Hogwarts Mystery - GdR Harry Potter

Posts written by Tressa

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    Per Tressa la proposta dell’alleata fu un fulmine a ciel sereno, la sua apparente sicurezza vacillò. Qualsiasi fosse la proposta della donna nominata dalla bionda, nulla era fatto per niente, cosa aveva da offrirle una figura così potente? Capace di rompere una maledizione come quella che l’aveva colpita, cosa poteva mai chiederle in cambio? Strinse la labbra in modo impercettibile ma la sua curiosità era stata messa a dura prova, qualsiasi cosa pur di non dover elemosinare l’aiuto di suo padre, qualsiasi cosa pur di essere libera. Monky non ne sarebbe stato felice, conosci i tuoi demoni le avrebbe detto, meglio fidarsi dell’oscurità conosciuta piuttosto che lanciarsi nel vuoto ma Tressa non lo avrebbe ascoltato. La sua mente ormai viaggiava ad una velocità spaventosa elaborando possibilità e conseguenze, tenendo la gemma per se avrebbe avuto un vantaggio ma la proposta di Roxanne suonava pericolosa. “Ti fidi di lei?” una domanda banale, forse non troppo ma dovuta, Roxanne evidentemente navigava in quell’oscurità con sicurezza ma a differenza di Tressa non era rotta, rotta in piccoli pezzi così come si considerava la pozionista. “Uhm..” qual’era il suo piano quindi? Al contrario di quanto la ragazza avesse potuto pensare l’unico piano messo a puntino da Tressa al momento era quello di recuperare l’ametista, una volta stretto il minerale tra le mani avrebbe considerato la prossima mossa. Certo aveva riflettuto a lungo se cedere alla richiesta di suo padre ma l’ultima parole spettava a lei soltanto e adesso aveva un motivo in più per rimandare quella decisione il più possibile. “Alletti la mia curiosità” non lo nascose, non ne aveva motivo, il suo sguardo era più acceso del dovuto, troppo perché la compagna d’avventura non lo notasse, decise dunque di attendere la fine della missione per poter realmente fare una scelta. Non era un qualcosa da poter scegliere a cuor leggere, qualcosa le diceva che forse essere priva di una parte di magia l’avrebbe in qualche modo salvata ma la sua brama di potere le suggeriva di ricostituire la sua forza in ogni modo possibile. Senza indugiare dunque lasciò che tutto avesse seguito, affascinata dal controllo che Roxanne dimostrò con le illusioni restò ad osservarla affrontare i propri demoni. La ragazza emanava potere, una parte di lei non troppo celata era persino spaventosa, Tressa giurò a se stessa in quel momento che mai l’avrebbe messa contro di se, pericolosa e piena di risorse. Accecata dalla brama di porre fine a quella misteriosa ricerca Tressa si era lanciata all’esplorazione della cripta, se non fosse stato per Roxanne però probabilmente sarebbe morta a causa di altre trappole, dunque l’aveva forse salvata di nuovo, quella notte Tressa si era fatta carico di un enorme responsabilità, avrebbe dovuto restituire il favore alla ragazza più di una volta. “Hai ragione” nel trambusto una ciocca di capelli era sfuggita al suo controllo finendole sugli occhi, la spostò delicatamente dietro l’orecchio liberando così la vista. “Devo controllarmi, troppo entusiasmo scusa” sistemò la gonna riacquistando un vano controllo e si concentrò su ciò che la luce della bacchetta della bionda illuminava. Un’enorme traccia di sangue, scambiò con la ragazza uno sguardo di intesa, il sortilegio che lanciò lei non serviva solo come scudo ma avrebbe evidenziato la presenza di nemici. “Vado avanti io coprimi le spalle” era dunque sua responsabilità scendere i primi scalini protetta però dallo scudo che aveva lanciato la mantide, una voce flebile irruppe nel silenzio. Il passo della ragazza si arrestò sconcertata, non erano sole, strinse il pugno mentre nell’altra mano la bacchetta fungeva da deterrente più che da reale aiuto, ci avrebbe provato ugualmente a difendersi sperando che la sua magia collaborasse. A denti stretti avanzò avvolta dalla flebile luce che fuoriusciva dalla bacchetta di Roxanne alle sue spalle, la cripta era così come ogni cripta doveva essere, il tanfo di marcio e umido era talmente pungente che la ragazza si lasciò sfuggire una smorfia di disgusto. Le pareti rocciose scintillavano adornate con piccole goccioline di condensa, al centro della piccola stanza ovale due sarcofaghi si ergevano scolpiti nella stessa pietra. Contrariamente a quanto si sarebbe aspettata non vi era solo la tomba di suo nonno ma anche di qualcun altro.. “Ma che..” la voce udita poc'anzi era interrotta, silenziosa si era trasformata in un respiro affannato, agghiacciante..
    Lentamente si avvicinò ad una delle tombe scostando del terriccio dall’epitaffio inciso sulla pietra, trattenne il respiro incredula “Roxanne..” sussurrò il nome della ragazza allarmata, uno degli epitaffi recitava “Qui giace l’erede dei Wilefyre, Roxanne Wilefyre. La tua morte inattesa e rapida lascia un grande vuoto fra tutti coloro che ti amarono. Nel loro animo sarà sempre vivo il tuo ricordo.” Si spostò sull’altra tomba ormai certa di quello che avrebbe trovato “Sono le nostre tombe” agghiacciante scoprirlo in quel modo.. Non riuscì a terminare di leggere il suo poiché una scossa di terremoto fece tremare la terra sotto i loro piedi. La scala che fino a poco prima le aveva guidate nel sepolcro era scomparsa lasciandole avvolte nell’oscurità.
    “Sciocco da parte tua pensare che sarebbe stato così semplice” la voce di un uomo risuonò forte e chiara come riprodotta da un altoparlante. Il respiro di Tressa si interruppe in modo irregolare, iniziava a capire adesso.. “Pensavo non lo avresti fatto, ero certo che non ne avresti avuto il coraggio e avevo ragione. Non sei venuta da sola” dall’ombra un uomo avanzò verso di loro rivolgendo uno sguardo curioso su Roxanne. I capelli scuri un po’ ingrigiti gli conferivano un aspetto austero, lo sguardo severo e furbo, l’andamento sicuro non lasciava alcun indugio. “Padre..” A bocca secca non riuscì a dire altro. “E’ questa che cercavi?” l’uomo alzò la mano e stretta tra due falangi vi era l’ametista. “E’ uno scherzo? Perchè mi hai chiesto di recuperarla…” la voce della ragazza era tremolante, sembrava avesse perso parte della sua sicurezza. “Ti ho chiesto di scoprire dov’era e lo hai fatto, sei mia figlia so quanto menti. Non me l’avresti mai restituita” non era una domanda ma un’affermazione che la lasciò nuovamente estrefatta, si era fatta fregare dal suo stesso padre. “La mia magia, avevi detto che mi avresti aiutato” la disperazione iniziava a farsi largo nella voce della ragazza. “Nessuno può farlo. Accetta la tua miserabile natura Alba. Sei ciò che saresti dovuta essere dall’inizio. Inutile”. La spavalderia di Tressa era completamente scomparsa, la realtà che suo padre le offriva era spaventosa, sconvolgente.. come poteva un padre trattare così la propria figlia? Perché la odiava così tanto? Sangue del suo sangue una realtà dissolta nel nulla. “Addio figlia. Non cercarmi mai più” il perché lei non reagì le fu oscuro per molto altro tempo ancora. La figura dell’uomo si dissolse nel nulla lasciando le due ragazze sole nella cripta tornata così come quando vi avevano avuto accesso, le scale al loro posto e un solo sarcofago al centro profanato.
    Le gambe della ragazza cedettero al peso della verità, scivolò sulle ginocchia afferrando con le mani la terra nuda, stringeva i pugni scossa e non riuscì a far altro che urlare. Urlò con quanto fiato aveva in gola, urlò poiché in un istante era stata figlia e solo qualche secondo dopo era divenuta nuovamente orfana. “Portami da lei” lo avrebbe ucciso, lo avrebbe ridotto in cenere una volta riacquistata la magia. Aveva scelto.
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    Allo stupore di lui un sorriso amaro le incurvò le labbra, aveva abbastanza buon senso da non sperare di riuscire nel suo intento così facilmente anche perché ciò che rasentava la semplicità non era poi così divertente. Per un momento si domandò ancora se non fosse il caso di rinunciare, un capello di quell’uomo avrebbe potuto rovinare la vita di entrambi soprattutto se venduto alle persone sbagliate ma per quanto il rimorso fosse dietro l’angolo non poteva privarsene, non ora che viveva nell’ombra. Nel tempo aveva apprezzato i benefici di una vita sregolata domandandosi però che cosa potesse significare chiudere gli occhi la notte senza la paura dell’esser arrestati o ancor peggio uccisi, troppo ammaliata dal lusso e dalla ricchezza, non aveva mai ceduto alla debolezza e se l’era lasciata alle spalle. C’era qualcosa di fin troppo interessante nel sarcasmo delle parole di lui, doveva fare attenzione questo lo percepì nell’immediato, ormai riusciva a individuare il pericolo fin troppo facilmente quasi come un gatto, ma altrettanto come un gatto amava passeggiare sui cornicioni di grattacieli sospesa tra le nuvole e l’asfalto.
    “Ancora no” non era dunque un volto noto, si sorprese di questo e ne fu quasi delusa, l’avrebbe eccitata ancor di più sapere che l’uomo l’aveva riconosciuta, forse non era poi così nota nel quartier generale degli Auror, poteva fare di meglio, non ora ma in futuro forse. “Sono Alba” solo allora sorseggiò il liquido ambrato, se ne inumidì le labbra prima di bere un sorso più profondo, si era presentata con il suo vero nome, un nome che non usava mai eppure era stato il primo a venirle in mente invece che Tressa. Curiosa dal suo stesso atteggiamento decise di approfondire fino in fondo il proprio istinto percependo in se stessa uno strano formicolio che riconobbe come pura eccitazione. “Non sarei la benvenuta ma grazie per il pensiero” abbassò lo sguardo sfiorando con il polpastrello la superficie liscia del bicchiere, lo fece per due volte prima di fissarlo nuovamente, una lieve incertezza voluta che avrebbe dovuto farla apparire meno sicura di quanto fosse in verità. “Ci deve essere necessariamente un buon motivo per voler godere della compagnia di un uomo?” ignorò di proposito gli occhi indiscreti del barista e il suo fischio inopportuno, doveva aver attirato l’attenzione dei presenti ma non aveva mai dubitato di questo, se avesse voluto non farsi notare allora lo avrebbe fatto, in questo caso specifico tutto ciò che voleva sembrare era una bella donna particolarmente disponibile.
    “Notevole” un complimento sottile, si concesse un piccolo sorriso “E’ passato molto tempo dall’ultima volta che qualcuno me lo ha detto” non era una bugia questa, altri temevano il suo sguardo così tanto da non scontrarsi mai con esso. Corrugò la fronte e gli restituì lo stesso sguardo incuriosito. “Sono in viaggio da troppo tempo senz’altra compagnia che quella del sole e della luna. Un po’ di conversazione è proprio quello che mi ci vuole” si frugò nella tasca del pantalone ed estrasse due banconote, le lasciò sul bancone insistendo perché il barista le prendesse. “Offro io” disse piegando la testa da un lato “dicono tu sia il miglior agente in circolazione, volevo accertarmi fosse vero”. Lo avrebbe punzecchiato per un po’ solo per il gusto di accendere ancora in lui la curiosità.
    Era strano ritrovarsi in mezzo a tanta gente.
    Negli ultimi mesi si era abituata ad essere sola con Monky, al rumore del chiacchiericcio rispose con un sorriso lievemente accennato, sorseggiò ancora bramando più di quanto avesse deciso di concedersi. “Mi piacerebbe dirti di più ma non posso farlo finché non diventeremo.. amici” gli porse la mano i cui polpastrelli erano straordinariamente lisci e piccoli, dita sottili, scaltre e veloci, avvertì la necessità di toccarlo e tentò di essere oltremodo gentile mantenendo nel tono della sua voce una punta di verità. Tressa non era un fiore delicato, sarebbe sopravvissuta nel deserto.
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    I miei profumi oppure oggetti a tema hp

    Quando hai dato un bacino l'ultima volta?
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    Falso

    L'utente dopo di me ha il pollice verde
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    Osservò il suo riflesso nello specchio, fece una smorfia notando una piccola figura rannicchiata sulla poltrona alle sue spalle “sei ancora qui?” si voltò verso il piccolo elfo che la guardava con disapprovazione. “Permettimi di venire con te” le diede del tu come ormai faceva da tempo, i due non erano legati da nulla se non dal puro lavoro e un affetto singolare, Tressa gli aveva intimato di restare a casa per proteggere la piccola creatura dalle difficoltà del viaggio ma aveva omesso il reale motivo della sua scelta poiché Monky non le avrebbe mai permesso di partire da sola se non per uno scopo più importante. “Devi tenere d’occhio l’emporio e poi non corro rischi” sbuffò anche se in cuor suo era grata all’affetto che l’elfo le regalava ogni giorno “mi fido di te più di chiunque altro lo sai”, lui la guardò senza sbattere le ciglia e le puntò l’indice contro “non mi fido di quel tipo, puzza e ha l’oscurità negli occhi”. Tressa non poteva dargli torto, nemmeno lei si fidava così tanto del suo nuovo socio ma ormai avevano fatto un patto e le conseguenze della questione sarebbero state solo sue “lo so ma quel sangue ci serve, con quello che ricaveremo dalla vendita del veleno potremo finalmente sparire per un po’”, l’elfo sembrò cedere consapevole che senza soldi non sarebbero potuti andare da nessuna parte e sparire era necessario visto i tempi incerti. Dopo qualche minuto di silenzio la strega sistemò la blusa nera e sistemò la cintura sui pantaloni, vestita completamente di nero senza gonne che potessero intralciarle i movimenti, la sua figura esile era ancora più evidenziata, la folta chioma corvina era stretta in una morbida treccia, in fine sistemò il mantello scuro sulle spalle e nervosa come non lo era da tempo attese.
    Non ci volle poi molto prima che lui arrivasse, poco prima che l’uomo facesse il suo ingresso nell’antro della strega, l’elfo sparì schioccando le dita non prima però di aver regalato alla sua compagna una delle occhiate peggiori di sempre, Tressa gli aveva semplicemente mormorato le sue scuse.. forse un giorno avrebbe capito. “In perfetto orario” salutò l’uomo senza troppe cerimonie “hai portato da bere?” le richieste erano state chiare, lui aveva un solo compito, occuparsi dell’alcol e sperò per non perder tempo che avesse eseguito il tutto. Le tornò in mente una delle sue prime avventure, aveva derubato un mago in uno dei locali della zona, le si era prosciugata la bocca dall’eccitazione. Ce l’ho fatta? E poi stringendo il gioiello tra le mani si era detta Si che ce l’ho fatta. Mai sensazione fu più soddisfacente di quella, avrebbe provato lo stesso nel portare a termine tutte le missioni a venire. Bramosa di cominciare non indugiò a lungo “ti piacciono le passaporte? Questa è speciale, illegale ovviamente” sorrise maliziosa indicando una caraffa apparentemente inutile e colma di polvere “ci porterà nel posto giusto, prima di andare però devo dirti delle cose. Il vampiro in questione ha conservato parte della sua umanità, è giovane, non si controlla facilmente. Quando era in vita era un mago dunque ha conservato parte della sua magia, non sarà propenso a lasciarci estrarre un po’ del suo sangue e non ci siamo lasciati in.. come dire.. uhm. Non sarà molto felice di rivedermi” forse gli avrebbe raccontato la storia durante il cammino.. “Per questioni di sicurezza non giungeremo direttamente nella sua dimora, la passaporta ci lascerà nel bosco, dovremo poi fare un tratto a piedi. La sua cripta o casa, chiamala come vuoi, è nascosta nella vegetazione. Se siamo fortunati sarà solo, altrimenti prepara la bacchetta e non provocarlo” come una maestrina diede i suoi ordini sperando che lui la stesse ad ascoltare. “Si comincia, Transilvania arriviamo. Non senti anche tu una certa eccitazione?” entusiasta e quasi sopra le righe avvicinò la mano alla passaporta “3..2..1..”
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    "Bene. Abbiamo un accordo". Silenziosa scrutò a lungo l’avversario, quali fossero le sue intenzioni non riusciva a comprenderle, rimarcava il fatto che non si fidasse delle capacità di lei eppure non aveva perso tempo nel cercarla, tipico atteggiamento da maschio Alfa, su questo Tressa non rimarcò più, se per lui era più semplice crederla un’inetta, una ciarlatana tanto meglio, non avrebbe dovuto impegnarsi poi tanto. Piuttosto sconcertata serrò le labbra alla sua ennesima richiesta, voleva legarsi al mondo oscuro ma come poteva sostenere una tale richieste se lei stessa girava alla larga da quella gente? Si era tenuta alla larga da tutto egregiamente fino ad ora, per questo era riuscita a rimanere in piedi, se si fosse schierata prima o poi qualcuno sarebbe venuto a riscuotere. Non potendo dare momentaneamente all’uomo ciò che cercava decise di bluffare, non era una menzogna ma semplicemente una bugia momentanea, avrebbe rispettato il patto al momento opportuno. Strinse la mano e il pattò venne suggellato, un patto forse pericoloso ma che gli aveva legati entrambi, nessuno avrebbe potuto venir meno alle promesse fatte, oscure sarebbero state le conseguenze.
    Lasciò la mano calda dell’uomo e accentuò la sua presa di posizione con un’occhiataccia seria, forse si stava cacciando in un brutto guaio ma non era la prima volta e Tressa Ferlet aveva più vite di un gatto.
    “Prima regola, smettila di darmi della ciarlatana, adesso siamo soci in affari se cado io cadi anche tu” lo imbeccò più per divertimento che per necessità, il pensiero dell’uomo non la turbava più di tanto ma semplicemente era abituata a lavorare da sola e vista la missione così pericolosa dovevano entrambi comportarsi adeguatamente.
    “Mi occorrono due giorni e poi sarò pronta” il vampiro che avrebbero incontrato non sarebbe stato così incline a regalarle il suo sangue, l’idea di Tressa era di proporre alla creatura la stessa cosa che aveva appena proposto all’uomo, un patto. Lei non uccideva mai se non necessario e non lo avrebbe fatto adesso, i vampiri erano creature stupefacenti capaci di tutto, forti e potenti vivevano spesso in luoghi isolati e distanti dalla società, eppure.. alcuni i più coraggiosi frequentavano locali notturni per ammaliare le prede. In uno di questi posti Tressa aveva conosciuto anni addietro una delle creature più affascinanti che avesse mai visto prima, per sicurezza però qualora non fosse stato socievole come lo ricordava si sarebbe procurata aglio, aconito e rosa canina. Per preparare il veleno occorreva del sangue fresco di vampiro dunque uccidere non era necessario, troppo complicato e pericoloso forse.
    “Sei mai stato in Romania?” rilassò la schiena e sorrise maliziosa, “hanno delle terme sublimi” gesticolò con le mani, nascose egregiamente la tensione, non sarebbe stato comunque semplice. “Per oggi abbiamo finito. Ci vediamo qui tra due giorni alle ventidue in punto. Porta da bere, ne avremo bisogno”
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    C’erano clienti che Tressa considerava difficili, altri invece che considerava solo indisponenti e fastidiosi, nel tempo aveva imparato ad avere a che fare con tutti senza però precludersi la possibilità di innervosirsi o infastidirsi qualora ce ne fosse bisogno. L’uomo dallo sguardo profondo e indisponente l’aveva provocata dal primo istante, la sua fiducia nei confronti delle capacità della pozionista era presso a poco che nulla dunque si chiese lei se la sua visita non fosse più dettata dalla curiosità che dal resto. Abbassò lo sguardo non celando affatto il proprio fastidio, lo risollevò appena per osservarlo dritto nelle iridi scure e presuntuose. “Allora perché sei qui?” voleva provocarla? La pazienza di Tressa non era infinita, lo aveva accolto nel suo antro ma non avrebbe accettato alcun comportamento offensivo nei suoi confronti, non aveva bisogno di lui ma se mai il contrario. Parlò seccata ma senza frenare la lingua “sei stato tu a cercarmi, non ti fidi di me, pensi che abbia bisogno di te per conquistare ciò che cerchi ma allo stesso tempo mi reputi più capace di te altrimenti non saresti qui ma in compagnia di un vampiro, pronto a succhiargli il sangue personalmente” accavallò la gamba e un lembo della gonna scivolò sulla caviglia. “Non scenderò a compromessi, so dove trovare un vampiro e questo è molto più di quanto tu possa fare. Ti serve il mio aiuto, se sei un guaritore abbastanza in gamba sai quanto sia difficile trovare ciò che cerchi. Perchè dovrei farlo da sola? Quanto puoi offrirmi per convincermi a compiere l’impresa da sola?” continuò ma questa volta si alzò in piedi e camminando a passo sicuro attraversò la stanza raggiungendo una piccola dispensa chiusa da due antine in legno scuro. Le aprì e come se stesse compiendo un gesto ordinario afferrò una bottiglia colma di liquido ambrato “i tempi sono incerti, gli ingredienti scarseggiano e la mia attività al momento è sospesa” versò il liquido in due bicchierini diversi l’uno dall’altro. Tornò sulla sua poltrona e porse il bicchierino al suo ospite, l’altro lo tenne per se e sorseggiò inumidendosi le labbra. “Ma insieme possiamo sopravvivere a quella che apparentemente sarebbe un’impresa complicata. Mi sembra già di per se un patto equo” spostò il busto in avanti, tre ingredienti erano una richiesta troppo pretenziosa soprattutto non specificando quali. Poi però la sua avarizia ebbe la meglio e decise di rilanciare quella strana partita a poker, “tre ingredienti per un favore. Qualsiasi esso sia, lo riscuoterò a tempo debito e non potrai esimerti. Ultima offerta dolcezza. Prendere o lasciare” afferrò la sua mano con decisione attendendo l’ultima parola.
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    Se fosse uno stolto o meno Tressa non riuscì a comprenderlo, chiunque cedesse con così tanta facilità un proprio capello non doveva avere ben chiari quali fossero i rischi concedendo una tale intimità. Un capello era un dono prezioso, la chiave per assumere le sembianze dell’individuo dal quale proveniva, l’ingrediente chiave della pozione polisucco. Tressa sfilò la fibra sottile dalle dita del suo ospite, non esitò nel sfiorargli cautamente le falangi prima di ritrarsi per ammirare la sua conquista stretta nelle dita sottili. Senza indugiare ancora camminò quasi fluttuando in un angolo del suo antro ove barattoli e beute di ogni tipo scintillavano alla luce del fuoco. Sistemò il capello in una piccola fialetta, sigillandola poi con un tappo in sughero, bastò un colpo di bacchettà per etichettare il tutto e dunque volente o nolente Elias aveva commesso un grave errore che prima o poi avrebbe probabilmente pagato caro. Tressa serrò le labbra mugugnando, la richiesta che le era stata appena fatta non era delle più semplici, dando le spalle al suo ospite l’ascoltò attentamente chiedendosi quale fosse il reale motivo per cui desiderasse un ingrediente così difficile e complicato da ottenere. Tressa Ferlet non era una sciocca, astuta e poco incline a rischiare la vita per un nulla si chiese se forse non sarebbe stato il caso di prendere due piccioni con una fava. Forse ricavando quell’ingrediente avrebbe potuto tenerne una parte per se distillando così uno dei veleni più potenti al mondo. Un’arma letale che avrebbe potuto rivendere a caro prezzo, c’era però un enorme ma. Un tempo forse avrebbe assecondato la sua brama viaggiando da sola e affrontando un vampiro con le sue sole forze, adesso danneggiata com’era non poteva permettersi un tale errore. La sua magia non avrebbe funzionato e se bene incantesimi semplici le riuscissero ancora, fin quando la maledizione non sarebbe stata spezzata la sua integrità era un lontano miraggio. “Ti costerà caro Elias” sottolineò il suo nome tornando sulla poltrona accanto al fuoco, distese le spalle sullo schienale e spostò su un lato la lunga chioma corvina. Tamburellò con le dita sul bracciolo della poltrona spostandole poi sui lacci del corsetto, intrecciò le sottili falangi con la coda di tipo nera, pensierosa e silenziosa decise dunque di non essere guidata dall’avidità. “Ti propongo un patto. Posso scoprire facilmente dove trovare un vampiro, quello che non posso fare è affrontarlo da sola. A giudicare dal tuo aspetto, non possiedi sufficiente denaro per acquistare i miei servigi” non era trasandato ma di certo non mostrava sontuosità, non era abituata a giudicare un libro dalla copertina ma sapeva riconoscere un uomo ricco da un uomo benestante e la differenza era nella prepotenza dello sguardo. “Vieni con me, affronta questo viaggio al mio fianco e quando troveremo il vampiro divideremo il suo sangue, sarà un pagamento sufficiente” una fiala di quel veleno le avrebbe regalato la stabilità per un po’. Decise di non rivelare il suo punto debole per ora, non era necessario e non si fidava di lui apertamente tanto da potersi svelare. Allungò la mano pronta a suggellare il patto “nessuno nuocerà all’altro ma ci guarderemo le spalle a vicenda” un patto vincolante era quello che Tressa voleva compiere, un modo per assicurarsi la sopravvivenza.
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    Tressa insospettita e incerta lasciò parlare l’uomo, chiunque fosse non aveva accennato a presentarsi, come lei manteneva in equilibrio la propria riservatezza e questo era un chiaro segnale di quanto anche lui effettivamente non volesse problemi. Parlare apertamente degli Auror come i peggior piantagrane al mondo non lo rendeva totalmente contrapposto a loro, lei sapeva bene quanto potesse essere facile mentire o imbrogliare il prossimo. Decise dunque di non fidarsi, non lo avrebbe fatto a priori, lo avrebbe considerato per ora un semplice cliente e se invece si fosse rivelato un piantagrane aveva ancora qualche asso nella manica per sparire così com’era apparsa. Le era evidente come lui cercasse di stuzzicare la sua presunzione, una cosa che non la tangeva affatto. Tressa era consapevole delle proprie capacità, era stata messa alla prova così tante volte nella sua vita che ormai non ci faceva più caso e poi non avrebbe dimostrato un bel niente ad un perfetto sconosciuto. Un guaritore, ne erano passati così tanti nel suo emporio, alcuni ciarlatani come lei altri invece seriamente intenzionati a sanare qualsiasi tipo di ferita, non tutti però avevano il cuore limpido e puro, spesso era colmo di ombre. “Basta così” spazientita lo interruppe rimarcando il concetto sollevando l’indice in segno di silenzio, se pur affari non avrebbe corso alcun rischio e i vicoli non erano sicuri al momento. Spostò il volto prima a destra e poi a sinistra accertandosi che nessuno fosse di passaggio “seguimi” poche e semplici parole prima, il fruscio delle gonne accompagnava i suoi passi. Si muoveva velocemente senza verificare se lui fosse o meno alle sue spalle, svoltò a destra in un vicolo più stretto e umido, le pareti delle dimore ricordavano un antico borgo medioevale, lasciò che le dita sfiorassero la nuda pietra fin quando non arrestò il movimento su una pietra più sporgente dell’altra. Con una piccola pressione del polso azionò il meccanismo e la pietra si scompose lasciando il posto ad una piccola porticina scura. Entrava e usciva dal suo emporio grazie a quella piccola porta nascosta, in questo modo evitava l’entrata principale quando non voleva esser vista. Aprì la porta e con decisione entrò in quella che da sempre era stata la sua casa, il retro bottega dell’emporio era esattamente come lo aveva lasciato, ben curato e tenuto a lucido dall’elfo domestico. Sfilò la bacchetta dalla cinta e come un consueto gesto di routine accese il fuoco nel caminetto, sfilò poi via il mantello facendolo sparire via. Una volta che l’uomo fu entrato nell’antro della strega non vi era motivo alcuno per celare ancora la propria abilità. “Lavoro solo con pagamenti anticipati, nessun rimborso e nessuno sconto, posso procurarti ciò che vuoi ma ogni cosa ha il suo prezzo. Parla allora. Qui nessuno potrà disturbarci” si spostò su una delle due poltrone sistemate davanti il camino, nel suo antro Tressa si muoveva priva dell’incertezza, non correva rischi, c’erano così tanti incantesimi protettivi lanciati lì che se solo l’uomo avesse osato disturbarla più di tanto avrebbe rischiato grosso. “Devo conoscere il tuo nome prima di cominciare e mi occorre un tuo capello, una piccola garanzia per il futuro” allargò le labbra in un sorriso ammaliante, non lasciava nulla al caso soprattutto ora che le cose si erano messe al quanto male. “Se sei venuto qui è perché sai che sono la migliore” accavallò la gamba sull’altra e rilassò la schiena, l’aveva chiamata ciarlatana ma non ci aveva fatto poi tanto caso, in fondo per alcuni lo era stata davvero, invitò con un gesto della mano il suo ospita ad accomodarsi sulla poltrona libera. “Non indugiamo ancora, parla”
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    Audaci, intraprendenti ma spesso sciocchi, i clienti di Tressa non brillavano sempre d’intelligenza. Spesso spinti dalla lussuria o dall’avarizia ricorrevano ai suoi servigi per placare i propri istinti non curandosi però del prezzo da pagare, non sempre ma spesso questo non era riconducibile a semplici galeoni. La donna sapeva cogliere in ognuno dei suoi clienti potenziali favori, non per altro si era avvicinata notevolmente alla mantide Roxanne, una donna capace di tutto senza però essere colpevole di nulla. Un angelo apparentemente ma Tressa aveva ben compreso quanto potesse essere oscuro il suo cammino.. -Dicerie fiabesche- le labbra carnose si allungarono su un lato in un ghigno silenzioso, di dicerie sul suo conto se ne erano dette molte ma nessuna fin ora degna di attenzione, c’era chi la descriveva come una megera o chi ne esaltava la bellezza, alcune di queste le aveva messe in giro lei per cui non si stupì affatto. “Quindi cosa saresti.. Un suo ammiratore?” la curiosità spesso portava a commettere errori madornali, chiunque cercasse la pozionista conosceva bene quali fossero le sue attività, Tressa non era solo questo ma molto di più, abile ladra e abile contrabbandiera. Si soffermò a lungo silenziosamente scrutando l’uomo, apparentemente non sembrava possedere granchè, un uomo abbastanza comune. Nulla di più.
    “Non oserei dire il contrario ma per quanto mi piaccia parlare di me come se non sapessimo entrambi che sono io quella che cerchi, direi di smetterla con i giochetti. Le lusinghe saziano il mio ego ma le preferisco in altri contesti e lontano da questi vicoli” distaccò la schiena dalla fredda pietra, per quanto si sentisse a casa tra i vicoli di Nocturn Alley, si guardava le spalle continuamente, gli Auror non avevano smesso di tenerla d’occhio.
    “Dipede da ciò che cerchi straniero” tutto era un concetto troppo vasto per Tressa. Il tutto era solo per se stessa, ciò che riservava ai suoi clienti erano briciole che le permettevano di vivere dignitosamente. Si chiese però cosa potesse desiderare un uomo così ambizioso, tutti erano a conoscenza di quanto le scorte fossero ormai ridotte all’osso, dunque l’uomo ricercava forse qualcosa di unico, difficile da reperire e aveva dato per scontato che persino lei potesse aiutarlo.
    “Un tempo forse, adesso la natura ci rema contro. Gli hai letti i giornali?” stizzita punzecchiò l’uomo, che non fosse a conoscenza del problema ormai vigente era impossibile ma meglio chiarire la propria posizione. “Sai chi sono io ma io non so chi sei tu. Non è equo” il suo voltò si illuminò di nuovo di una luce calda mentre gli si avvicinava lentamente “posso essere molte cose ma non sono una sciocca”
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    All’ombra di un’insegna mal messa, Tressa Ferlet attendeva il momento giusto per compiere il suo ingresso teatrale nell’oscuro vicolo di Nocturn Alley. Da qualche tempo il suo emporio era chiuso al pubblico, Roxanne era stata fin troppo chiara a riguardo, non vi era ragione alcune per rischiare la propria pelle. L’incombente guerra avrebbe assoldato improbabili pedine persino nei bassi fondi, per Tressa questa era una buona ragione per nascondersi e celare la propria figura fino al momento giusto. Gli affari per il momento non erano proficui come al solito, le piante magiche scarseggiavano ancor di più e reperire ingredienti era diventata una sfida troppo difficile e poco remunerativa, se bene riuscisse ancora a destreggiarsi restare a galla le costava un enorme sacrificio. Monky il suo elfo domestico le era rimasto accanto, un fidato amico e compagno di avventure, l’unico che non le aveva mai voltato le spalle, nemmeno nei momenti più bui. Ormai l’elfo non era più un suo servitore ma un libero collaboratore, nonostante le poche entrate Tressa non aveva mai mancato un pagamento, ogni galeone era sacro. Se pur senza scrupoli e opportunista, la donna pagava sempre i suoi debiti ed un favore veniva sempre ricambiato. Un vincolo sacro che non avrebbe rotto per niente al mondo, il suo codice d’onore. Avvolta nel suo mantello color indigo, accennò un passo individuando non poco lontano la sagoma di un misterioso viandante. I mormorii dei bassi fondi l’avevano avvertita, qualcuno aveva fatto domande sul suo conto, non era una cosa che accadeva poi così di rado ma il più delle volte quelli a far domande erano gli Auror e loro l’avevano trovata più di una volta senza però mai andare a fondo alla questione. Chi in questo caso l’aveva cercata doveva essere un cliente, uno sciocco novizio nell’arte della discrezione, se fosse qualcuno degno di fiducia per Tressa era indifferente, lei comunque non si sarebbe fidata di nessuno se non di se stessa e del piccolo Monky.
    “Sta attento a ciò che cerchi viandante” la voce calda e tagliente della donna preannunciò l’arrivo della sua figura, il volto per un attimo si illuminò della luce calda di un lampione, le iridi violacee scrutarono l’uomo catturandone i dettagli, non lo conosceva. Ricordava tutti i suoi clienti e questo non era uno di loro. Non indugiò e mosse un altro passo accompagnato dal suono del fruscio della gonna lunga, Tressa aveva conservato un gusto nell’abbigliamento tipico del mondo a cui apparteneva, la lunga gonna nera le fasciava i fianchi sin sopra la vita, le dita sottili tamburellarono sul punto vita avvolto in una cinta scura, rilassò le braccia prima di stringerle al petto solo quando raggiunse del tutto l’uomo. Non gli si avvicinò più di tanto ma poggiò la schiena sul muro in pietra dall’altra parte del vicolo stretto. Una distanza non proprio di sicurezza ma che ritenne opportuna. “Fammi indovinare.. Ciò che cerchi è un filtro d’amore? No. Forse l’antilupo.. Ma no, forse un veleno?” lo cantilenò se bene fosse certa che nessuna delle sue proposte fosse ciò che l’uomo cercava davvero. “Qualsiasi cosa tu stia cercando o chiunque tu stia cercando non lavora più da queste parti” tagliente ed evasiva precisò che la sua attività fosse ormai chiusa, chiusa per gli estranei ovviamente. Il dubbio che fosse un Auror era saldo nella mente della donna.
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    Ciao benvenuto!
    Tranquillo rispetteremo la tua riservatezza
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    Silenziosa e in disparte osservava gli individui a lei del tutto sconosciuti, babbani a giudicare dall’aspetto comune e dozzinale, nessuno degno del suo interesse ma in fondo se pur ci fosse stato per Tressa quella era solo l’ennesima serata lavorativa, un momento singolare da cui trarre il massimo del beneficio. Gli occhi violacei di lei si spostavano indiscreti su tutto il perimetro del pub, indugiò a lungo prima di scontrarsi con il sorriso frettoloso di Brian, colta di sorpresa non si mosse di una virgola. L’uomo tornò apparentemente concentrato sul barista, un tizio che a giudicare dalla confidenza nei suoi sorrisi doveva conoscere bene. Poiché furba di indole quel breve sorriso le insinuò un dubbio al quanto difficile da scacciare, che fosse un banale tentativo di seduzione? Non aveva alcun reale motivo per pensare fosse dovuto a qualcos’altro, Tressa non era mai stata troppo paranoica, scrupolosa si ma spesso avventata e incline a seguire l’istinto più che il buon senso. Tamburellò con le dita sottili sul tavolo in legno riflettendo sul da farsi, era in dubbio che dovesse avvicinarsi a lui ma come? Terminò ciò che aveva nel bicchiere, bevve tutto di un fiato così da dissetarsi e badò bene di sembrare disinvolta, un tentativo forse vano in un posto in cui era totalmente fuori dal coro. Si alzò sinuosamente scivolando nel corridoio stretto creato tra tavoli e banconi, qualche passo e raggiunse lo sgabello proprio vicino la sua preda, ignorò la sua presenza concentrandosi su ciò che al momento le serviva più di qualsiasi altra cosa.. Veleno. “Whisky, doppio senza ghiaccio” ordinò secca al barista, doveva essersi intromessa in qualche conversazione ma per ciò che le importava l’uomo doveva continuare il suo lavoro così da permetterle di fare il suo. Brian doveva concentrarsi esclusivamente su Tressa escludendo dal suo raggio d’azione tutti i presenti in quel pub. Incerto il barista preparò ciò che aveva chiesto, la donna strinse il bicchierino da whisky nella mano verificandone l’aspetto, se lo portò alle labbra inumidendosele appena. Bere ma senza esagerare, non era incline al cedere al ebrezza dell’alcol ma era dotata di grande resistenza poiché spesso aveva dovuto far bere le sue vittime fino allo sfinimento mantenendo in lei stessa un dignitoso controllo. Passò molto poco prima che si rivolgesse a lui chinando il capo da un lato per osservarlo di sott’occhi “non lavora sta sera?” fingere che fosse un perfetto sconosciuto non le avrebbe reso le cose più semplici, palesarsi invece lo avrebbe molto probabilmente incuriosito instillando in lui il dubbio dell’interesse. Tressa aveva già avuto a che fare con gli Auror, non era il primo con cui interloquiva ma di sicuro doveva concederglielo, un uomo di bell’aspetto, le spalle larghe e i lineamenti decisi lo rendevano una preda assolutamente succulenta. Sorseggiò ancora ma questa volta spostò il busto per fissarlo meglio “non è stato poi così difficile trovarla” forse stava venendo meno a ciò che si era sempre imposta, mai svelarsi nell’immediato ma gli Auror erano furbi, non tutti, ma la maggior parte si. Lo sfidò con un sorriso soffuso, cosa avrebbe pensato? Nascose egregiamente la sua curiosità celata dalla compostezza dei suoi movimenti, l’unico modo giusto per agire era scegliere le proprie mosse al momento senza programmare. "Bei capelli" lo sfidò nuovamente ma questa volta la battuta aveva un fine ben più importante, nascondeva l'interesse primario che l'aveva spinta ad avvicinarsi. Osservò i capelli di Brian, perfettamente pettinati, un uomo forse maniaco del controllo.. Non sarebbe stato semplice ma questo rendeva il tutto molto più divertente. Tressa non privava mai se stessa del piacere del rischio..
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    Sfortuna
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    Si decisamente

    L'utente dopo di me soffre molto il freddo
107 replies since 25/9/2023
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