Tá failte romhat

M. Manor, Proprietà McCormac.

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  1. Kenaz
     
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    Capo Auror Repubblica d'Irlanda

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    Kain non si scompose davanti all’aggressività di October. Sapeva di averla messa con le spalle al muro ma ciononostante non intendeva andarci leggero con lei: era evidente quanto risentisse della situazione di stallo in cui versava, altrimenti non sarebbe rimasta lì con loro né avrebbe firmato quel verbale, sapendo di mentire al suo Capo Auror. Per quanto la norvegese rifiutasse di esporsi, sapeva che entrambi gli irlandesi avessero ragione da vendere sul suo conto e che era loro intenzione prendere consapevolezza dei limiti che si era autoimposta per superarli. Kain le rivolse un sorriso sarcastico, spegnendo la sigaretta e lasciando il tumbler vuoto sulla scrivania.
    -Puoi negarlo se preferisci. Ma sono certo che il tempo ci darà ragione-, aggiunge altre parole sarebbe stato superfluo: Jack espresse alla perfezione un pensiero che il Capo Auror condivideva, ma che era altrettanto certo si sarebbe rivelato azzeccato al momento giusto. October non era ancora pronta a smuoversi dalla sua posizione, tuttavia quanto sarebbe accaduto quel giorno forse poteva servirle da spinta.

    Non poteva negare l’influenza che esercitava su di lui il sangue da mezza-creatura. Fu attraverso la chiusura della mente che Kain ne inibì il potere, anche se in parte avrebbe continuato a subirne il fascino. Paradossalmente la sua natura da mezza veela costituiva la sua caratteristica più innocua: Saraid Rockwood rientrava tra i maghi oscuri che beneficiavano dei cavilli burocratici e delle falle nel sistema legislativo per riappropriarsi di una libertà che non spettava di diritto. Era stata scagionata dalle accuse di corruzione e di spionaggio un paio d’anni prima, ma al dipartimento non servivano prove per sapere che fosse lei la Salomé che nell’ombra tirava i fili del contrabbando di beni non commerciabili e di veleni. E il modo in cui aveva cercato di ucciderli tutti nell’abitazione della Westwood non era stato che di conferma di quanto davanti avessero una assassina senza scrupoli. October aveva ragione su di lei: piuttosto che scendere a patti, si sarebbe lasciata morire con le sue stesse mani. Per questo non potevano permettersi di usarle la cortesia delle tecniche di interrogatorio tradizionali.
    Kain assistette in disparte, pensieroso, cercando di ignorare le condizioni disumane in cui era ridotta e di cui era stato complice. L’ultima volta che aveva mostrato compassione per una maga oscura si era ritrovato nel ruolo di prigioniero e con il timore di non rivedere mai più la sua famiglia. Con questo proposito si era imposto di non farsi fregare una seconda volta, di non dimenticare che era stata lei a spedirli al Saint Patrick, salvandosi per il rotto della cuffia.
    -Ti è stata fatta una domanda-, la esortò, una volta che October si fu allontanata con la fiala di veritaserum vuota. La mezza veela era stata costretta a ingoiare il preparato fino all’ultima goccia.
    -Cosa sai dirci dell’uomo che chiamano Abrahm e che legame c’è fra te e Westwood?-, lo sguardo della strega trasudava di disprezzo, di scherno, e rese ancor più sinistro il sorriso appena percettibile sulle sue labbra. Kain la vide cercare di opporre resistenza invano, pronunciare qualche parola che avrebbe chiarificato i loro dubbi, ma prima che arrivasse anche solo a metà frase la vide mordersi la lingua di netto, e riprovarci ancora con maggiore decisione per mozzarla.
    -Diabhail- l’irlandese imprecò ma non si lasciò prendere in contropiede: con un impedimenta rallentò i suoi movimenti, dopo di che evocò delle bende per bloccare l’emorragia in bocca – l’avrebbe curata, solo una volta che le avesse restituito ciò che cercavano. Non le avrebbero permesso di osare oltre: se il suo legame con Westwood la spingeva a tanto pur di coprirlo costituiva per loro un elemento troppo prezioso per lasciarsi dissanguare in quel modo. Quel contrattempo portò via un po’ di tempo per curarla e bloccarla, ma il tempo non sarebbe stato un problema: si era preso una giornata lontano dal dipartimento apposta per quel momento.
    -Prepara il pensatoio, Jack-, attese che il suo vice gli procurasse le fiale vuote prima di proseguire. In quel momento come sulla nave assieme ad October, agì senza alcuno scrupolo.
    -Legilimens!-, Kain riuscì a scandagliare la sua mente alla ricerca dei ricordi che potevano essere loro utili, trasferendoli via via nelle fiale; averla indebolita fino allo stremo era stato un vantaggio non indifferente, tanto che non riscontrò quasi resistenza. Prima che la strega svenisse sul pavimento era riuscito a recuperare qualche ricordo saliente in modo che i suoi colleghi potessero vederli così come li aveva veduti lui.
    -Anche se la obliviassimo, lasciarla andare sarebbe una follia-, commentò, prima che i due si immergessero nel pensatoio. Quel che aveva commesso era così raccapricciante che neanche il carcere a vita avrebbe potuto riscattarla: esseri come lei e Hoffman non meritavano di restare vivi e la cosa peggiore, nel caso della mezza creatura, era che l’assenza di prove l’avrebbero rimessa a piede libero.
    -Eviterei di rendere nota la sua cattura e la sua presenza nell'Eire. Presto o tardi si faranno vivi per riprenderla… valutate con i vostri occhi.-, Kain fece cenno a Jack di stappare le fiale affinché ne versasse il contenuto nel pensatoio. Westwood non lo rendeva lucido come avrebbe voluto: avrebbe lasciato quindi che sia Jack che October gli esponessero la loro linea d’azione, in modo da agire per il meglio con il minimo danno.

     
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