Un cazzo di freddo. In Scozia faceva un cazzo di freddo, per Diana, anche a Ottobre. Dovevano essere una decina in meno ai gradi a cui era abituato, a Brooklyn, eppure gli sembrava di aver subito uno sbalzo termico anche maggiore, da quando aveva messo piede in quel castello.
Doveva dire che il paesaggio era suggestivo, rispetto a quello di Ilvermorny, che si trovava semplicemente in mezzo a un grande bosco. Un po’ come il castello della Bella e la Bestia… sì, lupo in più lupo in meno. Invece Hogwarts era arroccata in mezzo ad alte montagne e verdeggianti colline, una vista tipica dei luoghi più sperduti di quel paese che non erano ancora stati “distrutti” totalmente dalla colonizzazione. La struttura in pietra di Hogwarts, antica di chissà quanti secoli, infatti, era l’unico elemento che riconducesse all’opera dell’uomo per nettari e nettari. Oltre il lago si trovava una stazione che collegava quel piccolo angolo segreto – che normalmente sarebbe stato nascosto allo sguardo da un babbano quale sarebbe dovuto essere lui – al mondo esterno. C’era, ad esempio, un piccolo villagio di nome Hogsmeade che voleva tanto visitare. Il lago si estendeva per chilometri e chilometri, oltre il punto più lontano in cui l’occhio nudo poteva arrivare. Ma la cosa più bella, era che sotto il livello del lago vivevano le creature più disparate; aveva sentito parlare addirittura di una piovra gigante! Ilvemorny non aveva nulla del genere, quindi è lì che gli piaceva passare una buona parte del suo tempo, da quando era arrivato. Cercava, inutilmente, di fare degli avvistamenti… senza successo. Cioè… una volta gli era parso di vedere una creatura marina non meglio identificata fare un lungo balzo, come a formare un arcobaleno d’acqua, giusto con la cosa dell’occhio… ma era stato un attimo così fuggente che non riuscì ad immortalare nient’altro che un’azzurra distesa piatta con la sua vecchia e fidata reflex. Ma prima o poi sarebbe riuscito a scovare qualcosa di interessante, parola di lupetto (?). Sì, lui era stato un lupetto… uno dei migliori, a dirla tutta! L’esplorazione era sempre stata di grande attrattiva, per lui, dotato di una curiosità, modestamente, senza eguali. Adorava andare a caccia di animali o creature, scoprire posti in cui nessuno si sarebbe intrufolato.
Se solo non facesse tutto quel dannato freddo, si sarebbe spinto nell’immensità del lago fisicamente, ma sarebbe morto congelato nel giro di una mezz’ora.
Quindi non restava che usare una tattica più intelligente e sicura, come conficcare delle api frizzole su un gancio fai-da-te legato a una lunga fune che aveva trovato dietro al capanno del guardiacaccia (si chiama prendere in prestito), che aveva a sua volta annodato a un lungo bastone. Una splendida canna da pesca dei poveri per il Sampei dei poveri! Ma l’importante, insomma, era che facesse il suo lavoro. Anche se doveva riavvolgere la fune attorno al braccio… non era così geniale da riuscire ad inventarsi anche una manovella automatica. Non esageriamo. Il bastone gli serviva solo per comodità, per una presa migliore.
Era lì da almeno un’ora, accidenti. Tirava un gran vento, ma per fortuna si era messo due felpe, una sopra l’altra; no, se ve lo steste chiedendo, l’unica cosa che si notava era un’imponenza fisica assolutamente fasulla, perché lui di muscoli sul torso ne aveva meno che zero. Ma anche se si fosse notato, sinceramente non gli importava un fico secco. Lui aveva freddo. Al che fece un pensiero drammatico: che diamine avrebbe fatto per salvaguardarsi la salute, lui, a gennaio? Si sarebbe ridotto a un completo di pelliccia facendosi passare per uomo delle nevi, probabilmente. Ma ne vendevano, di completi così? Sarebbe stato sicuramente un gran vedere...