Shopping a Notting Hill

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    Ultimamente vivevo solo per il giorno libero, avevo preso più turni del dovuto a lavoro e il risultato era che avevo passato la mattinata a dormire, per fortuna adesso ci riuscivo, non erano servite tutte le pozioni che Heather mi aveva preparato, anzi ne avevo presa solo una il primo giorno ma poi ero riuscita ad addormentarmi da sola, avevo il sospetto che tutto ciò di cui avessi bisogno era solo parlare con qualcuno, una persona amica.
    Non tutto il male però veniva per nuocere, se non avessi sofferto di insonnia non avrei conosciuto la mia pozionista preferita e ci avevo guadagnato un intenso pomeriggio di shopping, una delle cose che più adoravo fare. Di solito ci andavo da sola ma con un’amica doveva essere ugualmente divertente. Le avevo dato appuntamento a Notting Hill, più precisamente all’uscita della metropolitana, lo so avremmo potuto usare i soliti trucchetti da strega ma adoravo servirmi dei mezzi pubblici, era un modo per rilassarmi e per vedere movimento. Londra era una città colorita e ogni quartiere era a suo modo diverso.
    Avevo scelto Notting Hill perché non solo era uno dei quartieri che si prendeva molto poco sul serio, ma era anche il centro della moda vintage londinese, ricco di negozietti di ogni tipo, era impossibile che la mia amica non trovasse qualcosa, di solito preferivo Camden Town ma forse per lei era un po’ troppo almeno la prima volta. Per ingannare l’attesa sorseggiavo un hot chocolate, una delle cose che amavo degli inglesi era che loro sorseggiavano qualsiasi cosa mentre camminavano, erano sempre con un termos in mano e soprattutto camminavano velocemente come avessero sempre qualcosa da fare, una roba che per noi americani era piuttosto strana dato che prendevamo le cose con più relax.
    Per l’occasione avevo scelto un outfits comodo, un leggero maglioncino rosa con le maniche a sbuffo, jeans stretto e delle converse rigorosamente platform e nere, non poteva mancare ovviamente la maxi borsa a tracolla e gli occhiali da sole. Super pronta per una giornata di shopping sfrenato, non ero certa però che Heather avrebbe resistito molto, la prima cosa da fare era di sicuro individuare il suo stile, non ero una di quelle che tentava di cambiare le persone, ognuno a modo suo doveva era speciale, magari avrei potuto spingere sui colori giusti, giusto per una questione di armocromia ma le avrei dato libera scelta. Controllai l’ora giusto per esser certa di non aver sbagliato, cercavo sempre di essere in anticipo per non essere in ritardo, una tattica terribile perché mi costringeva a lunghe attese snervanti, questa volta però ero in orario quasi perfetto, tutto ciò che mancava era la pozionista.
     
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    Non avevo la più che pallida idea del perché avevo suggerito proprio quell'uscita. Forse perché volevo metterla più sul suo campo, visto che il nostro primo incontro era stato puramente nel mio, forse perché fondamentalmente ero masochista, forse perché... non importava quale fosse il motivo, mi aspettava una giornata di Shopping, cosa che non avevo mai fatto volentieri.
    Il mio armadio era composto dagli stessi capi da ormai anni. Le uniche aggiunte erano state qualcosa di più elegante e maturo per i colloqui di lavoro o per le cene, giusto per non sembrare una dodicenne con i maglioni oversize e i jeans che portavo di solito.
    Non volevo farle pensare che il mio stile fosse altro, quindi anche quel giorno avevo optato per un paio di jeans talmente usati da essere anche i più comodi che avevo – prova del fatto che senza la cintura in vita non mi stavano su – e una felpa crop rosa, la più carina tra quelle che avevo, visto che di solito preferivo quelle grafiche che mi facevano sembrare davvero una bambina piccola. Converse nere ai piedi, rigorosamente basse perché se no finivo a terra nel giro di mezzo secondo, e via nella metro di Londra. Essendomi trasferita sopra il negozio dovevo fare poca strada per avere accesso a tutte le comodità babbane ed essendo io cresciuta nel mondo babbano mi sentivo a mio agio a prendere mezzi e spostarmi in mezzo alla folla.
    Arrivai giusta, ma a quanto pare Indigo mi aveva battuto sul tempo perché la trovai già lì ad aspettarmi e... Ok no, perché lei sembrava una modella e io un carciofo?
    “Credo che abbiamo avuto la stessa idea sul come vestirci oggi... Solo che non è giusto, a te sta benissimo e sembri perfettamente alla moda, io sono ad un passo dal sembrare una bambina di dodici anni che va a scuola per la prima volta da sola!”
    A quanto pareva erano i piccoli tocchi a rendere l'abbigliamento più o meno adatto e io non avevo mai imparato, né mi interessava imparare. Ero felice con la mia comodità, non volevo dover passare ore a pensare a come abbinare le cose per farle sembrare in un certo modo. Mi copriva? Riuscivo a muovermi? Per me bastava.
    “Allora maestra, da dove iniziamo? Ammetto di aver sempre evitato questa parte della città perché mi sembra troppo...” agitai le mani davanti a me, corrucciando la fronte e arricciando le labbra, cercando di trovare la parola giusta che non fosse però troppo offensiva “chic”
    Ecco, non era offensivo giusto? Semplicemente non era una cosa per me. Speravo solo che non si pentisse di avermi portato dietro, perché più di qualcuno mi aveva detto che ero 'un uomo' quando si trattava di queste cose e sapevo che le ragazze adoravano lamentarsi di quanto fosse stressante andare a fare shopping con i loro compagni.
    “Non devo comprare niente di specifico, solo magari aggiornare qualche capo che ormai ha i buchi da quanto l'ho messo... Sono sicura di avere ancora un maglione di quando avevo quindici anni nell'armadio ed è in perfette condizioni” se per perfette condizioni si intendeva talmente usato da essere deformato e sbiadito. Ma ehi, mi piaceva così e lo amavo troppo per buttarlo.
    “Come stai comunque? Va un po' meglio con il sonno? Non lo chiedo dal lato lavorativo, oggi niente lavoro! Ero solo preoccupata...”
    Distolsi lo sguardo, mordendomi un labbro imbarazzata. Avevo già iniziato a mettermi una scarpa in bocca? Era presto, di solito riuscivo ad arrivare a cinque minuti di conversazione filati prima di fare figure di cacca.
     
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    Non ero nervosa no, avvertivo solo una certa ansia da prestazione da nuova amicizia, mi succedeva tutte le volte e ormai da quanto non uscivo con un’amica? Una vita praticamente quindi alternavo momenti di euforia con momenti di totale paura. Non volevo assillarla ne stressarla, se aveva accettato di farsi accompagnare non voleva dire che la mia opinione era necessaria, l’avrei espressa ma moderatamente. Non ci volle molto prima di vederla arrivare, non riuscì a trattenere la risata e per poco non sputai vergognosamente la bevanda che stavo sorseggiando, la risata non era dovuta al suo stile no anzi, era adorabile. Ridevo perché ci eravamo vestite quasi coordinate ma ognuna a modo suo, io con indosso un maglioncino rosa e lei una felpa corta, molto bella, peccato per i jeans ma a tutto c’era rimedio. “Non è vero, hai stile mi piace e poi la moda è sempre controcorrente, ciò che ti sembra bello in genere non lo è” Non sembrava una grande carineria ma lo era dopo tutto, aveva il suo perché, io l’avrei guardata se fossimo state in un bar, era una ragazza che nella sua semplicità si faceva notare. Non mi ero mai sentita una modella, forse a volte troppo sottovalutata per via del l’aspetto fisico, ma non avevo mai avuto problemi in questo senso, forse anche per questo riuscivo ad esprimere me stessa in libertà, ero fortunata e lo sapevo bene.
    “Inizierei dal cercare un paio di jeans” ecco c’ero già, non volevo farla sentire a disagio, dovevo ascoltare i suoi gusti e permetterle di scegliere ciò che più le piaceva anche se io non l’avrei indossato nemmeno morta. Spostai gli occhiali da sole dalla testa per indossarli, “questa parte della città che tu chiami chic non è neanche lontanamente ciò che sembra, devi solo sapere dove cercare e per fortuna tu hai me” sorridendo mi pavoneggiai un po’, ero davvero esperta e poi sentivo la pressione sulla pelle, volevo che si sentisse a suo agio e che si divertisse.
    “Devi farmi vedere quei maglioni, potrebbero tornar di modo” La presi sotto braccio mentre con l’altra mano stringevo ancora il bicchiere termico con la bevanda quasi finita, iniziai a camminare tirandomela un po’ dietro.
    “Dunque, prima regola per fare uno shopping sereno, non si parla di lavoro, seconda regola: sentirsi liberi di sperimentare o di non farlo, terza regola ma questa è più per me che per te: non giudicare i gusti altrui” Ridacchiai un pochino mentre le indicavo dove andare. “Allora.. Conosco un negozietto che potrebbe fare al caso nostro, felpe, jeans, restiamo sul boho chic che ne dici? Penso tu abbia capito che sono riuscita a riposare benissimo” l’euforia era lampante..
    Avevo deciso di portarla in un piccolo negozietto che avevo scoperto per caso, non era il solito posto in cui acquistavo le mie cosine, mi ci ero rifugiata un pomeriggio per scappare dalla pioggia ma a lei sarebbe di sicuro piaciuto.
    “Ci siamo quasi, ti avverto, c’è tanta roba esposta ma non ti preoccupare, ti aiuto io” mancava poco in effetti perché ci ritrovammo davanti la vetrina del negozio. Al suo interno arelle di capi di vario tipo erano disposte in maniera confusa, felpe, giacche di jeans, converse, tutto più o meno nel suo stile. “Sei pronta?”
     
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    Una smorfia mi si stampò in faccia, un misto tra l'incredulità di sentirla dire che avevo stile e l'essere perfettamente d'accordo con la sua analisi della moda ed esserne al contempo disgustata. Non l'avevo mai capita, non aveva senso, se dovevi guardare quello che mettevano gli stilisti sulle passerelle sembrava un misto tra un museo di arte moderna e un museo degli orrori.
    “Cos'hanno i miei jeans che non va? Sono comodi” le chiesi, guardandomi i poveri pantaloni, oggetto della frecciatina, e cercando di capire quale fosse il problema. Erano usati, ok, però erano ancora perfetti no? I jeans appena comprati erano super scomodi, non riuscivi nemmeno a muoverti, forse era per questo che preferivo usare sempre quelli vecchi e non mi avevano mai tradito.
    Ad essere onesta mi sentivo un po' frastornata. Adesso che era riposata sembrava avere una batteria illimitata e se da un lato quella frizzantezza le donava, sembrava davvero essere più se stessa di quanto l'avevo vista l'ultima volta, dall'altro era caotica e facevo davvero fatica a starle dietro. Per fortuna mi aveva preso sotto braccio per portarmi avanti, altrimenti sarei rimasta lì imbambolata a fissare il nulla... Eppure sentivo il rossore che si faceva strada sulle mie gote, scendendo fino al collo, perché non ero abituata al contatto fisico, era qualcosa di cui avevo estremo bisogno ma che allo stesso tempo temevo, quindi ogni volta che anche qualcosa di così semplice accadeva mi sembrava una cosa enorme.
    “Si ti prego, non mi giudicare, so benissimo di non avere proprio questo gran stile, ma funziona, mi fa sentire a mio agio ecco...” per fortuna aveva detto che ero libera di provare quello che mi sentivo, perché c'erano certe cose che proprio non riuscivo a superare e mi sa che gliene dovevo parlare se volevo sperare che non si impuntasse su certi capi che mai e poi mai avrei messo.
    “Ok, mi affido completamente a te. Sono pronta. Solo che...” mi mordicchiai il labbro, guardando dentro il negozio e iniziando già a sudare freddo per la quantità esagerata di vestiti che c'erano. Come diavolo faceva qualcuno a trovare qualsiasi cosa in mezzo a quel casino?
    “Avrai notato le cicatrici. Non preoccuparti, so che sono abbastanza evidenti ed è impossibile che non ci cada l'occhio, anzi, volevo ringraziarti per non aver chiesto niente a riguardo...” ok Heather, stai divagando, dritta al punto e smettila di fare mille giri di parole “Il punto è che sul braccio sono ancora più evidenti e quindi non metto mai niente che possa metterle troppo in mostra ecco”
    Adesso si che sentivo il calore dell'imbarazzo colorarmi di porpora l'intero viso, ma non potevo farci niente. Per quanto provassi a dirmi che ero a mio agio con quello che avevo fatto e che l'avevo accettato, parlarne con gli altri era sempre imbarazzante e avrei preferito non toccare proprio il discorso.
    “Quindi se per caso ti venisse la malsana idea di farmi provare vestiti o maglie particolari – anche se ti avviso che non sono per niente il mio stile – scegli qualcosa che copra le braccia? Ti prego?”
    Odiavo sentirmi così debole, sentirmi vulnerabile ed esposta. Volevo essere una donna confidente e sicura di se, capace di fregarsene del giudizio altrui e mostrare con orgoglio il suo corpo. Eppure ancora non ci riuscivo davvero. Era troppo presto, dovevo fare ancora ammenda e finché non fossi riuscita a farla non credo sarei mai stata capace di accettare quella parte di me.
    Entrare nel negozio fu traumatico come me l'ero aspettato. C'erano talmente tanti vestiti, rumori e odori che mi girava la testa. Non avevo la più che pallida idea di dove iniziare e stavo girando per il negozio come un'anima in pena, passando da una rastrelliera all'altra senza un vero senso logico. Guardavo un capo, cercavo la taglia e o non era giusta o mi cadeva l'occhio sul prezzo e veniva immediatamente rimesso al suo posto. Ero fatta così, se qualcosa non mi colpiva davvero a prima vista e non aveva un prezzo ragionevole non sarebbe mai venuto a casa con me.
    “Dimmi che tu hai trovato qualcosa, perché io sono totalmente persa...” avevo rivisto Indigo e come un anatroccolo sperduto ero corsa verso di lei, cercando la sua protezione da quei vestiti che al momento erano il male in terra.
     
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    Non volevo metterla a disagio per via di ciò che indossava, capitava anche a me di mettere la prima cosa che trovavo davanti e poi ero abituata a vederne di ogni, il modo in cui la gente si vestiva non era poi così importante, non lo era mai stato per me.
    “Possiamo trovare qualcosa di comodo e allo stesso tempo carino, chi ti dice che la moda non è comoda mente, dipende tutto da cosa scegli” i suoi jeans non avevano niente di sbagliato, erano carini ma forse non la valorizzavano come avrebbero dovuto, non mi sarei mai imposta a riguardo, dipendeva solo da lei, avrei semplicemente acconsentito ad ogni sua decisione evitando pareri inopportuni.
    “Bene se sei pronta allora entriamo” Strozzai le parole in gola quando il suo evidente disagio si manifestò, avevo notato le sue cicatrici ma non avevo fatto domande, erano sicuramente motivo di disagio e dolore, forse ricordi di eventi terribili, non era affar mio ma apprezzai tanto che avesse notato il mio silenzio.
    La guardai con dolcezza, quanto doveva aver sofferto quella ragazza? Non conoscevo l’entità delle cicatrici sul braccio ma se erano peggio di quelle sul collo allora non osavo immaginare, le sfiorai il braccio con la mano, un gesto istintivo ma rassicurante.
    “Non devi preoccuparti, sceglierai tu e selezioneremo solo capi a maniche lunghe, se l’altro braccio non ha cicatrici possiamo sempre scegliere maglie con una manica sola, si usano molto”
    Tentai di sdrammatizzare cercando di essere carina, doveva essere un enorme disagio per lei, non le avrei mai chiesto come se le fosse procurate, non doveva dirmelo per forza erano cose sue, piuttosto l’avrei aiutata a rilassarsi e a dimenticare in parte tutto quanto. Lanciai il bicchiere di cartone nel bidone poco distante facendo centro, mi voltai verso di lei abbassando gli occhiali da sole quel tanto che bastava per poterla osservare e per lasciare che lei osservasse me.
    “Stabiliamo una parola d’ordine, una piccola parola quello che vuoi tu, tipo -Fiore- oppure -Gelato-, quando la pronuncerai allora ti tirerò fuori da lì” lo avrei fatto davvero se me lo avesse chiesto, sentivo di volerla proteggere, quell’anima sensibile meritava di rilassarsi e io l’avrei aiutata, le porsi in avanti la mano per stringere la sua, “che dici? Affare fatto?” le strinsi le mano ed entrammo nel negozio.
    Non feci chissà cosa, mi limitai ad osservarla lasciandola libera di esplorare la cosa, un’esperienza sicuramente nuova, mi resi subito conto di quanto fosse in difficoltà, gironzolava tra le rastrelliere con enorme fatica, ogni tanto curiosava con i cartellini ma rimetteva tutto apposto, mi venne incontro, aveva decisamente bisogno di una mano.
    Non le chiesi la taglia, indossava felpe leggermente oversize e ci saremmo orientate su quello, per il budget ovviamente il prezzo più basso, così facevo anche io.
    “Dunque, cosa stiamo cercando esattamente? Una felpa? Jeans?” Aveva un fisico minuto ma carino, era una bellissima ragazza e avrebbe potuto osare, la sua felpa rosa comunque voleva dire tanto, era aperta ai colori. Iniziai a curiosare anche io tra i vari reparti, notai quello dei cardigan, potevano essere indossati sia chiusi che aperti con qualcosa sotto, ne tirai fuori uno verde con dei piccoli funghetti sulle tasche, adorabile e rigorosamente a maniche lunghe, nell’altra mano invece una felpa con le orecchie da gatto. “Non uccidermi ma dovresti provarle.. il cardigan si abbinerebbe benissimo ai tuoi capelli rossi e sono certa che saresti molto carina con la felpa con le orecchie da gatto intenta a preparare pozioni” Provai ad impietosirla con gli occhioni ma non ero certa di riuscirci, la felpa in realtà aveva lo scopo di farla sorridere..
     
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    Apprezzavo davvero molto il suo modo calmo e rassicurante di parlarmi. Non mi sentivo infantilizzata o ridicolizzata per i miei problemi, ma ascoltata e capita. Era da tanto che non trovavo una persona che accettava semplicemente quello che gli dicevo e che si basava su quello senza chiedere perché o mettere in dubbio qualcosa del mio discorso. Per quanto amassi i miei amici erano tutti Corvonero e sapevo bene che esserlo significava mettere in dubbio tutto, anche la nostra stessa esistenza. Indigo mi sembrava più una Tassorosso, o una Grifondoro dal suo modo di fare e con l'età che avanzava stavo imparando ad apprezzare anche i rosso-oro, cosa che all'epoca ritenevo impossibile.
    “Grazie... Se dico tulipano mi tiri davvero fuori senza chiedermi niente?” ero un po' scettica, lo ammetto, ma era solo perché non avevo fiducia in me stessa nel rispettare certi limiti imposti, figuriamoci fiducia in un estraneo. Avevo scelto quella parola perché non era così strana da sentire dentro un negozio di abbigliamento, esisteva lo stile a tulipano delle gonne, giusto? Però era qualcosa che non avrei mai scelto per me, quindi ero abbastanza certa di poterlo dire senza destare sospetti in altri, ma allo stesso tempo che fosse abbastanza impossibile per me da dire se non con quell'intento.
    Per fortuna dentro il negozio fu altrettanto disponibile da mollare quello che stava facendo per aiutarmi nella scelta di uno stupido capo. Mi sembrava davvero un impresa titanica, per lei invece era di una semplicità disarmante girare per i vari reparti e tirare fuori i giusti pezzi, quasi se a colpo d'occhio riuscisse ad individuare tra le mille scelte quella perfetta.
    “Si, immagino di si” difficile risponderle quando nemmeno io sapevo cosa stavo cercando. Avevo due modalità di shopping di solito: o avevo una cosa specifica in mente e andavo dritta su quella, oppure non avevo idee e vagavo alla ricerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione. Al momento ero nella seconda e non avevo la più che pallida idea di cosa avrei finito di comprare a fine della giornata.
    Quando mi presentò le due scelte dovetti fermarmi un attimo per rifiutarle immediatamente. Mi morsi la lingua, figuratamente ovvio, e rimasi un attimo a fissare i due pezzi e se a prima impressione li avevo odiati, più li guardavo e più iniziavano a piacermi.
    “Non sono convinta del cardigan, ho paura che mi renda ancora più infantile di quello che già sembro” avere l'aspetto che avevo era utile da un certo punto di vista, perché sembravo più giovane della mia età e chi non voleva sembrare più giovane? Ma dall'altro faticavo a farmi prendere seriamente, le persone tendevano a minare la mia autorità fino a che non capivo come impormi e avevo scoperto che l'abbigliamento era una parte importante della percezione che gli altri avevano di me. “Però è davvero adorabile...”
    Amavo le cose cute. Erano così adorabili e tenere che non potevi volerle indossare, anche se poi sapevi che saresti sembrata una versione troppo cresciuta di una bambina. L'altro capo invece avevo immediatamente pensato ad un no, perché davvero, chi è che metteva una felpa con le orecchie da gatto senza sembrare ridicola? Però sembrava così comoda... Ed era dannatamente adorabile. Dannazione, non potevo farmi fregare così!
    “Se me lo mettessi per preparare pozioni rischierei di prendere fuoco un giorno si e l'altro pure, ma da mettere in casa... No, ha senso comprare qualcosa da mettere solo in casa?” di solito usavo solo pigiami o cose troppo logore per essere usate in pubblico, perché amavo i miei vecchi vestiti e facevo fatica a separarmene. Comprare qualcosa di specifico da essere indossato a casa? Non credevo di averlo mai fatto.
    “Hai un buon occhio sai? E una buona idea di quanto spingermi senza rendermi a disagio” le feci notare, cercando di spostare un attimo l'attenzione su di lei mentre nella mia testa valutavo i pro e i contro di ogni pezzo, cercando di capire quanto li avrei indossati o se invece sarebbero rimasti nell'armadio a marcire. Quello mi sembrava uno spreco assurdo.
    “Sei sempre stata così o è una dote acquisita con il tempo? Perché non riesco ad immaginarti da ragazzina ad essere così matura da capire quanto spingere e quanto frenare. Non che stia dicendo che eri immatura, ma mi ricordo di come ero io ai tempi di Hogwarts e... Beh diciamo che per quanto mi atteggiassi a Caposcuola perfetta ero tutto tranne che con la testa sulle spalle”
    Adoravo ripensare a quei tempi con una nuova consapevolezza. Mi rendevo conto di quante cose avevo dato per scontate, di quanto mi fossi creduta migliore di quello che ero. Era una bella doccia fredda per la me del passato, però un aiuto per la me del futuro. Ma a quindici, sedici o anche diciassette anni chi è che ha tutto sistemato e può dire di essere già completamente formato e perfetto? Nessuno, ecco chi. Quindi non mi era difficile immaginarmi una piccola Indigo che cercava di spingere i bottoni delle persone esagerando a volte. Era normale, anche se immagino che fosse fastidioso per chi era soggetto ai suoi esperimenti.
     
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    Non mi ero resa conto fino a che punto per lei lo shopping fosse un disagio, per me era un divertimento semplicissimo ma per Heather sembrava un vero incubo, dovevo valutare, non dovevamo farlo per forza, non era dovuta ad autotorturarsi, dovevamo divertirci e rilassarci, semplice. Nessuna pressione. Aveva scelto dunque tulipano, una parola insolita ma adorabile, non lo sapeva ma amavo i fiori, non quelli che puzzavano di cimitero, no quelli no, il profumo dei fiori da campo era invece inebriante. Le fresie, quelle erano le mie preferite, delicate e dal profumo dolce, mia mamma le piantava spesso in primavera, tutta la casa ne era adornata. “Tranquilla ti tirerò fuori immediatamente”, l’avevo rassicurata il più possibile, non doveva sentirsi a disagio, anche se l’avevo messa in difficoltà che le due scelte che avevo fatto, il cardigan era troppo grazioso e l’avrei acquistato per me, la felpa anche, eravamo diverse però dunque normalissimo, se non voleva osare con qualcosa di diverso l’avrei capito.
    “Non sei infantile, solo carina. Ma se non ti piace passiamo ad altro.. Questo lo compro io” Lo poggiai sul braccio con dimestichezza, ero esperta, riuscivo a ricoprirmi di vestiti e allo stesso tempo a mantenere un perfetto equilibrio.
    “Lo so, è adorabile ma non devi metterlo per forza, troveremo qualcosa di più adatto” ok dovevo ridimensionare l’entusiasmo, forse il modo giusto di agire era cercare qualcosa che di sicuro non mi piaceva, avevamo gusti differenti magari ci avrei preso. Con gli occhi passai in rassegna tutte le arelle esposte, colori smorti, maniche lunghe, felpe, possibilmente larghe, ecco ciò che faceva al caso nostro, ma prima di portarla lì dovetti dissentire su ciò che disse.
    “Invece ha senso comprare qualcosa da indossare in casa, lo fai per te stessa, per sentirti bene. Anche una semplice tuta può farti sentire bellissima, ma è giusto regalarti qualcosa solo esclusivamente per te, per i tuoi momenti con te stessa.” Non tenevo a me solo per far piacere agli altri, quando ero sola a casa mi piaceva comunque indossare un pigiama carino, un intimo sfizioso, lo facevo semplicemente per me stessa punto. Solo per me. Era un modo per star bene, ero serena quando mi sentivo a mio agio.
    “Credo si tratti di empatia, con quella ci nasci ma non sono sempre stata così serena, ero terribile ai tempi della scuola, sono finita in punizione innumerevoli volte, molto indisciplinata. Quindi sei stata caposcuola? Chissà se ci siamo beccate tra i corridoi, dovremmo essere più o meno coetanee o no?” Forse anzi sicuramente avevamo frequentato Hogwarts contemporaneamente, i sette anni erano un lasso di tempo molto lungo per non essersi mai beccate. “Odio la perfezione, è noiosa. E poi tutti commettiamo degli errori, ci rendono quello che siamo. Non dico che rifarei tutto nella vita ma sicuramente se sono ciò che vedi è anche grazie al passato” non conoscevo la sua storia, l’entità dei suoi errori o dell'esperienza negative che aveva vissuto, ma ero certa che il passato non dovesse essere mai rinnegato, si può sempre rimediare, sempre anche quando tutto sembra perduto.
    “Ora seguimi, ho visto una cosa che potrebbe piacerti” mi avvicinai all’arella che avevo notato poco prima, selezionai una graziosa felpa crop top marrone sblusata in vita, comoda ma carina, aveva quel piccolo tocco particolare che la rendeva deliziosa, il marrone poi doveva essere uno dei suoi colori dato i capelli rossi. “Che ne pensi? Solo opinioni sincere” ne presi poi un’altra con una scollatura vedo non vedo. “Poi.. C’è questa, un vedo non vedo sempre nel tuo stile mi pare, potresti indossarla per riconquistare qualcuno” Sottolineai l’ultima parola, c’era qualcuno nel suo cuore, voleva riprovarci anche se la storia sembrava ormai finita, forse tutto quello che serviva era un pizzico di coraggio.
    "Ho l'impressione che tu non abbia consapevolezza della tua bellezza. Non si tratta solo di bellezza esteriore ma anche interiore, sei una ragazza luminosa Heather, forse ti manca solo un bel sorriso su quel visino carino e potrai conquistare il mondo e soprattutto chiunque tu voglia." Non riuscivo davvero a capire che cosa potesse tormentarla così tanto, si notava il suo disagio, non era solo una questione di shopping o cicatrici, la sofferenza che l'attanagliava la percepivo, ma era così dolce e carina, non riuscivo ad immaginarmela diversamente.
     
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    Si, decisamente vedevo bene quel cardigan addosso ad Indigo. Con il suo corpo e la sua solarità non l'avrebbe resa infantile, solo tenera e bellissima. Bisognava dare a Cesare ciò che era di Cesare e ammettere quando qualcosa stava meglio ad altri che a se stessi.
    “Prendilo pure, ti ci vedo con questo addosso” commentai, cercando di farle un complimento, anche se non so quanto fosse riuscito. Sembrava più una frase di cortesia, ma lo dicevo sul serio. Non è che perché non mi piacesse fare shopping e mettere vestiti carini non apprezzavo le altre quando lo facevano, anzi. Adoravo vedere le donne super femminili, i loro corpi avvolti in quegli abiti che risaltava le loro curve e valorizzava la loro femminilità. Avevo un debole per le femme, o le lipstick come le chiamavano adesso, cosa potevo farci?
    “... Ti prego dimmi che il doppio senso era voluto, perché adesso ho troppo l'immagine in testa e non riesco a togliermela” dannazione a me e alla mia libido a palla. Era facile immaginarsi Indigo in camera ad avere 'un momento con se stessa'. Dovetti obbligarmi a non lasciar andare la fantasia, perché sarebbe stato facile, troppo. No Heather, cattiva! Non puoi immaginarti tutte le tue amiche fighe in quelle situazioni, anche se ormai erano più di tre anni che ero a secco. Da quando avevo smesso di bere avevo giurato che mi sarei tenuta lontana anche dalla relazioni occasionali e non avevo mai avuto tempo o voglia di iniziare una relazione seria, quindi il risultato era che dovevo bastare a me stessa da tanto, troppo tempo. Non si poteva farmi un torto se la mia testa andava lì, no?
    “Lasciami indovinare, Grifondoro?” quella descrizione mi aveva confermato il mio sospetto e potevo quindi capire perché non l'avessi mai incontrata ad Hogwarts nonostante fossimo quasi coetanee “Si ero Caposcuola Corvonero, molto protettiva con i miei Corvi, ma molto odiosa con i Grifi... Avevo un odio assurdo per loro all'epoca, non ce n'era uno che mi stesse simpatico, no dai, una sola.... colpa del fratello della mia ex e dei suoi lecchini che mi hanno dato l'impronta sbagliata... Però adesso ho cambiato idea, sto iniziando ad apprezzare gli ex Grifondoro” le feci l'occhiolino, cercando di guardare anche io tra i vestiti, ma rinunciando velocemente perché mi sentivo sempre più esausta e in panico. E avevamo appena iniziato. Mi piaceva però seguirla come un cagnolino, guardarla era interessante, quasi quanto studiare un esemplare raro in mezzo alla natura, e le chiacchiere non erano male, quindi potevo sopportare giusto?
    No sbagliato. La prima opzione che mi aveva presentato era abbastanza sicura, il colore perfetto, il taglio simile a quello che già indossavo, anche se non ero sicura di quanto stretta fosse in vita, ma poteva andare. La seconda invece...
    “Assolutamente no! Togli quel mostro dalla mia vista!” dire che ero inorridita era poco. Come pensava che potesse starmi bene una cosa del genere? Apertura era proprio sul seno, con l'intenzione di far vedere la linea tra un seno e l'altro, e lasciar intendere che ci fosse altro sotto... Bene, io manco quella avevo! Si sarebbe aperto sul piatto totale, proprio una bella vista.
    “E non penso proprio che A... La mia ex sia così facilmente riconquistabile, di certo non per dei vestiti...” non volevo usare il nome di Ania, la sentivo come una cosa mia, qualcosa che dovevo proteggere con tutte le forze. Anastasia mi aveva detto più volte che non capivo cosa volesse dire essere famosa, avere gli occhi di tutti addosso. Anche un nome aveva la sua importanza, così me lo tenni stretto, incapace di confidarlo a questa nuova amicizia. Eravamo ancora all'inizio, non sapevo niente di lei e io non ero mai stata incauta, soprattutto non con la sicurezza delle persone che amavo.
    “...” arrossii alle sue parole, incapace di far uscire niente dalla bocca se non versi sconclusionati. Non ero abituata a sentirmi dire che ero bella, soprattutto non dentro. Troppe persone mi avevano detto che ero marcia, che eri sfortunato a finire tra le mie grinfie, perché rovinavo tutto quello che toccavo. E non avevano tutti i torti, avevo una lunga lista di persone ferite alle spalle che lo dimostravano. Eppure ci stavo provando ancora. Quanto mancava a rovinare anche questo rapporto? Quanto ci avrei messo a far soffrire anche lei?
    “Non ho molte speranze nel conquistare le persone... Non sono così adorabile come pensi, non ho un passato di cui vado fiera e il mio presente è ancora tutto per aria. Mi dispiace deluderti”
    Abbozzai un sorriso, prendendole dalle mani la felpa marrone e tenendola stretta. Quella potevo comprarla, potevo fare questo sforzo per avere un ricordo, quando tutto sarebbe andato a puttane.
    “Sono pansessuale, è vero, ma sono demi-romantica. Ho giurato che non avrei più fatto sesso con sconosciuti e difficilmente mi innamoro di qualcuno” soprattutto se Ania era ancora così presente nel mio cuore “quindi la rosa dei candidati è praticamente zero”
    Assurdo come non avessi problemi a parlare della mia sessualità, ma non riuscissi ad accettare un complimento senza fare storie e deprimermi. Forse ero davvero storta, forse non ero fatta per essere normale.
     
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    Il cardigan lo avrei preso di sicuro, avevo una passione per i cardigan brutti e vintage, ne possedevo chissà quanti e continuavo a comprarne di nuovi, non ci potevo fare niente, c’era chi era pazzo per le scarpe e chi come me invece moriva per stupide giacchette con cuoricini o funghetti ricamati, roba da nonnine comunque. Non riuscì a trattenere la risata, non era assolutamente voluto il doppio senso anzi in realtà non ci avevo pensato ma era una cosa normale per me, passare del tempo con me stessa in quel modo era naturale, chiunque avrebbe dovuto farlo. “Non era un doppio senso signorina ma non ti deluderò, dovresti provare. È piuttosto divertente” non ero mai imbarazzata quando si parlava di certe cose, anzi mi divertiva e lei era in evidente imbarazzo, la cosa mi divertì ancora di più, strizzai l’occhio sorridendo. “Non ti facevo tanto sveglia, allora anche tu hai dei punti.. deboli” Era solo una provocazione divertente, quando sorrideva era più carina, il volto si distendeva e poi ammettere di avere una propria libertà sessuale faceva bene al corpo e alla mente.
    “Si Grifondoro ci hai preso in pieno” da sempre orgogliosissima della mia casata, lo smistamento fù il primo momento in cui sentì di appartenere a qualcosa, la casata non era solo una categoria, era molto di più, gli amici migliori, la famiglia, casa. “Non deve esser stato un bel periodo quello scolastico per te eh, i Grifondoro sanno essere dei veri stronzi, lo so bene. Non tutti però, io sono un cuore di panna” di tanto in tanto guardavo tra i vestiti in cerca di qualcosa, non ero certa di poterle chiedere qualcosa sul suo passato, potevo? Celava qualcosa di profondo e oscuro, avevo paura che i vecchi ricordi rovinassero il momento divertente che avevamo ricreato, anche perché mi stavo realmente divertendo dopo tanto. Scoppiai a ridere quando fù inorridita dalla felpa con la scollatura, troppo per lei ma la mia era solo una provocazione. “E va bene lo metto via, ma fattelo dire. Hai una pessima opinione di te stessa” lo rimisi in fondo all’arella, non ero offesa anzi, con questo piccolo giochetto la stavo conoscendo e la cosa mi piaceva moltissimo.
    “Dimentichiamo gli ex per un secondo, al diavolo loro e tutto il resto. Non sanno quello che si perdono e di sicuro la tua ex non merita di vederti indossare la felpa super sexy, io di sicuro merito di vederti indossare quella con le orecchie da gattino però.” Fanculo gli ex, fanculo Solomon anche se non potevo definirlo ex, fanculo la ex di Heather e fanculo tutti gli ex del mondo.
    Avevo l’impressione che Heather si trascinasse dietro la pessima opinione che aveva di se stessa, questa cosa mi turbava, ero certa che tutti meritassero una seconda possibilità, non bisognava pagare in eterno per gli errori del passato, era una cosa molto folle, troppo triste.
    “Basta così ragazza, nomini troppo spesso il passato, dovresti imparare a vivere nel presente accettando quella che sei ora, inizia ad apprezzarti, ci vuole solo un po’ di pratica ma puoi riuscirci." mi ero spinta forse troppo in là ma era un peccato vederla così cupa.
    “Comunque nessuna delusione, essere demi-romantica è un bene, fare sesso con perfetti sconosciuti è una seccatura, quando si comincia è tutta un euforia ma al mattino dopo.. Mai fatta la camminata della vergogna? Io si. Terribile.” La camminata della vergogna consisteva nel fuggire la mattina dopo dal partner sconosciuto, con gli stessi vestiti indosso e il più delle volte le scarpe in mano, ci ero passata e non ne andavo poi così fiera. “Non voglio essere indiscreta o troppo sfrontata ma.. sei la miglior candidata per te stessa al momento, puoi sempre divertirti.. da sola.” Sussurrai la frase evitando così che la commessa potesse sentire “Noi donne abbiamo infinite possibilità, dovresti comprare un vibratore, lui non ti deluderà mai, tranne quando si scarica. Lì è peggio di qualsiasi delusione d’amore.” ok com’ero finita a parlare di questo con lei? Era forse troppo? L’avrei sentita urlare di lì a poco la parola tulipani? Forse, ma pazienza, un’amica in fondo era anche questo, un briciolo di follia era quello che le serviva. “Non gridare tulipani ti prego, giuro di non metterti più in imbarazzo e ti regalo la felpa così quando la indossi ricorderai questa giornata” le strappai la gruccia dalle mani lanciandomi in direzione della cassa per pagare.
     
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    Inarcai un sopracciglio, ma non dissi niente per cambiare la sua idea. Avevo ragione, tutto di me urlava infantile, le persone si convincevano che fossi chissà quale mostro di purezza e candore, che non sapessi cosa fosse la masturbazione o che non la praticassi perfino. Ero in imbarazzo per le immagini che avevo in testa, per aver immaginato la mia – speravo – nuova amica in un contesto così intimo. Non cercai di disilluderla, risi semplicemente facendo andare avanti il discorso, perché era inutile dire cose a cui nessuno avrebbe creduto.
    “Oh no, io ho amato Hogwarts, è stata la mia casa, la mia salvezza per molti anni. Poi l'ho fatta diventare io un incubo, ma non è colpa del luogo o delle persone... Tranne dei Grifondoro. Tu sarai stata un eccezione magari, ma quei due stronzi erano i tipici Grifondoro cazzoni che si divertivano a farmi sentire inferiore perché non ero coraggiosa come loro, perché pensavo alle cose prima di farle. Diciamo che l'odio era reciproco”
    L'ultima litigata con Russell era ancora fresca nella mia mente. Non avevo osato chiedere ad Ania dove fosse suo fratello, non volevo sapere niente di lui e immaginavo che lui non volesse sapere niente di me. Anzi, forse avrebbe inveito contro tutti di gli dei esistenti se avesse saputo che ero di nuovo nella vita di sua sorella, non aveva mai apprezzato il nostro rapporto, non mi aveva mai ritenuta abbastanza per lei. E gli avevo dato la prova di quanto fosse vero. Ero stata proprio una stronza.
    “Ah si, vuoi vedermi con le orecchie da gatto?” un sorriso divertito mi spuntò sulle labbra, pensando che se non da gatto avrebbe potuto vedermi tranquillamente con le orecchie da volpe, nella mia forma animagus, ma non ero registrata al ministero quindi meno la facevo vedere e meglio era. “Pensi davvero di meritarlo?”
    Non stavo proprio flirtando. O meglio, si, ma non con nessun intento. Era parte del mio carattere, parte del mio modo di essere, non ci vedevo niente di male a scherzare così con le persone, solo che a volte venivo presa troppo sul serio e lì nascevano i problemi.
    “Si, direi che conosco la sensazione...” ed era di vergogna in tutti i sensi, di solito anche piena di pentimenti. Non era stato un bel periodo quello dopo la clinica, quando ero appena arrivata in America, avevo fatto un sacco di sbagli che per fortuna non mi erano costati troppo caro, ma sapevo cosa volesse dire bere fino a dimenticare, trovarsi ogni mattina in un letto che non era tuo, non sapendo come ci eri finita. Non un periodo che amavo ricordare.
    Indigo però diede la prova di vedermi come una ragazzina. Davvero pensava che mi scandalizzassi per un vibratore? Anzi, che non ne avessi uno? Dopo che le avevo appena detto che erano tre anni che non avevo fortuna con nessuno? Come pensava che sopravvivessi? Non avevo problemi di libido, anzi, la mancanza di materia prima ti faceva diventare abbastanza fantasiosa, quindi non c'era niente che mi scandalizzasse in questo ambito.
    “Oh, dici che dovrei provare?” mormorai, con finta innocenza, sbattendo le ciglia e guardandola con espressione fintamente sorpresa, quasi sconvolta da quell'idea. In realtà nella mia testa si stava formando un piano, dovevo solo capire come metterlo in pratica senza rivelare troppo subito.
    “Aspetta Indigo... Direi che ti sei meritata di vedermi provare la felpa con le orecchie, perché non andiamo nei camerini, così vediamo subito come mi sta. Magari mi fa sembrare un sacco di patate...”
    Primo punto del piano, portarla in un luogo dove non avremmo dato spettacolo pubblico. Così la presi per mano, trascinandola verso la zona camerini, per fortuna liberi perché se no sarebbe stato imbarazzante quello che stavo per fare. Controllando che nessuno ci vedesse la trascinai dentro con me, chiudendoci la tenda alle nostre spalle e facendole segno di stare in silenzio, mentre la manovravo per farla sedere sullo sgabello che c'era sempre dentro quei camerini. Per fortuna era abbastanza largo, altrimenti sarebbe stato scomodo.
    “Hai ragione, penso troppo al passato. Devo pensare al mio futuro... Anche privato” era quasi impossibile tenere il tono innocente mentre dentro di me stavo già morendo dal ridere per quello che stavo per fare. Non aveva dato segni di disagio verso le mie cicatrici, quindi cercai di farmi coraggio, sfilandomi la felpa che indossavo e rimanendo solo in reggiseno, color carne, a fascia, perché tanto non avevo nulla da valorizzare, quindi tanto valeva essere comodi. Il braccio sinistro era ben in vista, ricoperto per la sua interezza di cicatrici più o meno profonde che si incrociavano in mille disegni. Il sectumsempra sapeva fare il suo lavoro, questo era certo.
    Cercai di ignorare il disagio, allungando una mano per farmi passare la felpa in questione, ma quando me la passò non le permisi di lasciarla andare, usandola come leva per tirarmi verso di lei, arrivandole quasi in braccio.
    “Che dici, meglio uno rosa? O uno a forma di coniglio? O forse meglio uno anale...” la voce aveva iniziato a diventare più roca, perdendo l'innocenza di poco prima, mentre gli occhi brillavano di un divertimento malizioso che era da tempo che non sperimentavo con qualcuno. Avevo perso la libertà di fare queste piccole cose, di stuzzicare le persone senza aspettarmi niente in cambio, senza avere davvero un motivo, solo per divertirmi. Volevo ritrovare me stessa in tutto, anche in questo.
    “Se vuoi puoi venire a casa mia a vedere la mia collezione, così mi dici quale manca” mormorai, con un occhiolino lascivo prima di mollare la presa sul maglione, allontanarmi un paio di passi e indossarlo, lasciando che il cappuccio mi cadesse sulla testa, ricoprendola quasi fino alla fronte.
    “Che dici? Sono tanto ridicola?” la frase mi uscì come niente fosse, come se quello che era appena successo non fosse mai accaduto. L'unico segno era il sorrisino malizioso che non riuscivo a spegnere, che continuava a spuntare sulle mie labbra come prova inconfutabile che non si era sognata tutto. Beh, non se l'aspettava? Davvero pensava che fossi... Cosa, frigida? Pudica? Oh no, non aveva proprio capito con chi aveva a che fare.
     
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    L’essere sempre ironica non voleva dire essere superficiali, non lo ero, la mia era un po’ una difesa. Consapevole del fatto di essere troppo sensibile nascondevo tutto dietro un sorriso o una battuta carina, l’esser anche empatica non aiutava perché spesso mi nutrivo del dolore degli altri, lo facevo mio e soffrivo come se lo avessi davvero subito io. Era una cosa che mi portavo dietro da sempre, forse per questo tenevo alla larga le persone, non instauravo mai rapporti molto duraturi proprio per non ritrovarmi in situazioni spiacevoli. Heather però era diversa, chissà come a modo suo ci stava provando, si era lanciata nello shopping sfrenato se bene per lei fosse da sempre un motivo di disagio e l’apprezzavo per questo, ci tenevo davvero a farle vivere un’esperienza divertente, non avevo idea di quali fossero i suoi problemi ma doveva averne molti. Aveva nominato la sua ex, non era la prima volta, dovevano aver avuto una storia complicata perché il loro rapporto era un po’ amore e odio da quello che avevo capito, ma cosa poteva mai averle fatto Heather? Si era data la colpa, ricordavo lo avesse detto quel giorno al suo negozio, ero curiosa ma non avrei indagato. Osservai il suo profilo delicato, il viso asciutto ricoperto di lentiggini, le cicatrici ad adornarle il collo, tentai di non fissarla troppo a lungo ma pensavo davvero fosse bella, una bellezza di quelle che ricordi. Che ti segnano.
    “Ti comprendo benissimo, c’è chi dice che gli stronzi siano i Serpeverde ma non è così” ero d’accordo con lei, conoscevo bene gli elementi di quella che era stata la mia casata e immaginavo le difficili circostanze in cui poteva essersi trovata lei con loro, io stessa spesso ci litigavo.
    “Certo che lo merito, ti ci ho portata io fuori qui” stava forse flirtando? Ero sorpresa, forse l’avevo sottovalutata ma il suo umore cambiava davvero repentinamente ed era difficile riuscire a capire i tasti giusti per non ferirla o per farla divertire.
    A quanto pare si era completamente lanciata perché prima che osassi dire altro mi tirò dentro il camerino lasciandomi interdetta seduta al suo interno mentre lei si sfilava via la felpa, non ero sorpresa solo per la mezza nudità ma anche per il fatto che si fosse aperta così tanto da mostrarmi le cicatrici del braccio, rabbrividì, che cosa le aveva causato tanto dolore? Tentai di non farle vedere troppo interesse per quello, non era l’unica cosa che i miei occhi osservavano. Restai in silenzio ancora per qualche secondo fin quando non utilizzò la mano che le avevo allungato con la felpa come leva per arrivarmi quasi addosso.
    “Oh cielo.” L’avevo sottovalutata era ovvio ma dovevo capire fino a che punto stesse scherzando e fino a che punto flirtasse davvero, inutile non ammetterlo ero un po’ a disagio, colta di sorpresa..
    “No grazie l’ultimo lo eviterei..” Cercai di non pensare a lei e alla sua collezione di sex toys, l’avevo decisamente sottovalutata. “No non ci vengo a casa tua.” Non per niente ma non avrei corso il rischio di ritrovarmi con lei sola con una serie di toys, ero umana e dannatamente debole. “Sei pericolosa ragazzina, molto pericolosa ma non ci casco” le puntai il dito contro alzandomi in piedi eliminando un po’ le distanze del piccolo camerino. “Provo anche io il cardigan, vediamo chi è la più carina” Lo avevo ancora tra le mani per cui ne approfittai, sfilai il maglioncino rosa restando in reggiseno, era dello stesso colore del maglioncino ma con delle piccole roselline più scure, agivo lentamente, un po’ per ripagarla della stessa moneta, sfilai il cardigan dalla gruccia e lo indossai abbottonando i bottoncini uno ad uno, carino, decisamente sopra le righe e poi la scollatura faceva il resto. “Se tu sei ridicola allora io cosa sono?” Scoppiai a ridere, lei era carina con quella felpa, troppo, io sembravo aver sbagliato reparto scambiando quello dei bambini per quello degli adulti. “Smettila di sghignazzare sei perfida” lo era eccome, non l’avrei più sottovalutata.

    Edited by Indigo Starling - 16/5/2023, 15:04
     
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    L'avevo decisamente spiazzata, ma avevo forse esagerato? Lo vedevo nel suo viso che non era completamente a suo agio, ma non mi sembrava nemmeno pronta a fuggire, quindi forse non avevo rovinato tutto, come al solito.
    “No, non vuoi venire a casa mia?” si stava riprendendo, il tono più scherzoso e canzonatorio, mi stava ripagando con la mia moneta e non potei che apprezzarlo. Non era facile trovare qualcuno che stesse agli scherzi, che non si offendesse per un po' di nudità o di malizia.
    Ci avevo messo un po' per trovare quel senso dell'umorismo, sempre preoccupata che le persone fraintendessero, che vedessero del sessuale dove non c'era. Certo, la trovavo decisamente bella e anche un po' sexy, poi se si metteva anche di proposito a farmi lo spogliarello... Ripeto, tre anni d'astinenza forzata, non ero esattamente in grado di non reagire davanti ad un bel corpo... Dannazione no, libido, stai ferma al tuo posto grazie, stiamo cercando di fare amicizia, non di trovare una storiella di una notte e via! Anche perché Ania... Dannazione Ania, il mio incubo da sveglia. Bastava il suo pensiero per calmare i bollenti spiriti.
    “Me lo stai davvero chiedendo cosa sei?” però stuzzicava un po' troppo la ragazza. Avevo ricevuto pan per focaccia, quello che mi meritavo, ma adesso stava davvero pescando per dei complimenti.
    Avevo due strade qui. O la giocavo sicura e tranquilla e le facevo un complimento e andavo avanti come non fosse successo nulla, tornando alla nostra giornata di shopping, oppure alzavo il tiro, continuavo con gli scherzi e la malizia fino a che una delle due non avesse messo fine al gioco o non fossimo andate oltre. Ero stanca di essere la brava ragazza, quella redenta che doveva essere perfetta in tutto altrimenti avrebbe fatto preoccupare gli altri. Indigo mi aveva detto di dimenticare il passato, era così sbagliato volerlo fare per una giornata? Per qualche ora? Poi potevo tornare a cercare di essere la versione perfetta di me stessa, ma adesso potevo permettermi un po' di spontaneità?
    “Sei dannatamente sensuale, ecco cosa sei e lo sai benissimo” non glielo dissi in modo seduttivo, anzi, se guardavi solo la voce sembrava un commento normalissimo, quasi stessi parlando del tempo. Ma nel frattempo la mia mano aveva iniziato a tracciare il bordo del cardigan, pericolosamente vicino alla pelle senza mai toccarla. L'altra mano raggiunse la prima quando sfiorò il primo bottone, aiutandola a slacciarli uno alla volta, senza mai toccare la pelle, ma sempre in bilico.
    “Dai, facciamo cambio, voglio vedere come mi starebbe” sono onesta, non mi interessava vedermelo addosso, se a lei la faceva sembrare una maestra sexy a me faceva sembrare una bambina che amava i funghi, e nemmeno quelli giusti.
    Mi allontanai di un passo, lasciandole di nuovo il suo spazio vitale, e mi tolsi la felpa, questa volta tendendo io il braccio per passargliela, il capo leggermente chinato di lato, quasi a sfidarla. Volevo vedere cosa faceva adesso, se avrebbe messo uno stop alla cosa o se avrebbe alzato il tiro e se si come. C'erano così tanti finali in questa storia che non sapevo nemmeno io quale volevo. Da un lato volevo un'amica, dall'altro volevo qualcuno che mi facesse sentire viva e lei ci riusciva, togliendomi costantemente dal passato e riportandomi al presente, senza mai giudicarmi, senza chiedermi niente. Era come una ventata d'aria fresca non essere definita dai miei errori. Mi sembrava di poter essere un'altra persona, essere chi volevo senza paura di preoccupare qualcuno. Volevo la libertà e questo forse rappresentava quel mio flirt senza senso. Non era il sesso che mi interessava, potevo stare altri cinque anni senza se volevo, era il brivido dell'ignoto, il gusto di poter fare quello che volevo senza paura. Forse potevo rischiare di essere più spericolata almeno per un giorno.
     
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    Non ero molto convinta che il modo di scherzare che avevamo avviato fosse utile ad entrambe, avevo notato il suo cambio repentino di umore in un paio di occasioni, troppo evidente per passare inosservato, non era una cosa che riuscivi a non notare. Quella ragazza era particolare, il termine giusto forse era questo e non ero certa di quale fosse il modo giusto e corretto per rapportarmi a lei, se non mi avesse raccontato determinate cose del suo passato avrei reagito al suo flirt diversamente. Mi conoscevo bene, amavo le sfide e amavo flirtare, potevo andare troppo oltre ma non con lei, inutile negarlo immaginavo avesse dei profondi turbamenti, sorrideva e poco dopo si rattristava, non era una ragazza con cui giocare, non era una con cui agire senza pensare. Non era un fiore delicato no al contrario, ma era proprio perché mi era sin da subito piaciuta che non volevo ferirla in alcun modo. Un’altra cosa che mi aveva fatto capire quanto fosse speciale e complicata era il fatto che non avesse in alcun modo consapevolezza del proprio corpo evitando felpe con scollature sexy perché per lei troppo, eppure lì nel camerino si era spogliata senza pensarci due volte flirtando in totale tranquillità. L’avevo forse messa a suo agio? Si possibile, ma non ne ero completamente certa. Avevo osato anche io ma non troppo, il tanto che bastava da lasciare tutto un po’ sospeso, così com’era, due amiche che provavano i vestiti insieme nei camerini eppure.. C’era qualcosa che non riuscivo a definire nel modo giusto, c’era qualcosa che mi bloccava dal flirtare così come avevo fatto pochi giorni prima con Ania. Sentivo l’istinto che spingeva a cedere e la razionalità che invece portava il pensiero altrove.
    Giocherellò con il l’orlo del cardigan, non avrei mai immaginato che potesse lasciarsi tanto andare, ero umana, dannatamente umana e se non avessi avuto l’incontro con la bionda avrei di sicuro mosso le mani in altro modo, ma ero in difficoltà. Lo aveva percepito e se ne divertiva.
    Lasciai che sbottonasse il cardigan per indossarlo lei stessa incapace a scegliere cosa fare.
    Aveva detto poco prima che non amava fare sesso con sconosciuti, un po’ lo ero, ne rimaneva turbata quando accadeva, questo pesava, cavolo come pesava, con tutto quello che mi aveva raccontato sentivo una grande pressione sulla pelle, le avrei fatto del male.
    Inghiottì un eccesso di saliva, era troppo, le sue mani troppo vicine, il suo corpo vicino che se pur mingherlino era sensuale forse più del mio.. Lasciai scivolare parte del cardigan sulle spalle quasi pronta a togliermelo, invece di passarglielo cadde sul pavimento, non riuscivo a dire nulla, il cervello completamente in pappa. Il respiro si fece un po’ più affannato, l’aria stranamente poco limpida, dovevo uscire da lì, subito. Presi il maglioncino rosa che avevo lasciato sullo sgabello e senza pensarci due volte uscì dal camerino ancora in reggiseno, lo infilai in tutta fretta e respirai. “Cazzo, maledette donne” Poggiai le mani sul muro poco lontano da me, era complicato. Tutto troppo complicato, che persona sarei stata se avessi ceduto? Non stava giocando, era seria e il suo era un palese invito.. Se non ci fosse stata lei avrei ceduto, ma c’era stata, non potevo farlo anche se mi costò tantissimo. Ripresi a respirare lentamente, “Perdonami” Le dissi da fuori il camerino. “Ti chiedo scusa, c’è un’altra persona. Forse avrei dovuto dirtelo prima ma..” Respirai ancora “Non pensavo che sarebbe potuto succedere” Cosa? Non era successo nulla eppure.. era successo di tutto. Se Ania fosse stata al mio posto l'avrebbe respinta? Non ne ero certa, forse avrebbe ceduto, non la conoscevo abbastanza per poterlo dire, ma non potevo.. Io non ci ero riuscita. Eppure, il pensiero l'avevo sfiorato.
     
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    La guardai fuggire con un senso di vuoto nel petto. Avevo sbagliato. Di nuovo. Se non era un segnale questo che non potevo permettermi nemmeno un istante di lasciarmi andare non sapevo quale potesse essere. Il mio passato a quanto pare era una parte fondamentale di me, non potevo permettermi di dimenticarlo nemmeno per un secondo, perché qualcosa lo faceva ripiombare sulla mia testa come un macigno.
    Ascoltai le sue scuse mentre mi rimettevo il maglione con cui ero arrivata, tenendo tra le mani sia quello con le orecchie che quello verde per Indigo. Esitai prima di uscire dal camerino, le lacrime che minacciavano di uscirmi non per tristezza, ma per la rabbia che provavo verso me stessa e verso la mia stupidità. Avevo osato troppo e adesso ne pagavo lo scotto. Non doveva essere Indigo a pagarne le conseguenze perché lei non aveva fatto niente, aveva solo cercato di rallegrarmi e farmi uscire dal guscio. Poco sapeva che non era una cosa che potevo fare.
    Ricacciai indietro le lacrime, prendendo un respiro profondo e uscendo con un sorriso sulle labbra, come se niente fosse successo. Un tempo sarebbe stato impossibile farlo, ero una pessima attrice, ma negli anni avevo passato così tanto tempo a fingere di stare bene che era diventata quasi un'arte. Finché la persona non mi conosceva davvero e allora era difficile mentire, perché sapevano com'ero, sapevano cosa guardare. Indigo però non si sarebbe accorta di niente, perché era giusto così. Glielo dovevo.
    “Ehi, stai tranquilla, non significava niente, era solo uno scherzo, mi dispiace se ti ho messo a disagio, non sapevo che ci fosse qualcuno nella tua vita... Mi avevi parlato solo dell'amico che volevi baciare ma... Non è lui vero?”
    Ficcanaso, oltre che bugiarda. Le passai il cardigan, con sguardo inquisitore, come per chiederle se volesse ancora comprarlo o se lo voleva rimettere al suo posto, adesso che l'avevamo macchiato con una memoria non proprio felice.
    Io avevo ogni intenzione di prendere la felpa con le orecchie da gatto, perché mi fosse di ricordo che non potevo essere niente di più di quello che ero, che ogni giorno doveva essere uno sforzo a contenere il mio passato per rendere il mio futuro migliore. Non potevo permettermi sgarri, mai.
    “Dai andiamo, penso che per questo negozio abbiamo finito... Facciamo una pausa caffé e poi provi a portarmi in un altro negozio?”
    Era normale. Tutto normalissimo, come non fosse successo niente. E alla fine non era successo chissà cosa, ero stata rifiutata anche solo per gioco. Per l'ennesima volta. Forse dovevo pagare tutto il male che avevo fatto quando ero adolescente. Charlie, Dick, Ania... Avevo fatto male a molte persone e adesso a quanto pare era il mio turno. Il karma era davvero stronzo a volte, ma pagava sempre i debiti.
     
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    Ero fuggita via dal camerino come una bambina, che cosa avrebbe pensato di me? Che la rifiutavo perché non ero attratta o peggio che aveva sbagliato o chissà cosa, non lo sapevo maledizione, non lo sapevo perché non sapevo altro di lei se non quello che mi aveva raccontato.
    Aspettai che uscisse dal camerino, un’attesa troppo lunga, avevo rovinato tutto, avrei dovuto finire il gioco con il sorriso ma non ci ero riuscita doveva saperlo però, doveva sapere che non era sua la colpa ma solo mia. Mia e di tutto il casino che avevo in testa.
    L’ascoltai evitando di guardarla negli occhi, non avrei voluto ferirla ed ero certa di averlo fatto, lo ero davvero. “Heather” pronunciai il suo nome, un suono limpido e pulito “Non era solo un gioco” Non lo era stato, non fino ad un certo punto almeno. Con un po’ di coraggio ripresi il controllo di me stessa e le puntai gli occhi sui suoi profondi come non mai, se fosse arrabbiata o meno non potevo saperlo, sembrava nascondere troppo bene le sue emozioni. “Lo so, non ti ho detto niente perché forse non è niente..” Non le avevo parlato di Ania, non sapevo come definire la cosa dunque non avevo voluto porle il quesito, dovevo forse. “Non mi sono resa conto di ciò che provavo fin quando non ho sentito il desiderio di baciarti” Era giusto essere sincera fino in fondo, lo dovevo a lei, a me stessa e forse anche un po’ alla bionda.
    “Se non fosse stato solo niente allora avrei ceduto, volevo farlo. Dio se volevo.” un sorriso nervoso sfuggì “Ma non posso farti questo, non posso provarci con te sapendo che ho nella testa un’altra persona” non era una che faceva niente per niente me lo aveva detto poco prima, non l’avrei mai illusa nemmeno per un semplice bacio. “Forse per te era un gioco ma per me no, non ti rendi conto di quanto luminosa tu sia.” era stato difficile correre fuori da quel camerino, così difficile che per un secondo solo uno me ne ero pentita.
    “Hai ragione facciamo una pausa” cercai di ricompormi, presi il cardigan e la sua felpa e senza voltarmi andai alla casa, la cassiera troppo distratta non si era resa conto di nulla, non ero sicura Heather avesse capito. Non centrava nulla Ania in tutto questo. Ero umana e cedere avrebbe voluto dire illuderla, soprattutto dopo che mi aveva parlato della sua incapacità di fare sesso occasionale, non volevo ferirla. Dall’altra parte c’era lei, la biondina con cui avevo passato la notte migliore della mia vita ma era tutto un evolversi ed ero stramaledettamente confusa.
    Pagai distrattamente e aspettai la rossa vicino la porta, dubitavo fortemente saremmo andate in un altro negozio ma di sicuro avevo bisogno di un caffè. Forse anche di mangiare qualcosa, restai in silenzio con i due sacchetti in mano, ero stata di parola. Le avevo preso la felpa con le orecchie da gatto.
    “Questo è per te, per ricordarti che mi hai quasi fatta cadere ai tuoi piedi.” Sdrammatizzare sempre e comunque, infondo comunque era vero. Ci era quasi riuscita. “Non ci vengo comunque a casa tua, dubito di poter essere così forte una seconda volta”
     
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