Persone di Buon Cuore

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    Quella notte Anastasia aveva dormito al castello.
    Era una cosa che preferiva non fare, quando le era possibile, ma talvolta la congiunzione di orari e di impegni le rendeva impossibile, o semplicemente troppo scomodo, affrontare la passeggiata fino ad Hogsmaede e al piccolo appartamento che suo nonno le aveva regalato quando era una studentessa. C’era molto di sbagliato, se ne rendeva conto, in una ragazzina che riceve un appartamento come regalo di compleanno ma quello era stato, e orami aveva avuto modo di farsene una ragione. Di quello, e di tutto il pacchetto derivante dal provenire da una famiglia che avrebbe potuto tranquillamente discendere da Re Mida in persona.
    Quel mattino, a differenza di quasi tutti quelli passati da quando aveva superato il colloquio come professoressa, si era svegliata nella sua stanza al castello. Senza farsene troppo sconvolgere aveva deciso di saltare gli allenamenti del mattino, cosa di per sé piuttosto rara, per scendere a fare colazione in Sala Grande. Si era seduta al suo posto, di fronte alla platea di studenti, mangiando poco e parlando ancora meno, per lo più con suo padre. La Sala Grande vista dal tavolo dei professori aveva una prospettiva ancora insolita, per lei.
    - Sssssh, buono - mormorò Anastasia, dolcemente, nell’accarezzare il muso del Thestral. Finita la colazione si era gettata un mantello sulle spalle, la sua unica concessione all’abbigliamento da srega, e si era diretta verso il margine della Foresta Proibita, là dove venivano tenuti i Thestral del castello. Accanto a lei levitava un grosso catino di carne, in modo che le creature potessero nutrirsi. Ne prese un pezzo fra due dita, lasciando l’esemplare adulto che aveva appena accarezzato al suo posto e piegandosi sulle ginocchia, accanto ad un cucciolo. Gli fece dondolare la carne davanti al muso per un attimo prima di farsela portare via, in un momento che le rubò una risata. Carezzò anche lui, per poi alzarsi e indietreggiare verso i margini della foresta.
    Il Castello sorgeva in lontananza, una macchia grigio chiaro sullo sfondo bianco della neve. Essere lì a guardarlo la faceva sentire ringiovanita di qualche anno, molto più bambina di quanto non fosse. Era una sensazione agrodolce, in cui amava cullarsi un pochino, ma che raramente sopportava per più di qualche minuto. Con un sospiro, che si condensò immediatamente davanti alle sue labbra, tirò fuori le lettera che aveva ricevuto quella mattina. Una personale, i soliti resoconti settimanali dalla Gringott, un paio di contratti che avevano bisogno della firma di suo padre e uno, la più preziosa, dalla fondazione benefica del San Mungo. Ania l’aprì, sapendo che Karen e Andrè ne avevano ricevuta una uguale

    CITAZIONE
    Gentilissimi sig.ra Carter, sig.na Cavanaugh e sig. Stormind

    La direzione dell’ospedale magico del San mungo e lo staff del reparto pediatrico vi ringraziano calorosamente per la donazione di 45 galeoni da voi effettuata, che verrà dedicata all’acquisto di medicine contro il vaiolo di drago, malattia che ancora oggi crea numerosi danni ai bambini che la contraggono.
    Teniamo con questa a garantire che, come da voi richiesto, la donazione resterà anonima.

    La direzione

    Seguiva una firma illeggibile, sotto una lettera che era probabilmente un prestampato. Non importava. Importava che a seguito di quella serata ai Tre Manici Anastasia si fosse preoccupata di versare 15 galeoni a testa per tutti e tre, metà della loro vincita, e che l’ospedale stesso si stava preoccupando di rendere la cosa educativa.
    A lei non restava che aspettare di vedere cosa sarebbe successo.
    SE qualcosa sarebbe successo.

     
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    -Non ci credo…- il viso dell’irlandese perse quel po’ di colorito che aveva non appena individuò al tavolo dei professori la terza giocatrice di Sparaschiocco. L’aveva riconosciuta all’istante, impossibile non notare quel portamento: perfino in una bettola come i Tre manici di Scopa quella ragazza si era comportata come se stessero per sorseggiare una tazza di tè nel giardino di sua Maestà.
    -E da quando sarebbe la nostra Prof.?-, l’incredulità con cui si espresse non tardò a raggiungere Ralph, che dalla parte opposta del tavolo continuò a divorare la sua colazione come se la notizia non lo avesse minimamente scalfito. A quanto pareva anche lui l’aveva conosciuta prima delle presentazioni ufficiali, vivendo lo stesso equivoco. La situazione per la Grifondoro non migliorò al momento dell’arrivo dei gufi. La lettera che planò davanti al suo piatto per un attimo le fece venire un mancamento – il mittente, “San Mungo Hospital”, presagiva che qualcuno della sua famiglia potesse esserci finito all’improvviso – ma a una lettura più attenta il mancamento fu doppio: la neo prof. aveva versato soldi in beneficenza a nome loro rimettendoci di tasca propria. Si chiese se André non avesse ricevuto la stessa lettera, ma quando gli fu davanti decise di fare l’unica cosa degna di una figlia di Godric: saltare la lezione di cura delle creature magiche di quel pomeriggio. Anche se era la sua materia preferita, poco importava: aveva bisogno di riflettere in vista di un piano B, che non includesse il trasferimento in un’altra scuola o un cambio di connotati. Nel mentre, poco prima della fine della colazione, attraccò al tavolo dei tassorosso cercando il complice di quel grande casino. Non lo salutò, nemmeno gli diede modo di parlare, che con una culata spostò una ragazza che sedeva al fianco di André per piazzargli davanti la lettera.
    -L’hai ricevuta anche tu?-, il ragazzo non aveva neanche dovuto aprire bocca. Bastò vedere la busta accanto ai piatti vuoti per capire che fossero nella merda fino al collo.
    -Diabhail. E adesso? Che si fa?- affrontare il nemico a testa alta prima che fosse lui a fare la prima mossa? Follia pura.

    … di fatto quell’incontro nella foresta proibita fu una mera coincidenza, una burla del destino. Aveva ancora un’ora prima delle lezioni del giorno. Da quando era arrivata a scuola al suo primo anno era diventata sua abitudine recarsi al limitare della foresta proibita per portare da mangiare ai thestral, soprattutto quando era agitata e sentiva il bisogno di stare da sola: di solito le creature si cibavano di carcasse putrefatte, ma una volta Stefan le aveva mostrato che, di tanto in tanto, erano ghiotte di frutta. Nel sacchetto di carta che stringeva sotto il braccio aveva infilato qualche pera e un paio di mele che aveva preso dal tavolo: nonostante le visite quelle creature erano rimaste dispettose nei suoi confronti, la riconoscevano e apprezzavano il cibo ma se provava ad avvicinarsi si allontanavano. Karen ci aveva fatto l’abitudine, tanto da non badarvi più: quel che invece non si aspettava era di trovarvi proprio la professoressa. Karen si irrigidì, bloccandosi all’istante. Uno dei cuccioli la vide, e drizzò le orecchie fissando in sua direzione. In risposta la Grifondoro finse di non vederlo.
    -Maidin mhaith.-, salutò, rassegnata all’idea di non poter più rimandare quel confronto.
    -Professoressa… Carter-, sapeva di doverle delle scuse. Ma ogni volta che la guardava si sentiva sprofondare nell’imbarazzo totale.
    -Non è un po' presto per dare di stomaco? Questa puzza è terribile... cosa c'è in quel secchio? Un cadavere in putrefazione?-



    Edited by Elhaz - 15/2/2023, 20:59
     
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    - Quindi non stava mentendo… - mormorò l’aspirante cantautore, rivolto invero a sé medesimo, allorché scorse la figura sottile della loro carta vincente accomodarsi al tavolo degli insegnanti in Sala Grande, composta ed elegante come la rammentava: un vago senso di biasimo s’insinuò nelle sue viscere dilaniante da un perpetuo conflitto esistenziale, mentre scrutava Anastasia Carter con quei suoi occhi insistenti e impertinenti, interrogandosi su quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Senza dubbio alcuno, doveva già aver appreso i loro nomi: probabilmente li aveva svelati pochi giorni dopo averli incontrati nel corso di quella bisca clandestina di Spara Schiocco dal burrascoso epilogo. Eppure non aveva preteso d’averli in un legittimo confronto nel suo studio ed invece aveva atteso in agguato d'entrar in scena, forse per concedergli d’assaporare la piacevole sensazione d’averla fatta franca e poi infranger ogni loro speranza con ancor più durezza, con ancor più spietatezza. Com’un cacciatore che si diletta nel far credere alle proprie prede di potergli sfuggire, salvo poi intrappolarle ogni volta nelle sue fameliche grinfie. Com'un burattinaio che gode nell’allentar i fili delle proprie marionette, salvo poi stringerli con impietosa veemenza, sin a soffocarle. Era questo ciò che l’insegnante aveva desiderato fare? Permettergli di fuggire liberi per godere della cocente delusione che si sarebbe dipinta nei loro sguardi, non appena avrebbero compreso d’esser sempre stati alla sua mercé?
    S’interrogò così André, senza sapersi però donar una risposta: sin dal principio aveva trovato rapace e inquisitorio lo sguardo della donna dai distaccati e posati modi, eppure non aveva percepito della crudeltà nel suo verbo, né l’aveva scorta nei suoi criptici sorrisi. Forse, si disse, aveva semplicemente ritenuto la loro bravata poco degna della sua attenzione e pertanto si sarebbe limitata a rimproverarli alla prima lezione, dimostrando loro benevolenza.
    Gli striduli versi ed il frusciare d’ali annunciarono il momento della consegna della posta, come ogni giorno fuorché la domenica, e fu con cipiglio stranito e circospetto che André prese la missiva che un alato messaggero ignoto giunse a consegnargli: era una civetta dal soffice piumaggio ramato, che spinse il proprio arruffato capo contro il suo palmo per farsi accarezzare e poi mosse il becco, domandandogli un biscotto. - È ruffiana proprio come te… - si rivolse alla giovane accomodata al suo fianco, che gli rispose con un fittizio broncio e poi fece spallucce, come a dargliene atto, scrollando il capo in una danza di profumati capelli color dell'oro che lo sedusse irrimediabilmente, senza che si curasse di farne mistero. Aveva sempre avuto un debole per i capelli biondi, dopotutto.
    Aggrottò le sopracciglia, non appena svelò il mittente di quella non vaticinata lettera: l’Ospedale San Mungo…ancor una volta, la sua caotica e creativa mente si colmò dei ritratti e delle melodie di quella sera ai Tre Manici di Scopa, allorché inconscio aveva condiviso il tavolo da gioco con la sua insegnante di Cura delle Creature Magiche. “L’ha fatto davvero…” gli sfuggì una divertita risata che si spense in uno sghembo sorriso, non appena scoprì che Anastasia aveva mantenuto fede al suo proposito, facendo una donazione a suo nome e a quello di…
    - Ciao anche a te, Lentiggini… - accolse con usuale ironia l’arrivo della Grifondoro dalla passionale e permalosa indole, che s’accomodò al suo fianco spodestando la sua compagna di stendardi senza troppe cerimonie. - Andiamo al patibolo a testa alta, cosa vorresti fare altrimenti? Nasconderti nella speranza che si dimentichi di te? Mi duole doverti deludere, ma non sei una che si dimentica facilmente… - ripose la missiva nella tasca della divisa, incrociando lo sguardo di cerulea rugiada di Karen per leggervi un’angoscia inaspettatamente vivida e avvilente. - Non stai davvero per essere giustiziata, Karen… - le scompigliò i capelli per dispetto, nel tentativo di distrarla dalle preoccupazioni che credeva affollassero la sua mente curiosa e scaltra, ma non ottenne il risultato sperato. Né che la giovane dalle tinte d’autunno scegliesse d’affiancarlo nella propria camminata della vergogna che lo condusse sulle tracce di Anastasia.
    Dubitava seriamente che l’insegnante non si fosse accorta d’essere pedinata, mentre scivolava inafferrabile e solitaria verso la Foresta Proibita, i passi tanto leggiadri da donare l’impressione non posasse neppur i piedi a terra. Eppure la donna dalle parvenze d’una Veela non si voltò mai nella sua direzione e l’aspirante cantautore si celò fra gli alberi poco distanti, osservandola: un secchio maleodorante veleggiava attorno al suo capo ed ella scrutava qualcosa nel folto della foresta che tuttavia André non poteva vedere. Fu solo allorché la vide chinarsi per offrire un lembo di carne cruda ad un'invisibile creatura che il giovane dal perpetuo in conflitto esistenziale comprese. “Thestral…”. Compì un passo avanti, deciso ad abbandonare il proprio nascondiglio ed a svelare palesemente la propria presenza, ma s’arrestò non appena scorse un’altra figura affiancare Anastasia con passi incerti e riluttanti: evidentemente Karen aveva compreso di non poter evitare quella resa dei conti sin all’epilogo del suo percorso scolastico ed aveva sposato la sua medesima strategia, affrontandola senza indugiare.
    - Buongiorno, professoressa. La ringrazio per avermi fatto apparire una persona rispettabile - esordì approssimandosi alle due, studiando le impronte dei Thestral nella neve per non disturbarli con il suo passaggio. - Mi auguro non i resti di uno studente ribelle…o due - fece eco a Karen, scegliendo ancor una volta di proteggersi con l’ironia e di non dimostrarsi tanto ipocrita da domandare perdono senza essere sinceramente pentito del proprio errore, senza poter promettere di non peccare ancora.
    - Pensavo fossi andata a cambiarti i connotati e a comprare una nuova identità… - sussurrò all’orecchio della Grifondoro dal musicale accento, chinandosi un poco verso il suo viso affinché fosse l’unica ad udirlo.
    - Posso toccarli? - si rivolse all’insegnante dagli occhi d’affilati ghiacciai, avvicinandosi e indicando vagamente le invisibili cavalcature, vittime della cieca maldicenza ma sol poiché infelicemente incomprese.
     
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    Un fiocco di neve scese vorticando dal cielo grigio fino a posarsi sul muso del cucciolo di Thestral. Anastasia lanciò uno sguardo al cielo grigio, lasciando che altri piccoli fiocchi le si posassero fra i capelli dorati prima di decidere di muoversi verso gli alberi, al riparo.
    Non notare le figure scure che si erano mosse lungo i sentieri fino al bosco sarebbe stato impossibile, tuttavia Anastasia non ebbe la certezza di chi si trattasse finché non si trovò Karen abbastanza vicino da riconoscerne il volto. Suo malgrado la piccola di Casa Carter si trovò ad abbozzare un sorriso. Qualcosa infine era successo davvero.
    - Professoressa… Carter-
    - Signorina Cavanaugh -
    Il titolo non era qualcosa cui Ania fosse ancora abituata, eppure evitò di cedere all’impulso di minimizzare la cosa con la mano e chiederle di essere chiamata per nome. Abitudine o non abitudine lì dentro era davvero la professoressa Carter. Diede però un colpo di bacchetta, mandando il secchio con la carne decomposta a fluttuare verso i Thestral, che iniziarono a cibarsene con estrema calma. Visto da qualcuno che non aveva la capacità di vederli sarebbe sembrato che i pezzi di carne si stessero smembrando da soli - Purtroppo ai Thestral piace fare una colazione abbondante - le rispose nel voltarsi ad osservare le creature. Uno degli esemplari più grossi si era messo da parte, ad osservarli. Se non li avesse saputi perfettamente addomesticati Anastasia avrebbe temuto quel comportamento protettivo - E pur avendo una dieta prettamente carnivora non si può dar loro della carne congelata, quindi in questo periodo bisogna prepararla già la sera prima - e da lì l’odore. D’estate almeno si poteva godere del privilegio di tirarla fuori dalla ghiacciaia e di lasciarla scongelare direttamente sul prato, nel momento del servizio.
    Un sorriso obliquo premiò anche André quando si avvicinò, subito seguito da un innocente battito di ciglia - Diciamo solo, Signor Stormind, che la materia concederebbe una certa fantasia nello…smaltimento diciamo…di eventuali problematiche - come le era stato fatto notare dal suo ultimo professore di Cura, parecchio tempo prima. Solo che, in quel caso, Anastasia non era stata poi così tanto sicura che non si trattasse davvero di un cadavere. Era materia che non mancava, ai tempi.
    - Certo, venite - la neve aveva ripreso a cadere, leggera, e nell’uscire dal riparo delle fronde Anastasia si alzò sulla testa il cappuccio del mantello - Siete in grado di vederli? - domandò loro, con un quesito che non avrebbe mai posto se non si fosse trattato di un bisogno di quel preciso istante. C’erano domande la cui risposta apriva mondi molto più estesi della semplice informazione che contenevano - Prendete un pezzo di carne e lasciatevelo penzolare dalle dita, lasciate che siano loro ad avvicinarsi - consigliò. Anastasia si sarebbe spostata vicino a chi non poteva vedere i Thestral, guidandone la mano prima a spostare la carne nella giusta direzione e poi ad accarezzarne la cima del muso, delicatamente.
    - In ogni caso sono sicura che voi siate davvero delle persone responsabili - disse infine, fingendo quasi di non capire - Ho solo pensato che, nella fretta, ve ne foste scordati. La fortuna va condivisa -

     
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    Non stai davvero per essere giustiziata, Karen. Eppure la sensazione era proprio quella di accorciare un passo dopo l’altro la distanza che la separava dal bacio del dissennatore. Karen ricordava assai poco di quel che aveva rivolto alla professoressa alla bisca, tutta la burrobirra che si era scolata le aveva annacquato abbondantemente il cervello: era certa di aver messo in dubbio il suo ruolo a Hogwarts come docente, visto che l’aveva scambiata per una di loro, ma non avrebbe messo altrettanto la mano sul fuoco sul non averla mandata al diavolo. La cosa più corretta da fare, nonché quella più furba, avrebbe dovuto essere scusarsi per il suo comportamento. Ma ingraziarsi la professoressa in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Di fatto era concentrata a tenere tutto esattamente al proprio posto.
    -Io… preferisco cedere a te gli onori di casa-, commentò rivolta ad André, che le aveva appena raggiunte.
    -Potrei seriamente dare di stomaco.-, no, questa volta le pasticche vomitose di zonko non c’entravano niente: al massimo le avrebbe conservate per erbologia. Ad essere insopportabile restava l’odore di carne putrefatta… fu inevitabile associarlo al pacco che aveva ricevuto un anno prima. Il braccio in decomposizione del giornalista era giunto loro in condizioni assai peggiori e l’idea di toccare a mani nude una di quelle fettine viscide la lasciava frastornata.
    -Non sono una fifona. Stiamo troppo appiccicati, mi sembrava solo opportuno concederti i tuoi spazi prima che ci sbattano insieme sul giornale-, sussurrò quando le passò accanto, non mancando di assestargli una piccola gomitata nel fianco per vendetta quando la professoressa diede loro le spalle.
    -Questo è per i capelli-, precisò, nel caso in cui gli fosse venuto il dubbio. La battuta sullo smaltimento dei cadaveri le strappò un brivido d’inquietudine. Non solo per i precedenti in cui era coinvolta, quanto più perché la strega davanti a loro sembrava sempre perfettamente posata e imperturbabile, tanto da renderla un’insospettabile killer di studenti.
    -No-, rispose di getto, mentendo con disinvoltura. Non le andava di rivelare a nessuno che era in grado di vederli: si sentiva già strana di suo senza aggiungere quella stranezza tra le tante.
    -Lei riesce a vederli?-, a occhio e croce quanto poteva avere? Venticinque anni? Non più di trenta, volendo esagerare. Eppure… già riusciva a vederli?
    Distratta dalla scrupolosa osservazione della professoressa Karen non fece troppo caso al più piccolo dei thestral, che quel giorno, sentendosi ignorato, pensò bene di avvicinarsi di soppiatto per tirare la busta di carta, bucandola dal basso. Un paio di pere che la rossa aveva preso per loro caddero nella neve, ma prima che potesse raccoglierle il cucciolo pensò bene di addentarle tra le mandibole e di scappare via, insieme agli altri del branco.
    -Testa di cazzo dispettosa…-, lo ammonì tra sé e sé, rivolgendogli uno sguardo ironico mentre i pezzi di cibo sparivano uno dopo l’altro. Sapeva cosa stava facendo la professoressa: usava la psicologia inversa per farli sentire in colpa. Nel caso di Karen funzionò alla grande: si sentì più sporca dei galeoni che avevano maneggiato ed evitò accuratamente lo sguardo degli altri due.
    -Non direi.-, riprese poi, agganciandosi al discorso. -Non per quel che riguarda me. Vi avevo detto come li avrei spesi… ed è quel che ho fatto.-, inutile nascondersi: la sua presenza alla bisca era una prova lampante di quanto Karen fosse tutto fuorché una ragazzina responsabile. Ora che Anastasia era professoressa, poi, aveva ampio accesso agli scheletri nascosti nell’armadio della rossa: le sarebbe bastato allungare le sue mani affusolate e perfettamente armoniche verso il suo fascicolo.
    -Carter. Il professore di Incantesimi ha il suo stesso cognome. Siete parenti?-, cambiò argomento, guardandola di sottecchi. Vedeva una certa somiglianza non solo negli occhi, ma soprattutto per l’impostazione germanica di entrambi, decisamente rigidi.
    -Anche nell'ufficio del Preside c'è un ritratto che lo riporta.-

     
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    Osservava i lembi di carne dissolversi a poco, a poco nell’etere, divorati dalle invisibili creature castigate dalla maldicenza. E nella sua creativa e caotica mente, ne immaginava le fattezze ispirandosi ai disegni ed alle descrizioni custodite fra i libri sulla fauna magica che avido aveva sfogliato, sovente per diletto e curiosità, piuttosto che per meri oneri scolastici. Le creature, con le loro plurime origini e le loro variopinte peculiarità, lo affascinavano irrimediabilmente, lo avevano invero sempre fatto. Forse poiché sovente s’era sentito più a suo agio e più sé medesimo nell’aver a che fare con esse che con le persone, libero d’affidarsi al proprio ferino e sensibile istinto per guadagnarne la fiducia, senza futili e tediose elucubrazioni: semplicemente, gli animali percepivano la bontà dei suoi intenti senza costringerlo a spiegarsi, senza giudicarlo o giustiziarlo per il proprio contraddittorio essere. Forse, scorgevano persino la sua anima e il conflitto esistenziale di cui era inerme vittima, e s'accontentavano dei suoi sforzi d’essere diverso, d’essere migliore. Non era invece mai stato così con le persone…non era mai stato abbastanza, per nessuno. Neppure per sé medesimo.
    - Consideri l’avvertimento colto e la lezione appresa, professoressa. - l’elegante e posata ironia con cui la giovane donna dai nivei occhi fece eco alla propria, indusse comunque l’aspirante cantautore a credere vi fossero seri sottintesi oltre il suo tono apparentemente leggero e noncurante: forse non li avrebbe offerti su un piatto d’argento alle creature che abitavano i recinti attorno alla capanna del Guardiacaccia, né a quelle che pullulavano libere nella Foresta Proibita, ma non per questo sarebbe stata clemente nel punirli per le loro biasimevoli azioni. E qualcosa nel candore della sua voce e nella posatezza dei suoi gesti, donò ad André l’impressione che quella non fosse che la quiete prima della tempesta.
    Gli sfuggì una beffarda risata in risposta alle parole sussurrate dalla Grifondoro, ma la mise a tacere in pochi graffi di plettro - Il giornale…davvero? Sei falsa come l’Oro dei Lepricani, Fiammifero. A colazione non ti preoccupava cosi tanto starmi vicina e dare l’impressione sbagliata… - le mormorò di rimando, con un sornione sghembo sorriso sul volto. Osservandola in tralice, però, André scorse sul suo viso dipinto da graziose lentiggini un’ombra non vaticinata ed un pallore inusuale, che Karen giustificò con una mera sensibilità al lezzo emanato dalla carne: probabilmente l’ennesima menzogna con cui protesse il suo intimo, le sue fragilità, i suoi timori. Un costume che riconobbe invero come proprio, sicché egli medesimo soleva difender il suo essere con l’ironia, attaccando invece con il sarcasmo.
    Accusò imperturbabile la gomitata con cui l’irlandese dal musicale accento gli colpì il fianco, invero divertito da quel lato dispettoso della giovane dalle tinte d’autunno. Un'innocua vendetta a cui reagì mimando alla rosso-oro un silente questa me la paghi, prima d’approssimarsi ad Anastasia ed a quelle creature che si specchiavano nei suoi occhi di cineree nubi di tempesta, senza che gli fosse però concesso di vederle.
    - Solo nella mia testa. - ammise il lunatico e selvatico Stormind, mentre osservava alcuni esili fiocchi di neve infrangersi a mezz’aria, probabilmente al contatto con i Thestral che con diffidente curiosità si stavano avvicinando, disegnando confuse orme nella candida neve. Avrebbe voluto poterli vedere ed al contempo…al contempo era lieto di non farlo: come tanti, André era figlio della guerra, nato nella distruzione e cresciuto nelle macerie d’una comunità risorta dalle proprie ceneri, eppure era stato protetto dagli orrori che aveva avuto attorno. Malgrado i suoi genitori e suo nonno fossero stati in prima linea per restituire la pace a quella magica terra, sconquassata da un conflitto antico come l’esistenza medesima.
    Prese un pezzo di carne dal secchio che fluttuava loro attorno e lo protese innanzi a sé, mentre Anastasia gli s’affiancava per esser i suoi occhi e guidarlo verso le alate cavalcature prigioniere del pregiudizio. In pochi graffi di plettro, percepì il respiro d'uno o forse più Thestral sulle mani ed il lembo di carne gli fu repentinamente strappato via, probabilmente da un esemplare abbastanza ingordo. Ridacchiò genuinamente, mentre le sue dita da pianista disertore sfioravano con delicatezza quello che intuì esser il muso della cavalcatura, liscio e fresco al tatto, ma spigoloso laddove le ossa sporgevano. - Posso cavalcarlo, adesso? - incrociò lo sguardo attento e penetrante di Anastasia e malgrado in tal occasione il suo quesito fu ironico, non avrebbe esitato a farlo, sprezzante del pericolo e tanto intraprendente da esser sovente incauto.
    Uno spostamento d’aria lo distrasse e volgendosi, André vide delle pere saettare accanto a sé, brandite da quello che doveva esser un cucciolo di Thestral in fuga. - Niente spuntino di mezza mattina per oggi, Lentiggini… - occhieggiò la giovane dalle tinte d’autunno che reggeva fra le mani un sacchetto ormai buco e che osservava una scena innanzi a sé, come se potesse effettivamente vederla. Poteva farlo? Lo aveva negato ma…se fosse stata l’ennesima bugia? Malgrado tutto ciò che aveva passato, la Morte non s’era davvero mai specchiata impietosa e nefasta nei suoi cerulei occhi?
    - Vorrei poter dire di esserlo, ma… - non ritenne necessario terminare la frase, poiché ciò che intendeva fu più che palese. Un tempo aveva cercato di essere responsabile, d’inchinarsi alle regole e rispettare le altrui imposizioni: lo aveva fatto per ricalcare le orme di suo padre, per esser alla sua altezza, ma a poco, a poco s’era accorto di ripudiare così il suo vero essere, di sacrificarlo in favore di qualcuno che non sarebbe mai potuto diventare. E non solo poiché il suo disturbo bipolare gli imponeva d’essere scostante, instabile ed inaffidabile, bensì anche poiché il suo animo d’artista lo costringeva a rifiutare ogni cliché e convenzione, a ribellarsi agli schemi ed ai dettami altrui per assecondare la sua ispirazione. Un richiamo a cui non sapeva resistere…a cui non desiderava resistere, mai. - credo abbia dimenticato un paio di lettere prima di responsabili… - ovvero la i e la r: irresponsabili entrambi, poiché da ciò che si mormorava, altresì la Grifondoro dalla focosa indole aveva un animo anarchico quanto il proprio.
    Di nuovo, ebbe l’impressione che quella farsa architettata dall’insegnante non fosse che la quiete prima della tempesta: si stava velatamente facendo beffe di loro, probabilmente pregustando il momento in cui avrebbe potuto impartirgli una lezione ben più dura di quella di nutrire delle creature invisibili mansuete. Anastasia doveva essere perfettamente conscia che loro non avrebbero mai donato volontariamente quel denaro e vana fu perciò la conferma di Karen, a cui non fece seguire la propria: non aveva tenuto per sé i soldi della vincita, ma erano comunque finiti fra le mani di qualcuno che li aveva spesi per i propri egoistici fini. Una verità che scelse di non condividere, proprio come non l’aveva fatto quella sera. Certo, per questo il suo viso mi sembrava famigliare… - commentò più a sé medesimo che alla donna dalle parvenze d’una Veela, allorché Karen ebbe menzionato il professore d’Incantesimi: gli stessi occhi pallidi, gli stessi tratti raffinati, lo stesso portamento posato e regale…minuzie che infine s’incastrarono l’una con l’altra in un unico ritratto di famiglia.
    - Ci ha fregato per bene, prof… - si sentì tirare per un fianco: il suo maglione si muoveva, probabilmente mordicchiato dal cucciolo di Thestral che poc’anzi aveva sgraffignato le pere della rosso-oro. Prese dunque un altro pezzo di carne dal secchio e glielo porse, per convincerlo a mollare la presa. - ora, però, potrebbe dirci quali sono le sue intenzioni? - chissà, forse gli avrebbe semplicemente risposto con un “essere responsabile”.
     
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    Che nessuno dei due potesse vedere i Thestral Anastasia parve prenderlo come u buon segno. Muovendo ancora qualche passo nella neve spostò la bacchetta per far levitare un altro pezzo di carne verso uno dei punti più lontani, dove un esemplare più magro degli altri stava in disparte. Era qualche giorno che lo monitorava e, ad occhio, le sembrava fosse dimagrito ancora - Sì - rispose alla domanda di Karen, un po’ perché mentire sarebbe stato inutile, e un po’ perché sarebbe stato anche stupido da parte sua. Nessuno lì, a vederla fissare il vuoto, avrebbe mai potuto credere che non vedesse quello che aveva di fronte.
    Non aggiunse altro però, evitando con cura di lasciarsi andare a storie personali che già troppo, negli anni, erano diventate di dominio pubblico. La riservatezza era una dote obbligatoria per chi era abituato a trovarsi sotto i riflettori, e in un mondo in cui le attenzioni ci mettevano comunque molto a diventare invadenti, per lei il “troppo” era arrivato insieme ad una foto di giornale che la ritraeva piangente al funerale di suo nonno.
    Anastasia si spostò vicino ad Andrè, posando la mano sulla sua per guidarla prima nel boccone, poi nella carezza. Suo malgrado un sorriso le comparve sulle labbra nel vedere la reazione del Tasso. Che quel lavoro potesse finire con il piacerle davvero, alla fine? - Meglio di no, non quando mangiano - gli rispose. Erano creature mansuete, molto più di quanto non lasciasse presagire il loro aspetto, ma non tanto da tollerare una cavalcata improvvisata - Ma presto, signor Stormind - aggiunse.
    Un sospiro le sfuggì dalle labbra, reso visibile dalla condensa che si formava davanti alle loro bocche ad ogni respiro - Vorrà dire che mi considererò vostra creditrice di quindici galeoni ciascuno. Ma non preoccupatevi, non ho fretta di riscuotere - cosa che comunque i due ragazzi potevano star certi che avrebbe fatto, prima o poi. Non per cattiveria o perché i soldi le mancassero, ma quella di pagare sempre i propri debiti era una lezione che era meglio imparare in fretta, nella vita.
    - Mio padre - annuì poi in direzione di Karen. Era una sorpresa che non lo sapessero già, quindi perché negare? - E mio nonno. Anche se non sono sicura che quello sulla somiglianza fosse un complimento… - aggiunse verso Andrè. Ania aveva indubbiamente gli occhi di suo nonno, come Russell, ed era inevitabile che in lei qualcosa richiamasse Adam, ma dovevano per forza sottolineare che somigliava ad un uomo? Peggio, a DUE uomini?
    Passò accanto ad Andrè, posandogli la mano sulla spalla in una leggera pacca - Non preoccupatevi, non siete i primi - sorrise. Uno dei Thestral si era allontanato dagli altri e Anastasia gli passò davanti, sfiorandogli il muso per fargli cambiare direzione. Osservò il cucciolo che mordicchiava il maglione di Andrè, divertita - Nessuna, André - disse poi al ragazzo, passando volutamente al nome proprio. Una fugace stretta nelle spalle - Non credo otterrei nulla a punirvi, umiliarvi o…non saprei, cose di questo genere. Nulla di utile né per me né per voi quanto meno. O sbaglio? - disse poi gettando un’occhiata a Karen. Dei due sembrava essere lei quella più guardinga - …diciamo però che accetterei molto volentieri se qualcuno si offrisse di darmi una mano con la gestione di…beh, tutto questo. Lo troverei un modo estremamente educativo per sdebitarsi, e un modo più salutare di passare il tempo rispetto al girare per bische. Ditemi, cosa potreste fare per darmi una mano? -
     
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    -Non ti facevo così masochista-, memore dell’ultima volta che era salita su una di quelle creature spettrali, Karen sgranò gli occhi nel vedere André chiedere alla professoressa se poteva cavalcarne uno.
    -Abbiamo appena fatto colazione, uno a dieci che daresti di stomaco a occhi chiusi. I bastardelli sanno essere incredibilmente veloci-, tra le creature che aveva studiato, i thestral erano quelle che Karen trovava più affascinanti e tra le più intelligenti in assoluto. Spesso aveva visto l’ex guardiacaccia rimproverarne qualcuno per aver tentato di mangiare i gufi postini, a riprova del fatto che nonostante la stazza e il peso considerevole del corpo l’apertura alare era tale da renderli rapidi negli spostamenti.
    -Niente di irrimediabile, tengano pure il magro bottino… scroccherò qualcosa di più consistente passando davanti alle cucine.- commentò, piegando il sacchetto di carta per poi infilarlo in tasca.
    -Se ci beccassero a pagarle potrebbero accusarci di…- come diavolo si diceva? Ce l’aveva sulla punta della lingua, eppure le sfuggiva al tempo stesso.
    -… tentativi di corruzione- non era esattamente quello il termine, ma quanto più si avvicinava.
    -Mi piace, prof. Ne ha di fegato a pretendere una cosa simile, per essere figlia di un ex Auror. Per quanto mi riguarda… sarei disposta a pagare il doppio di quella cifra, purché mio padre non lo venga a sapere. Dubito ne sarebbe contento.-, per un attimo lo sguardo della Grifondoro si rabbuiò, diventando malinconico. Avrebbe preferito mantenere il punto e non ammetterlo tanto apertamente, ma piuttosto che dare a suo padre l’ennesimo motivo di delusione preferiva calpestare il proprio orgoglio: non si fidava ancora della professoressa, non al punto da avere la certezza che sarebbe stata ai patti, tuttavia… non aveva poi molta scelta. Tanto valeva rischiare in tutto e per tutto.
    -… non abbiamo mica detto che sia brutto. Solo vecchio-, il prof. Carter aveva il suo nutrito seguito di fan, di cui Karen non faceva parte per due motivi: il primo che lo vedeva troppo vecchio per i suoi gusti, ma irrilevante ai fini statistici, il secondo, decisamente più importante, era la soggezione che le trasmetteva anche solo rivolgendole uno sguardo. Tanto bastava per farla sentire come se stesse facendo la cosa più sbagliata al mondo, o che fosse in procinto di farla.
    -Prof. se voleva passare più tempo con noi bastava dirlo subito-, commentò ironica, incrociando le braccia al petto. Karen vagliò seriamente la sua proposta, pensandoci su: per quanto riguardava i thestral preferiva glissare, non le andava che altri scoprissero potesse vederli. Ma la foresta oscura era popolata da talmente tante di quelle creature che avevano l’imbarazzo della scelta.
    -Con loro sarà un po’ difficile visto che è l’unica a poterli vedere- si era domandata se non fosse quello il motivo che la rendeva così rigida: per quanto Anastasia Carter sembrasse amichevole, Karen avvertiva un abisso a dividerle, una sorta di baratro invisibile che le impediva di entrare in empatia con lei.
    -Io sono brava con gli altri animali: so prendermi cura soprattutto degli ippogrifi. Mio zio ne ospita una coppia nella sua tenuta, due estati fa hanno avuto un cucciolo quindi la famiglia si è allargata. Non so… potremmo occuparci dei recinti? Tenere la zona pulita, controllare che il nido sia indisturbato… non sarebbe la prima volta che qualche cazzone infastidisce le creature, da queste parti.-, Karen scambiò un’occhiata con André, memore della prima volta in cui avevano interagito seriamente: il Tassorosso stava aiutando un asticello che era stato legato per dispetto al ramo di un albero, uno scherzo di cattivo gusto di cui non avevano trovato i responsabili.
    -André invece è un fenomeno nel fare amicizia con gli asticelli, con il suo amico legnoso è stato amore a prima vista.- commentò sorridendo dispettosamente, rivolgendogli un'occhiata come per dirgli di approfittarne, adesso che la professoressa era ben disposta a non darli in pasto ai loro genitori.
    -Lei è davvero giovane, prof. È la prima volta che insegna? Come ci è finita a Hogwarts?-, Karen si chiedeva soprattutto se non le desse fastidio la presenza di suo padre al castello: lei al suo posto non ne sarebbe stata entusiasta, era un po' come perdere la privacy.

     
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    Un’unica monosillabica affermazione soffiò dalle labbra della giovane donna dalle diafane tinte e in quel solitario l’aspirante cantautore credette vi fossero prigionieri gli spettri d’un tumultuoso e tragico trascorso, a cui ella tuttavia non volle donare spazio in quella mattina innevata, restando tanto riservata da esser sfuggente e indecifrabile: qualsiasi accadimento le avesse donato la facoltà di vedere quelle creature condannate dalla maldicenza, Anastasia non volle infatti condividerlo con loro e se anche qualche doloroso ricordo fosse affiorato alla sua mente, lo celò oltre un cipiglio imperturbabile e uno sguardo criptico. Quieta e posata come placide e indisturbate acque d’un lago limpido e profondo, dai fondali custodi d’inafferrabili arcani.
    Nel silenzio che seguì, osservò le proprie dita da ribelle chitarrista disegnare nell’etere il profilo invisibile del Thestral, una folgore di genuina contentezza nello sguardo altrimenti cupo e malinconico: ogni qualvolta delle creature, magiche o non che fossero, sceglievano di fidarsi di lui, nel contradditorio cuore dell’aspirante cantautore si riaccendeva la speranza di poter essere diverso, migliore. Giacché credeva, forse errando, che il loro ferino istinto gli avrebbe concesso di scorger il mostro annidato nel suo dilaniato intimo e se lo avessero percepito come un pericolo, non avrebbero mai osato approssimarsi, ma sarebbero fuggite senza esitare o lo avrebbero attaccato per proteggersi. Forse non avrebbe dovuto farlo…ma voleva illudersi fosse così.
    - E io non ti facevo un’esperta cavalcatrice di Thestral, Lentiggini. Potrei quasi confondermi su chi delle due è la prof… - punzecchiò sornione la rosso-oro dalle tinte d’autunno, invero ancor una volta incuriosito dalla passione con cui coltivava la propria conoscenza delle creature magiche, forse persino sperimentandone l’indole sulla propria pelle trapunta d’efelidi come la notte di stelle. - se vuoi scommettere contro il mio stomaco, comunque, fatti pure avanti. Ma perderesti - la sfidò, tacendo invero come fosse proprio la velocità ad attrarlo: volare con il vento a sferzargli il volto, tanto rapido e tanto in alto da avere la sensazione di poter raggiungere le nubi in pochi graffi di plettro…ah, quanto avrebbe voluto farlo! Anastasia però non era del medesimo avviso…non quel giorno quantomeno…ma presto.
    La osservò in tralice André, tentando di comprendere se lo stesse canzonando oppure no, e notò un sorriso sbocciare sulle sue labbra, tanto posato da esser appena accennato ma tiepido, in tagliente contrasto con il suo sguardo pallido e freddo come la neve che leggiadra cadeva sui loro capi. Un sorriso che indusse il lunatico e selvatico Stormind a chiedersi se quell’algido distacco in cui s'avviluppava non fosse che un’adamantina armatura a protezione del suo intimo già ferito altre volte. - La considero una promessa, prof... - lo disse con un fare un po’ sfrontato e con uno sghembo sorriso malandrino e malizioso che forse non sarebbe stato consono rivolgerle…non oramai che sapeva essere la sua insegnante.
    - O lei di concussione… - fece eco a Karen con intenti ironici e canzonatori, incrociandone lo sguardo di cerulea rugiada per comprendere se le parole che disse poi avessero scherzosi intenti oppure no: sapeva André quanto le importasse di non causare ulteriori grattacapi a suo padre, ma davvero si sarebbe spinta a tanto pur di non esser denunciata? Era così salda la presa che il timore di deluderlo aveva sul suo appassionato cuore protetto da menzogne e omissioni? Nel dubbio, non avrebbe esitato a spalleggiarla. - però sì, anch’io farei qualsiasi cosa pur di tenere mio padre all’oscuro. - non poteva negarlo, era la prospettiva d’esser costretto di nuovo alle serrate cure di stabilizzatori dell’umore ad angustiarlo, più che quella di deluder ancor una volta suo padre. Dopotutto, da tempo aveva accettato di non esser il figlio che Roussell avrebbe voluto…o quello che egli medesimo avrebbe voluto essere.
    - Non era un insulto, comunque…d’altronde se le cose fossero andate diversamente quella sera, probabilmente ci avrei provato con lei, prof… - divertito dal pizzico di permalosità trapelato da Anastasia e forse sin troppo a suo agio, l’aspirante cantautore non considerò che quella sua disarmante onestà potesse esser fuori luogo, se non allorché oramai era troppo tardi.
    Con fittizia noncuranza, lanciò un pezzo di carne poco distante e osservò attentamente la neve tingersi delle orme affrettate delle scheletriche cavalcature che guizzarono per afferrarlo. Con un tocco garbato sulla spalla però l’insegnante dagli occhi di niveo cristallo lo distrasse e pretese di nuovo il suo tempestoso sguardo e il suo volubile interesse su di sé. - Non mi sorprende… - non avrebbe saputo affermare se fosse per i suoi tratti dolci, angelici persino, per il diafano candore del suo incarnato o per il pallido oro dei suoi capelli, ma Anastasia appariva molto giovane…abbastanza da scambiarla per una loro coetanea. Forse, altresì poiché era minuta…persino gracile all'apparenza: una minuzia che André notò sol in quell’istante, giacché avendola tanto prossima la differenza d’altezza fra loro fu palese.
    - Intenzione o no…debitore o no…mi piacerebbe poter stare maggiormente a contatto con le creature che abitano questi recinti e la Foresta. - non l’avrebbe negato, altresì poiché fu palese quanto la prospettiva lo elettrizzasse dalla repentina, benché effimera folgore che aveva lacerato le tenebre del suo sguardo. - Un modo per individuarli potremmo anche escogitarlo - commentò volgendosi verso la Grifondoro dalla focosa indole, riflettendo però sul fatto che, comunque, sarebbe stato ostico accertarsi se i Thestral fossero in salute senza poterli effettivamente vedere.
    - Tutto ciò che so sulla cura delle creature, l’ho imparato qui a Hogwarts. - ammise, come a volersi giustificare di non aver a sua volta un legame con esse al di fuori di quelle mura incantate come Karen. - Però, me la sono sempre cavata abbastanza bene…con tutte. - i suoi voti non lo avrebbero smentito: CDCM era l’unica materia in cui non era stato altalenante, forse poiché a prescindere dalla volubilità della bilancia del proprio umore e dall’impetuosità del roteare della roulette delle sue emozioni, l’affinità con gli animali era un istinto…forse persino un talento…che non veniva alterato. L’unica costante in un’esistenza di impazzite variabili…come la sua passione per la musica.
    - Possiamo aiutarla anche con la loro alimentazione, prima o dopo i pasti e tra una lezione e l’altra. - fece ecco all’aspirante Magizoologa, tentando di pensare a quale fra i tanti compiti che gravavano sulle spalle di Anastasia potesse essere il più oneroso: oltre alla pulizia dei recinti e delle creature medesime, soprattutto nei casi in cui venivano sventuratamente assalite da parassiti, anche sfamarle non doveva essere semplice, specialmente poiché alcune necessitavano d’un tempo alquanto ristretto fra un pasto e l’altro. - O assisterla se dovesse risolvere qualche imprevisto…di qualsiasi tipo. - nessuno dei due, André ne era superbamente certo, si sarebbe tirato indietro altresì innanzi alle emergenze.
    Gli sfuggì una risata divertita non appena l’irlandese dal musicale accento menzionò Ser Mordicchio, l’Asticello che avevano liberato insieme dai risvolti d’uno scherzo crudele. - Sì…sono piuttosto bravo a conquistare gli animali selvatici…e che mordono… - l’occhiata sorniona e il sorriso malandrino che rivolse alla rosso-oro rese palese come, invero, si stesse giocosamente riferendo altresì a lei. - ma l’amore a prima vista di Mordicchio è stata la mia chitarra…non io. - allorché lo aveva portato nel dormitorio dopo averlo liberato, l’Asticello s’era infilato nella custodia dello strumento e l’aveva rosicchiato sino a staccarne un paio di corde. Un costume che non aveva perso…un vizio che si concedeva ogniqualvolta preferiva crogiolarsi nel tepore della sua stanza, piuttosto che fra le fruscianti fronde dell’albero che custodiva il nido della sua famiglia.
    - Mi pare ovvio ..ci è finita per conoscere noi, Lentiggini… - di nuovo uno sghembo sorriso malizioso e malandrino si dipinse sul volto altrimenti cupo dell’aspirante cantautore.
     
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    Un lieve sorriso increspò le labbra di Anastasia, ancora ferma con lo sguardo sul Thestral troppo magro che si teneva in disparte. Avrebbe dovuto monitorarlo con maggiore attenzione nelle settimane successive, per assicurarsi che non si trattasse di qualcosa di più grave di quello che sembrava - Gringott - disse invece indicandosi il petto. Dalla morte di suo nonno il Governo Magico aveva deciso piuttosto saggiamente di riprendersi il controllo della Banca dei Maghi ma ciò non toglieva che per una parte della sua vita il cognome di Anastasia era lo stesso di chi aveva messo le mani pure su quello.
    Si voltò verso Karen.
    Anche volendo sorvolare sul fatto che per accusare qualcuno di corruzione serviva ben altro che un passaggio di denaro, e che Anastasia si sentiva tutto sommato inattaccabile da quel punto di vista, bisognava ammettere che la ragazza dimostrava uno spirito alquanto intrigante da quel puto di vista. Come una spada estremamente affilata che aveva bisogno solo di essere indirizzata meglio - Nella mia famiglia di solito ci dividiamo fra chi si arruola e chi pensa al prestigio e al patrimonio di famiglia - le fece notare, con la leggera supponenza di chi stava dando per scontato di essere conosciuta da tutti i presenti. Suo padre aveva fatto l’Auror, così come avrebbe voluto farlo suo fratello, o il fratello di suo nonno. Anastasia, come sua zia Penelope o lo stesso Maximiliam…beh, non si era mai tirata indietro se c’era da combattere, ma i suoi interessi erano decisamente altri. Un farfallio di ciglia, prima di aggiungere - E a me la divisa da Auror non dona affatto -
    Fece un paio di passi di lato, mentre lasciava i due studenti a parlare fra di loro. Un atro dei Thestral si avvicinò a sforarle la spalla con il muso e lei si prese il tempo di accarezzargli il collo, da sola, pima che la fra di André le rubasse una risata - Ti ringrazio davvero André. Questo lo reputo un complimento - disse nel voltarsi verso il ragazzo. Dovette passare intorno al collo della creatura per farlo, e dovette sembrare abbastanza strano: lei non avrebbe potuto vedere André senza farlo, ma lui dovette godersi tuttala scena senza intralci - Molto più che la somiglianza con due uomini, per quanto belli siano - una battuta, a sottolineare una permalosità che non provava davvero in quel momento. Ania ambiva il giorno in cui il suo nome avrebbe potuto essere associato per valore a quello di suo padre - Ma temo avresti avuto poche possibilità in ogni caso. Temo tu non appartenga al genere di mio interesse - sottolineò. Erano passati da parecchio i tempi in cui Ania si vergognava di quello che era, e aveva deciso da molto che il suo essere personaggio pubblico la rendesse moralmente obbligata in quel senso.
    - Direi che abbiamo un accordo allora - un battito di mani, a sottolineare la cosa. Stava sorridendo Anastasia, come avrebbe sorriso qualcuno che aveva appena concluso un affare particolarmente vantaggioso. Forse quello avrebbe dovuto insospettirli un po’ - Trenta galeoni sono un prezzo più che accettabile per due assistenti - fece loro notare con una unta di ironia. Mosse una mano, in uno svolazzo in aria - Ma degli ippogrifi preferisco occuparmi personalmente - aggiunse solo. Di nuovo, una questione famigliare.
    Come, supponeva, fosse una questione famigliare quella che l’aveva spinta lì ad insegnare.
    Mentre li fissava, si chiese se fosse il caso di confessare ai due studenti di non aver mai avuto alcun desiderio particolare di insegnare, e di aver accettato di fare quel colloquio solo perché quando si era trovata davanti la possibilità era appena tornata dal suo esilio volontario ed era alla ricerca di uno scopo nella vita. Che se non fosse stato per suo padre, per il suo sostegno quando ne avevano parlato e per la volontà di stare più tempo con lui, non avrebbe mai nemmeno preso in considerazione la cosa. Poteva ammettere con i due ragazzi che era finita a superare quel colloquio, uno per i più posti più ambiti del Mondo Magico, solo perché si annoiava? Che era ancora lì solo perché alla fine aveva scoperto che in fondo le piaceva?
    Sorrise loro, serena e innocente - Perché ho sempre sognato di riuscire ad insegnare qui - rispose loro. Poi - Voi cosa vorreste fare, una volta diplomati? -
     
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    -Incidenti di percorso che non ci tengo a ripetere. Potresti risparmiarteli anche tu: tasso avvisato…-, si giustificò, chiudendo la conversazione con un’alzata di spalle. La prima volta che aveva cavalcato un thestral era stata durante l’evento de la notte del Diavolo, quando ad Halloween Stefan l’aveva sottratta alla squadra avversaria trascinandola in sella a un thestral; la seconda era stata ancora più spiacevole, perché le intenzioni del ragazzo che aveva usato una di quelle cavalcature per allontanarla dal castello erano state ambigue e lo erano rimaste fino all’ultimo istante, quando fisicamente lontana da tutti aveva provato a plagiarla mentalmente per indurla ad allontanarsi dai suoi amici e dalla sua famiglia. Tuttavia, quell’episodio non aveva compromesso il suo rapporto con quelle creature, che aveva continuato a reputare affascinanti e di cui si prendeva cura occasionalmente, come avrebbe fatto quella mattina se la Professoressa non l’avesse battuta sul tempo. Per un attimo Karen si soffermò sul volto di André, e i suoi occhi cerulei espressero gratitudine per il modo in cui stava dimostrando di affiancarla fino in fondo: sapeva che entrambi non avevano nessuna possibilità di spuntarla contro un professore, ciononostante l’idea di non essere sola ad affrontare quel pasticcio le era di conforto. Così come lo era sapere di condividere lo stesso timore.
    Gringott o Auror. Karen storse il naso, mostrando il suo disappunto attraverso le microespressione del suo viso. Era palese quanto il Professor Carter fosse rigido e in un certo senso inquadrato in una certa forma mentis, ma si sarebbe aspettata che incoraggiasse i suoi figli ad andare oltre le aspettative familiari seguendo le proprie inclinazioni personali; le venne da chiedersi se con loro si comportasse diversamente o se fosse una responsabilità che la professoressa avesse fatto sua, sentendo il peso delle aspettative della famiglia.
    -Saggia decisione, prof. L’Auror è un mestiere infame-, ironizzò, incrociando le braccia al petto. Karen lasciò cadere l’allusione di André come se non lo avesse sentito parlare: se si fossero occupati insieme dei thestral presto o tardi avrebbe scoperto che aveva mentito, una bugia innocente della quale preferiva tenere per sé l’esistenza finché non fosse stata pronta a parlarne. Tuttavia, sarebbe stata contenta di rendersi utile aiutando la docente a prendersi cura delle creature: era sia un modo per approfondire la materia dopo le lezioni, sia un piacevole pretesto per trascorrere più tempo in compagnia del suo amico, oltre che per conoscere meglio la docente stessa, che di sé lasciava trapelare assai poco.
    -Con alcune ti è andata male. Le banshee non sono addomesticabili-, rispedì la frecciatina al mittente contornandola di un sorriso malizioso, senza mancare di stare al gioco. A quanto sembrava non era l’unica: la professoressa rese palese che perfino in un contesto diverso le avances di André non avrebbero trovato spago per divergenze di interessi. La Grifondoro trattenne una risata divertita davanti a quel palo, allegria che venne presto sostituita dalla delusione nel momento in cui toccò a lei riceverne uno diverso. Karen non incassò bene la decisione della Carter di estrometterla dalla cura degli ippogrifi, prendendola sul personale, ma non disse niente: sapeva che essersi fatta beccare in una bisca clandestina ai tre manici di scopa non era un buon biglietto da visita, però cura delle creature magiche era una delle poche materie che la appassionavano e di cui l’interesse andava oltre quello meramente scolastico. Non le rimase che sperare che la professoressa lasciasse uno spiraglio aperto per il futuro: forse, se le avesse dimostrato di meritare la sua fiducia, non sarebbe stata così restia nei suoi confronti…
    Il modo in cui la vide esitare le diede di che riflettere, ma alla fine fu un mezzo sorriso a spuntarle sulle labbra.
    -Niente Gringott, né Auror. Un punto a suo favore.-, non aveva seguito una strada già tracciata per lei. Neanche lei lo avrebbe fatto, indipendentemente se il suo desiderio fosse collimato con quello della sua famiglia. Avendo le idee già chiare sulla domanda della professoressa avrebbe risposto prontamente, se non ci fosse stato quel ma a frenarla. L’esito negativo dell’udienza della scorsa estate pendeva sul suo profilo come una macchia d’inchiostro sulla pergamena sottile, sarebbe stato difficile raschiarla via. Poteva ancora aspirare a diventare una magizoologa? Sicuro al corpo docenti era nota anche la bocciatura che ne era seguita: chissà che idea si erano fatti di lei.
    -Non lo so. Presumo che ho ancora parecchio per pensarci-

     
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