Cura dei Colloqui Magici

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    Maximiliam Carter la fissava da dietro la scrivania del Preside, gli occhi grigi che non avevano perso nulla della sfumatura indagatrice che lo aveva reso uno dei maghi più famosi della sua epoca. Si alzò in piedi e, rivolgendole un rapido sorriso, passò intorno allo spesso tavolo di legno per andarsi a sedere su uno degli angoli del tavolo, la mano sinistra pigramente poggiata sul pomolo a testa di falco – di ippogrifo, l’avrebbe corretta – del celebre bastone da passeggio del mago -E quindi vorresti fare la professoressa?-
    Anastasia ricambiò lo sguardo del nonno, accavallando una gamba sull’altra. Le mani, piccole e curate, corsero lungo le pieghe della gonna che aveva scelto di indossare, lisciandole -Sì- rispose. Poi, dopo un attimo di silenzio -Per un po’ almeno-
    Maximiliam piegò la testa leggermente di lato, assottigliando leggermente le palpebre -Non è esattamente il genere di mestiere che si possa fare “per un po’”, lo sai?-
    Anastasia si strinse nelle spalle, sorridendogli -Tu lo hai fatto, no?- il professore, “per un po’”. Il giudice, “per un po’”. Perfino il Ministro della Magia, “per un po’”.
    E il Preside.
    -Era una situazione diversa- si schermò l’anziano Carter, facendosi rubare tuttavia un sorriso accattivante -E’ un cosa che richiede voglia, questa del fare la professoressa. E dedizione. E un minimo di…come dire? Leggerezza, ecco- attese un attimo, come per riflettere, prima di aggiungere - Meglio del fare l’Auror, comunque-
    Maximiliam Carter era stato anche Preside, “per un po’”.
    E anche un “po’ per sempre”, a dire il vero, perché accedere alla presidenza di Hogwarts, soprattutto in un periodo movimentato come quello in cui era stato lui a guidarla, significava avere il proprio ritratto appeso fra quello di tutti gli altri Presidi della storia. Un piccolo scampolo di immortalità, incorniciato e appeso in uno dei luoghi più prestigiosi dell’intero Mondo Magico.
    Ad Anastasia scappò una breve risata - Non mi pare che stare qui sia stato poi tanto meglio, per la salute di tutti - si portò i capelli dietro alle orecchie, sfiorando appena gli orecchini di perla che aveva scelto di indossare quel giorno. Avrebbe voluto aggiungere ancora qualcosa, erano anni che non ave a occasione di sentire la sua voce, ma un rumore proveniente da una delle porte la fece alzare in piedi - Ora va’ per favore. Non vorrai che mi credano raccomandata, vero?-
    - Credi davvero che non abbia già messo una buona parola?-
    - Credi davvero che non brucerei quel ritratto, se lo avessi fatto? -
    Cerri affetti non morivano proprio mai…
     
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    "Assolutamente Adam, sarà mia premura accertarmi anche, e soprattutto, della sua convinzione personale.", offro uno sguardo obliquo ma comprensivo al professore di incantesimi mentre m'incammino in direzione della presidenza, "E che le competenze siano più che adatte per il ruolo, ovviamente. Sai che tengo particolarmente a quella materia. In fondo però è pur sempre tua figlia, le premesse per un risvolto positivo, ci sono tutte."
    Una pacca sulla spalla al coordinatore dei Grifondoro, e immediatamente svolto nel corriddoio che conduce al mio ufficio.
    La cattedra di Cura Delle Creature Magiche, per il sottoscritto, rappresenta un qualcosa di estremamente importante. Tanto che io stesso me ne sarei fatto carico, se solo non fosse che già così, tra il corso di Difesa, quello di Duelli, gli impegni da Preside e quelli al dipartimento e la malattia a malapena riesco trovo il tempo per radermi e dormire.
    Ciò non toglie, che sarà per me tassativo affidare il compito solo ed esclusivamente ad una oggettivamente adatta al ruolo. La quale verrà valutata attentamente, tramite un colloquio minuziosamente approfondito.
    L'ultima cosa che voglio a questo mondo, è delegare l'onere di istruire i miei studenti nell'approccio con le creature magiche a qualcuno che, magari, si rivelerà interessato a tale impegno esclusivamente per lo stipendio offerto. Non posso, ne voglio, permetterlo.
    Spingo avanti il battente in legno massello sfilandomi il soprabito in pelle, varcando la soglia del mio luogo di lavoro con cortese passo pesante.
    "Non si preoccupi signorina Carter, Maximilian è stato tutto fuorché insistente nel tessermi le sue lodi."
    Offro un sorriso alla giovane bionda tendendole immediatamente la mano destra, prima di circumnavigare la mia scrivania prendendo posto, con naturalezza, dalla parte opposta.
    "Temo che non abbiamo mai avuto occasione di presentarci ufficialmente. Jack McCormac, vice-capo Auror d'Irlanda e, a quanto pare, preside di Hogwarts.", un sorriso accompagna le mie parole mentre, con un colpo di bacchetta, sgombero lo spazio dinanzi a noi dalle varie pergamene e oggetti che lo occupano.
    Trovo una posizione oggettivamente più agevole sulla poltrona e, prendendo a rigirami tra le dita le pietroline di Enit come ormai sono solito fare da un pezzo, osservo la candidata per un paio di secondi.
    "Andate pure...", comunico a tutti i ritratti degli ex-presidi presenti in questa stanza, "Questa conversazione è privata, e tale dovrà restare. Posso offrirle qualcosa intanto? Acqua, succo, un bicchiere di ottimo vino elfico magari?"
    Ovviamente ho fatto le mie ricerche, avrei tradito me stesso comportandomi altrimenti.
    Con noncuranza estraggo il contratto di lavoro e lo poggio nello spazio tra me e la ragazza, dando il via alle danze.
    "A presentazioni fatte, riterrei opportuno darci del tu. Trovo sia un modo più informale per confrontarsi e, obbiettivamente, più diretto.
    Dunque, cura delle creature magiche...quali sono le motivazioni ti spingono a candidarti proprio per questa cattedra?"

    Prima l'aspetto personale, poi quello tecnico. Questa è l'unica direzione possibile in cui potrà andare il colloquio, similmente a tutti quelli venuti prima di esso.
     
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    "Non si preoccupi signorina Carter, Maximilian è stato tutto fuorché insistente nel tessermi le sue lodi."
    Anastasia ricambiò il sorriso del preside di Hogwarts, stringendogli la mano. Rispetto all’ultimo che aveva conosciuto, e che li fissava in quel momento da un quadro che era la copia sputata di quello presente al Maniero, era molto più giovane. Jack McCormac poteva avere l’età di suo padre, ma nonostante la gentilezza dei suoi modi trasmetteva un’impressione di fermezza che in Adam Carter era stemperata da una gentilezza che non sembrava nemmeno appartenere alla loro famiglia - Allora il pittore non l’ha dipinto con abbastanza cura: non l’ho mai visto evitare di manipolare qualcuno, se appena poteva - lei compresa, probabilmente. Ci pensò su un momento. No, soprattutto lei - Anastasia Carter - aggiunse poi - Ex sudentessa di Corvonero e, a quanto pare, attualmente disoccupata - sempre che si volesse evitare di considerare la gestione dell’enorme patrimonio famigliare come un lavoro.
    Tornò ad accomodarsi sulla poltrona che aveva occupato fino a poco prima, accavallando le gambe sotto il vestito lungo. La tentazione di chiedergli un bicchiere di vino elfico fu forte, per un attimo, ma riuscì comunque a ripiegarla e riporla con cura in un cassetto remoto della sua mente - Dell’acqua se possibile, la ringrazio- inspirò lentamente, portando leggermente la schiena all’indietro, ad aderire allo schienale della poltrona. I seni erano una curva appena accennata sotto le curve del vestito. Era difficile, dal suo punto di vista, trovarsi seduta in quel posto senza sentirsi in qualche maniera in pieno diritto di trovarsi lì, quasi che quell’ufficio gli spettasse come diritto di nascita. Piegò appena la testa di lato, senza distogliere lo sguardo da quello del Preside. Ci erano voluti anni per rendersene conto, ma alla fine perfino lei era giunta a capire quali erano i veri tentacoli del privilegio che l’aveva cullata fin da piccola.
    Abbassò lo sguardo sulla cattedra, gettando un’occhiata al foglio per poi riportarlo su di lui - Benissimo. Jack allora - disse una volta rimasta sola con il professore. I quadri vuoti erano ora solo una sterminata lista di paesaggi e nature morte, senza i loro occupanti ad osservarli - In questo caso io sono Ania. Preferisco - un nomignolo che, nel tempo, aveva preso a suonarle più vero che suo stesso nome.
    - Non le mentirò: l’idea di fare richiesta di un colloquio ad Howarts è stata di mio padre. Sono…- un atimo di esitazione, appena accennato - Diciamo che sono tornata da poco da un lungo viaggio. No, più una fuga a dire il vero - chiamare le cose con il loro nome era uno dei primi passi per poterle affrontare, no? - E lui pare convinto che avere qualcosa di positivo cui dedicarmi non potrà che farmi bene - voltò appena il viso, girandosi verso una delle finestre. Aveva promesso ad Adam che sarebbe stata completamente onesta con il Preside e che al massimo avrebbe omesso, ma non mentito. Inspirò di nuovo, per poi tornare a guardarlo. La domanda però non era stata esattamente quella, vero? - Perché ero ad Hogwarts quando…beh, lo sa. Era davvero un periodo pessimo in cui trovarsi qui, e senza falsa modestia le posso dire che in quegli anni sono diventata un’ottima duellante. Ed oltre a quello ero la migliore nel mio corso in Occlumanzia e in Difesa Contro le Arti Oscure. Tutto quello che serviva…insomma, ha capito suppongo - a sopravvivere. Riprese a contare sulla punta delle dita - Mi allenavo, mi addestravo, mi esercitavo, e poi ricominciavo da capo. Solo… - un sorriso, un lampo di un bel ricordo - Conosco bene i recinti, perché il posto in cui andavo quando avevo bisogno di un respiro. Difesa e Duelli mi hanno permesso di uscire dal castello, ma è stato prendermi cura delle creature dei recinti, stare in mezzo a loro, che mi ha salvata -
     
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    "Che Ania sia allora.", ribatto sorridendo impercettibilmente.
    Con un colpo di bacchetta, tacitamente, appello una coppia di tumbler finemente lavorati e altrettante bottiglie.
    In una c'è dell'acqua cristallina, come richiesto dalla candidata, nell'altra...la mia medicina.
    La quale, per definizione, si compone di ottima acqua mischiata a dell'orzo scaldato su carboni di antracite, lasciato successivamente maltare e fermentare.
    Un buon whiskey irlandese insomma, da sempre l'analgesico più decongestionante in circolazione.
    Qualche appunto schematico viene preso dal sottoscritto su uno stralcio di pergamena, e si potrà eventualmente rivelare utile in seguito per fare un sunto della chiaccherata con la Carter e aiutarmi nella mia scelta. Sia che essa si rivelk positiva meno.
    - Presentata sotto consiglio di terzi -, cinque parole che, ahimè, non rappresentano esattamente l'inizio idilliaco che avrei sperato. Poco importa però, è mia intenzione scavare a fondo nella persona seduta dinnanzi a me. Poiché, solo dopo un'attenta analisi, mi pronuncerò.
    - Lontana per motivi personali, conviene indagare? -, forse, - Il promotore della sua candidatura è Adam-
    Ovvero colui che, ad oggi, è tranquillamente classificabile come il mio più fidato componente di tutto il personale scolastico. Pertanto devo ammettere che, a freddo, la sua "interferenza" - per quanto decisamente marginale - è sicuramente utile a rasserenarmi. Mi fido di lui, dopotutto.
    Paventa abilità in svariate branche della magia, tuttavia in che modo, esse, potrebbero aiutarla nelle sue mansioni?
    In nessuno davvero, non ai miei occhi almeno. O meglio, l'essere preparati in quante più sfaccettature possibili della Difesa contro le arti oscure rappresenta sicuramente un surplus. È vero. Però, pur con tutta l'attenzione del caso, non vedo come tali capacità potrebbero tornarle utili durante le lezioni di Cura Delle Creature Magiche.
    Ribatto con un cenno di assenso al suo "suppongo", poiché si, l'ho capita benissimo.
    A quei tempi, mentre lei si adestrava entro queste mura, il sottoscritto ha procurato più di un grattacapo al lato oscuro. Decimandone i militanti e, per contro, procurandosi nel mentre un buon numero di cicatrici pronte a testimoniarlo.
    "Capisco...", rispondo in tono asciutto ma assolutamente comprensivo, "Dunque, se mi è concesso, è proprio e soprattutto grazie a questo tuo feeling con le creature dei nostri recinti se, oggi, sei qui per candidarti alla cattedra di Cura, dico bene?"
    Le ho dato modo di parlare per prima, permettendole così d'esporre quelle che idealmente sono le sue motivazioni personali.
    Le quali, tutto sommato, si sono anche presentate piuttosto solide. Bene.
    Ora però tocca a me. Io farò le mie domande, conoscendone già le risposte, e riterrò lecito aspettermi altrettanta conoscenza dalla candidata in questione.
    Come dicevo, non ho intenzione di "regalare" cattedre ne fare sconti. Men che meno per la materia in questione.
    "Per quanto riguarda le altre creature esterne ai recenti ma comunque presenti entro i domini della scuola? Conosci gli esseri che abitano le foresta, o il lago? Sapresti snocciolarmeli?"
    Sposto il peso da un braciolo all'altro della sedia, roteando il liquido dorato nel bicchiere e posando sulla donna uno sguardo che, adesso, s'è fatto volutamente più professionale.
    "Se si, in quali modalità avresti intenzione di inserirle nei tuoi programmi scolastici?
    E, più nel dettaglio, ha già pensato a come vorresti organizzare quest'ultimi?"
     
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    Il Preside di Hogwarts era un muro su cui le parole di Anastasia si schiantavano senza lasciare segno, e per un lungo istante Anastasia fu tentata di aprire quella piccola porticina sistemata in fondo alla sua testa, quella che le permetteva di sentire vibrare nell’aria le emozioni delle persone. La incuriosivano sempre molto gli individui capaci di un tale controllo di se stessi, forse perché lei per prima apparteneva a quella piccola tribù, per carattere e per educazione. Si lisciò due pieghe invisibili della gonna, decidendo di lascia perdere. Spiare le emozioni della gente era un gesto maleducato, e in più avrebbe potuto rivelarsi controproducente in quel contesto. Peccato - Esattamente - annuì, in barba a tutta la confessione che aveva appena tirato fuori. Piegò leggermente la testa di lato, scoprendo un fastidio che non provava da anni ormai: quello di essere esaminata.
    - E perchè penso di essere adatta all’incarico - aggiunse dopo un attimo di silenzio. A seguire al fastidio era arrivato un altro sentimento: il piacere di volere essere all’altezza - Sia per quanto riguarda il rapporto con i ragazzi che con le creature di cui questa scuola di prende cura - come d’altronde aveva già fatto in passato.
    Si sistemò meglio sulla sedia, prendendo il bicchiere d’acqua che il preside aveva preparato e sorbendone un sorso, pensierosa. La prima parte di quella domanda era quasi offensiva, per qualcuno che aveva frequentato Hogwarts per sette anni, soprattutto durante un periodo in cui gettare gli studenti nella foresta per punirli veniva ritenuta una pratica legittima e accettabile - Ritengo che potrebbe essere interessante per i ragazzi rapportarsi con i Centauri che vivono nella Foresta Proibita, anche se devo ammettere di non conoscere lo stato attuale dei rapporti fra loro e la scuola, mentre eviterei un incontro diretto con le Acromantule, se non in ambienti assolutamente controllati - un altro sorso dal bicchiere, e il pensiero a ripercorrere le vecchie lezioni svolte come studentessa - Per quanto riguarda il Lago invece, Maridi e Avvincini sono sicuramente le due specie più presenti fra le acque - ancora un sorso, e poi ad allungarsi in avanti a posare il bicchiere ormai vuoto sulla scrivania del Preside.
    Avrebbe tanto voluto essere quel genere di persona capace di dire qualcosa di brillante, forse addirittura pungente in quel frangente, ma purtroppo non lo era. Continuò con le sue risposte, invece - Mi piace pensare che l’esperienza diretta serva a imprimere meglio i concetti nella testa dei ragazzi, ma che quei concetti vadano studiati prima, un po’ per evitare di turbare troppo le creature con cui si va ad interagire e un po’ perché bisogna prima sapere cosa va fatto, per poi farlo. L’intenzione è quella di preparare tutte le lezioni in due fasi, una teorica e di discussione e una pratica, a contatto con gli animali o tramite esercitazioni là dove il contatto non sia possibile - e qui si tornava alle Acromantule, per esempio. Di sicuro lei non aveva intenzione di portare una classe a cercare dei ragni giganti e carnivori in giro per la foresta, nè di andarci da sola di notte per sottrarre uno o due cuccioli - Questo vale sia per le creature dei recenti sia per quelle da osservare nel loro habitat naturale, sempre però assolutamente in sicurezza -
    Si fermò e annuì leggermente, cercando di capire dal volto dell’uomo se si aspettasse altro. Una domanda però venne in mente a lei, e portò la mano al ciondolo d’oro che teneva la collo, giochicchiandoci. Era un ippogrifo rampante, ed era il simbolo sotto cui si riuniva la famiglia Carter fin dalla sua fondazione, antica quanto il castello che li circondava - Una curiosità: mio nonno aveva cercato di far insediare una piccola colonia di ippogrifi all’interno del castello…sa, il nostro stemma di famiglia e tutte quelle cose sull’araldica…ha mai attecchito? -

     
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    Mostra spigliatezza e predisposizione di spirito. Molto bene.
    Annoto con un cenno di assenso, portando e scostando il liquido ambrato dalle labbra un paio di volte nel mentre.
    Tempo utile, questo, per permettere alla Carter di rispondere alle mie domande così da fornirmi ulteriori informazioni circa ciò che intende, o meglio intenderebbe, fare qualora decidessi di offrire l'incarico proprio a lei.
    Annoto tutto ciò che reputo pertinente alla nostra discussione, lasciando a malapena trasparire l'ombra di un sorriso quando i centauri vengono tirati in ballo.
    "I centauri...", soggiungo con tono lievemente ferrato, "Temo che i rapporti tra la scuola e il branco della foresta proibita, contino ben poco per la sicurezza di un eventuale incontro tra loro esso e gli studenti.
    I centauri che risiedono qui sono schivi e, addirittura, ben più permalosi di altri stanziati altrove con i quali ho stretto rapporti di vera e propria amicizia. Temo che accetterebbero mal volentieri di rapportarsi coi nostri ragazzi al fine, s'intende, d'essere "studiati" in qualsivoglia modo."

    Non è una vera e propria carenza quella appena mostrata dalla donna dinanzi a me, no, ed anzi son ben più disposto a credere che, come la stramaggiorparte dei maghi, prenda un po' troppo sottogamba il tema "rapporti con i centauri".
    Dannazione, io stesso conosco Seanan e il suo branco Irlandese da decenni, e ancora adesso, di tanto in tanto, egli non manca di farmi intendere come, sotto sotto, si fidi di me solo ad intermittenza o comunque non in tutte le circostanze.
    Tutto sommato, la candidata si mostra sufficentemente informata circa la fauna magica che popola i territori della scuola. Lo apprezzo.
    Anche se:"Fra le creature acquatiche, Ania, avrei annoverato anche la piovra gigante. In molti tendono a dimenticarsene, visto quanto è generalmente difficile incontrarla, tuttavia essa, benché spesso innucua, di tanto in tanto può mostrare un temperamento abbastanza fumantino, per così dire."
    È un appunto pacato il mio, più utile ad eventuali future riflessioni, in effetti, che a scervellamenti vari. O almeno, cosi è in parte.
    Ascolto, invece, con particolare attenzione le sue spiegazioni circa il metodo che ha intezione di applicare per lo svolgimento delle lezioni, trovandomi, in linea di massima, d'accordo con lei.
    "Una struttura adatta alla materia, non c'è che dire."
    Tiro una riga sul foglio di pergamena poiché, rimanendo in tema, ritengo che lo spazio dedicato alla teoria, in questa nostra chiaccherata, possa definitivamente considerarsi esaurito.
    Le dita si giungono dietro la nuca e, mentre cogito sul come la situazione nella mia mente al momento versi in una sorta di stallo, osservo finalmente la mai interlocutrice con più attenzione.
    Tradisce una lieve inquietudine, forse, nelle espressioni assunte da questo suo viso provvisto di occhi azzurri oltre la media. Non pare nervosa, è più come se lei stessa, dopotutto, non si senta pienamente sicura circa l'esito di questo nostro colloquio. O almeno così mi pare di dedurre.
    Atteggiamento comprensibile comunque, soprattutto considerando che, ad occhio e croce, la bionda seduta dinnanzi a me molto probabilmente ancora non sfiora neanche i trent'anni d'età.
    Un cenno del capo mi sfugge alle parole: "in sicurezza", poiché, per esperienza personale, so per certo che uno studio doveroso degli animali fantastici, e delle altre creature magiche che popolano il nostro mondo, spesso e volentieri richieda una qualcerta messa a parte delle buone norme di sicurezza in dati casi. E si, questo vale anche a scuola.
    Alcune delle molteplici cicatrici sparse sulla mia pellaccia irlandese, sono li proprio per dimostrarlo.
    Tuttavia, capisco - e in parte forse condivido pure - il suo approccio, soprattutto considerato quanto gli studenti moderni, ahimè, siano in grado di mostrarsi maledettamente ottusi anche nel più insospettabile dei momenti.
    "Perché non lo valuti tu stessa? Avanti, seguimi."
    Dopo averla invitata in tono cordiale, lascio la mia seduta facendole strada oltre la grossa vetrata che, una volta superata, ci permetterà di accedere alla terrazza del Preside.
    Installazione, questa, che io stesso ho provveduto ad ampliare e migliorare dopo il mio insediamento, cosicché ad oggi si possa godere d'una vista a trecentosessanta gradi sul territorio di Hogwarts. È sufficiente raggiungere il parapetto nel punto desiderato e, per così dire, guardare in basso.
    Diretto a sud-est, precedendo la donna, mi porto le dita alle labbra ed emetto un singolo, lungo, fischio cristallino.
    Alcuni secondi passano in silenzio quando, ad un tratto, il peculiare rumore prodotto da enormi e muscolose ali che fendono l'aria ci raggiunge.
    E con esso, un massiccio Ippogrifo, dal manto perfettamente nero, che circumnaviga in volo la torre di astronomia atterrando poco dopo a circa due metri da noi. Con un tonfo stranamente aggraziato.
    Un piccolo cenno del mento rivolto alla creatura è quanto mi basta, la confidenza lo permette, ed ecco che subito mi avvicino all'essere con la mano tesa.
    Prendendo a carezzargli il collo mentre esso, con naturalezza, mi strofina il becco sulla spalla.
    "Lui è Maximus. Chiamato così per onorare, in un certo qual modo, colui che ha avuto l'idea di introdurre qui delle creature così magnifiche.
    Lui è l'esemplare più anziano, e al momento se ne contano diciassette. Tutti allevati e curati qui, entro i confini delle proprietà scolastiche."

    Reso più quieto, per natura, dalla presenza della creatura, non cesso però di mantenere un atteggiamento leggero ma professionale nei confronti della Carter.
    Seguito a carezzare il manto del mio amico alato con il palmo della mano, offrendogli anche una manciata di insetti rinsecchiti che tenevo dentro una delle mie tasche.
    In fin dei conti pure al McCormac Manor dimora un piccolo gruppo di Ippogrifi, pertanto so bene come non farmi mai trovare impreparato all'evenienza di trovarne uno sul mio cammino.
    "Suvvia Ania, vieni a conoscere più da vicino il retaggio di tuo nonno."
    Dopotutto perché no. Perché non dovrebbe farlo?
     
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    Anastasia annuì in silenzio, senza commentare. Aveva avuto a che fare con i centauri in passato, tramite suo nonno, ma non poteva di sicuro dire di avere con loro un vero e proprio rapporto, e dubitava che “sono la nipote di Max” potesse servire a evitarle una freccia nel costato se si fosse dimostrata troppo invadente. Si ripromise comunque di prendersi il tempo per fare un giro nella Foresta Proibita a quello scopo: per quanto scostanti potessero essere Anastasia confidava parecchio sulle sue capacità di piacere al prossimo da credere che, con il dovuto tempo, avrebbe trovato il modo di costruirsi a sua volta dei rapporti con quelle meravigliose creature.
    Tempo comunque, per tutto serviva tempo.
    Il lato positivo era che a lei quel tempo non mancava, al momento.
    "Una struttura adatta alla materia, non c'è che dire."
    Ania chinò appena la testa - La ringrazio - si limitò a dire. Era il modo in cui aveva preferito svolgere quelle lezioni da ragazzina, quelle in cui aveva imparato di più, anche se per quasi due anni scolastici quella cosa aveva significato essere presa e gettata con i suoi compagni nei più disparati pericoli. “Vuoi sapere come difenderti da un Disennatore? Ecco, qui ce n’è uno…ripasso fra un’ora, spero di trovarti ancora in possesso della tua anima”. Un metodo efficace di sicuro, per chi poi l’anima se l’era tenuta davvero, ma decisamente eccessivo.
    Certo, forse si sarebbe potuta simulare la cosa se…
    - Volentieri - rispose, alzandosi in piedi e seguendolo verso una scala che, ai tempi di suo nonno, poteva su una balconata piuttosto semplice. Quello che si trovò davanti, però, fu capace di mozzarle il fiato. L’intero territorio della scuola si stendeva di fronte a lei, in ogni direzione, verso tutti gli orizzonti. Anastasia compì un giro completo su se stessa, le labbra leggermente dischiuse e gli occhi pieni di meraviglia. Il vento le agitò i capelli, gettandoglieli ora sul viso ed ora facendoli ondeggiare alle sue spalle, ma lei era troppo incantata per rendersene conto o sentirsene infastidita - E’ meraviglioso… - ebbe il tempo di dire, prima che qualcosa di perfino meglio entrasse in scena.
    Anastasia si voltò di scatto nell’udire le ali dell’Ippogrifo fendere l’aria, e dovette fare un notevole sforzo su se stessa per non farsi scappare un verso entusiasta. Non erano molte le cose capace di incrinare un carattere pacato e distaccato come il suo, più portato a sorridere che ad esultare, ma c’era qualcosa di atavico fra la sua famiglia e gli ippogrifi, qualcosa che risaliva i secoli e che veniva insegnato a tutti loro fin dalla culla.
    - "Lui è Maximus. Chiamato così per onorare, in un certo qual modo, colui che ha avuto l'idea di introdurre qui delle creature così magnifiche.”
    Ania socchiuse gli occhi, inspirando a fondo e aprendo quella porta della sua testa che le permetteva di lasciar fluire le emozioni di chi la circondava. Era una porta che aveva costruito lei stessa con l’aiuto di suo nonno, un varco in quel muro che aveva dovuto erigere fra se e il prossimo per non farsene travolgere, e che le permetteva di accedere a volontà a quello che doveva essere un dono, me che il più delle volte continuava ad essere una maledizione.
    Le emozioni degli animali, aveva imparato, erano diverse da quelle degli esseri umani. Erano meno sfumate e, in qualche maniera, più taglienti. Anastasia si sentì distaccata come il rapace, estremamente sicura e tranquilla. Non c’era nulla che la preoccupasse e perfino quella punta di curiosità che provava non intaccava la sua alterigia. Con quelle sensazioni bene in testa si piegò in avanti, chinandosi all’ippogrifo come le era stato insegnato fin dall’infanzia, e attesa che Maximus facesse lo stesso con lei. Solo a quel punto si permise di avvicinarsi e allungare una mano verso il muso della creatura, a carezzarla - Le hanno mai raccontato la leggenda che lega la mia famiglia agli ippogrifi? - domandò con un sorriso, voltandosi solo a quel punto verso il Preside. Sentiva ancora le emozioni della creatura scorrerle dentro, ma data la vicinanza era impossibile non venire intaccata anche da quelle dell’uomo. La sicurezza che sentiva non era tutta della creatura, quindi, ma non c’era anche qualcos’altro?
     
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    Da qui ove mi trovo, nel complesso è piuttosto semplice poter osservare con attenzione il linguaggio del corpo dell'odierna candidata.
    Certo farla interfacciare con un Ippogrifo, viste le informazioni in mio possesso circa la sua famiglia, è stato un po' come servirle il posto su un piatto d'argento. O forse no.
    No perché la parte più sconsiderata dell'animo umano, tende a farsi viva maggiormente proprio quando ci troviamo nella nostra zona di comfort. Ecco allora che un passo falso da parte sua sarebbe stato assolutamente possibile, se non addirittura più probabile, in prossimità d'una creatura che il suo cervello, per abitudine, identifica come definitivamente affine.
    "È il re di tutti gli Ippogrifi. Questa creatura è sorprendente, sia per lealtà che per le capacità fisiche che ha sviluppato nella crescita.
    In effetti, sarebbe in grado di afferrare un bovino di medie dimensioni e portarselo via in volo."

    La mia mano si intrufola sotto il becco dell'Ippogrifo, carezzandolo nel punto da me indentificato come suo preferito. Tant'è che, nonostante la possenza quasi spaventosa, il volatile viene scosso da un tremito e scuote le ali come a voler dimostrare apprezzamento.
    "In realtà no, so quel che so per esperienza personale o sentito dire.", mi allontano di qualche passo da loro ora, appoggiandomi con la schiena alla la balaustra in marmo che, in questo punto, affaccia direttamente sul lago nero.
    "Sono cosciente che gli Ippogrifi sono raffigurati nel vostro stemma di famiglia, ad esempio, o che tuo nonno posside un talento innato nell'avvicinarli e, evidentemente, trapiantarli con successo in nuovi territori.
    Se vuoi raccontare, sono in ascolto."

    Una storiella più, una in meno, che male potrà mai fare. D'altrocanto la decisione e ormai presa, non ha più molto senso mantenere un portamento così tanto distaccato e professionale nei suoi confronti.
    "Il posto è tuo, comunque.
    Solo...per questo primo anno sarai in prova. Non mi perderò in inutili giri di parole, nutro dei dubbi circa l'esperienza che puoi aver accumulato nella tua giovane vita."

    Accendo una sigaretta e, voltando il capo, sbuffo una nuvoletta di fumo azzurrino sopra le nostre teste per evitare che l'odore le rechi fastidio.
    Amo la mia miscela di tabacco, ha un nonsoché di piacevolmente antisettico. Saranno le erbe magiche che Darragh vi addiziona abitualmente.
    "Per il resto, avrai tutti i benefici in possesso degli altri professori.
    Una stanza consona con studio privato qui al castello, vitto incluso e, per il momento, un regolare contratto d'assunzione fino alla fine dell'anno scolastico. Con opzione di rinnovo chiaramente, ammesso che tu riesca ad ottenere il ruolo, si intende.
    Dalla mia, sappi che ho comunque alte aspettative nei tuoi confronti."

    Un sorriso e una strizzata d'occhio, per ora è il massimo della confidenza che intendo concederle. Poi si vedrà.
     
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    Anastasia scese con la mano lungo il collo della creatura, in una carezza lunga e lenta.
    Dalla creatura emanava un senso di sicurezza e solidità appena intaccata dal piacere di quel gesto di intimità che l’ippogrifo stava ricevendo con la dignità di un vero sovrano. Anastasia socchiuse gli occhi per godere di quella sensazione che sembrava provenire tanto dalla creatura quanto, si rese conto in quel momento, quanto dal Preside. Anastasia danzò per un attimo con quelle sensazioni prima di voltarsi verso Jack - La nostra è una famiglia antica la cui genealogia risale intorno all’anno mille, quando ci venne donato il terreno cui sorge il Maniero della nostra famiglia - in effetti i Carter avevano attraversato in un modo o nell’altro tutta la storia del Mondo Magico e fra le cui fila erano spuntati maghi e streghe di ogni tipo, dagli eroi agli assassini - La leggenda vuole che i nostri antenati trovarono una piccola comunità di ippogrifi nei boschi presso cui avevano posato la prima pietra del castello. Creature magnifiche e regali, non troppo diverse dal nostro Maximus, ma sfortunatamente anche molto territoriali - un sorriso e una scrollata di spalle. Lo stesso Preside aveva descritto l’ippogrifo che avevano davanti come capace di sollevare un bovino adulto, quindi non doveva essergli difficile immaginare cosa avrebbero potuto fare cinque o sei esemplari simili nei confronti di qualche mago troppo invadente - All’inizio la convivenza fu burrascosa. Lo sa che nel primo stemma della mia famiglia l’ippogrifo era morto? - una piccola curiosità di cui nessuno sembrava ricordarsi, se non in discussioni simili - Ci vollero tre generazioni e lo scoppio di una guerra prima che la cosa si placasse: quando i Troll scesero dalle Highlands per invadere l’intera Scozia il Maniero era sulla loro strada e le opzioni fra cui scegliere limitate. Da una guerra uno contro l’altro divenne una guerra fianco a fianco..o meglio, uno in sella all’altro. Da quel giorno è tradizione che i Carter scendano sempre in guerra accompagnati da un ippogrifo… - ancora una carezza a Maximus, mentre osservava il Preside in attesa che l’uomo facesse il giusto collegamento. C’erano stati i Mangiamorte al castello, quando suo nonno era Preside, e mentre giocava a quel gioco di guerra e politica l’anziano Carter aveva sorriso e riempito la proprietà di ippogrifi. Si era trattato di un gesto simbolico, ovviamente, ma anche di una vera e propria chiamata alle armi.
    Anastasia si staccò dall’ippogrifo, avvicinandosi al Preside e porgendogli la mano - La ringrazio per la fiducia - avrebbe evitato commenti sul sostituire l’esperienza con l’entusiasmo, perché nemmeno quello era un suo punto forte. Anastasia Rose Carter era molto più vecchia dentro di quanto non lo fosse all’esterno, e da parecchi anni ormai - Le posso assicurare che mi impegnerò al massimo per essere all’altezza del ruolo. E delle sue aspettative -
    E avrebbe continuato ad impegnarsi per tutto il tempo necessario anche se in quel momento, con il sole scozzese a scaldarle la fronte, non sapeva ancora quanto sarebbero stati in grado di mangiarsi la sua pazienza i ragazzi che vivevano in quel castello.
     
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