, soprattutto perché Lou non era esattamente la più simpatica del sistema...
    Non chiedere, sappi solo che è una cosa onesta e probabilmente è solo venuta a vedere come va la situazione o farci firmare qualche carta. Stai al gioco, ti sto vicino io
    Era passato molto dall'incontro di Lou con la figlia minore dei Carter e il sistema aveva smesso di pensarci, ritenendo che se le cose fossero dovute andare bene avrebbero avuto notizie a tempo debito, altrimenti era inutile preoccuparsene. Per quello Oliver non aveva mai detto niente a Bree, preferendo non innervosirla con racconti di notti di cui non doveva sapere niente e con false speranze. Alla fine lui e Soul sapevano tutto e tenevano monitorata la situazione, non c'era bisogno di parlarne con l'host del sistema.
    “Per caso è qui per la borsa di studio?” lo scambio interno era durato pochi istanti, giusto il tempo di far finire il percorso della mano dietro l'orecchio e lasciarlo proseguire giù per il collo, dove la ragazza si passò nervosamente le dita cercando di far scivolare via un po' della tensione che la opprimeva.
    “C'è qualche problema?” si avvicinò di qualche passo, spostando nervosamente il peso da una gamba all'altra, la postura ingobbita e rannicchiata, tipica di una persona con gravi problemi di ansia e autostima, totalmente diversa da quella aperta e ritta di Lou, così sicura di se stessa e piena di orgoglio. Era più facile per tutti fingere di essere Bree, quando era lei a fingere di essere gli altri le persone notavano che c'era qualcosa di strano, che non fosse esattamente quello che doveva essere, quindi nemmeno ci provava. Lou poi! Lou era esattamente il suo opposto e sperava che la Carter non facesse troppo caso alle differenze di comportamento, o che le collegasse all'alcol che sicuramente Lou aveva ingerito, più che a quello che effettivamente era il problema.
     
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    La persona che aveva davanti era abbastanza diversa da quella che aveva conosciuto nel locale a Londra e di sicuro, nel vederla lì, nessuno l’avrebbe mai detta capace di fare tutto ciò di cui avevano parlato. Se non fosse stato per il fascicolo che teneva posato ora sulla cattedra il massimo cui Anastasia avrebbe potuto pensare sarebbe stato però di avere di fronte un’ottima attrice. Perfino il modo ossequioso in cui le si rivolse lo avrebbe probabilmente attribuito allo scambio di ruoli e di contesto. Anastasia si chiese come funzionasse davvero la mente della ragazza che aveva di fronte, e cosa avrebbe potuto sentire se avesse allungato la propria Empatia verso la ragazza. I pensieri erano un conto e le emozioni un altro: avrebbe sentito i sentimenti di una persona sola o di un intero sistema?
    - Sì, volevo assicurarmi che andasse tutto bene - le rispose. Che la borsa di studio le fosse già stata accettata doveva saperlo già, o probabilmente non sarebbe stata lì in quel momento. Né in quella scuola né in quell’aula. Si sporse leggermente in avanti, senza però staccarsi dalla scrivania - Sei la prima persona che viene approvata su mia proposta, e ci tengo ad assicurarmi che le cose vadano per il meglio - ammise, e sorprese perfino se stessa nel rendersi conto di quanto fosse vero. Non si trattava solo di regalare soldi ma di incidere nella vita di qualcuno, di cambiarla, e ora che Anastasia aveva iniziato a giocare con quella responsabilità non capiva come suo nonno fosse riuscito a farlo con una tale leggerezza per tanti anni.
    Mosse una mano in aria, ad incoraggiarla a continuare - Ma raccontami qualcosa, come vanno i corsi? Come ti trovi? - le domandò, prima di farle un rapido occhiolino - E comunque pensavo fossimo andati oltre al “lei”, ormai - almeno con la persona con cui aveva parlato in quel bar.
    Chissà come funzionava…
     
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    bree

    Bree faticava a capire il contesto di quella conversazione. Era una delle cose che più le davano fastidio del loro disturbo, il fatto che non ricordasse avvenimenti fondamentali per capire cosa le succedesse attorno. Era inutile avere Oliver che le dava le informazioni centellinate, avrebbe voluto capire cosa implicava la conversazione avuta tra di loro per lei, perché da come si esprimeva la donna c'era un livello di intimità che non lasciava presagire una tranquilla conversazione con una che per puro caso dava borse di studio. Era innervosita dalla cosa, soprattutto da quell'occhiolino finale che le faceva credere che Lou ci avesse provato, cosa non strana per la ragazza, ma decisamente strano per lei ed era lei che doveva aver a che fare con la donna in quel momento.
    “Credo ci sia stato qualche intoppo amministrativo perché non mi hanno informato di niente ancora, ma il prossimo semestre inizia a settembre, questo era già stato pagato, probabilmente aspettavano la fine dell'anno per farmelo sapere”
    Non aveva la minima idea se fosse veramente così, ma se nemmeno Oliver sapeva niente a riguardo dubitava che uno degli altri alter avesse parlato con il rettore e non comunicato al resto del sistema la cosa. Soul avrebbe comunque interferito, se si trattava di cose fondamentali, era brava a gestire il sistema in questo e pretendeva da tutti un efficienza marziale: lasciare che Maggie parlasse con il rettore non era efficiente e quindi doveva essere prevenuto ad ogni costo.
    “Comunque sono felice di sapere che è stata accettata, di sicuro è un pensiero in meno” quella era una delle cose più belle che le fosse capitata. Aveva sempre avuto paura di non avere abbastanza soldi per finire l'accademia, inutili le rassicurazioni di Oliver, perché sapeva che in un modo o nell'altro se l'erano cavata fino ad ora, ma non sapeva come e a quanto pare non le era concesso saperlo, quindi rimaneva sempre con il dubbio e la paura. Avere la borda di studio voleva dire sapere da dove arrivavano i soldi, voleva dire avere più serenità sul come erano stati trovati. Decisamente era un gran peso che si era tolta dalle spalle.
    “Io...” le guance le si tinsero di rosso, lo sguardo che volò rapidamente verso il pavimento, cercando di non mostrarle quanto a disagio la metteva quella situazione. Lei non era mai stata brava a flirtare, solo con Roy era riuscita a lasciarsi andare abbastanza, ma il rosso tingeva spesso il suo viso quando era in compagnia del ragazzo e non aveva mai provato davvero a fare colpo. Non era Lou, sicura e che non conosceva imbarazzo, non era Oliver che prendeva tutto con spavalderia e comicità. Non era nemmeno Zoey che sapeva ridere e scherzare con la gente. Era per quello che i rapporti sociali non rientravano nelle sue mansioni, lei non era adatta a portare avanti queste cose. Eppure si trovava lì, con Oliver nel fondo della mente che rideva come un matto nel vederla ad affrontare le conseguenze di qualcosa che aveva combinato Lou e non poteva nemmeno biasimarlo. Lei e la biondina erano come cane e gatto, luce e ombra, sole e luna. Non si trovavano in niente ed entrambe erano infastidite dal modo di fare dell'altra. Era quasi una punizione divina dover aver a che fare con una persona che aveva conosciuto Lou e non altri del sistema.
    “Questo è un contesto diverso” provò a scusarsi, mordicchiando il labbro inferiore con chiaro nervosismo. Il peso continuava a passare da una gamba all'altra incapace di stare ferma per la tensione nervosa e un braccio era avvolto attorno alla sua pancia, quasi in un abbraccio per darsi conforto.
    “Mi dispiace se ho superato il limite l'altra volta” non ne aveva idea se fosse vero, ma conoscendo la bionda era molto probabile. Non aveva freni, non conosceva vergogna “sto solo cercando di tenere le cose professionali adesso, non vorrei che potessero nascere problemi con la borsa di studio”
    Oliver si era zittito nel retro della mente, cosa che Bree intuì fosse per osservare la reazione della donna. Non tutti reagivano bene ai loro cambi così repentini, molti si ponevano delle domande e toccava ad Oliver, il più bravo di tutti a fingere di essere chiunque degli altri alter, a gestire la cosa. Bree era pronta a cedergli il posto, non voleva trovarsi in quella situazione e non voleva nemmeno compromettere il loro segreto per la sua incapacità come attrice.
    “I corsi stanno andando molto bene comunque, ho quasi finito l'anno e tra poco ci saranno gli esami. La professoressa Lindey è tosta, ma non sembra preoccupata dal nostro rendimento ed è molto giusta, quindi sono convinta di riuscire a prendere i voti necessari per mantenere la media per la borsa di studio”
    Era così che funzionavano di solito quelle cose: studia, tieni la media alta e non fare disastri. Si sarebbe impegnata ancora di più pur di tenere stretti quei soldi, pur di non doversi preoccupare delle infinite sere di cui non aveva memoria. Magari avrebbero avuto più tempo per studiare così, o da passare con Roy... Adesso c'era anche lui nelle loro vite e Bree non voleva nascondergli parti della loro vita, ma se nemmeno lei sapeva cosa succedeva in quelle notti di cui non aveva memoria come poteva dirlo al loro ragazzo?
    “Non saprei che altro dire... Vuoi sapere qualcosa in particolare?” anche solo usare un modo meno informale di parlare era difficile. Era abituata a parlare agli sconosciuti, soprattutto se avevano tra le mani il loro futuro, con rispetto e cortesia, ma per via del primo approccio che la donna aveva avuto con Lou doveva abbandonare quel suo modo di fare, rilassarsi di più come se si fossero già conosciute... In contesti e modi discutibili, a quanto pareva.
     
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    Anastasia doveva ammettere che la cosa la stava incuriosendo più di quando sarebbe stato eticamente lecito. Era il punto del denaro: rendeva molto più facile fare cose che sarebbe stato meglio non fare, o fare in maniera diversa. Più pulita. Picchiettò le dita sulla scrivania mentre la osservava, i passaggi di espressioni tanto rapidi da poter passare inosservati a chi non sapesse cosa guardare. Ascoltare i suoi sentimenti sarebbe stata un’invasione della privacy inopportuna, ma Ania ne era tentata lo stesso. A fermarla, solo il fatto di farlo volontariamente era comunque diverso dai momento in cui nervosismo e tensione lo facevano accadere da solo.
    - Credo sia ancora meglio, allora. Mi fa piacere darti di persona la bella notizia - disse dopo qualche attimo di silenzio, maledicendo se stessa per non essersi informata meglio. Heather aveva avuto ragione a criticare, a suo tempo, il modo in cui ignorasse il funzionamento di gran parte di ciò che riguardava la gente normale. Davvero la orsa di studio si erogava già in quel momento per l’ano successivo?
    Non smise di sorridere gentile nemmeno quando lei continuò, passando attraverso scuse tanto generiche da farle meritare un approfondimento diplomatico più che ingegneristico. Parole vaghe ma convincenti, gestite con una naturalezza che Ania ci aveva messo anni ad imparare - Nessun problema Bryony, ormai è stata assegnata - ci tenne a chiarire, più come base per i discorsi futuri che per quel timore appena esposto. Se era vero quello di cui avevano parlato al pub in fondo poteva capire perché l’intera…”lei”…potesse temere di vedersene privata.
    - Ne sono felice - aggiunse riferendosi alla media scolastica e alle opinioni della professoressa Lindsey. Avrebbe dovuto scrivere a Jamie: si era ripromessa di farlo dopo aver pagato il conto del lavoro del negozio di Heather ma non l’aveva mai fatto - Ma vorrei tranquillizzarti: l’unica cosa che possa farla revocare è la scoperta di qualche trascorso non in linea con i principi che muovono la mia famiglia. L’affiliazione ad associazioni di stampo…diciamo in linea con il precedente governo - non le andata di parlare apertamente di Mangiamorte e Magia Oscura, quasi si trattasse di qualcosa che a solo essere nominato poteva rovinare ciò che li circondava.
    Di nuovo si trattava di una rassicurazione propedeutica a quanto stava per avvenire, più che a quanto già accaduto.
    Spostò indietro il peso, fece leva sulle mani e si issò con grazia sulla cattedra, sedendosi con i piedi penzoloni - Il resto non riguarda la valutazione per la borsa di studio. Non eventuali reati comuni, non problemi di salute, non…non saprei, nulla. Solo i voti e la ragionevole garanzia che quanto viene pagato dalla mia famiglia non venga usato un giorno per promuovere politiche che non condividiamo - quella di imprigionare i nati babbani ad Azkaban, per esempio. O cruciare mezzosangue come lei. Raccolse la cartellina, l’aprì e la girò in modo che lei potesse vedere il nome di un ospedale babbano stampato sulla prima pagina - Solo che tendo ad essere una persona abbastanza orgogliosa…e non mi piace troppo l’idea che le persone con cui parlo non siano del tutto oneste con me - richiuse la cartellina, posandola di nuovo sul tavolo - Sono dati riservati, tranquilla, e la scelta è stata fatta in un momento in cui chi se ne occupa ne era già a conoscenza. Solo…ecco, volevo fosse chiaro che se la tua intenzione era mentirmi non ci sei riuscita -
     
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    bree

    Se non era lì per quello, se non era lì per informarla della borsa di studio o di qualche problema a riguardo perché era venuta? Il dubbio si stava facendo sempre più pressante, portando Oliver sempre più vicino alla superficie. Bree riusciva a sentirlo, era come un gatto appostato nell'ombra, gli occhi sulla preda, ma il corpo mimetizzato nella natura per non far presagire il suo arrivo.
    “Sono natababbana, sarebbe controproducente per me essere allineata alle politiche del vecchio governo, vorrebbe dire essere a favore della mia eliminazione” ad ogni parola che usciva dalle labbra della donna si sentiva più confusa e smarrita. Non riusciva, per quanto si sforzasse, a trovare un filo logico tra quanto veniva detto e il motivo della sua presenza in quell'aula. Chiunque sapeva che non era una filomangiamorte, se il suo stato di sangue non bastava a togliere il dubbio. Cosa avrebbe mai potuto fare di così grave per far credere che potesse supportare un governo così distruttivo e pieno di pazzi al potere?
    “Oneste, non capisco...” di che cosa stava parlando? Che cosa aveva detto Lou che potesse essere considerata una bugia? Bree ovviamente non aveva ricordi e Oliver era troppo attento ad ogni espressione e inflessione di voce della bionda per prestare attenzione alla sua confusione e persa a cercare di contattare il protettore quasi si perse il perché sentì quella rabbia improvvisa e furente nel suo petto. Non era una sua emozione, a volte faticava a distinguere quello che provava lei e quello che provavano gli altri alter, ma in quel preciso istante sapeva con ogni fibra del suo essere che quella rabbia fosse completamente di Oliver.
    Fece appena in tempo a focalizzare con lo sguardo il foglio, a vedere di cosa si trattasse prima che una sensazione di vertigine la colpì, facendola vacillare e trasportandola con la velocità di uno schiocco di dita all'interno della mente.


    oliver

    Oliver era furente. Come osava quella donna spregevole venire a dire a loro che non erano riusciti a mentirle quando era lei quella che era andata a mettere il naso dove non le competeva. L'aveva detto lei stessa che per la borsa di studio non c'erano condizioni di salute che valessero la cancellazione, quindi con quale coraggio era andata a frugare nei loro documenti medici, privati tra l'altro, per venire a sbattergli in faccia con aria indignata. Oh no, l'aveva combinata grossa e Oliver non avrebbe permesso che qualcuno giocasse così con le loro vite, che li trattasse come dei bugiardi quando tutto quello che avevano fatto era sopravvivere.
    “E per orgoglio sei andata a cercare dati personali, protetti da privacy e quindi in teoria inaccessibili alle istituzioni, solo per sbatterci in faccia che non puoi essere fregata? Complimenti, che gran merda di persona che sei, meriti un applauso”
    Le mani di Oliver schioccarono l'una sull'altra per un paio di volte, in una parodia di un vero applauso, lo sguardo furente e un ghigno disgustato sulle labbra, a rappresentare solo un decimo del disgusto che provava per quell'essere umano che si trovava davanti, così caritatevole e buona all'apparenza, nel donare ad una sconosciuta una borsa di studio solo perché in difficoltà, quando in realtà voleva solo sentirsi la burattinaia di qualcuno, dimostrare che aveva lei in mano il potere e che poteva usarlo come meglio le aggradava, dando o togliendo come un regnante, ma non gentile come aveva pensato Bree a prima vista, ma un monarca egoista e perfido che trovava solo piacere nel giocare con la vita delle persone.
    “Riprenditi pure i tuoi cazzo di soldi, perché noi non ti dobbiamo niente, né sincerità, né ringraziamenti, un cazzo di niente proprio!”
    Si sentiva come un leone furente, ingabbiato in quella stanza in presenza di un gladiatore che poteva solo giocare con la sua vita per allietare la giornata a ricchi viziati e gente viscida e che godeva nel vedere gli altri soffrire.
    “E se scopro che hai detto a qualcuno le cose che ci sono scritte su quel foglio ti faccio pentire di averci conosciuti. Non mi importa se sei ricca quanto la regina in persona, ti denuncio e ti porto a fondo con me, perché non mi faccio spaventare da voi ricchi che pensate di avere il diritto sulla vita delle persone solo perché sono meno fortunate di voi!”
    Senza accorgersene si era avvicinato alla donna, puntando minacciosamente l'indice contro il suo petto, l'espressione furente, il corpo teso e pronto a reagire a qualsiasi minaccia potesse presentare l'altra donna, la mano che fremeva per afferrare la bacchetta, ma che non lo faceva solo perché non voleva essere lui il primo ad aggredire, sapeva che bastavano le parole, non aveva senso sporcarsi le mani con una persona così meschina.
    “Che poi, chi sei tu per pretendere di sapere cose di noi che nessuno sa! Cose che abbiamo tenute nascoste per la nostra sicurezza! Dovresti vergognarti, ci hai messo in pericolo così! Chi è che lo sa? CHI CAZZO LO SA?”
     
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    Nel momento in cui il muro di rabbia che si alzò dalla ragazzina la colpì in faccia come uno schiaffo, Anastasia si rese conto di due cose.
    La prima era che non aveva gestito quella cosa bene come avrebbe potuto. Non capiva come avesse fatto suo nonno a far sembrare tutto quel gioco così semplice ma era chiaro che per lei non lo era, a prescindere che si trattasse di un talento naturale o dell’autorevolezza data dall’essere giovane e donna invece che vecchio e uomo. La rabbia che aveva sostituito la remissività negli occhi di Bryony era stata tanto improvvisa e tanto intensa da lasciare pochi dubbi sul tipo di switch che c’era stato, ed era stata stupida lei a non pensare a quell’eventualità. A non andare lì con un piano ben definito.
    La seconda era più fisica, e riguardava il modo in cui si trovò a reagire alla minaccia rappresentata in quella voce.
    La psicologa che aveva iniziato a frequentare le aveva spiegato come i traumi che aveva subito la spingessero ancora adesso a reagire in maniera eccessiva a quelle che considerava minacce, attivando l’impulso alla fuga o al combattimento anche là dove non serviva. Saperlo però non equivaleva a controllarlo, e quella era una lezione che la piccola Carter avrebbe dovuto sbrigarsi a imparare, mentre stringeva le dita sul bordo della cattedra e tornava con la schiena dritta, in principio, e poi leggermente sporta verso di lei.
    - Fidati, è da stupidi pensare che una persona ricca sia pericolosa solo grazie ai propri soldi - le sibilò mentre era sporta in avanti. Una parte di lei sperava che la ragazza la colpisse, che le desse l’occasione di scattare, di liberare quella parte di se stessa che doveva tenere incatenata con estrema cura elle profondità del proprio essere, sotto la Principessa, la Professoressa e perfino la Guerriera - La prossima volta che mi dai della persona di merda te lo stacco quel dito, e te lo faccio ingoiare - niente rabbia, niente ringhi. Solo ghiaccio, a uscire dalle labbra rosa della bionda un cubetto alla volta.
    Indietreggiò appena, sforzandosi di rilassare le spalle.
    - Ora, se potessi parlare con qualcuno di ragionevole potrei iniziare scusandomi - in effetti ora le era anche chiaro come mai Maximiliam avesse tanti nemici quanti amici. Forse di più - Non sono stata delicata in effetti, scusa. Scusate…? - ammise alzando le mani.
    Quando le riposò il dito indice della destra si era posato al centro della cartellina - Questi dati vengono raccolti per la valutazione dei candidati alla borsa di studio, è la prassi. Dichiarare di essere nati babbani non è purtroppo sufficiente e di solito si controlla con estrema attenzione che tutto sia…in linea, ecco…con i nostri valori. Che nessuno ne stia approfittando per tornare indietro di una decina d’anni - un attimo di pausa - Non intendo affatto divulgare informazioni che non mi riguardano, a nessuno, se è quello che ti preoccupa. Mi stavo solo assicurando che non fossi tu in pericolo, e che questa situazione non rischiasse di mettere in pericolo me - sottolineò.
    Un attimo dopo, però, le venne un dubbio. Non era sicura di come funzionasse, di come andassero le cose nella testa della persona che aveva davanti, ma… - Ti ricordi come ci siamo conosciute, si? Cosa mi hai detto quella sera? -
     
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    oliver

    Oliver non aveva mai pensato che essere ricchi fosse l'unica arma a disposizione di certe persone. Se erano ricche c'era un motivo e sapevano tenersi con le unghie e con i denti quanto avevano in tasca. No, non aveva mai pensato che dietro quel viso angelico si nascondesse una persona indifesa, lo vedeva nel suo sguardo che anche lei aveva attraversato l'inferno e non ne era uscita senza ammaccature, ma questo non voleva dire che non usasse i suoi soldi come arma principale, sempre pronta a sventolarli nemmeno fossero carta straccia. Per lei non avevano valore e non si faceva problemi ad usarli, per loro ogni singolo centesimo in più voleva vivere una vita più confortevole.
    “Non fare la persona di merda allora, mi sembra facile” ringhiò in risposta, ignorando la minaccia perché sapeva che poteva difendersi, che non era così indifeso come lo era stato da piccolo. Adesso aveva il potere per rispondere a tono, per non abbassare la testa ad ogni gradasso che gli si parava davanti. Non era costretto a dire si e chinare la testa ad ogni insulto perché aveva giurato a se stesso e al sistema che li avrebbe protetti proprio da questo, dall'essere di nuovo soggiogati da qualcuno che pensava di avere più potere di loro.
    “Io sono ragionevole quando le persone non mi minacciano” incrociò le braccia al petto, alzando un sopracciglio per farle capire che era in attesa di queste fantomatiche scuse. Decisamente non sufficienti, secondo il suo punto di vista, perché l'unica cosa che aveva ammesso di aver fatto in modo errato era usare poca delicatezza. Cosa che lo faceva ridere perché non solo non era stata delicata, ma era stata arrogante e manipolativa, non che di questo avesse minimamente fatto menzione nelle sue scuse. Il resto delle parole era vuoto, insignificanti per lui perché sapeva fin troppo bene che erano solo una scusa per ficcare il naso negli affari degli altri senza dover subire le conseguenze. Visto che c'era stato un ricovero poteva benissimo chiudere lì e non cercare altre informazioni, invece aveva indagato e letto la diagnosi che era stata fatta loro, sapendo anche che avevano tentato il suicidio.
    “L'unico pericolo che vedo al momento sei tu” replicò, gelido, incredulo dall'assoluta mancanza di percezione della realtà che stava dimostrando di avere la donna. “A meno che non consideri il tentato suicidio un pericolo allora si, siamo molto pericolosi allora...”
    Era facile rispondere a delle cazzate con il sarcasmo. Oliver non era una persona facile con cui convivere, non quando era in modalità protettore. Se non ti riteneva una minaccia era un bonaccione, pronto a ridere e scherzare e darti una mano su qualsiasi cosa. Tocca lui o uno dei componenti del sistema e diventava freddo, cinico e pronto a tutto pur di proteggerli.
    “Non ero io, io sono arrivato solo verso la fine, quando stavate parlando della borsa di studio, del prima non ne so niente” cauto, la studiava come se fosse un animale pericoloso di cui non conosceva le intenzioni. Voleva andare da qualche parte con quella domanda? Non gli sembrava che Lou avesse detto qualcosa di particolare, qualcosa da attirare così tanto l'attenzione della bionda, ma magari era nei pezzi in cui non era stato presente e la piccola combinaguai non aveva pensato la cosa abbastanza importante da riferirgliela.
    “Toglimi una curiosità, hai pensato di fare qualche ricerca prima di venire qui ad accusarci di voler nascondere segreti di stato o hai letto quanto scritto in quella cartella medica e ti sei lavata le mani di tutto il resto?”
    Perché la cosa faceva una grande differenza. Se era venuta lì senza informarsi le avrebbe riso in faccia, perché non aveva davvero idea di cosa avesse fatto. Se invece lo sapeva e comunque li aveva confrontati in quel modo era davvero un pezzo di merda.
    “Perché basta leggere la prima riga di qualsiasi libro sull'argomento per capire che è un disturbo che viene a persone traumatizzate e abusate da bambini. Sai quanti potrebbero cercare di abusare di nuovo di noi sapendolo? Quanti ci sfrutterebbero approfittando del fatto che abbiamo l'amnesia tra un alter e l'altro? Che ci sono dei bambini nel sistema che sono facilmente manipolabili? Capisci perché non è un'informazione che puoi sbandierare così, ai quattro venti, o dire con così tanta nonchalance che possiedi in una cartellina a cui chiunque ha accesso, che può visionare e anche perdere? E se finisse nelle mani della persona sbagliata? Ci hai messo in pericolo, ma non mi sembra che tu ti sia scusata per questo”
     
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    “Non fare la persona di merda allora, mi sembra facile”
    Un sopracciglio si alzò sul volto della Carter, per nulla abituata a quel genere di risposta. Di solito la gente si divideva in chi l’adorava e chi la temeva: quel modo di fare non le era affatto famigliare e, per quanto comunque non la turbasse, Anastasia non riusciva nemmeno a ignorarlo e basta. Doveva davvero prenderle la faccia e sbatterglirla contro la cattedra? No, ovviamente non lo avrebbe mai fatto, ma di sicuro avrebbe dovuto parlare con lo psicologo di quella vocina che continuava a suggerirle come non fosse poi un’idea così brutta.
    E si trattava di una vocina così ragionevole…
    - Credo ci sia da lavorare sul concetto di minaccia, qui - le rispose con un sospiro, ma alzando nuovamente la mano a fermare qualsiasi ulteriore obiezioni. Tutto voleva meno che tornare a litigare per una parola o per i suoi significati. Anastasia si era già resa conto di non essersi messa in una posizione semplice da gestire, e l’unica magra consolazione era che sicuramente avrebbe avuto modo di imparare qualcosa da quella conversazione.
    Aggrottò la fronte quando, all’improvviso, la sentì tirare fuori l’argomento del suicidio. Anastasia non aveva letto la cartella clinica, i dati che potevano ottenere riguardavano la diagnosi del ricovero non l’esatta struttura di ciò che aveva davanti e quello che poteva esserne derivato nel tempo, ma era un argomento cui si sentiva particolarmente sensibile fin da quando a provarci era stata Heather. La osservò fissa per qualche istante, in silenzio. Nella sua testa gli abusi che per sua stessa ammissione aveva subito da bambina si incastravano con la prostituzione di cui aveva saputo la sera in cui si erano conosciute, con il discorso sulle amnesia e con la rabia che l’aveva investita poco prima. Anastasia si morse appena un angolo del labbro inferiore, pinzandolo fra i denti candidi, per liberarlo nel rendersene conto subito dopo.
    - Ok. Scusami allora, ti chiedo perdono - decise infine.
    C’era un motive per cui aveva scelto di aiutarla quando l’aveva incontrata in quel bar, e ciò che sapeva adesso – ciò che vedeva – le confermava di aver fatto la scelta giusta. Persone come lei, com’era stata Heather nel periodo di massima difficoltà, non meritavano di essere lasciate solo, ne di correre il rischio che qualcuno abusasse di lei. Dubitava che la parte di lei con cui aveva parlato considerasse il vendersi come un abuso, ma era palese che Ania avrebbe potuto facilmente approfittarne se avesse voluto, e non era una cosa che le piacesse nemmeno al solo pensarlo.
    - Tu sei un uomo, vero? - le domandò, lo sguardo che correva lungo i lineamenti di Bryony. L’aveva trovata bellissima, la sera in cui si erano conosciute, e non poteva che pensarlo anche adesso. Solo che era…diversa. Nella postura, nelle espressioni, nelle emozioni che emanava. Senza mai distogliere lo sguardo dal volto di lei allungò una mano, aprì la cartellina e, distogliendo il primo foglio, le mostrò quelli sotto. Bianchi.
    - So del ricovero e so del motivo, ma non ho accesso ai dettagli clinici. Ovviamente - non che non avrebbe potuto, se avesse indagato di più, ma al momento si erano tutti tenuti all’interno della legalità. O, almeno, in quella zona di grigio che era l’abitudine per persone che si occupavano di quelle cose - Né sono così stupida da portarmi dietro qualcosa che altri possano leggere - che fossero fogli incantati per essere letti solo da lei o che fossero semplicemente bianchi Anastasia non lo disse. Si limitò a chiudere la cartellina.
    - La persona con cui ho parlato…Bryony? Era lei? - non importava, supponeva. Mosse le mani, ad indicare quanto le circondava - In ogni caso è quello che mi ha detto ad avermi convinta a darvi una mano. Pensi io passi il mio tempo raccogliendo randagi nei bar? - domanda retorica, probabilmente sì, lo pensava - E trovi così assurdo che io voglia assicurarmi di cosa si tratta dopo aver scoperto che la persona per cui mi sono esposta non è quella che si è presentata a me? Ti farei notare che non è nemmeno la persona con cui sto parlando ora –
    “L’importante non è vincere sempre: è non perdere mai” diceva sempre suo nonno.
    Anastasia stava iniziando a capire cosa significasse…
     
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    oliver

    Alzò un sopracciglio, scettico, rifiutandosi di commentare altro, ma non per la mano alzata della ragazza, ma perché era impossibile ragionare con qualcuno che non capiva che le minacce avevano molte forme, non erano tutte esplicite e potevano venire anche dalla persona più ben intenzionata del pianeta. Cosa che lei non era, a suo parere, ma forse l'aveva giudicata troppo presto.
    Oliver era così, era impulsivo a volte, determinato a proteggere i suoi fratelli con tutto l'impeto di cui disponeva, lottando fino alla morte pur di garantire loro qualche sicurezza. C'era un motivo se era stato nominato il protettore primario, perché era lui che per primo affrontava le difficoltà e gestiva le minacce, era lui che pensava e coordinava pur di tenere tutti al sicuro. Preferiva agire prima e chiedere scusa dopo, solo così si erano salvati, erano arrivati a vedere l'età adulta. Era fiero del suo lavoro, ma a volte ammetteva di avere una prima impressione sbagliata della gente, che tendeva a vedere il marcio prima del buono.
    “Cosa te lo fa credere?” chiese alla donna senza darle veramente una risposta. Non sapeva ancora se poteva fidarsi di lei, se darle anche solo un dito fosse consigliato. Avrebbe atteso la sua spiegazione, cosa che stava cercando di fornire per decidere quanto dare e quanto tenere. Era un gioco di bilanciamenti, non potevi non dare qualcosa, perché le persone diventavano ostili e diffidenti, ma non potevi nemmeno dare troppo o rischiavi di finire scottato.
    Lo rassicurò scoprire che non sapeva tutti i dettagli, così come che avesse solo fatto finta di avere più informazioni di quelle che in realtà aveva. La odiò per questo, perché l'aveva costretto ad uscire e andare all'attacco, invece di poter trovare un modo per ragionare, però doveva ammettere che come strategia era furba. Se la persona pensava che l'altro sapesse tutto non aveva motivo di rimanere in silenzio e avrebbe detto di sua spontanea iniziativa cose che la persona in realtà non sapeva davvero. Fosse stato un altro momento e non fosse stato lui la vittima di quel giochetto l'avrebbe complimentata per l'astuzia.
    “No, non era lei” disse semplicemente, invitandola ad andare avanti. Non era quello il momento di spiegare come funzionava un sistema e un po' lo divertiva tenerla sulle spine, ripagarla con la stessa moneta per lo scherzetto che gli aveva giocato. “Effettivamente si”
    Che altra spiegazione poteva darsi? Non erano stati particolarmente interessanti o con una storia strappalacrime anzi, Lou aveva detto che la bionda era rimasta sul bordo della sedia pronta a scappare in qualsiasi istante. Quindi, per quanto ne sapevano, Anastasia passava davvero le serate a raccattare sfortunati per farsi più bella agli occhi degli altri ricchi, perché in quel mondo chi si occupava di più sfortunati vinceva. Era sempre stata quella la regola e non era un gioco a cui giocavano per piacere, solo per status.
    “Tecnicamente sono la persona per cui ti sei esposta” puntualizzò, ma il tempo di un respiro e già si era pentito di averla tenuta di nuovo sulle spine, perché alla fine era stata sincera con loro – Oliver era bravo a capire quando le persone mentivano, era uno dei suoi ruoli – e non poteva farle una colpa di non sapere come funzionasse quella loro condizione, nessuno lo sapeva davvero, nemmeno la maggior parte dei dottori.
    “Bryony Keller è la persona legale. Esiste solo lei, noi siamo solo le parti che la componiamo” si poggiò su un banco con il sedere, cercando di rilassare la postura ed apparire meno sulla difensiva, più disposto al dialogo. Oliver non era una persona che non sapeva ammettere di aver torto, sarebbe stato uno spreco di tempo ed energie, quindi era disposto a darle un dito e vedere cosa ne avrebbe fatto. Se si comportava bene avrebbe potuto anche darle un braccio, chissà, ma prima doveva dimostrare di meritarselo.
    “La persona con cui hai parlato al bar è Lou, io mi chiamo Oliver invece e si, hai ragione, sono un maschio” le rivolse un sorriso divertito, riuscendo a trattenersi dal farle l'occhiolino, modo giocoso con cui di solito trattava i suoi amici, ma lei non era un'amica, quindi non poteva prendersi così tanta confidenza “Comunque, nonostante tu abbia parlato con Lou quella sera, e con me adesso, in entrambe le occasioni hai parlato con Bryony. Noi siamo Bryony, ma siamo anche Lou e Oliver. Non so se ha senso”
    Sapeva che era difficile da comprendere, l'unica persona che sembrava aver capito quella cosa con estrema facilità era Roy e per questo non poteva che amarlo. Era sempre stato il primo a trattarli come singoli, ma allo stesso come insieme e nessuno nella loro vita era arrivato a quel livello, non ancora.
    “Noi tutti andiamo a lezione, noi tutti mangiamo e respiriamo con questo corpo, quindi noi tutti siamo i destinatari di quella borsa di studio perché noi siamo Bryony. Quindi se cerchi Bryony la persona non esiste, nessuno di noi è Bryony, nessuno sarà mai Byony perché tutti noi insieme lo siamo. Quindi con chiunque di noi parli parli con la persona che stai cercando”
    Sperava fosse stato abbastanza chiaro, perché non voleva che pensasse che dentro di loro, da qualche parte, ci fosse la vera Bryony. Non era mai esistita la vera Bryony perché da che avevano memoria avevano sempre avuto questo disturbo e quindi da che avevano memoria tutti loro formavano Bryony Keller. Poi che Bree si vedesse con l'aspetto del corpo e usasse un soprannome del nome legale per identificarsi non la rendeva più Byony di loro, non la rendeva 'quella vera'.
    “Immagino tu abbia delle domande. Preferisco che tu chieda e non salti a conclusioni affrettate o sbagliate, perché non voglio perdere questa opportunità per un cavillo o perché non siamo stati abbastanza chiari”
    Doveva dirle che nemmeno la scuola sapeva della loro condizione? Forse era arrivato il momento di farlo, forse dovevano esporsi e uscire allo scoperto. Roy conosceva Gabriel, lo considerava una persona degna di fiducia, quindi forse con il suo aiuto sarebbero potuti finalmente venire allo scoperto e smetterla di preoccuparsi di essere cacciati se mai fosse venuto fuori.
     
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    Il sorriso di Anastasia si allargò e assunse una sfumatura divertita nel sentire quella domanda. Davvero le aveva chiesto cosa le facesse credere di avere a che fare con un uomo? Con le parole che stava usando, il tono, la postura che aveva avrebbe potuto essere più ovvio solo se si fosse abbassato i pantaloni e avesse fatto l’elicottero - Solo un’impressione - commentò tenendo quei ragionamenti per sé. C’era sempre la possibilità che, per quanto maschile fosse nei modi, non fosse quello di uomo il genere in cui si riconosceva.
    Si posò una mano sul petto mentre lei/lui parlava, mormorando un - Anastasia - a mo’ di presentazione. Ascoltò con estrema attenzione tutto quello che Oliver decise di dirle sul funzionamento del loro “sistema”, sforzandosi di captare le informazioni senza metterci nulla del proprio. Si passò la punta della lingua sul labbro inferiore, una volta sola, mentre pensierosa inseriva tutto quello che stava capendo all’interno dei suoi schemi mentali, a creare un posto per ciascuna parola e ad abbinare ad ogni concetto un’immagine che l’aiutasse a capire.
    - “Tecnicamente” - ripeté infine, scegliendo fra tutto quello che lui le aveva detto il punto che pensava fosse centrale. Oliver le aveva spiegato come il corpo che aveva davanti fosse una persona fisica e legale unica, con un’identità formale precisa e ben definita tanto quanto la propria, ma il fulcro di quei ragionamenti stava all’inizio del discorso, là dove raramente veniva messo.
    Il fulcro era quel “tecnicamente”.
    - Eppure tu e…Lou?...non siete la stessa persona - non era una domanda la sua. Anastasia aveva parlato con entrambi, li aveva osservati e ne aveva sentite le emozioni. “Tecnicamente” erano la stessa persona ma “in pratica” non lo erano. Non del tutto - Non a livello di pensieri, di emozioni e, se davvero non avete memoria uno di quello che fa l’altro, nemmeno di esperienze. Se io usassi della legilimanzia sulla testa di Bryony troverei all’interno due persone, non una - ripescò un’altra delle cose che aveva detto. No, non due - Ma siete di più, vero? - probabilmente sì. Aveva parlato tutto il tempo di più persone, citando anche bambini. Fece un conto mentale in base a quello che aveva detto lei…Oliver, Lou, la persona che era entrata nell’aula, dei bambini aveva parlato al plurale. Cinque, forse sei persone.
    Scosse la testa -Pensavo di aver già chiarito quel punto: la borsa di studio non è in discussione - e non o sarebbe stata. Su una cosa Anastasia era stata sempre sincera, anche se era comprensibile che qualcuno di non pratico potesse fare fatica a capire - Non sono soldi che prendo dal mio portafogli e regalo a caso. La mia famiglia stanzia dei soldi per una fondazione che si occupa di gestirli in maniera autonoma, con un consiglio che prende le decisioni - consiglio di cui lei e Russell facevano parte ma che, all’atto pratico, non frequentavano mai - A meno che non…violi? Violiate? …i principi su cui è fondata non ci sono rischi -
    Un sospiro, quella situazione stava diventando stancante, se anche interessante. Troppo per non porre domande - Come funziona, quindi? Secondo quale meccanismo cambiate? -
     
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    oliver

    Era interessante osservare come il cervello delle persone cercava di dare un senso a quelle informazioni. Loro ormai erano anni che avevano accettato questo disturbo e per loro era la normalità. Scoprivano sempre cose nuove, man mano che la ricerca andava avanti, ma mettevano insieme i pezzi come fosse un puzzle e andavano avanti con la loro giornata come niente fosse.
    Le altre persone avevano modi così interessanti di cercare di comprendere. Le reazioni erano dalle più disparate, da Jace che ancora oggi, dopo anni che li conosceva, sembrava avere difficoltà a capire anche solo con chi stesse parlando, a Roy che qualsiasi cosa gli venisse detta la accettava con una tranquillità unica e rara. Anastasia sembrava nel mezzo, analizzava ogni parola quasi fosse un indovinello di semantica più che un problema umano, sviscerando ogni parola di Oliver per vedere se ci fosse qualche indizio nascosto o trucco per fregarla. Era affascinante la mente umana e lo diceva proprio lui che abitava in un corpo che non gli apparteneva.
    Alzò un sopracciglio, divertito, dall'ovvietà della sua prima affermazione. Ovviamente lui e Lou erano persone diverse, altrimenti non sarebbe esistito il disordine dissociativo di identità, parola chiave identità, e sarebbe esistita solo Bryony. Però non disse niente, lasciando che seguisse il suo filo logico per arrivare alla conclusione più sensata per lei, anche perché, finché non diceva cazzate allucinanti, non era compito suo dibattere ogni filo logico che seguiva naturalmente.
    “Non abbiamo mai provato a lasciar entrare qualcuno nella nostra testa, quindi non so dirti con esattezza cosa troveresti. Però si, ipoteticamente troveresti decisamente più di due persone” gli occhi che la guardavano brillavano di una luce furba, quasi fosse un gatto che guardava un cucciolo di cane esplorare il mondo per la prima volta, trovandolo assolutamente ilare, ma anche normale. Alla fine i cuccioli erano anime pure, non conoscevano niente del mondo e la loro eccitabilità era una grande fonte di intrattenimento per il vecchio gatto di casa, ormai avvezzo a come funzionavano le cose. “Metti più una ventina di persone...”
    Non le avrebbe mai dato un numero esatto, anche perché loro stessi non erano a conoscenza di quanti si nascondevano nei meandri della mente uscendo quando nessuno se ne accorgeva. Oliver poteva dire di essere uno dei più informati del sistema, sicuramente più di Bree o Zoey, però solo Soul aveva le chiavi di ogni segreto di quella mente e se non era informazione necessaria non si sbottonava neanche per un istante. Oliver era sicuro che ci fossero alter che non aveva conosciuto, perché ogni tanto, quando esplorava la mente, trovava porte chiuse o si trovava a cambiare strada senza ricordarsi perché. Era un disturbo che comportava amnesia tra le parti, non era così sconvolgente che il cervello provocasse amnesia, per l'appunto, per tenere i suoi segreti.
    “Lo so che l'hai già detto, ma purtroppo siamo già stati fregati più di una volta e quindi preferisco mettere le mani avanti” c'era un motivo se non dicevano pubblicamente del loro disturbo. Durante il periodo oscuro, per scappare alle idee bislacche dei mangiamorte, avevano provato a proseguire una educazione babbana, ma erano stati obbligati ad abbandonare gli studi perché ritenuti pericolosi per se stessi e per gli altri, senza un vero motivo se non la diagnosi che avevano. Una volta tornati nel mondo magico erano stati ben attenti a non voler far scoprire il loro problema, temendo che anche tra le mille meraviglie che poteva fare la magia loro potessero essere comunque considerati strani.
    “Complesso come discorso, non c'è una regola precisa, ma posso cercare di far capire il meccanismo generale” alzò il capo, guardando il soffitto come se potesse avere tutte le risposte alle sue domande, prendendosi un attimo di tempo per formulare i pensieri ed emettere un discorso logico, anche se pieno di buche e curve pericolose.
    “Mettiamola così, ognuno di noi ha accesso ad un certo numero di ricordi e conoscenze, perché ognuno di noi è stato creato per adempiere ad uno specifico ruolo che altrimenti, avendo accesso a tutte le informazioni, non potrebbe essere svolto per via delle conseguenze del trauma” doveva aver capito che era un disturbo creato per sopportare e sopravvivere a traumi talmente orribili da letteralmente spezzare in mille pezzi la psiche di una persona, quindi non avrebbe dovuto essere così difficile capire come nascondere parti di informazioni potesse essere utile per vivere una vita normale, o quanto normale potesse essere vivendo con altre persone nella testa.
    “Quindi generalmente abbiamo una personalità, chiamata host, che sta fuori la maggior parte del tempo, portando avanti tutte le faccende del corpo. Nel nostro caso è Bree” poteva permettersi di dire il suo nome, anche perché, li avesse incontrati di nuovo, era molto probabile che avrebbe parlato con lei “l'hai vista prima, è quella che è arrivata in questa aula”
    Povera Bree, era una delle persone più miti e gentili che conosceva, eppure si trovava sempre ad affrontare persone caratterizzate da una fibra morale solida e spigolosa, totalmente in antitesi con il suo essere. Non era così strano che uno di loro uscisse per supportarla, in questi casi.
    “Lei ha limitato accesso ai ricordi dei traumi subiti, così da poter vivere il più tranquillamente possibile. Se qualcosa stimola un ricordo che lei non possiede e il corpo rischia di avere dei flashback, tenta a chiamare a fronte la persona che ha quel ricordo, oppure qualcuno che può proteggere e portare il corpo in un luogo sicuro per poter affrontare gli effetti negativi della crisi”
    Non era proprio così semplice, c'erano mille sfaccettature su cosa e come i cambi tra di loro avvenivano in quei momenti e non sempre era così netta la distinzione tra l'uno e l'altro. Però poteva permettersi di semplificare per spiegarlo alla donna, dubitava volesse un trattato di psichiatria, solo le nozioni generali per capire cosa aveva davanti.
    “Oppure certe situazioni, odori, profumi o persone sono affini ad un determinato alter e allora c'è una stimolazione positiva allo switch e quell'alter tende a venire a fronte per potersi godere quella cosa che gli piace. Poi ci sono anche i casi di ruolo, ad esempio io sono il protettore primario del sistema, posso intervenire in qualsiasi momento ritengo ci sia un pericolo e affrontare il momento di crisi”
    Era strano provare a spiegare le cose ad esterni, perché ti rendevi davvero conto di quanto fosse complesso come disturbo e di quanto loro stessi non pensavano ad ogni eventualità, semplicemente vivevano la vita al meglio che potevano prendendo il positivo e cercando di minimizzare il negativo. Era più semplice viverla così, altrimenti sarebbero usciti di senno a cercare di analizzare il perché di ogni cosa.
    “Quindi devo correggere una tua premessa iniziale: non siamo completamente separati, abbiamo diversi gradi di integrazione tra di noi e diversi alter hanno diverso accesso al fronte e ai ricordi degli altri. Capita, ad esempio di essere due alter a comando allo stesso tempo e non sapere qual è il limite tra l'uno e l'altro, oppure essere in pieno possesso del corpo, ma sentire qualcuno vicino che ti osserva, da dentro”
    Sospirò, grattandosi la testa e schioccando le labbra, mostrando la frustrazione che provava nel non riuscire a spiegare tutto in maniera più semplice. A volte avrebbe voluto avere un manuale di istruzioni da poter condividere con gli altri, per non dover sempre spiegare ogni cosa rischiando di lasciare indietro parti importanti o di correre troppo su dei punti e far interpretare scorrettamente le cose alle persone. Era frustrante e faticoso, però era anche bello poter far capire il loro punto di vista, non avere solo professionisti che pensavano di saper tutto e non ti lasciavano parlare della tua esperienza nello specifico.
    “Come vedi è molto complesso e non c'è una vera regola. Generalmente comunque non parlare di cose che hai discusso con uno specifico alter ad altri dando per scontato che sappiano di cosa stai parlando o che lo ricordino. Ad esempio nessuno di noi ha davvero idea di cosa vi siete dette tu e Lou, solo Spencer ma perché era presente tutto il tempo” scrollò le spalle, come se questa cosa potesse riassumere tutto e lui finalmente poteva smettere di scervellarsi per cercare di capire come spiegare una cosa che per lui era naturale come respirare. Stava iniziando a rilassarsi, ad accettare che la donna di fronte non fosse un pericolo per il sistema, solo qualcuno che non aveva le informazioni necessarie per capire la gravità del problema. Era comunque guardingo e infatti aveva fatto accenno solo ad alter che o avrebbe incontrato o che non temeva potessero essere manipolati o soggiogati da lei. Alla fine Bree era impossibile non nominarla, essendo quella che aveva più interazioni all'esterno, e Spencer era protetto ferocemente da Lou e la ragazzina aveva dimostrato di saper gestire perfettamente Anastasia, quindi per quei due non si doveva preoccupare.
     
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    Nel sentire citare la ventina di persone che avrebbe potuto incontrare se mai avesse sbirciato nella testa di Bry, Anastasia si trovò a pensare a due cose ben distinte.
    La prima riguardava il casino che dovesse esserci in quell’alternanza continua di persone e personalità, soprattutto dal punto di vista di una persona che mal tollerava la presenza di venti persone nella stessa stanza, figurarsi nella stessa testa.
    La seconda era che, se davvero poteva decidere di fidarsi di una persona, non sapeva se fosse davvero il caso di fidarsi di venti. Poteva davvero avere la certezza che nessuno di loro non fosse attirato da qualche sfumatura più oscura del mondo che li circondava? Oliver si era dimostrato aggressivo, anche se solo in fase di protezione, e sebbene quella era una cosa che potesse capire Ania conosceva abbastanza se stessa e gli anfratti della propria mente da sapere che c’era sempre un’altra faccia di quella particolare medaglia.
    Chi è quello aggressivo e basta, Bryony?
    - Non è mia abitudine fregare il prossimo - gli rispose, e mentre lo diceva sapeva che non era esattamente la verità. Non era stata sua abitudine in passato, forse, ma in quegli anni le era successo qualcuno che le aveva insegnato a posizionare con molta cura i propri pezzi sulla scacchiera quando parlava con qualcuno, e anche se la scusa era sempre quella di tutelarsi la piccola Carter si stava rendendo conto di quanto articolato fosse il labirinto che costruiva per proteggersi da chi la circondava. Batté di nuovo il dito sulla cattedra, una volta sola. Comunque non le avrebbe mentito così, guardandola negli occhi.
    Non lo avrebbe fatto, vero?
    - Provaci, per cortesia - lo invitò con un cenno della mano, interessata a quella spiegazione più di quanto potesse far pensare il suo status. Era una cosa nuova, per lei, e il tentativo di capire qualcosa che non aveva mai affrontato prima aveva ancora la capacità di catturare completamente la sua attenzione. Probabilmente sarebbe stato quello a fregarla, prima o poi. “La curiosità uccise l’ippogrifo”.
    Annuì quando lui finì di parlare, lieta quanto meno che la conversazione con Lou fosse stata privata. La inquietava un pochino non sapere chi ascoltasse quando parlava con qualcuno, anche se si trattavano di varie parti di un unico - Chi sta ascoltando adesso? - gli domandò curiosa. Lo scrutò negli occhi, quasi potesse scorgevi nelle sfumature qualcosa di ciò che vi stava dietro. Si rese conto solo in quel momento di stare pensando a lui al maschile, già da un po’.
    E quell “lui” sapeva cosa faceva Lou per trovare i soldi per vivere? Per far vivere tutti loro? - Posso parlare con lei? - chiese dopo qualche istante - Con Lou? -
     
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    oliver

    Gli venne da ridere, ma riuscì a trattenersi lasciando uscire solo uno sbuffo. Certo, lei diceva che non era tipa da fregare le persone, ma lui non aveva prove di questo. E un truffatore non diceva mai di esserlo, altrimenti sarebbe stato una persona onesta.
    “Il dubbio è lecito, non sappiamo niente di te” alzò le mani in segno di resa, lasciando che un sorriso divertito gli piegasse gli angoli della bocca, cercando di sembrare il più innocuo e divertente possibile. Oliver, per quanto al primo incontro sembrasse un duro perennemente in cerca di lotta, era una persona divertente e che amava scherzare con il prossimo, bastava non mettere in pericolo le persone a lui care e poteva essere il tuo migliore amico.
    Per fortuna sembrava non aver domande in seguito alla spiegazione, tranne una che lo sorprese e allo stesso tempo non lo meravigliò. Effettivamente la donna sembrava una persona riservata, guardinga, pronta a fuggire al primo segno di pericolo, o attaccare come un animale messo alle strette che voleva solo portare a casa la pelle. Un po’ gli ricordava Charlie, ma non pensava che la ragazza avrebbe apprezzato il paragone, quindi preferì non dire niente.
    “Al momento nessuno, sono solo” non che fosse una novità per lui, spesso era insieme agli altri nei momenti di loro bisogno, ma quando il sistema aveva bisogno di un protettore era sempre in prima linea, a fronteggiare senza esitazione la minaccia per proteggere gli altri. Avrebbe un po’ inficiato il risultato se gli altri fossero stati lì con lui a dover combattere al suo fianco.
    Inarcò un sopracciglio alla richiesta della donna e si chiese che diavolo le avesse detto Lou per attirare tanta lealtà. La ragazzina aveva i suoi lati positivi, ma per poter adempiere al suo compito era un po’ una sbruffona spaccona che le importava poco di manipolare o raggirare gli altri, quindi non tendeva a crearsi molte amicizie dentro il sistema… Non che le importasse, a lei importava solo del suo gemello e tutti lo sapevano che era un miracolo che avesse accettato il suo ruolo con tanta disinvoltura, vista la bassa opinione che aveva di Bree e di molti altri.
    “Beh, se sei disposta a darle qualcosa per cui venire fuori...” ammiccò, alzando le sopracciglia in un gesto esplicito, scoppiando subito dopo a ridere, incapace di tenere la finzione. Si erano impegnati con Roy, non avrebbe tradito così la sua fiducia al primo momento disponibile, nemmeno per accontentare le richieste di una donna che non aveva nessun diritto di esigere niente da loro.
    “Lou tende a non interessarsi del mondo esterno di giorno. Provo a vedere se riesco a rintracciarla lo stesso, ma non garantisco niente” alzò una mano prima che la donna potesse interromperlo, indurendo lo sguardo e lasciando che la voce si trasformasse da giocosa a risoluta. “Ti sto dimostrando molta fiducia, nei momenti di switch siamo vulnerabili e potrebbe succedere di tutto al corpo. Dammi la dimostrazione che abbiamo fatto bene a fidarci di te e qualsiasi cosa succeda non toccarci. E per favore se viene fuori qualcun altro chiedigli chi è prima di dire qualsiasi altra cosa”
    Una volta che gli sembrò che la donna avesse capito la serietà della situazione si sedette a terra, poggiato con la schiena sulla tavola di uno dei banchi, chiudendo gli occhi e cercando di fare respiri profondi, per poter arrivare alla casa all’interno della mente. Essendo il protettore primario era quello che aveva più comunicazione con tutti gli alter e il più facile accesso all’interno una volta che era a fronte, ma comunque richiedeva un grande sforzo trovare qualcuno che non era vicino e cercare di farlo uscire avrebbe lasciato il corpo con un mal di testa spaventoso.
    Mentre Oliver cercava di raggiungere Lou all’interno il corpo sembrava quasi in trance, le pupille che sotto le palpebre si muovevano velocemente, i respiri lenti e regolari, anche se superficiali, e la testa che dondolava in avanti, quasi incapace di rimanere alzata senza qualcuno che la tenesse su.

    lou

    Lou aprì gli occhi di scatto, rizzandosi in piedi come un gatto in un ambiente non familiare. Oliver l’aveva avvisata di quello che avrebbe trovato, ma non si fidava, doveva controllare con i suoi occhi che non ci fossero problemi imminenti. Come si aspettava erano in una stanza vuota, con solo banchi e Anastasia ad aspettarla.
    Un sorriso sornione le si stampò sulle labbra, il corpo che dalla pozione rigida e in allerta si sciolse in una più lasciva e seducente. Lou era l’unica con quella postura nel sistema, per chi li conosceva bene era facile intuire che fosse lei in comando al momento.
    “Anastasia, che piacere rivederti. Ti sono mancata? È per questo che hai chiesto della povera piccola me?” quasi faceva le fusa parlando, portandosi una mano al petto in finta sorpresa, quando i suoi occhi dicevano tutta un’altra storia, predatori e divertiti, quasi fosse un gatto che giocava con la sua preda prima di decidere se lasciarla andare o se divorarla.
    “Non mi aspettavo che scoprissi il nostro segreto, pensavo di dovermi accontentare di una notte, ma a quanto pare il fato aveva un piano diverso per noi”
    Non si stava muovendo, non voleva davvero sedurla, un po’ perché il divertimento del momento era passato, un po’ perché vedeva chiaro come il sole che sarebbe fuggita se solo ci avesse provato. Non era stupida, sapeva leggere le persone e capiva quando era solo il momento di giocare e quando di agire effettivamente.
     
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    Un lampo di interesse attraversò lo sguardo di Aastasia. Sotto quel punto di vita il mondo si divideva in due persone per lei: quelli che credevano di sapere tutto di lei solo perché leggevano qualche notizia sul giornale e quelli che si rendevano conto che poteva esserci molto altro sotto lo stereotipo della ricca ereditiera. Non si sarebbe aspettato che Oliver finisse nella seconda categoria, visto come le aveva risposto fino a quel momento, e si chiese se potesse c’entrare l’interferenza di qualcuna delle altre personalità.
    - Qualcosa tipo…? - domandò. Lou, che per lei era stata semplicemente Bryony, si era dimostrata molto interessata ai suoi soldi nel corso della loro prima e unica conversazione e all’inizio si trovò a chiedersi se davvero le stesse chiedendo di pagare perché l’altra personalità venisse alla luce. Poi capì - Oh… - se davvero aveva iniziato a intuire come funzionavano le cose in lei stava diventando anche chiaro dove “il sistema” – parola che trovava quanto mai azzeccata e utile a capire come funzionava – tenesse la lussuria e quanto di seducente c’era in lei. E anche perché, a tratti, Lou era quasi sembrata la macchietta di se stessa.
    - Non mi sei sembrato così vulnerabile, poco fa - obiettò nel ripensare al modo in cui era uscito di scatto, praticamente esplodendo dalla persona con cui stava parlando prima. Non aveva modo di sapere che non era sempre così.
    Stava per rifiutarsi di fare qualsiasi cosa avesse un aspetto anche solo vagamente ambiguo quando lui accettò di provare per lei. Anastasia gli rivolse un sorriso di ringraziamento prima di far perno con le mani e sedersi direttamente sulla cattedra - Starò qui, zitta e buona - promise lasciandolo libero di fare ciò che doveva. Ne seguì i movimenti con lo sguardo, uno per uno, resistendo all’impulso di alzarsi e andargli incontro quando lo vide alzarsi di nuovo.
    No, si corresse.
    Quando LA vide.
    Perché i movimenti erano cambiati tanto da rendere impossibile non cogliere il cambio di personalità in quegli sguardi, in quelle movenze. Era a tutti gli effetti una persona diversa, o un’attrice da oscar. Il problema era che era lei la persona che conosceva - Sei tu la persona con cui ho parlato, non loro - si limitò a farle notare, semplificando la situazione fino al suo estremo limite. Non sapeva se era corretto, ne se era il modo più sano di affrontare la questione ma, decise, poteva andarsene tutto al diavolo: lei non era una psichiatra, e non era tenuta ad essere perfetta. Non in quello, almeno - E sei tu la persona che sono venuta a vedere come stava - un cenno della mano, a liquidare qualsiasi obiezione - Sì, il tuo…Oliver mi ha spiegato, ma così è più semplice - non aveva voglia di perdersi in altre spiegazioni chilometriche.
    Sorrise al gioco di lei, divertita - Onestamente a me non risulta nemmeno quell’unica notte - le fece notare. Una bevuta non contava come “una notte” - E mi offende, non ti sembro capace nel mio lavoro? - e chiaramente non stava parlando del suo lavoro di professoressa. Nonostante il prestigio che ne ricavava una parte di lei continuava a vederlo come qualcosa che faceva, non come qualcosa che era.
    Per essere, era una Carter, e quello era già abbastanza ingombrante di suo.
    - Come stai, quindi? -
     
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