Il culto delle puzzole

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    La realtà dei fatti dunque, era che per la prima volta mi resi conto di quanto effettivamente fosse stata una fortuna per me non cedere immediatamente alle avance di Hunter. Non perché lui fosse non meritevole della cosa, ma perché la prima volta era un momento speciale e a giudicare dallo sguardo vago e poco allegro di Friday, non potevo lasciare che fosse così anche per me. Un po’ mi dispiaceva per quella piccola testolina riccia, aveva la straordinaria capacità di compiere scelte sbagliate, forse era semplicemente baciato dalla sfortuna oppure tutto ciò che gli serviva era una guida, qualcuno che lo conducesse per mano verso la giusta direzione. Non che fossi io quella persona, riuscivo a stento a prendermi cura di me stessa ma sentivo comunque un certo legame che ci univa ed era per me un dovere morale prendermene cura. “Per lei sarà stato terribile scoprire la tua età” picchiettai con i polpastrelli sulle labbra, in effetti alla signora doveva esser andato molto peggio.. “Non pensarci più. Non era la tua prima volta, hai semplicemente fatto sesso. La prima volta che farei l’amore lo saprai, sono certa che troverai la ragazza giusta Friday, anzi permettimi di aiutarti!” un piccolo lampo di genio mi attraversò lo sguardo pungendo il ragazzo dritto al petto. “Devo assolutamente trovarti una fidanzata, come ti piace? Bionda? Bruna? Mmm ok so che nessuna reggerebbe il paragone con me medesima ma sono occupata”.
    Non che il ragazzo avesse mai espresso interesse nei miei confronti ma chi non avrebbe apprezzato la mia compagnia? Ero una ragazza geniale, brillante e assolutamente fantastica, ancora non riuscivo a spiegarmi come avessi così pochi ammiratori al mio seguito.
    “Però hai ragione, non sarebbe etico usare studenti come cavie e poi non credo che ad Hunter farebbe troppo piacere.. però uff è che pensavo mi venisse naturale farlo. Non so perché non sia accaduto” sbuffai. Non volevo realmente pensare a quale fosse la ragione per cui semplicemente non mi ero lasciata andare, un problema alla volta e poi per ora la cosa più interessante da fare era preoccuparci della puzzola con i tentacoli.
    “E quando se no?” Possibile che dovessi spiegarli tutti? Gesticolai nervosamente ribadendo il concetto di -si adesso muoviti-, non avrei mai pensato che sarei stata proprio io ad indurlo in tentazione, pazzesco.
    “Hai ragione però.. Non possiamo far soffrire una piccola puzzola, potremmo addirittura ucciderla. Ascolta. Lasciamo perdere i tentacoli, la puzzola sono certa che sia il punto più semplice della questione, se rubassimo anche un polipo dalle cucine? Quello ha i tentacoli, potremmo mettere la puzzola nel cassetto della scrivania, no troppo piccolo.. Nell’armadio dell’ufficio che ne dici? Il polipo nel cassetto della scrivania” iniziavo a prenderci gusto. “E poi firmiamo il misfatto.. Qualcosa tipo mmm -Il culto delle puzzole è stato qui-” non riuscì a trattenere le risate, anzi ci riuscì a stento perché soffocai un sorriso piuttosto rumoroso tra le mani.
    Senza pensarci, un po’ come facevo sempre mi tirai su e afferrai il ragazzo per la mano. “Andiamo socio, è giunto il momento”

    ***

    Qualche ora dopo..
    Ufficcio della Carter

    Rubare una puzzola dai recinti del guardiacaccia non era stato difficile, forse la parte più efficace del piano. La povera piccina era tenuta in una gabbietta spaziosa, evidentemente il buon Guardiacaccia se ne prendeva cura. Ci era bastato aspettare che tutti fossero in Sala Grande per la cena, aiutati dalle tenebre ci eravamo fatti strada nei sentieri sino alla radura ove sorgeva la casa del guardiano, attenti a non farci sentire o a commettere passi falsi individuammo dei versi poco lontano. Un rapido sguardo d’intesa e gattonando raggiungemmo la piccola dimora della puzzola, inutile discutere sulla puzza che il piccolo animale emanava persino a riposo, strizzarci il naso non era valso a molto. Intuendo nel ragazzo un piccolo cenno di ripensamento, afferrai prontamente il manico della gabbietta, fuggire non fu difficile. Nessuno per ora ci aveva scoperti.. Per ora almeno. Il povero animale si gustava il suo viaggio osservandoci attraverso le strette sbarre con particolare interesse. “Ti sei occupato del polipo?” era compito di Friday quello, si aprì leggermente il mantello lasciando intravvedere un piccolo sacchetto scuro. Tutti gli elementi erano pronti, restava solo una cosa.. posizionare tutto prima di farci scoprire.
    L’ufficio della professoressa non era così in vista, affiancato da due statue inanimate, nessun incanto a proteggerlo quindi, meglio così, quella donna ne sapeva una più del diavolo e un incanto di protezione era piuttosto prevedibile, evidentemente riteneva la scuola un posto sicuro privo di pericoli. Nascosti dietro una colonna, attendemmo il cessare del vociare nei corridoi, uno sguardo a destra e uno a sinistra, non c’era più nessuno. La professoressa doveva essere a cena, era il momento di agire. Avanzammo senza paura, il ragazzo sfiorò il pomello dorato della porta che sorprendentemente si aprì senza problemi. Ci infilammo nell’ufficio rapidamente e lì fui presa da una scossa pazzesca di adrenalina, qualcosa che non avevo mai provato prima.
    “Ci siamo Friday” saltellai facendo oscillare la puzzola più del dovuto “Ops, io penso alla puzzola tu pensa al polipo” non c’era tempo da perdere, uno sguardo approfondito alla stanza e individuai l’armadio della donna, lo raggiunsi stringendo tra le mani la gabbietta. “Ora tocca a te piccola, vai e combatti!” poggiai la gabbia sul pavimento in pietra e contrariamente a quanto mi ero aspettata l’armadietto della donna non era pieno di pergamene, al contrario.. un mantello di ricambio e qualche vestito costoso. Sarebbe andata su tutte le furie, meglio.. Avvicinai la gabbia spalancandone l’apertura e con maestria richiusi l’armadietto con la povera puzzola dentro.
    “Abbiamo poco tempo, tu a che punto sei?” furtivamente osservai il ragazzo “La scritta quindi la facciamo? Il culto delle puzzole, dai ti prego è così carino”.
    Lasciai a lui la scelta..
    Ora era tempo di fuggire e posizionarci in maniera del tutto indifferente dietro una colonna poco lontano l’ufficio della professoressa. Richiudemmo la porta alle nostre spalle e raggiungemmo la postazione. “Adesso fa l’indifferente e godiamoci lo spettacolo”
     
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    Non credo di volerla al momento una fidanzata. O fidanzato.
    Fare coming out è sempre stato facile, ritengo i miei gusti totalmente normali e se gli altri mi schifano allora il problema è tutto loro. Non conosco il pensiero di Vanilla in merito, ma mi piace credere sia rigida e bacchettona solo quando si tratta di fare ronda nei corridoi, e qualcosa mi dice che presto potrebbe chiudere entrambi gli occhi davanti alle piccole effrazioni.
    Mi piacciono le persone per il loro carattere, il colore dei capelli non m'interessa... Ma grazie comunque per l'offerta, prefetta.
    In fondo è dolce il modo in cui vuole prendersi cura di me, ed il sorriso che le offro è sincero, però la mia voglia di buttarmi a flirtare con qualcuno e rischiare altri drammi è sotto lo zero, anche se da una parte potrebbe aiutare a distrarmi. Un passo per volta, prima devo uscire da questa nube di apatia e se nel mentre dovessi interessarmi a qualcuno allora vedrò di pensarci quando me ne renderò conto.
    Alla bionda comunque non do spiegazioni in merito, penso possa arrivarci da sola o almeno capire che non desidero parlarne. Per fortuna la sua testa è tutta presa da altro e posso fare la Heather della situazione, anche se la donna saprebbe spiegare e rassicurarla meglio di me.
    Se non è successo significa che non eri pronta. La vita non è una gara a chi arriva prima, se ti sentirai di farlo con Hunter tra un mese o un anno non cambierà nulla.
    Questa cosa della società che ti spinge ad essere sempre al passo con gli altri non la capirò mai, mamma si è sempre data da fare per insegnare ai suoi figli a seguire solo il cuore -ed i suoi insegnamenti, ma questa è un'altra storia- e se potesse urlare in ogni piazza del Regno Unito quanto il patriarcato ed il costrutto della verginità facciano schifo, lo farebbe.
    A proposito di moti di protesta, è tempo di organizzarsi per dare fastidio ad Anastasia Carter, e mi fa sorridere l'impegno che la Serpeverde ci sta mettendo per organizzare il tutto. La vedo con la testa presa da altro, finalmente libera dal giogo dei suoi genitori e senza il vociare dei nostri compagni che non capiscono cosa cazzo vuol dire trovarsi davanti una tragedia simile.
    Sarebbe divertente se il polipo le cadesse in testa dal soffitto, ma si, nella cassettiera andrà bene.
    Stringo la mano della ragazza e mi lascio guidare mentre sento il cuore alleggerirsi un poco, quel tanto che basta per sentirmi spensierato qualche ora e sperare che, una volta finito tutto, stanotte nessun viso agonizzante verrà a farmi visita.

    **


    Da vegetariano, non ho mai messo le mani su un polpo. Ne ho visto qualcuno in giro, ovviamente, ma da qui a dire di essere un'esperto di fauna marina ce ne passa. Non saprei nemmeno indovinarne il gusto, dall'aspetto sembrano gommosi e poco piacevoli da mandar giù, ma se nessuno ha mai rischiato la vita a causa d'un tentato strozzamento da parte d'un tentacolo desideroso di vendicarsi vorrà dire che sono buoni.
    Fregarne uno dalle cucine è stata un'esperienza... Interessante. Evitare gli elfi domestici è facile, alcuni sono corruttibili se in tasca hai dei dolcetti di Mielandia o una biglia particolarmente bella, la parte difficile viene quando ci si trova davanti all'animale in questione e ti accorgi di aver dimenticato in stanza un mezzo di trasporto per suddetta bestia.
    Andarmene in giro col polpo sulla testa tipo cappello è fuori questione perchè si, sono un coglione, ma non così tanto da riuscire a passare inosservato dopo una minchiata del genere, e anche legarmelo attorno al busto coi tentacoli non si può fare perchè voglio evitare di fargli male o farlo cadere nel bel mezzo di un corridoio pieno di studenti.
    Dopo aver ravanato qua e là e corrotto l'ennesimo elfo, ho trovato un sacchetto abbastanza grande per contenerlo, anche se il piccoletto non voleva saperne di lasciarmi la mano e ho dovuto staccarmelo di dosso coi piedi. Alla fine si può considerare un successo l'essermi bagnato solo il 60% del corpo, quindi evviva!
    Trovarmi a combinare stronzate come un tempo è divertente, sembra funzionare e dovrò ringraziare Vanilla quando tutto sarà finito. E se non ci cacceranno dal castello senza passare dal via, ma non voglio preoccuparmi di quello, preferisco vivere nel presente ed oggi il caos è in prima linea.
    Come due spie provette, c'intrufoliamo nell'ufficio della signorina Carter, sua magnanimità, e per un secondo mi stupisco di quanto sia facile. Evidentemente la professoressa si crede talmente al di sopra di tutto da non mettere allarmi o trappole, perchè chi mai oserebbe darle contro? E invece beccati una puzzola nell'armadio e un polpo nella cassettiera, stronza!
    Dai amico, lo so che ti mancherò ma ci vedremo presto.
    Rieccoci coi tentacoli che non mollano... Lo sapevo che non dovevo promettergli di liberarlo nel Lago Nero, ora non vede l'ora di assaporare la libertà attraverso la mia pelle.
    Eccomi, ci sono!
    Dopo una bella spinta, riesco a levarmi la bestia di dosso e richiudo il cassetto. Solo per il gusto di rompere i coglioni, rovescio il contenuto acquoso e viscido del sacchetto sopra la sedia della Carter, così si troverà una bella sorpresa in caso dovesse mettercisi sopra senza accorgersene.
    Dalla tasca dei pantaloni tiro fuori uno dei grossi pennarelloni rosa con cui Sunday disegna unicorni sui muri della cucina, e non sono mai stato così felice di avergliene rubato uno, sapevo che prima o poi mi sarebbe tornato utile. Rivolgo a Vanilla un'occhiata d'intesa e mi metto al lavoro, dopo qualche attimo sulla candida parete appare la scritta: "Il Culto delle Puzzole è stato qui!".
    Niente male...
    Mi fermo giusto un momento per ammirare il lavoro con un sorriso, poi scappo all'esterno seguendo la prefetta dietro la colonna dopo aver chiuso la porta dell'ufficio. La sensazione adrenalinica è bellissima, se il piano dovesse funzionare credo ne riderò per giorni, e se anche dovesse andare a puttane almeno ci sarà un bel ricordo di cui gioire nei momenti peggiori.
    Se accendessi una sigarette attirerei troppo l'attenzione, vero? In realtà non ho nemmeno così tanta voglia di fumare... Pensi ci metterà molto a tornare dalla cena?
     
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    Anastasia in effetti non ci mise molto a tornare.
    Aveva cenato in Sala Grande, a quel tavolo dei professori cui non riusciva ancora ad abituarsi del tutto. Gli uomini e le donne che la circondavano sembravano sempre a loro agio nel ruolo, concentrati com’erano sull’immagine di se stessi come formatori, e anche se Anastasia sapeva di riuscire a dare un’immagine simile a quella dei suoi colleghi non riusciva a scrollarsi di dosso l’impressione di non essere che un impostore. Quella gente, i suoi colleghi, avevano sognato per gran parte della vita di trovarsi lì. Si erano dedicati alle loro materie di studio, le avevano approfondite con costanza e passione, mentre lei ci si era trovata quasi per caso.
    Salutò un gruppetto di studenti con un regale cenno del capo, altera e impeccabile come sempre, e poi svoltò in direzione del suo ufficio. Li sentì ridere alle sue spalle e, se pure sapeva che non stavano ridendo di lei, qualcosa le grattò l’animo. Inspirò a fondo, scacciando le ansia che andavano addensandosi sulla testolina bionda che portava in giro. Anche se fare la professoressa non era sempre stato il suo sogno e rappresentava solo una parte delle cose di cui si occupava sapeva di farlo bene. Preparava con cura le lezioni, seguiva gli studenti, accudiva gli animali. Le classi che seguivano erano migliorate e non le serviva l’Empatia per rendersi conto che adesso i ragazzi erano più tranquilli con lei e che in qualche sporadico caso c’era perfino dell’affetto.
    Continuò a respirare a fondo, lentamente, mentre raggiungeva la porta del suo ufficio, ripetendosi che stava andando bene, che era solo una brutta giornata. Brutte notizie da Londra, Russell che la preoccupava, le emozioni di qualche ragazzo che l’avevano scolpita più di quanto non fosse il caso.
    Niente di importante, no? Niente di grave…
    Posò la mano sulla maniglia e si immobilizzò di colpo, trovandola calda. D’istinto lo sguardo andò verso destra, dove l’ippogrifo rampante che era lo stemma della sua famiglia e che lei aveva inciso su una delle ante della porta aveva adesso il becco spalancato e gli artigli aperti. Dettagli, ma che facevano pare di quella sottile rete di incantesimi che la paranoia della piccola Carter aveva gettato sul suo ufficio a mo’ di allarme, per evitare sorprese.
    Ne aveva avute troppe in quella scuola, nel corso della sua vita, per fidarsi ciecamente.

    Un anno prima

    - E’ il mio ufficio, lo rendo sicuro come voglio -
    Suo padre, ex capo Auror e in quel momento professore di incantesimi, incrociò le spalle al petto e inarcò un sopracciglio - Nient’affatto signorina. E’ una scuola, questa -
    Anastasia odiava quando il padre la trattava così, come se fosse una ragazzina viziata che voleva il suo primo pony. Incrociò le braccia al petto a sua volta - E’ una scuola in qui ogni tanto qualcuno viene aggredito da un mostro, o torturato da un Mangiamorte, o pietrificato da un basilisco, o … -
    - Non mi importa Ania. Non puoi pietrificare chiunque entri qui senza permesso -
    - Però posso chiuderli dentro. Basta che porte e finestre si murino da sole, come alla depandance del Maniero. Magari con qualcosa che rilascia dei vapori sedativi e… -
    Adam Carter sbarrò gli occhi, prima di scuotere la testa e dirigersi verso la porta - Niente da fare. Dovrai accontentarti di qualcosa che ti segnali le effrazioni, se proprio vuoi -
    - Eddai papa… -


    Oggi

    Anastasia ruotò lentamente la maniglia, estraendo la bacchetta con la mano libera. Sarebbe stato molto meglio se gli avessero permesso di pietrificare all’istante chiunque fosse entrato. Di sicuro non avrebbe dovuto preoccuparsi di essere aggredita non appena aperta la porta.
    La prima cosa che la colpì fu l’odore.
    Un misto di puzza rancida e di acqua di lago. Il rumore che veniva dall’armadio la fece sobbalzare, facendogli puntare la bacchetta in quella direzione. Per un attimo fu tentata lanciare un incantesimo che lo polverizzasse, o gli desse fuoco, ma la possibilità che ci fosse nascosto uno studente le diede un momento di lucidità. Lo aprì invece, trovandosi alle prese con una puzzola che prese a correrle per l’ufficio, spruzzando ovunque il suo malefico odore.
    - …maledetti… -
    Le mani le tremavano dalla rabbia, e la scritta che qualcuno aveva lasciato sul muro la vide attraverso un velo di lacrime. Anastasia tossì e aprì la finestra con un colpo di bacchetta. Perfino respirare a fondo per mantenere la calma le veniva difficile con quell’odore - E’ solo uno scherzo…solo uno scherzo… - mormorò fra di sé. Andò verso la poltrona, fece per sedersi ma si bloccò nel sentire uno sciacquio. La poltrona era bagnata e qualcosa di puzzolente aveva gocciolato infino in terra. Si passò il dorso della mano sugli occhi mentre apriva il cassetto, saltando indietro nel notare un viscido contrarsi di tentacoli. La puzzola le soffiò da sopra la libreria su cui si era arrampicata, un lembo del vestito che aveva lasciato nell’armadio ancora incastrato fra gli artigli.
    Solo uno scherzo. Solo uno scherzo.
    Con la mascella serrata e le lacrime da nervoso che le rigavano le guance, Anastasia rimase immobile dietro la sua scrivania, tremante per un flusso di emozioni che spingevano per uscire ma che lei non era in grado di gestire si trovò di colpo a fare l’unica cosa che poteva fare senza far saltare in aria niente o ferire nessuno.
    Andò alla porta, la chiuse, vi si appoggiò con le spalle e, dopo essersi lasciata cadere sul pavimento, Anastasia Rose Carter scoppiò a piangere.
     
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    E così il momento della verità non tardò ad arrivare. La professoressa Carter attraversò il corridoio sino alla sua porta, il suo volto sembrava all’apparenza sereno anche se non la conoscevo fin troppo bene e la mia era solo un’impressione, trattenni il fiato stringendo il braccio di Friday un po’ troppo forte mentre si avvicinava sempre di più al suo ufficio. Di li a poco l’avremmo sentita urlare e con molta probabilità la nostra carriera scolastica sarebbe giunta al termine.. attendemmo il necessario, qualche minuto forse, poi ancora ma non accade un bel niente. Tutto ciò che riuscimmo a sentire furono passi interrotti, tentai di distinguere ogni rumore proveniente dall’ufficio ma a quella distanza era presso a poco impossibile..
    Sul volto avevo dipinta un’espressione di smarrimento e sgomento. “Friday la Carter ha ucciso la puzzola” mugugnai appena a denti stretti, la puzzola doveva per forza aver avuto la peggio, era un risultato quasi matematico ma poi.. poi un enorme dubbio trasformò l’espressione di smarrimento in puro terrore. “Oh no..no” lasciai il nascondiglio avanzando appena, lavevamo fatta troppo grossa, fare uno scherzo era una cosa ma uccidere una professoressa era un’altra. “Friday è il momento giusto per avere una delle tue visioni” fulminai il ragazzo e afferrai la sua maglietta strattonandolo non poco “ti prego Friday dimmi che non l’abbiamo uccisa” non mollai la presa ma strinsi più forte “forse era allergica alle puzzole oppure ha avuto un attacco di cuore”. Gli occhi ridotti a due fessure fissavano le iridi azzurre del ragazzo, che cos’ero diventata? Un’assassina, una miserabile, figlia di un ceto sociale elevato ridotta a servire le tenebre, io che vigilavo affinché la giustizia avesse sempre la meglio mi ero resa colpevole di uno dei crimini più terribili di sempre.. L’omicidio.
    “Dobbiamo capire se l’abbiamo uccisa o meno, magari è ancora viva e ha bisogno d’aiuto” iniziavo ad avere i rimorsi di coscienza, la paura di averla uccisa era troppa per comprendere realmente lo stato delle cose. Forse in un altro momento semplicemente sarei tornata nel dormitorio e amici come prima, dalla professoressa però mi sarei aspettata una reazione diversa. Addirittura avrei preferito una sculacciata o essere legata ad un palo spalando cacca di ippogrifo, avevo persino supposto a delle frustate leggere, quella donna mi aveva sempre dato l’impressione dell’essere appassionata a certe dinamiche strane ma il silenzio.. il silenzio proprio non lo avevo considerato. “Vado io. Salvati se vuoi dirò che l’ho fatto da sola, non ti porterò con me ad Azkaban” lo lasciai andare risoluta e decisa, negli occhi lucidi la scintilla del rimorso ben chiara, non mi restava altro da fare che avvicinarmi alla porta dell’ufficio. Camminai lentamente stringendo i pugni e trattenendo il respiro, una volta giunta poggiai un orecchio sul legno freddo, dei rumori poco decifrabili mi fecero accapponare la pelle. “È in agonia” esclamai senza badare al tono della voce.
    Spostai tutto il peso in avanti e spinsi la porta tentando di aprirla, qualcosa oppose resistenza perché si aprì appena, giusto un quarto. “Santo cielo qualcosa blocca la porta” gracchiai piano, avevo così paura che persino piangere mi riusciva difficile “professoressa la prego non muoia” piagnucolai come una miserabile codarda, non ero fatta per la mala vita e lo avevo capito in quel momento. “Le pagherò le migliori cure..” in effetti mi resi conto solo dopo che di questo non ne avrebbe avuto bisogno poiché ricca molto più di me. Spinsi ancora la porta utilizzando questa volta tutta la forza che avevo..
     
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    Il silenzio che proviene dall'ufficio della Carter è inquietante, mi aspettavo urla di sorpresa e puzzole spaventate in fuga, magari con in groppa il caro e dolce polpo... Invece niente, zero totale. Che la donna non si sia accorta della scritta sul muro? Forse ha intravisto la sua immagine in uno specchio e sta perdendo tempo ad ammirarsi e dirsi quanto è figa, mentre i poveri animali rischiano il soffocamento e noi un'esaurimento nervoso.
    Non dire cazzate Vanilla, è la prof di CDCM, se ammazzasse gli animali sarebbe ipocrita.
    C'è un filo d'incertezza nella mia voce mentre massaggio la zona del braccio che la Serpeverde ha strizzato con tanto fervore: il fatto è che non sono del tutto sicuro di quale sia il codice morale della signorina, potrebbe pure avere la casa tappezzata di teste di cervo e pelli di serpente, per quel che ne sappiamo.
    Seguo la bionda fuori dal nascondiglio per eventualmente afferrarla e lanciarla lontano, in caso la vittima del nostro apparentemente innocuo scherzo dovesse palesarsi sull'uscio. Provo a tenere a freno l'ansia che sento ribollire dentro lo stomaco tentando di pensare razionalmente, ma non è mai stato il mio forte e quando Vanilla mi afferra per i vestiti parlando di morte per reazione allergica da puzzola, ci credo.
    Che cazzo di probabilità c'erano che fosse allergica alle puzzole?! Se avesse avuto problemi a respirare l'avremmo sentita gemere, no...? E comunque non posso avere le visioni a comando, non sono un fottuto jukebox!
    La mia vita sarebbe molto più semplice se potessi semplicemente chiudere gli occhi e scegliere in che direzione vedere, forse qualche grande mago super esperto è in grado di farlo, ma io sono un diciassettenne idiota che si accompagna a persone che, come lui, non pensano prima di agire.
    L'unica nota positiva di tutto questo casino è la totale mancanza di pensieri rivolti a chi è morto sotto litri d'acqua d'oceano... Per il semplice fatto che ho ben di peggio a cui dover badare, tra cui l'attitudine al melodramma della mia amica.
    Azkaban? Mica l'abbiamo ammazzata apposta! Dovremmo chiamare un'infermiera o... Vanilla? Vanilla!
    Cerco di tenere un tono di voce basso mentre la chiamo, anche se sono convinto che nemmeno le urla avrebbero fermato la sua passeggiata verso l'inferno, meglio conosciuto come ufficio di Anastasia Carter.
    Rimango un momento fermo sul posto a guardarmi attorno con crescente panico, fortunatamente siamo soli ma qualcuno potrebbe arrivare a momenti e di lasciare la prefetta da sola col suo terribile destino non se ne parla, anche se potrei correre molto veloce verso l'ufficio del preside e... Ah, fanculo.
    La raggiungo a passo svelto, la sento piagnucolare in preda al senso di colpa -che, per la cronaca, sta mangiando anche me- e mi appoggio alla porta per aiutarla. Faccio giusto in tempo a dirle un'ultima cosa, prima di spingere con tutto il mio peso.
    Se dovessimo morire anche noi, sappi che ne è comunque valsa la pena.


    Edited by freaky friday - 25/3/2024, 17:53
     
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4 replies since 21/2/2024, 11:21   100 views
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