Little Grey Cloud

per Cordelia

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    Stava cercando di evitare tutto e tutti. Era stanca di sentirsi costantemente giudicata, stanca di essere definita la cattiva, stanca di tutti che cercavano di chiederle cosa stesse succedendo, solo per poi darle la colpa una volta che aveva provato a spiegare il suo punto di vista. Stava iniziando a credere di essere davvero lei la cattiva, di essere davvero non amabile, che nessuno potesse vedere com'era veramente e non ritenerla una brutta persona. Anche i suoi cosiddetti amici passavano più tempo a dirle cosa stava sbagliando invece di consolarla, di capire che c'era di più dietro a quei suoi modi bruschi e alle sue uscite che nessuno sembrava capire, ma che nella sua testa avevano perfettamente senso. Era solo tanto stanca e voleva tornare a respirare.
    Si era rintanata nell'aula di divinazione, un po' perché era un posto in cui nessuno l'avrebbe cercata e un po' perché si sentiva a casa in quella stanza. Da quando aveva frequentato l'open day all'accademia e aveva conosciuto Sigyn si sentiva un po' più connessa con il suo dono, più in pace con quello che poteva essere il suo futuro.
    Così era lì che fissava la sfera di cristallo, che effettivamente non le dava segnali, perché non le stava ponendo nessun quesito, ma solo il riflesso delle cose nel vetro, il velo di nebbia perennemente incastrato al suo interno era estremamente rilassante e le permetteva di concentrarsi su qualcosa senza davvero pensare.
    Perché alla fine era da quello che stava cercando di scappare, dai suoi pensieri, non dalle persone. Era arrivata ad un punto che non poteva negare di non avere traumi dentro di sé, cose che la facevano svegliare di notte urlando. Era arrivata al limite e o trovava una soluzione o sarebbe presto esplosa e non in un modo carino. Anche perché si stava facendo terra bruciata attorno e non era facile riprendersi da quello.
    Un rumore la distrasse e dal nulla un essere peloso le saltò addosso, arrampicandosi sulla sua schiena e arrotolandosi attorno al suo collo, annusando con il musetto baffuto la sua guancia. Una risata spontanea e sinceramente divertita le uscì dalle labbra, mentre con la mano andava ad accarezzare il pelo morbido di Houdini.
    “Sei proprio Terribile lo sai” lo punzecchiò, strofinando la guancia contro il suo muso e il piccolo monello, perfettamente in linea con il suo nome, si infilò nella divisa, acciambellandosi dove la camicia gli impediva di scendere di più, il suo posto preferito dove schiacciare un pisolino.
    Non aveva idea di come avesse fatto fin'ora senza di lui, era assolutamente innamorata di quel piccolo mostriciattolo che le rendeva la vita impossibile con i suoi disastri, ma la riempiva anche di gioia e amore, arrivando sempre quando si sentiva triste per farla sorridere e alleggerirle l'umore. Fosse stata ancora in America avrebbe potuto considerarlo il suo animale da supporto emotivo, ma non era in America e lì le cose erano abbastanza diverse nell'ambito della salute mentale.
    Sentì la porta scricchiolare di nuovo e si voltò per guardare chi fosse stato a disturbare la sua pace. Cordelia, la Corvonero con cui aveva discusso al Corso di Educazione Sessuale. Sospirò, dicendo addio mentalmente al suo momento di pace.
    “Non sono in vena di discussioni” mise le mani avanti, dandole di nuovo la schiena e sperando che capisse l'antifona andandosene. Non voleva passare ore a farsi venire il fegato amaro parlando di diritti LGBT con persone che non capivano. Non le importava se volessero o meno farlo, doveva essere di buon umore per rispondere a domande scomode e di certo non si poteva considerare di buon umore in quel momento.
    “Se invece ti interessa la Divinazione prego, l'aula è tutta tua, come non ci fossi” alla fine era quello che cercava di essere. Invisibile. Una piccola nuvola grigia in un cielo altrimenti intonso, una cosa che consideravi strana per un attimo, ma di cui poi ti dimenticavi. Sempre meglio che essere la nuvola che tutti odiavano per aver rovinato la giornata di sole.

     
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    In omaggio a metodi creativi di matrice evidentemente Corvonero, Cordelia si stava trascinando sua sponte dritta nel campo nemico: odiava divinazione e, di conseguenza, ci si stava buttando a capofitto, nella flebile speranza di riuscire a comprendere il fascino di una materia che, davvero, non era fatta per armonizzarsi con le sue corde.
    La sua frustrazione non nasceva solo dalla fisiologica inconciliabilità tra Destino già scritto e culto del libero arbitrio, come aveva accennato a Euphemia le Grant, e non bastava neppure la totale assenza di Terzo Occhio in lei a motivare tanta avversità.
    Molto più alla base di qualsiasi divagazione filosofica, la sedicenne non riusciva a capire che diamine di gusto potesse esserci nel conoscere in anticipo la propria sorte o quella altrui.
    … Se era Destino già scritto- ergo non potevi farci un tubo- non era mero masochismo il voler divinare qualcosa in proposito?!

    Prima di scivolare nell'ennesima tana da Bianconiglio mentale di cui la sua testa abbondava, schiuse la porta per ritrovarsi a fronteggiare una ben più solida realtà: l'aula non era vuota, come aveva preventivato, ed era per di più occupata da una persona che le riservò un “benvenuto” talmente caloroso che avrebbe fatto rabbrividire persino un Dissennatore.
    Il ricordo dell'esondazione verbale fornita dalla Rivera al Corso di Educazione Sessuale era talmente vivido, nella Crowley, da indurla a ignorarla del tutto, ancora una volta, mentre aveva cura di richiudersi l'uscio alle spalle: non perché non avesse una risposta pronta da offrirle, ovviamente, ma perché riflettere era una abitudine sana più che mai, quando si aveva a che fare con una persona tanto suscettibile.

    Si voltò, quindi, in totale silenzio, ravviandosi la lunga chioma cremisi e gettando un'occhiata quasi distratta, alla Tassorosso; occhiata che prolungò, suo malgrado, per la presenza di un esserino assai più carino della proprietaria, e che giaceva attorcigliato al collo di questa.
    Solo quando ebbe scelto un pouf su cui accomodarsi, e si fu liberata dalla tracolla che finì adagiata con garbo a terra, sospirò ed ebbe grazia di degnare l'altra di maggiore attenzione.
    -Sinceramente non mi interessa né attaccare briga, né divinazione.- esordì in totale sincerità, modulando la propria morbida vocalità sulla nota più neutra di cui fosse capace.
    Era diversa anche in questo, Cordelia. Come le aveva scritto.

    A lezione, si era risolta per tacere e trattenere per sé un fiume di repliche che sarebbero state a dir poco inopportune, nel contesto scolastico in cui erano costrette. Ed era stato un bene.
    Aveva, così, avuto molto più tempo per riflettere su quelli che erano stati gli innumerevoli temi umani toccati dall'ispanica, temi che toccavano entrambe, e tutti in verità, per un verso o per l'altro; la riflessione, inoltre, si era spinta sui lidi più emotivi che la Rivera aveva lasciato intravedere, ma si era trattato di una meditazione giocata sul mero astrattismo e su miliardi di supposizioni, con solo una palpabile sofferenza a fare da quasi certo denominatore comune.
    -Teresa è un bellissimo nome.-
    Accennò dunque in un vago sorriso di cortesia, distogliendo gli occhi verdi dalla minuta figura Giallo Nera per prendere a tirare fuori il libro di Divinazione e l'occorrente per scrivere.

    -I miei nomi, invece, sono terribili. Cor-de-lia e Deir-dre. Mi hanno sempre presa in giro sin da piccola. E non me li sono scelti.-
    Il sorriso indecifrabile che le increspava le labbra si mantenne intatto, anche quando prese a sfogliare il tomo nell'atto di raggiungere il capitolo su cui si sarebbe dovuta concentrare per fare i dannati compiti.
    -Non ti dico, poi, quanto vengo presa in giro per i miei modi di fare snob. Essere Purosangue, raffinati e ricchi è una colpa imperdonabile per alcuni. E non me lo sono scelto.-
    Sospirò profondamente, intrecciando vezzosamente le dita sotto il mento per mettersi comoda nel puntare il proprio sguardo chiaro sull'altra, questa volta con sfacciata risolutezza.

    -Dimenticavo che sono stata smistata in Corvonero, finendo per essere etichettata come una acida “so tutto io”. E non ho scelto nemmeno questo.-
    Le cose sottratte alla scelta di ciascuno erano infinite, tanto che l'orientamento sessuale rappresentava un piccolo granello in un mare di caratteristiche che potevano diventare, più o meno gravemente, fonte di giudizio o di discriminazione.
    La cosa che l'aveva primariamente infastidita, nel discorso confusionario tenuto in classe da Teresa, non era stato tanto il verdetto sputato nei suoi confronti, o il modo incomprensibile in cui aveva distorto la sua domanda riguardo l'essere persone: non sopportava, più di tutto, il modo in cui l'altra pensava di avere una sorta di... plateale esclusiva sulla sofferenza, e come si fosse conseguentemente attribuita- in virtù di ciò- il diritto di sindacare in maniera efferata tutti gli altri.

    Tale fastidio nasceva non solo- badate- per il fatto che, ad avviso della sedicenne, non poteva esistere un sistema metrico di riferimento per il dolore, tale per cui un male era destinato a pesare più di un altro.
    Il punto focale era che quel diritto di esclusiva che Teresa sembrava sbandierare senza il minimo pudore finiva per diventare un muro che la rendeva cieca e sorda a tutto ciò che la circondava. Si era comportata da idiota, per dirla breve e "alla Crowley", anche se sembrava tutt'altro che tale, ad ascoltarla con cura e attraverso un filtro distaccato.
    Piuttosto che prendere di petto il discorso, comunque, viste anche le premesse accoglienti che aveva ricevuto non appena aveva fatto ingresso nell'aula, Cordelia prese la questione tremendamente alla larga. Alla fine, si presumeva che fosse almeno libera di dire quello che le pareva, finché rimaneva il soggetto di ogni asserto.

    -Chissà, forse uno studio più approfondito sulla chiromanzia...-
    Sciolse le dita da sotto il mento e finse di scorrere con lo sguardo la pagina che le giaceva davanti, su cui svettava il disegno di un palmo di mano con in rilievo le principali linee di lettura.
    -...potrà farmi comprendere cosa si celi dietro queste non-scelte, e molte altre con cui non voglio tediarti, che devo scontare per il solo fatto di essere me.-
    Sollevò il palmo della mancina, affiancandola all'immagine ritratta sul libro, col viso corrucciato di chi era genuinamente concentrato a trovare una qualche corrispondenza: si sentiva piuttosto una cretina, a cercare la linea della vita e quella dell'ammmore ricamate sulla pelle ma il programma non ammetteva eccezioni. Così come certe regole generali del vivere.

    - Anche se, sinceramente, sono ormai molto abituata ad avere a che fare con persone che non sanno nemmeno domandarsi cosa voglia dire essere me, figuriamoci capirlo. Anzi, di solito non lo fa nessuno: tutti sapete già tutto, quando si tratta degli altri. Beati voi.-
    Mascherata sotto lo strano registro prescelto, dalle immani sfumature blu bronzo, Cordelia sottolineò in ultimo quella che era stata la principale differenza tra loro due: lei, almeno, aveva avuto la decenza di chiedere, fosse anche solo per capire qualcosa che era assai diverso dal suo modo di ragionare, laddove Teresa aveva solo, ferocemente, sentenziato.
    D'altra parte, forse dall'alto del suo acume o della sua sotterranea supponenza, la Crowley si era data una pronta spiegazione anche a questo: tutti, in fondo, tendiamo a condannare quando non abbiamo il coraggio di confrontarci.
    Soprattutto, quando non abbiamo il coraggio di confrontarci con noi stessi.
    -Stop those voices in your head
    They eat away your will
    You've everything you need -
     
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    Non riusciva a capire dove stesse andando a parare la ragazza. All'inizio pensava volesse solo infastidirla, commentando così sul suo nome, ma pian piano aveva iniziato a mettere insieme i pezzi e a rendersi conto quale fosse l'argomento non-detto di quella conversazione: la sua sparata a Educazione Sessuale.
    Sentiva l'irritazione farsi strada in lei, aveva appena detto che non era in vena di rotture e cosa faceva la rossa? Iniziava pipponi filosofici su tutte le cose di noi stessi che non si potevano cambiare. Si vedeva che non aveva capito il punto, afferrato il concetto, ma Teresa non voleva parlarne, non voleva finire di nuovo a litigare con la ragazza, anche se almeno questa volta non c'erano spettatori a darle della stronza. Perché quello era il problema, c'era sempre qualcuno pronto a giudicarla e ad intromettersi, a dirle che stava sbagliando tutto senza mai comprendere il suo punto di vista. Forse avevano ragione, ma solo su una cosa: non sapeva esprimersi decentemente. Quello era il suo unico problema, non quello che diceva.
    “Hai finito? Stai disturbando la divinazione per niente, sai bene quanto me che vuoi solo attaccare il mio discorso e stai usando mezzucci per non dirlo direttamente”
    Il piccolo Houdini iniziò a muovere nervosamente le vibrisse, sentendo l'irritazione della sua padrona. Una mano andò immediatamente ad accarezzarlo, cercando di farlo calmare, trovandosi costretta a rallentare il suo stesso respiro per non fare un danno al suo animaletto. Era molto sensibile ai suoi cambiamenti d'umore, l'aveva già visto soffiare e ringhiare a studenti che non erano gentili con lei, non voleva che facesse lo stesso con la ragazza. Non perché le stava particolarmente simpatica, ma perché non voleva rogne. Voleva davvero essere lasciata in pace.
    “Non sarai una Grifondoro, ma puoi scegliere di tirare fuori la spina dorsale”
    Perché la gente doveva pungolarla quando era di pessimo umore? E poi si lamentavano se risultava stronza. Faceva di tutto per essere una brava persona, per portare allegria e buon umore alle persone, forse per compensare a tutta la sofferenza che portava dentro. Ma c'erano dei giorni che non riusciva a farlo, in cui la sola idea di sorridere era troppo. Quello era uno di quei giorni, ma a quanto pare a Cordelia non importava. Si doveva fare sempre come volevano gli altri giusto? Beh, che non si lamentassero delle conseguenze poi.
    “Nel tuo ragionamento, comunque, c'è una falla molto grande. Essere purosangue, essere Corvonero, avere dei nomi strani non ti porta ad essere cacciato di casa, a venir ripudiato dai tuoi cari e ad essere in casi estremi ucciso” perché le persone faticavano a vedere perché l'orientamento sessuale fosse così diverso dalle altre caratteristiche delle persone? Perché non volevano accettare l'esperienza di chi viveva sulla sua pelle quel divario, preferendo dare loro degli estremisti e rompiscatole? “Ci sono delle cose a questo mondo che sono ancora considerate punibili dalla legge, che fino a qualche anno fa erano considerate malattie. Il tuo paragone avrebbe funzionato se avessi paragonato l'orientamento sessuale o l'identità di genere al colore della pelle di una persona, alla sua etnia, perché quello è il paragone azzeccato a livello di disagio sociale. Ma non sei nera, e non sei della comunità LGBT, quindi chi ti da il diritto di mettere la tua voce sopra quella delle persone che stanno parlando di una discriminazione sistematica e talmente radicata da non venire nemmeno percepita come un problema da molti?”
    Non riusciva a comprendere la sua sfacciataggine. Davvero paragonava il suo nome a queste cose? Davvero pensava che essere smistata a Corvonero le procurava svantaggi paragonabili a quelli che le avrebbe procurato l'essere transgender? Le persone privilegiate avevano davvero una bella faccia tosta a volersi sentire vittime ad ogni costo.
    “Che comunque, per essere chiari, non ho mai voluto insinuare che non fossimo persone come tutti gli altri, che l'individualità non contasse più del gruppo di appartenenza. Non ho idea di chi tu sia e in cosa creda, il mio era un argomento più generale e mi scuso se mi sono puntata su di te accusandoti quando il mio voleva essere un discorso in generale. Di questo mi scuso, ero completamente in torto. Ma non posso scusarmi per il resto, a quello ci credo davvero”
    Non aveva mai avuto problemi a chiedere scusa per i suoi errori. Forse scusa era una delle parole che usciva più spesso dalle sue labbra e non se ne curava particolarmente, in quanto credeva fosse indispensabile fare ammenda per i propri errori. Solo che le persone si aspettavano qualcosa che non poteva dare. Volevano che cambiasse in modo così profondo da snaturarla. Quello non glielo avrebbe lasciato fare, a costo di perdere un po' di persone per strada.
    “E nemmeno tu sai chi io sia, non capisci quello che ho passato, eppure sei qui a far cosa? A sputare sentenze e sentirti superiore alla stupida ragazzina odiata da tutti, o sei venuta qui per cercare di analizzarmi, a trattarmi come un'esperiemento di chimica particolarmente fastidioso” accuse, sempre accuse. Ormai era brava a fare solo quello, perché si sentiva un animale braccato che aveva bisogno di mordere prima di essere morso. Non era sostenibile però, stava finendo le energie, i suoi denti erano ormai usurati e pronti a cadere, non sapeva per quanto sarebbe stata capace di continuare a difendersi così strenuamente. Era stanca, ma alla gente non importava...

     
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    Cordelia non si stupì di essere immediatamente riscontrata con l’aggressività gratuita, e non diede cenno di esserne disturbata. Oltre a proseguire lungo il proprio filo discorsivo, ignorò platealmente la provocazione che si appellava alla sua spina dorsale, andando dritta per lo schema verbale che si era prefissata.
    Più che essere mossa dalla supponenza, era animata dalla convinzione che un approccio troppo diretto o bellicoso non avrebbe dato alcun valore aggiunto al confronto che stava cercando con la Tassorosso. Era stato sufficiente assistere allo svolgimento della lezione di Educazione Sessuale per convincerla di ciò: dopo che molti altri compagni erano “insorti” – seppur nel bonario tentativo di ricondurre alla ragione la Rivera- quest’ultima si era difatti annichilita in un silenzio ammantato da un dignitoso e schivo dolore.
    Un dolore che Cordelia le aveva visto brillare, per un fugace attimo, negli occhi lucidi di pianto.

    La sedicenne era stata educata a tenersi a discreta distanza da tutti, e un’indole decisamente introversa, per molti aspetti, non l’aveva di certo aiutata a entrare in stretto contatto con le mille problematiche che persone di estrazioni e/o contesti sociali diversi dal suo potevano vivere.
    Questo, tuttavia, non era sufficiente a renderla cieca; al massimo, era miope, ma di quella miopia provvidenziale che porta un essere umano medio a indirizzare la propria empatia verso il singolo che si ritrova davanti. Non per scarsa sensibilità, dunque, ma perché l’avere empatia o compassione per tutti, o per tutti i problemi del mondo, è prerogativa propria solo dei santi, non degli esseri umani normali.

    Teresa, tuttavia, era una ragazza in carne e ossa e lacrime che, in un qualche modo, voleva avvicinare. E, a costo di usare mezzucci, stava riuscendo a farla parlare.
    La ascoltò con grande attenzione, e ciò malgrado stesse ancora inscenando l’atto primo della commedia fantascientifica “La Devota studentessa di Divinazione”, con tanto di mano ancora allungata e sguardo che ciondolava da quella al manuale aperto.
    Solo a metà della dissertazione della Giallo Nera, quando quella toccò il commovente tasto delle scuse, la Crowley desistette e sollevò lo sguardo verde verso l’altra, pur offrendole uno sguardo placido che non lasciava sottintendere granché: né apprezzamento, né scetticismo, per delle scuse che trovarono immediatamente più di un correttivo.
    … O più di una confutazione, a giudicare da come la Rivera concluse accusandola, ancora una volta, in maniera a dir poco ingiusta e totalmente disancorata dalla realtà.

    A questo punto, dopo averla fatta sfogare nemmeno si fosse trattato di una piccola tempesta- più che una grigia nuvoletta- la Bronzo Blu si scompose, lasciando perdere il libro e alzandosi dal pouf su cui era accomodata.
    -Dì al bestiolino che non sono io quella che morde, tra le due.- si premurò di redarguire morbidamente l’altra mentre si avvicinava per conquistare un nuovo pouf, questa volta più vicino alla Tassorosso e posto esattamente di fronte a lei.
    Era chiaro che Houdini risentisse dello stato emotivo della propria padrona, atteso il modo in cui si era agitato pochi attimi prima, e a Cordelia piaceva veramente troppo, per pensare di Impastoiarlo qualora avesse provato ad attaccarla.
    Ne aveva già abbastanza di dover gestire la sua padroncina, neh.

    Si mantenne imperturbabile per qualche attimo, masticando tra sé e sé i nuovi conati concettuali che aveva volontariamente scatenato nell’altra, impegnata a capire da quale punto fosse meglio partire. In omaggio a un pragmatismo tutto bronzo blu, optò per partire dalla cosa più facile.
    -Potresti gentilmente spiegarmi quando, e come, avrei sputato sentenze, o mi sarei sentita superiore, o avrei cercato di analizzarti come un esperimento di chimica particolarmente fastidioso… per favore?-
    Con il viso, a questo punto, leggermente corrucciato, cercò di imprimere tutta la gentilezza di cui era capace, a quella domanda genuina.
    Sapeva che la sua ascoltatrice sembrava avere una vera e propria vocazione per la distorsione delle parole altrui; quindi, era altrettanto cosciente di non dover dare adito a interpretazioni.

    Per questa ragione, cercò di motivare ulteriormente il proprio quesito, esponendosi senza remore.
    -Non sono particolarmente brava a relazionarmi con le persone, per cui te lo sto chiedendo sinceramente, per capire cosa ho sbagliato. Se non capisco cosa sbaglio, non potrò mai correggermi.-
    E a Cordelia interessava capire.
    Interessava capire quella parte più umana e vulnerabile che faticava a maneggiare, in sé e negli altri, perché somigliava a una fragilissima sfera di cristallo pronta a rompersi o a ingannare ogni volta che vi posava sguardo sopra.
    Forse la Rivera le interessava perché sembrava, per alcuni aspetti, avere il suo stesso problema.

    Molte delle parole che aveva speso lasciavano a intendere- a conferma dei ragionamenti che la Corvonero aveva fatto tra sé e sé- quanto anche lei fosse, in fondo, incapace di relazionarsi con gli altri.
    - Il fatto che io abbia un modo diverso dal tuo di approcciare un discorso non mi rende priva di colonna vertebrale. A volte si chiama furbizia, a volte tatto, a volte è strategia, altre è un tentativo. Il mio mondo non è bianco e nero, Teresa. Così come aggredire non è sinonimo di avere coraggio. Ma ti ringrazio per avermi giudicata gratuitamente, e fantasiosamente, ancora una volta. Dà molto credito alle tue scuse.-
    Accennò un sorriso, lasciando scoccare ambo le sopracciglia ramate verso l’alto in un ammicco divertito per dire che sì, già: la stava davvero prendendo per i fondelli, con quell’ultima frase, come il tono ironico impiegato poteva chiaramente suggerire.

    Di fondo, non le interessava ricevere delle scuse, specie se formulate con tanta poca sostanza alla base.
    -Anche il tuo ragionamento ha molte falle. Per esempio, essere Purosangue ti porta talvolta a essere un prigioniero, in casa tua, e a essere considerato dai tuoi cari come l’esemplare migliore della loro scuderia, e a essere ammaestrato di conseguenza, costretto dentro una gabbia d’oro da cui non puoi uscire e dove non importa nulla a nessuno di quello che vuoi tu.-
    Con la stessa, incorrotta, calma pacata, snocciolò un fronte della questione che la Rivera non aveva minimamente considerato, a giudicare dalla sicurezza spietata con cui si era espressa.
    E non mancò di rincarare la dose riflessiva che intendeva offrirle.

    -Esistono diversi modi, per essere uccisi. Ed essere uccisi dentro non è granché meglio di morire del tutto, con la differenza che non esiste bandiera, né sommossa popolare, per un ragazzo Purosangue silenziosamente ucciso, giorno dopo giorno, dalla sua famiglia. Di solito, muoiono silenziosamente invisibili. In maniera meno scenografica e sociale.-
    Gli occhi verde chiaro si mantennero, intanto, lucidamente inchiodati alla figura dell'ispanica, privi di particolare espressione o moto alcuno.
    -Ma tu non sei una Purosangue, quindi... cosa puoi capirne?- la provocò, ancora una volta, volutamente, assottigliando questa volta lo sguardo e alzando un poco il capo coronato dalla chioma di fuoco.

    -E' questo il tuo metro di giudizio, no? Credi di essere l'unica a conoscere la sofferenza, visto che io non ho avuto problemi sulla mia identità sessuale, stando a quello che dici. Perché, in fin dei conti, cosa puoi saperne, anche di questo?-
    Continuò a scrutarla con lo stesso atteggiamento altero per qualche altro attimo, ed era difficile dire se lo stesse facendo in quel modo per saggiare l'effetto delle proprie calcolate parole, o se per severo giudizio.
    Quella di Cordelia, in verità, era una tattica dialettica accuratamente calcolata per penetrare le difese nemiche, se così si possono chiamare. Al pari di un raid, sondava il terreno con pochi e sceltissimi soldati.
    -E poi sarei io, quella che vuole fare la superiore. Certo che hai un bel coraggio.-

    L'ultimo pseudo-rimprovero fu accompagnato, invero, da una risatina incredula, tanto che la Corvonero abbandonò la postura plastica in cui si era mantenuta fino a quel momento per scivolare col sedere a terra e, questa volta, trovare appoggio con la schiena nel pouf alle proprie spalle, in una posa decisamente più rilassata.
    -E' triste, sai?-
    Le rivelò retoricamente, col naso che, pian piano, andava a cercare il soffitto, più che la propria controparte dialettica.
    -E' triste sentirsi bollare come utopisti perché si cerca di considerare gli altri come persone e non come categorie. Non volevo una medaglia, non mi fraintendere...- si affrettò a precisare, dato che la suscettibilità di Teresa era, davvero, per lei imprevedibile.

    -Ma trovo desolante definire “utopia” una persona in carne e ossa che sta dicendo che non le importa di che bandiera sei. Vuol dire che il tuo dolore, o una battaglia di principi, è diventato più importante della realtà tangibile che ti circonda, al punto che la respingi e rinneghi persino mentre ti sta parlando.-
    Si portò ambo le mani dietro la nuca, intrecciandole per farle da sostegno mentre osservava le travi del soffitto: avere a che fare con le persone, con la loro parte più tenera e cedevole, era estenuante, per certi versi. Almeno, lo era per lei.
    -Su una cosa, però, hai ragione: io non so quello che hai passato.- rifletté a voce alta a beneficio di entrambe, badando persino di sollevare il collo per cercare a vista la minuta figura dell'altra.

    -Probabilmente non posso nemmeno capirlo, perché il mio vissuto sarà sicuramente diverso dal tuo. Ma so ascoltare, Teresa.-
    Lo sciorinò con la disinvoltura di chi era davvero certo di ciò che stava affermando; perché, in effetti, la Crowley era davvero sicura della sua capacità di ascolto.
    Non aveva certo l'arroganza di poter portare soluzioni nella vita della Giallo Nera, ma avvertiva la sensazione- conosciuta a menadito in prima persona- che talvolta sarebbe bastato avere solo qualcuno pronto a sentire con attenzione il proprio racconto, per sentirsi, anche se di poco, più leggeri.
    -Ho voglia di ascoltarti, se tu hai voglia di raccontare. E se non ne hai voglia... beh, almeno, adesso, lo sai. Senza le tue stupide, fastidiose e giudicanti interpretazioni.-
     
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    Era stanca di tutta quella rabbia e di quella paura che le occludevano la mente. Eppure non riusciva ad uscire da quel circolo vizioso perché più l'altra parlava e più le aumentavano quelle emozioni negative. Houdini, sensibile com'era, sembrava aver capito che il suo stato mentale non era nei migliori e si rintanò tra i suoi capelli, lasciando il suo peso calmante sulle sue spalle, ma senza essere davvero in mezzo, lasciandole la libertà di non dover per forza pensare a lui mentre cercava di calmarsi. Non aveva apprezzato il rimbecco della ragazza sul fatto che era lei che mordeva, che era lei l'animale aggressivo, ma non poteva darle ragione attaccandola, quindi preferì ignorare, dando solo una grattatina al capo del piccolo furetto prima che si nascondesse tra i suoi capelli.
    “Lo stai facendo anche adesso. Con quel modo distaccato di dire le cose sembra che ti metti su un piedistallo, come se tutti gli altri fossero al di sotto di te, delle formiche da studiare perché ti incuriosiscono. Se vuoi dire qualcosa dilla direttamente, non fare mille giri di parole”
    Lei era una ragazza diretta, schietta fino al midollo, preferiva affrontare di petto i problemi piuttosto che fare mille giri di parole come sembrava adorare la rossa. E poi la stava prendendo in giro? Era seria nel dire che non capiva o era un altro suo trucchetto per farla perdere, per renderla ancora più al di sotto del suo livello di prima? Aveva conosciuto persone così, che provavano piacere nell'insultare le persone e poi far credere loro che si stessero inventando tutto, minando così la loro sicurezza. Erano quelle più infide e Teresa non sapeva se si trovava davanti qualcuno che genuinamente stava cercando di fare la cosa migliore o se era una manipolatrice che si divertiva a dare calci alle persone che erano già a terra.
    Più la ascoltava e più pensava che fosse la seconda. Sembrava che ogni punto che fosse uscito dalla sua bocca potesse essere disintegrato e ribaltato, ma se ci si prestava attenzione solo alcuni punti venivano criticati, forse perché gli altri erano inattaccabili? Stava cercando di far crollare la sua opinione facendola sentire in colpa per qualcosa che, a quanto pare, non avrebbe dovuto essere?
    “Peccato che anche nella tua teoria c'è una falla: sono purosangue” la voce le uscì quasi in un ringhio, perché, nonostante i suoi genitori fossero morti molti anni prima, il suo sangue non cambiava, le sue origini erano quelle. Non aveva avuto modo di imparare molto da loro, a sei anni si era troppo piccoli per ricordare davvero gli insegnamenti, ma il suo vivere da babbana per molti anni non cambiava quello che era.
    “E non sto screditando gli altri tipi di sofferenza, non è che perché qualcuno non è in una minoranza non può non aver avuto una brutta vita” perché qui ormai non si stava parlando più solo di appartenenza alla comunità lgbt o meno, si era ampliato il discorso a qualsiasi sofferenza, alla guerra del dolore che non voleva fare, perché non si riteneva migliore di altri solo perché aveva avuto una brutta infanzia. Dannazione, l'essere bisessuale era la parte meno problematica della sua vita, la sua era una questione di principio, perché le persone sembravano rispettare tutti gli altri problemi, ma non quello. Essere gay, trans, bi, aro... Venivano trattati come problemi di serie b, come cose che se ti eri cercato perché potevi non esserlo, giusto? Era questo il problema. Quando parlava delle sofferenze per la sua infanzia nei servizi sociali tutti capivano il suo dolore, lo prendevano come reale. Quando parlava delle discriminazioni che aveva subito per essere ispanica, almeno in America, veniva presa sul serio. Quando parlava delle discriminazioni per essere bi le veniva detto che non era niente, che doveva crescere che tanto se voleva poteva passare per etero, quindi che problema aveva?
    “Diventa utopia quando non accetti che le categorie esistono e che le differenze sono importanti anche se non le vuoi ammettere. Tu e io rimaniamo purosangue anche se il mondo decidesse di abolire il termine, perché come hai detto tu c'è una cultura e una sofferenza dietro tipiche di questa categoria. Il togliere la categoria non toglie il dolore, toglie solo le parole per esprimerlo”
    Le ultime parole della ragazza la spiazzarono, facendola tornare alla domanda che si era posta inizialmente: era davvero vogliosa di imparare o voleva solo capire come ferirla di più?
    Nessuno le aveva mai detto così chiaramente che voleva ascoltarla. Sentirla forse, solo per poter giudicare le sue azioni, ma ascoltarla per comprenderla? No, quella era una novità, qualcosa che non riteneva ormai più possibile in questo mondo in cui tutti sembravano avere la verità in tasca e non si prendevano la briga di capire da dove arrivava il punto di vista dell'altro.
    Sapeva che poteva essere detto lo stesso di lei, perché anche lei sembrava dare presto giudizi e supposizioni affrettati, ma si riteneva anche una persona pronta ad ascoltare, se solo l'altro si decideva a parlare. Se uno si nascondeva dietro giri di parole e silenzi carichi di niente come poteva lei capire quello che stava dietro al comportamento di una persona? Per quello preferiva essere schietta, aperta su quello che le passava in testa, tanto le persone capivano comunque quello che volevano, quindi perché perdere tempo a censurarsi?
    “Tutte le persone giudicano e assumono. Ho passato gli ultimi mesi ad essere odiata da tutti per questo motivo, quindi cosa mi fa credere che tu sia diversa? Perché il cercare di spiegarti il mio punto di vista dovrebbe portare a qualcosa di diverso da quello che mi ha portato parlare con altri, compresi i miei amici?”
    Era questa la cosa che più la feriva, che qualsiasi cosa dicesse veniva sempre interpretata e cambiata per farla aderire ad una narrativa che non la riguardava, che la trasformava nella cattiva della situazione. Non era una santa, non lo era mai stata e mai avrebbe preteso di esserlo, si conosceva abbastanza bene da sapere la sua enorme lista di difetti. Quindi perché fidarsi di qualcuno che non conosceva? Perché provare ad aprirsi per ottenere cosa? Altre critiche? Altre pugnalate nello stomaco?

     
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