Lying is done with words and also with silence.

Ufficio del Prof. Korczak

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  1. Rick.
     
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    -È uno dei motivi.-, lo corresse, noncurante di apparire sfacciato.
    -Quel confronto è stato solo posticipato a quando avrò gli strumenti per vincerlo.- il professore aveva centrato il punto: il problema andava epurato alla base, ed Erik non era tanto arrogante da ritenere di avere le abilità adatte per poterlo risolvere. Non ancora. Quanto accaduto con Christine ne era stata la riprova: l’aveva uccisa, ma a quale prezzo? Al termine dello scontro la sua vita rimasta appesa a un filo per settimane. Se non fosse stato tanto incauto, tanto debole, non sarebbe mai stato sottoposto a un tale rischio, e avrebbe avuto inoltre la prontezza di reagire senza subire danni. Suo padre gli aveva coperto le spalle ed Erik non aveva esitato un istante ad approfittare del suo aiuto: tuttavia, allo stesso tempo aveva cominciato ad avvertire impellente la necessità di formarsi da solo. Avrebbe potuto rifiutarsi di sottostare ai favori che lo avevano condotto a scuola, certo… ma tenere d’occhio la piccola Marsilda non costituiva altro che lo strato superficiale, visibile a occhio nudo. Korczak invece aveva individuato delle crepe, giungendo alla verità negata invece a chiunque gli ruotasse intorno.
    Il ragazzo lo ascoltò con sincero interesse, gli occhi vispi scrutavano il volto del professore subendo il fascino malevolo delle sue parole, che come un veleno si insinuarono sotto la pelle. I pensieri di Erik, già plasmati da una famiglia devota all’oscurità, virarono verso un’idea tanto pericolosa quanto allettante: sapeva di essere abile, ma quella convocazione gli aveva rivelato di non esserlo abbastanza per gli scopi che si prefiggeva. Peccava di superbia e di inesperienza, e di quel passo non sarebbe andato più lontano di Azkaban. Non poteva dire lo stesso di Korczak: Erik non aveva mai fatto mistero dell’ammirazione che nutriva per il docente, così come avvertiva affine la stessa materia di cui il mago deteneva la cattedra.
    Il ragazzo nascose le mani dietro la schiena, stringendo il polso dell’una nel palmo dell’altra. Non diede cenno di interesse nella correzione del compito, anche se nel profondo la voce dell’arroganza gli diede diritto di essersi creduto in ragione fin dall’inizio: quel brutto voto era solo un pretesto per attirarne l’attenzione. E ci era riuscito: Korczak aveva la sua più totale attenzione.
    -Sanders, signore. Mi chiamo Erik Sanders.-, lo corresse, decidendo di scoprire le carte volontariamente. In un modo o nell’altro il professore avrebbe ottenuto quelle informazioni, se avesse voluto denunciarlo a McCormac lo avrebbe fatto comunque. Ma non lo aveva fatto. Non ancora. Forse non era mai rientrato tra le sue intenzioni.
    -Non temo l’oscurità: è sempre stata parte di me e mi seguirà fino alla fine. So cosa significa spegnere una vita… ammesso che tale possa definirsi l’esistenza di un non morto.-, lo sguardo del ragazzo si fece sinistro. Non provava alcun rimorso per quel che aveva fatto, si trattava di uno scambio più semplice di quanto si sarebbe potuto credere, in ballo c’era stato l’istinto di sopravvivenza.
    -Non escludo di farlo ancora con il Mago che ha tradito la nostra causa e la mia famiglia.- non sarebbero state parole al vento: Erik trovava inconcepibile quanto a quell’abominio fosse stato concesso di lasciare vivo i Mangiamorte. Al posto dello zio ne avrebbe reclamato la testa all’istante.
    -Non mi hanno espulso da Durmstrang né mi hanno costretto a trasferirmi ad Hogwarts. Sono qui per mettermi alla prova: è l’unico modo per sapere se sono degno di seguire le orme della mia famiglia.-, non sarebbe stato necessario neanche aggiungere altro: nel loro ambito era risaputo che tipo di famiglia fosse e che influenza avesse nel mondo magico.
    -Non intende denunciarmi a Jack McCormac.- per il momento. Chiunque, con le dovute circostanze, non avrebbe esitato a macchiarsi di tradimento. Eppure, non solo Korczak non lo aveva denunciato al Preside, ma lo aveva perfino messo in guardia.
    -Non posso fare a meno di chiedermi in che modo ripagarla.-
     
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