Wearing a mask is the best way to show our true selves

Marsilda

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    Continua da qui!
    -Andiamo! In piedi!-, pur riluttante, Erik allungò una mano in direzione della sua compagna per aiutarla a rialzarsi. La botta alla schiena sul momento doveva essere stata forte da toglierle il fiato, ma insufficiente perché Marsilda potesse ripotare danni. In ogni caso in quel momento sarebbe stato irrilevante: le altre ragazze del gruppo erano riuscite a creare una via di fuga, poteva essere la loro unica occasione per uscire dall’incubo e non l’avrebbe mandata all’aria. Una volta riappropriato della sua bacchetta grazie all’intervento della Grifondoro, cominciò a correre e finché non fossero giunti a fine percorso Erik se ne sarebbe avvalso per difenderle in caso di necessità. Tornati in aula non riuscì a trarre sollievo da quell’epilogo: con sorpresa scoprì che sebbene il suo respiro fosse normale i battiti nel petto erano rimasti irregolari e le sue mani, sia quella che stringeva ancora il braccio della sua compagna sia quella che impugnava la bacchetta, erano scosse da lievi tremori. Erik interruppe di scatto il contatto con Marsilda, evitando di guardarla. Su richiesta del Preside prese posto nel primo banco che trovò vuoto e ripose la bacchetta nel fodero, prestandosi ad ascoltarlo. Non fu difficile dissimulare il fastidio per il suo discorso, a tradirlo per un istante fu il sorriso sfrontato che gli curvò l’angolo della bocca. Trovò ironico quanto a metterli in guardia fosse una persona che, se solo ne avesse avuta l’occasione, non avrebbe esitato un istante a reclamare la sua testa macchiandosi delle stesse nefandezze di coloro che reputava feccia.
    -Hai bisogno di andare in infermeria?-, Sapeva che Marsilda non aveva bisogno di cure: qualsiasi dolore potesse averli afflitti era svanito nel momento in cui avevano abbandonato la prova. Era una domanda di circostanza volta a riacquisire il controllo di sé stesso focalizzandosi su di lei, per darle l’impressione che la avesse ancora a cuore.
    -Visti i pericoli a cui siamo appena stati sottoposti sono certo che la professoressa Westwood giustificherebbe la nostra assenza. Soprattutto se è la prima volta che qualcuno ti controlla in quel modo; devi essere molto provata.- il ragazzo di Durmstrang attese che i loro compagni lasciassero l’Aula, ma non diede cenno di alzarsi finché non si fu svuotata. Non era una proposta quella che le stava facendo bensì un’ingiunzione dai toni cortesi: se Marsilda avesse definito la sua vita scolastica come priorità Erik non avrebbe esitato a prenderne atto allontanandosi di rimando, questa volta in via definitiva. Dopotutto, la ragazzina conduceva un’esistenza talmente comune, anonima, da non essere necessario starle così vicino per osservarla e dedurre le sue abitudini.
    -Prima hai detto che mi sono allontanato per primo. Non posso fare a meno di domandarmi cosa ti spinga a crederlo, visto che sono sempre stato qui.-, esordì, pacato. Nell'ultimo periodo aveva saltato un numero maggiore di lezioni, era stato visto poco in giro. Sia André che Daisy lo avevano cercato, preoccupati per la sua salute. L'unica che non lo aveva fatto era proprio davanti a lui.
    -Se non ti ho cercata, semplicemente non ho potuto farlo. Ti sei chiesta il motivo?- di voci ne erano circolate, su quanto accaduto alla lezione della Carter… davvero doveva credere che non ne sapesse niente?
    -Che non sia riconducibile a qualcosa che hai fatto, intendo... in fin dei conti non mi hai fatto niente.- Erik la scrutò negli occhi, sinceramente curioso della sua risposta. La piccola Corvonero aveva la coscienza sporca per quel che c’era stato tra lei e il Tassorosso, viveva in un mondo tutto suo oppure si era risentita per una mancanza di cui lo imputava negligente?
     
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    La nebbia se ne va via in fretta, così come è arrivata. Nella testa la voce di quella bellissima donna non ha più presa, le sue parole d'incitamento e amore smettono di essere allettanti, poichè non sono mai state reali.
    Il dolore alla schiena invece è fin troppo tangibile, così come la mano che Rick mi sta porgendo. Mi ha fatta cadere, ed è sempre grazie a lui se sono libera dall'influsso della vampira... Azioni fin troppo gentili, visto il modo in cui ho tentato di dargli fuoco ai capelli. Però non è stata colpa mia! Se non mi fossi stancata a combattere contro quello schifo di fango forse avrei resistito al controllo della donna, e adesso non mi farebbe male colonna vertebrale.
    Mi tiro su e, nel caos che segue, finalmente usciamo dall'incubo che è questa lezione. Nell'istante in cui torniamo nell'aula spalla e schiena smettono di dolermi, esattamente come il professore aveva promesso, e posso quindi tirare un forte sospiro di sollievo perchè fino a settembre non dovrò più avere a che fare con questa materia.
    Nonostante tutto mi ritengo soddisfatta del risultato ottenuto, forse mi sarei potuta rivolgere a Daisy con meno durezza, però ormai è tardi e dubito che a lei possa importare così tanto di me da rimanere turbata per ore. Se ne andrà a parlare con la sua amichetta irlandese, che la farà ridere con le sue sciocchezze e cattiverie, e tutto sarà passato. A me invece tocca un discorso che non credo di essere pronta a fare.
    Dopo le avvertenze di McCormac l'aula inizia a svuotarsi ed io mi avvicino a Rick con titubanza, perchè una parte di me vorrebbe chiarire con lui per dimostrarsi matura e degna di attenzioni, mentre l'altra vorrebbe solo scappare dinnanzi alla prospettiva di dirgli la verità. A meno che non la sappia già, ed è per questo che si è tenuto lontano per settimane.
    No, sto bene.
    Mormoro alla sua proposta di andare in infermeria; sarebbe comunque inutile visto che i danni fisici non sono rimasti a nessuno, e per quelli morali non saprei che cura cercare. Non credo vi siano rimasugli di quello che mi è stato fatto dalla vampira, giusto un po' di stanchezza e voglia di chiudermi in stanza per seppellirmi sotto cuscini e coperte.
    Mi morsico appena il labbro mentre guardo verso la porta da cui gli ultimi studenti stanno uscendo, valuto per un secondo la possibilità di seguirli ed affrontare l'ennesima lezione che quest'oggi non ho voglia di affrontare, tutto pur di non aver a che fare con lui... Alla fine, con un sospiro, rimango ferma ed incrocio le braccia al petto, quasi volessi proteggermi da qualsiasi cosa Rick dovesse scegliere di buttarmi addosso.
    Ho detto che sto bene. Lasciamo perdere le piante e veniamo al punto.
    Risulto più acida di quanto avessi preventivato, eppure non mi stupisco del modo in cui gli parlo: trovo sempre un modo di attaccare quando mi sento in difficoltà, lo faccio per evitare d'essere ferita per prima. Non sempre funziona.
    Il ragazzo riesce al contempo ad irritarmi e farmi sentire in colpa, perchè ha ragione nel dire che io non l'ho cercato, ma nemmeno lui si è mai fatto avanti e se aveva un motivo così serio alle spalle allora perchè non me l'ha mai detto? E' davvero così difficile mandare lettere oggigiorno, per non dire parlarsi faccia a faccia? Sembro così difficile da approcciare? Così pronta a giudicare il prossimo, tanto da tenerlo lontano per settimane pur di non dover sorbirsi il mio giudizio?
    E poi c'è quel "non mi hai fatto niente", che mi fa accartocciare il viso in un moto di fastidio senza ch'io possa mettermi un freno. Si perchè, per quanto tra me e la Serpe non vi sia mai stato nulla di serio, sento che con quel bacio dato ad André ho tradito la sua fiducia e quel sincero interesse che palesava senza farsi problemi. Mi ha portata fuori dal castello di nascosto, e io ho baciato un altro.
    L'irritazione che provo è verso me stessa, per il modo in cui sento di essere stata colta in fallo; per Rick, che mi sta sbattendo in faccia l'errore più o meno consapevolmente; per André, che mi ha irretita col suo carattere tanto da smuovermi e spingermi a ribellarmi.
    Se mi credi innocente allora perchè non hai mai provato a spiegarmi cosa ti passava per la testa? Oppure mi stavi testando?
    In fondo, se può farlo il mio stesso padre, perchè non dovrebbero provarci anche gli altri? Forse voleva vedere quanto mi avrebbe distrutta il senso di colpa, o se avrei fatto finta di niente per sempre. La verità è che sono stufa di essere messa alla prova in questo modo subdolo, ed è più facile puntare il dito contro gli altri piuttosto che su me stessa.
    Io avrò le mie colpe, ma tu sei uno stronzo.
    Sbotto, le guance appena arrossate e un'indice che si arrotola nervosamente su una ciocca di capelli.
    Avresti potuto fare un passo verso di me, invece che rimanertene immobile ad aspettare una mia mossa. Non sono una veggente, come posso sapere cosa ti passa per la testa se non mi parli?! Ma oh no, al signorino Richard O'Connell piace farsi rincorrere.
    Mi era giunta qualche voce del caos accaduto durante la lezione della Carter, non avevo indagato troppo però da quel che ricordo c'entrava del fuoco... Se gli avessi davvero bruciato i capelli, cosa sarebbe successo? Mi avrebbe odiata? Sicuramente un sentimento così forte sarebbe più facile da capire, piuttosto dell'enorme enigma che il ragazzo pare rappresentare.
    Se fossi stata realmente importante per te ti saresti confidato, invece mi hai messa da parte come fanno tutti! Ho fatto bene a baciare André, lui almeno sembra tenerci sul serio.
    Finalmente paonazza, per un misto di vergogna e rabbia repressa, riverso la mia verità come un fiume addosso alla Serpe che mi sta davanti. Sono piena di sentimenti negativi, tutti imbottigliati e messi in ordine su una credenza che a volte traballa quel tanto che basta da far cadere un recipiente, così che possa liberarsi uno spazio. Forse dopo oggi perderò un'altra persona, ma ormai ci ho fatto l'abitudine.
    Tu mi piacevi, idiota!
     
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    Diversamente dagli incontri che avevano preceduto quella lezione, Marsilda si mostrò infastidita dalla sua gentilezza al punto da respingere in malo modo quella che voleva essere un’attenzione in più nei suoi confronti. Erik la osservò accigliando lo sguardo, fingendo sorpresa davanti a un cambiamento tanto radicale. L’aveva provocata per vedere quanto ci avrebbe messo a far cadere la maschera di ingenuità che aveva sempre ostentato dal loro primo incontro, visto il risultato si domandò da quanto tempo stesse covando così tanto risentimento.
    -Testando? Non sono quel tipo di persona.-, replicò, scettico.
    -È così che ti senti quando siamo insieme?-, indipendentemente da quel che gli aveva confidato André, era naturale che Marsilda fosse sulla difensiva: gli occhi di suo padre non l’avrebbero mai lasciata. Nemmeno se fosse stato arrestato dall’Auror presso cui aveva cercato protezione, sostituendo un comandante con un altro. Nemmeno se fosse invece passato a miglior vita, le avrebbe fatto visita il sollievo per quell’assenza. Il tormento della ragazza nascondeva radici più profonde, radicate a tal punto sotto terra da non essere estirpabili in superficie se non eliminando intere zolle di terreno. Erik lo sapeva bene: ma a differenza sua il fantasma che gli dava il tormento aveva pelle diafana e occhi scuri come le tenebre.
    -Non ti ho chiesto di raggiungermi per fare il processo alle streghe-, esordì con freddezza una volta che quello sfogo ebbe trovato tregua.
    -Tanto meno per essere offeso.-, fu con occhi gelidi che Erik scrutò quelli di Marsilda, senza curarsi di dissimulare il disprezzo che provava davanti ai toni irrispettosi con i quali le si stava rivolgendo. Il suo invito implicito a riportare la conversazione su un registro più tranquillo avrebbe potuto avere un esito positivo, quietandola così come era sempre tornata remissiva sotto suo padre, tanto quanto disastroso, fomentando la parte negativa che la Corvonero aveva ereditato da suo padre. In entrambi i casi Erik era pronto ad affrontarla.
    -Di quanti altri passi avevi bisogno per capire quanto mi interessavi? Ti ho mostrato dove sono cresciuto, ti ho chiesto di tornare a casa con me per presentarti la mia famiglia e hai rifiutato di seguirmi.-, era stata lei a tirarsi indietro. Erik lo aveva interpretato come un evidente segno di disinteresse sentimentale e quando André gli aveva detto del bacio aveva ricevuto la conferma dei suoi dubbi.
    -Non ero nemmeno in condizioni da lasciare il mio dormitorio e la tua preoccupazione maggiore è curarti di chi tra noi due avrebbe dovuto fare il primo passo verso l’altro-, non ne giudicava l’egocentrismo né l’orgoglio: sotto gli abusi di suo padre Marsilda aveva dovuto imparare in fretta a provvedere da sola a sé stessa, senza farsi scrupoli a ferire gli altri prima che questi potessero ferire lei. Non gli importava nemmeno di vincere quella conversazione: avrebbe ottenuto una vittoria dal sapore più dolce se fosse riuscito a farle aprire gli occhi, rendendola consapevole di quanto quegli eccessi di ira, con i quali Erik avvertiva una certa familiarità, la rendevano rassomigliante al padre più che mai.
    -Hai baciato André mentre uscivi con me, eppure accusi me di averti messa da parte. Comincio a domandarmi se ero io a piacerti o se lo sia stata l’idea che stando con qualcuno non saresti più rimasta sola.-, se si fosse soffermata a riflettervi avrebbe notato quanto il terrore dell’abbandono si rifletteva in tutti i suoi rapporti, finendo per distruggerli. Finché non ne avesse preso consapevolezza sarebbe rimasta sempre schiava di qualcun altro, schiava di sé stessa.
     
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    No, con lui non mi ero mai sentita sotto esame.
    Felice e coi piedi ad un metro da terra; ascoltata e vista per la persona degna di attenzioni che vorrei tanto essere; ma mai i suoi occhi scuri e penetranti mi avevano dato l'impressione di starmi testando. Eppure adesso è così che mi sento: messa all'angolo, bacchetta puntata alla gola mentre la lista dei miei errori viene srotolata sul pavimento. Ed in tutto questo, continuo a credere che la sua, di lista, sia comunque più lunga della mia... Mi sto abbindolando da sola, ne sono consapevole, ma che altro potrei fare? Girare i tacchi e fuggire?
    In realtà sarebbe molto facile, basterebbe correre fuori dalla porta senza mai voltarsi indietro e proseguire fino al dormitorio femminile dei Corvi, per poi abbandonarmi sul letto nell'ennesimo fiume di lacrime. Se lui tentasse di fermarmi potrei divincolarmi e colpirlo, arrivando perfino ad urlare se il ragazzo dovesse insistere... Sarebbe facile, ma non credo lo farò.
    Se un punto dovrà essere messo su questa storia, allora che accada senza sbavature o sospensioni. Posso essere abbastanza forte da resistere se lo voglio davvero, se fastidio, rabbia e vergogna non mi mangeranno viva.
    Quando mi rimprovera con severità per il modo in cui l'ho appellato, non abbasso lo sguardo. Rimango fissa sul suo viso nonostante le guance in fiamme ed i denti stretti sulla carne tenera dell'interno guancia, e mi dico che lui non è mio padre. Posso permettermi di non avere paura perchè la cosa più terribile che poteva accadermi è già avvenuta, e Rick non mi farebbe mai del male.
    Come faccio ad esserne sicura? Lo so e basta. La parte sciocca di me che tiene ancora a lui è legata all'ingenua speranza che, se il suo affetto ed interesse sono mai stati veri, allora non oserebbe mai spaventarmi o ferirmi di sua spontanea volontà. E se fosse stata tutta una bugia, allora che mi venga mostrato il vero.
    Perchè volevo rimanere sola con te a vedere l'eclissi!
    Sbotto di nuovo, incredula dinnanzi alla sua stupidità: eravamo soli in un luogo romantico, lui mi aveva posato un dito sulle labbra, ci stavamo tenendo per mano... Perchè mai avrei dovuto spostarmi?! Poi dopo quel momento non è successo niente, e un po' mi spiace perchè, col senno di poi, se ci fossimo baciati un sacco di cose sarebbero andate diversamente e forse io e Daisy saremmo ancora amiche.
    Non avevo idea di cosa avessi! Potevi benissimo mandarmi un biglietto dal tuo letto di dolore, se proprio ti era impossibile uscire!
    Continuo a sbattergli in faccia quelle che io considero ovvietà, piccoli gesti che ci avrebbero salvati dall'affrontare un discorso tanto spigoloso e dissestato.
    Non gli dico che ha ragione, che avrei potuto informarmi coi suoi compagni di casata e mandare io stessa un messaggio... Non ho mai fatto niente di tutto questo, perchè anche io, come lui, avevo altro per la testa. E poi perchè, diciamolo, in parte mi piace l'idea di farmi rincorrere, di vedere che per l'altra persona sono importante.
    Anni di abusi emotivi mi hanno resa una ragazzina desiderosa di riempire i suoi vuoti con le giuste attenzioni, ed è un bene che il mio cervello non le desideri da chiunque o mi sarei trovata innamorata del primo idiota in grado di mettere insieme due parole per farmi un complimento.
    E quindi per un'istante me lo chiedo davvero, se era Rick a piacermi davvero o se era solo l'idea di avere finalmente di nuovo qualcuno accanto ad attirarmi. Strabuzzo gli occhi ed il petto si alza ed abbassa in lunghi respiri profondi, in qualche modo il suo giusto dubbio riesce a spegnermi, senza però ridurmi ad una bambola inerte.
    Se si fosse presentato qualcun altro, dopo André, magari simile al Serpeverde ed al Tassorosso nei modi di fare e di guardarmi, avrei iniziato a provare qualcosa anche per lui? Mi sarei messa da parte una collezione di amanti pur di non sentire i freddi denti della solitudine attorno al cuore? No, non credo... Altrimenti non proverei alcun senso di colpa, non avrei detto ad André che saremmo rimasti amici e basta, se Rick non mi fosse piaciuto davvero.
    I miei sentimenti per te sono sempre stati veri.
    Il tono basso ma deciso mentre continuo a guardarlo negli occhi, il rossore sulle guance inizia a sfumare e mi avvicino al ragazzo. Abbandono la posa rigida delle braccia incrociate al petto per lasciarle cadere lungo i fianchi, senza sapere bene cosa fare le dita iniziano a muoversi nervosamente lungo il tessuto della gonna, pizzicandolo.
    Mi sento sola, non sbagli, e André mi ha fatta stare bene in un momento in cui avevo bisogno di attenzioni... Perchè non sei sembrato sorpreso? Te l'ha detto lui?
    La domanda viene aggiunta come un ripensamento, quasi stessi realizzando solo adesso la mancanza di sconcerto da parte del ragazzo. Forse è solo molto bravo a rimanere freddo e distaccato, oppure il giovane Bardo gli ha parlato prima di me, innestandogli così il desiderio di allontanarsi. Non lo biasimerei, in caso... Io al posto suo probabilmente avrei fatto di peggio.
    Comunque mi dispiace di averlo fatto, il senso di colpa mi ha mangiata per settimane e ti ho evitato anche per paura di dovertelo dire e...
    Comincio a parlare più in fretta mentre continuo ad avvicinarmi, quel tanto che basta per trovarmelo davanti e pensare di aver rovinato tutto, ancora una volta. C'è un modo per rimediare? Per mostrargli davvero quanto ci tengo a lui? Oppure manderò tutto definitivamente al diavolo?
    Tu mi piaci davvero.
    Lo ribadisco per l'ultima volta, prima di avventarmi su di lui con disperazione e tirarlo contro di me per baciarlo. Non m'importa delle conseguenze, né delle domande a cui non so dare risposta. Scelgo di lasciarmi andare, così come feci con André, e la sensazione di buttarmi nel vuoto senza una rete di sicurezza non fa poi così paura... Avrei dovuto farlo prima, mi sarei risparmiata un sacco di rogne.
     
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    -Avevi detto ti avrebbe fatto piacere conoscermi. Non lo avrei chiesto a un’altra persona.-, Erik la scrutò con serietà, aggrottando un sopracciglio e curvando il labbro in un sorriso sarcastico. Adesso come allora non la riteneva tanto ingenua da non aver colto l’antifona: se Marsilda non lo aveva seguito doveva aver avuto valide ragioni riconducibili all’istinto di sopravvivenza. Erik l’aveva sempre trattata con riguardo, mostrandole un rispetto che suo padre e sua madre le avevano sempre negato; nel concreto, tuttavia, Marsilda di lui non sapeva niente. L’esperienza le aveva insegnato a proprie spese quanto le apparenze traevano in inganno: a uno sguardo estraneo Kilian figurava come un mago distinto e rispettabile, diverso dalla bestia che la faceva da padrone in casa. Restare in un luogo aperto doveva averla fatta sentire protetta, ritornare a scuola anziché fermarsi fuori per la notte doveva averle garantito l’illusione di sicurezza. Un momento romantico in un luogo incantato… fare qualsiasi altra cosa avrebbe richiesto un brusco risveglio a una realtà che non si sentiva pronta ad affrontare. Probabilmente si era aspettata maggiore iniziativa da parte sua, aveva notato con che occhi lo aveva guardato… aspettative che Erik non aveva potuto fare a meno di disattendere, perché non coincidevano con le proprie.
    -Non è una mia priorità né lo diventerà: in quei momenti ho bisogno di stare da solo.-, replicò con freddezza e con fermezza noncurante del disagio che lesse nell’aggressività con cui la Corvonero tormentava le labbra e dell’imbarazzo che le imporporava le guance. Se Marsilda si fosse soffermata sulle parole di Erik avrebbe scorto che non si trattava di un modo per farsi rincorrere né di un episodio isolato: altri lo avevano preceduto, altri ancora si sarebbero susseguiti e non si sarebbe mai mostrato a nessuno in quelle condizioni. Marsilda doveva imparare a rispettare i tempi degli altri, capire quanto le proprie pretese denotassero un egocentrismo che, se non avesse realizzato e rispettato l’esistenza di realtà diverse da quella alla quale era stata relegata dalla sua famiglia, l’avrebbe condannata alla solitudine. Alla sua domanda annuì senza esitazione.
    -Non avercela con lui: André tiene molto a tutti e due. Ha deciso di parlarmene solo per farmi sapere che si farà da parte.-, spiegò, guardandola negli occhi. Nonostante le bugie e le omissioni nessuno di loro l’avrebbe abbandonata a sé stessa né spinta a punirsi. Era soltanto una ragazzina alla quale era stata negata un’infanzia normale e che viveva l’adolescenza con il desiderio di osare oscurato dall’ombra di suo padre. Lo stesso che l’aveva spinta ad annullare le distanze per cercare di baciare Erik in quel momento. Se il ragazzo avesse potuto provare sentimenti avrebbe avvertito della sincera compassione per lei, che aveva deciso di lasciarsi andare con una persona incapace di ricambiarla. Il ragazzo la afferrò con delicatezza per le spalle perché non si ferisse perdendo l’equilibrio in quello slancio, ma contestualmente scostò il viso appena prima che le loro labbra si incontrassero. Non poteva dissimulare l’amore; quand’anche si fosse avvalso di artifici magici per provarlo… sentiva di non volersi spingere fino a quel punto.
    -Tu non mi conosci-, replicò a un palmo dal suo viso. Non c’era disprezzo nei suoi occhi in quel momento. Negli occhi di Marsilda fu come specchiarsi in quelli di Michelle e ritrovare quelli di Blackwood. Marsilda non aveva bisogno di conoscerlo per esserne attratta, ma aveva parlato di sentimenti e lui non poteva fare a meno di chiedersi cosa la legasse veramente a Rick O’Connell, se non la stessa oscurità che la vincolava a suo padre. Qual era la vera Marsilda? La docile ragazza che lo aveva seguito fino a Inverness, mostrandosi remissiva e accondiscendente, o la furia che poco prima aveva lottato per far valere le proprie idee, per ricordare al mondo la propria esistenza?
    -Ma anche se imparassi a conoscermi… non potrei darti quel che vuoi. È complicato da spiegare-, Erik si separò, nell’indietreggiare di un passo frappose della distanza psicologica. Un’ombra oscurò i suoi occhi, rendendolo più pensieroso di quanto avrebbe voluto mostrarsi.
    -La mia famiglia ha dei progetti per me e io intendo rispettarli.-, perché a lui avrebbe fatto comodo così: non sarebbero stati nient’altro che affari.
    -Mi hanno presentato la mia futura compagna. Ci sposeremo non appena avrò terminato gli studi. Ritenevo giusto che lo sapessi-
     
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    Non avrei dovuto farlo.
    Il bacio rimane sospeso nel vuoto, un ricordo di qualcosa che non è stato e mai sarà. Uno sbaglio; l'ennesimo.
    Quando il ragazzo dai capelli che tanto adoro si scosta per evitare un contatto, sento stomaco e cuore rivoltarsi e cedere dentro il torace, lasciando un senso di nausea e tante, troppe domande.
    Perchè l'ho fatto? Perchè devo essere così stupida? Dunque ha sempre avuto ragione mio padre, quando diceva che solo seguendo i suoi ordini non mi sarei fatta male? Perchè Rick mi ha evitata? Tutte quelle attenzioni erano solo bugie? Cosa ne sarà di me adesso?
    Lo guardo senza capire, le sopracciglia aggrottate e le labbra che formano una piccola o di sorpresa. Il buco nel petto inizia a farsi strada lungo la gola e giù, fino alle gambe sempre più intorpidite. Non so cosa fare o che pensare a parte continuare a guardarlo per cercare una risposta, qualcosa che abbia senso in questo mare di caos in cui sento di stare per annegare.
    Tutto quello che ho sempre voluto è stata solo un po' di pace, una vita tranquilla passata a danzare e guardare le stelle, magari con qualcuno accanto con cui chiacchierare durante i pigri pomeriggi d'estate e ridere d'inverno, nascosti sotto le coperte... Mi rendo conto solo adesso, guardando nei freddi occhi del Serpeverde, quanto sia immenso il mio desiderio d'amare qualcuno ed essere amata allo stesso modo. La mia famiglia non ha mai saputo farlo ed io, con la sciocca ingenuità dell'adolescenza, per qualche istante ho sperato che avrebbe potuto farlo lui, che avrebbe potuto salvarmi dalla solitudine nonostante quel poco che abbiamo scoperto l'una dell'altro.
    Invece ho sbagliato ancora una volta, e la marea si sta alzando.
    Lo ascolto parlare di ciò che non può darmi, e la boa che mi teneva a galla a poco a poco svanisce sotto il mio tocco, come se un pesce dispettoso me la stesse sfilando da sotto il naso. E poi, nell'istante in cui nomina una compagna ed un matrimonio, i contorni della realtà si fanno sempre più neri e devo lottare per non svenire.
    Mi gira la testa e boccheggio alla ricerca di aria, allungo un braccio per reggermi al suo, per tenermi a qualsiasi cosa sia in grado di non farmi cadere al suolo e farmi sentire ancora più stupida.
    N-no... Non è vero.
    Mentire è facile, non sarebbe il primo che mi prende in giro o desidera liberarsi di me. Peccato che, nell'alzare lo sguardo, il suo viso è uno specchio di truce serietà che fa ancora più male rispetto ad una menzogna. Provo dunque ad aggrapparmi a qualcos'altro, a una qualsiasi delle cose che ha detto per tentare di trovare una falla.
    Hai detto c-che è un progetto della tua famiglia, n-non tuo. Tu non vuoi sposarti davvero!
    Devo suonare molto disperata nel dirglielo, con gli occhi lucidi e carichi di lacrime che non ho alcuna voglia di fermare.
    Patetica, sciocca ragazzina... Cosa pensi di fare adesso? Metterti in ginocchio e pregarlo d'iniziare una relazione clandestina? Pensi davvero di valere più del volere della sua famiglia?
    La voce di papà si amalgama alla mia, formando una voce sinistra che vorrei tanto poter zittire perchè non ho voglia di sentire la verità. Sono stufa, stufa marcia di tutto questo dolore! Continuo a guardare Rick, ed ora sul mio viso vi è di nuovo la rabbia di poco fa, sembra quasi che il corpo non riesca a settarsi su una sola emozione e le stia vivendo tutte e troppo velocemente.
    Da quanto lo sapevi, eh?! Quindi è per questo che sei sparito, avevi paura di dirmelo perchè sei un codardo! Da quanto mi stavi prendendo in giro?
    Vorrei tirargli uno schiaffo, forse dovrei farlo... Però sono stanca, e non so nemmeno se ne possa valere la pena. Cosa ci guadagnerei a colpirlo, a parte sentirmi come mio padre? Posso essere migliore di lui, anche in questo caos e con il cuore a pezzi, posso scegliere di non diventare un mostro.
    Le lacrime iniziano a cadere, mi porto il dorso della mano verso la bocca per coprire la smorfia triste che mi deforma il viso, e penso a quanto sia idiota star dietro a certe accortezze di galateo in un momento come questo.
    Lo squadro un'ultima volta, e tra la nebbia d'acqua salina vedo in lui tutto quello che mi è sempre piaciuto: la sua intelligenza, il modo gentile con cui mi dava attenzioni, i piccoli gesti che per me contavano così tanto. Tutto questo smetterà d'esistere nel momento in cui si metterà la parola fine a questa storia; niente più stelle in sua compagna, basta ammirargli i ricci da lontano e basta sperare d'essere baciata e sentir nascere l'amore.
    Credo che mi mancherà, anche se mi ha presa in giro. E per questo motivo mi deve qualcosa, anche se non vuole.
    Mi butto su di lui e lo abbraccio, seppellendo il viso nel suo petto e singhiozzandogli addosso per qualche istante. Nonostante tutto, ho bisogno di una spalla su cui piangere, e lui è l'unica alternativa che mi è rimasta. Questa sarà l'ultima volta che mi vedrà così, lo giuro su quel poco al mondo che mi è veramente caro.
    Con ancora delle lacrime che mi colano lungo le gote, mi stacco ed allontano di qualche passo da lui. Per provare a ricompormi traggo un lungo respiro e levo le gocce salate con gesti veloci, non che abbia molta importanza.
    Se non hai altro da dirmi, Richard, ti lascio alla tua solitudine.
     
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    -Ti sto dicendo la verità.-, replicò alle sue accuse con fermezza, lasciando che le proprie parole trovassero il tempo per farsi strada nella mente della ragazza. La maschera di finzione che corrispondeva all’identità di Rick O’Connell gli consentiva di essere brutalmente onesto con Marsilda.
    -Ormai non ha più importanza.- l’arrivo di Roxanne nella sua vita era stato uno degli improvvisi cambi di rotta ai quali il ragazzo di Durmstrang aveva preferito adattarsi. Sua madre l’aveva imposto come un obbligo ma sapeva che se suo figlio non avesse voluto fare carte non ci sarebbe stato verso del contrario. Anziché percepirla come una limitazione, Erik l’aveva vista come un’opportunità che nel tempo avrebbe potuto fargli comodo. Marsilda, al contrario, restava ai suoi occhi un’incognita: il ragazzo non sapeva come comportarsi davanti alle sue lacrime, né comprendeva il motivo di tanta sofferenza nei confronti di qualcuno che conosceva appena e che se avesse imparato a conoscere fino in fondo avrebbe deciso di mantenersi alla larga.
    -Da meno di quanto pensi. Non è il motivo per cui sono sparito, ma rientra tra quelli che mi hanno spinto a cercarti.-, quanto all’averla ingannata non replicò: era vero. Erik aveva cercato di salvaguardarsi ma allo stesso tempo aveva agito anche nell’interesse di Marsilda, perché ella si rendesse conto di essere la sola a poter spezzare le catene che la ancoravano per terra. Far nascere in lei un interesse da lui non corrisposto era stato lo scotto da pagare. Quel che Erik non poteva prevedere era quanto lo avrebbe turbato vederla superare il confine che rendeva indistinti concetti come sicurezza personale e pericolo percepito: non poté sottrarsi all’abbraccio, davanti al quale rimase di pietra. Nel petto dove Marsilda aveva nascosto il viso parve battere un tamburo di guerra, tanto divenne anomalo il battito: per un attimo il ragazzo abbassò lo sguardo su di lei, rivenendo nel corpo scosso da singhiozzi il bambino che era stato. Essere amato da sua madre, essere considerato un fratello dai suoi fratelli, era sempre stata fonte di sofferenza: non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi un giorno al loro posto, tanto che quel pensiero riuscì a fargli avvertire dispiacere nei confronti della ragazza. Per un attimo fece come per sollevare una mano, tentato di stringerla a sé. L’esitazione non durò che un istante: se Marsilda era la degna figlia di Killian avrebbe fatto tesoro di quell’esperienza assimilandola per diventare più forte, così come era stato per lui, divenuto una fortezza inespugnabile.
    -Credo non sia più il caso di frequentarci. Almeno finché non sarai pronta a guardarmi con occhi diversi.-, non aveva scuse da porle. Non ne sentiva la necessità né ne vedeva l’utilità: Marsilda aveva trovato in lui un colpevole dell’amore che le era sempre stato negato, per quanto odio avesse potuto riversagli addosso non sarebbe mai bastato a far sparire il risentimento. Finché non avesse affrontato il vero mostro che la tormentava, questi avrebbe continuato a perseguitarla come fosse la sua propria ombra.
     
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    Qualche tempo dopo, continua da qui

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    Nella sua furia, Killian Everett-Millais riesce ad aggrapparsi alla ragione quel tanto che basta per inviare un patronus al ragazzo che gli funge da spia, il coccodrillo d'argento dalle tremolanti forme corre via, portando con sé un semplice quanto urgente: "Alla solita radura. Adesso!".
    Il sapore del sangue gli riempie la bocca e la parte del viso colpita dal pugno duole non poco, eppure non si cura, lascia che tutto pulsi e fluisca giù, fin sotto il mento e lungo il colletto della camicia. Vuole ricordarsi di questo dolore, di come due semplici ragazzini lo hanno colto di sorpresa ferendolo, solo per proteggere quella dannata sgualdrina di sua figlia.
    Se fosse stato più pazzo e sadico di così, niente avrebbe potuto fermarlo dallo sventrare la ragazzina bionda ed obbligare il giovane uomo a mangiarne i resti, magari obbligando Marsilda a guardare... Però la ragione aveva vinto sull'istinto animale, ed il timore di finire per sempre rinchiuso in prigione a causa di quell'inetto di Dell Ramirez lo aveva fermato.
    Killian ama molto la libertà; solo la sua, ovviamente. Sua figlia avrebbe potuto guadagnarsela obbedendo ai suoi ordini, ed invece aveva scelto di ribellarsi minacciandolo. Si era trovata degli amici, la sua Marsilda, e persino un fidanzatino. Agli occhi dell'uomo, tutto questo è un comportamento inaccettabile e pregusta il momento in cui potrà farla pagare alla ragazzina. Trova sia un vero peccato che sua moglie sia ormai troppo vecchia per dargli eredi, e non ha alcuna voglia di trovarsene una nuova, altrimenti avrebbe ucciso la figlia in men che non si dica per sostituirla con qualcuno di meno incline a voltargli le spalle.
    No, Marsilda soffrirà e poi gli darà ragione, capirà che tutto quello che suo padre ha fatto per lei era solo per amore e desiderio di vederla splendere al massimo delle sue capacità, e poi lo ringrazierà.
    Al momento però, Killian è troppo arrabbiato per pensare lucidamente, e mentre aspetta l'arrivo di Erik sfoga l'istinto da assassino su un paio di povere creature di passaggio. Nemmeno riesce a metterle a fuoco, tanto è infuriato, potrebbero essere volpi, cinghiali o conigli, a lui non importa: con veloci colpi di bacchetta, tagli arti e fa a pezzi, lasciando i poveri resti da parte.
    Mentre riprende fiato ed un minimo della sua già latente umanità, ecco che un movimento alle sue spalle lo fa voltare. Aggrotta le sopracciglia nel vedere il ragazzo, nemmeno lo saluta, si limita ad avvicinarsi con occhi iniettati di sangue ed i rimasugli della furia nella voce.
    Volevo riportarla a casa, e mia figlia ha osato dirmi di no! Mi ha minacciato di rivelare al capo auror tutto quanto e quel bell'imbusto del suo fidanzatino mi ha tirato un pugno. In futuro dovrai portarmelo, così che io possa fargliela pagare, è chiaro?!
    Erik potrebbe fingersi suo amico, e con una scusa trascinarlo dentro la tana del lupo... Si, sarà bello sentirlo urlare e restituirgli il dolore moltiplicato per cento.
    Forse Marsilda non parlerà con Ramirez, ma dovrò sparire per un po', giusto per essere sicuro. In ogni caso, voglio che lei soffra per questo affronto, quindi tu, ragazzo mio, dovrai essere la mia mano dentro al castello. Spaccale le braccia, strappale un'occhio... Non m'importa come, basta che lo fai!
    Non sta ragionando, Killian. Pensa solo al sangue e a rimettere a posto quello che è il suo ordine, la sua giusta legge. Un'angolo della bocca si piega in un malefico sorriso, e negli occhi gli brilla quella che è innegabilmente la luce della follia.
     
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    All’ultimo confronto con Marsilda non ne erano seguiti altri: quella separazione, tuttavia, non lo assolveva dall’impegno di continuare ad osservarla. Erik l’aveva seguita fino alla stazione di Hogsmeade separandosi per entrare da Mondo Mago, dove avrebbe dovuto ritirare una consegna. Il titolare stava incartando il suo pacchetto quando all’esterno, altera e acuta, la voce di Killian attirò l’attenzione dell’esercente e dei passanti. Nonostante al ciarlare indistinto dell’uomo si fossero aggiunte altri voci – tra le quali riconobbe quelle di Marsilda e di un paio di compagni di scuola – Erik non lasciò il negozio. Si limitò a voltarsi verso la porta a vetri, seguendo i passi del titolare che si stava affacciando per controllare cosa stesse accadendo, nell’incertezza se fosse il caso o meno di chiamare gli Auror. La confusione scemò in una manciata di minuti ma il patronus che lo raggiunse in negozio fu la dimostrazione che aveva ragione di credere che quanto accaduto fino a quel momento era stato soltanto la quiete prima della tempesta. Non si materializzò subito nella radura: fece trascorrere di proposito più tempo di quanto fosse richiesto, soltanto l’inizio della lezione di buone maniere che intendeva impartirgli perché ricordasse quale era il suo posto. Raggiunto il mago il fastidio provato dal ragazzo aumentò davanti alla scena macabra e nauseante che trovò a poca distanza. Erik stringeva ancora la bacchetta tra le dita quando gli si avvicinò, lo lasciò sfogare restando in disparte e in silenzio finché non ebbe terminato.
    -Perché tanto biasimo: lei non ha dato a Marsilda validi motivi per seguirla.-, commentò placido, provocandolo con la sua brutale schiettezza. Oltre ad essere un narcisista patologico, il Signor Everett doveva soffrire di neotenia psichica: tendeva a dimenticare perennemente che sua figlia non era una bambina di tre anni desiderosa di compiacere suo padre in ogni suo capriccio ma una adolescente che si avviava alla vita adulta, desiderosa di trovare una propria dimensione. Il suo comportamento infantile era a dir poco disdicevole per il rango della sua famiglia, tanto che in più di un’occasione Erik si era chiesto come potesse essere il proprio padre in rapporti d’amicizia con un individuo tanto misero.
    -Questa volta temo di non poterla accontentare.-, ribatté con decisione, scandendo bene le parole e attendendo un paio di secondi perché potesse comprendere che la sua richiesta era appena stata rifiutata.
    -Per gratitudine nei suoi riguardi ho accettato di diventare i suoi occhi e le sue orecchie dentro quelle mura, ma io non sono mai stato alle sue dipendenze. Parlandomi in questi toni non fa che offendere me e ricoprire la sua famiglia di imbarazzo-, proseguì, trapassandolo con lo sguardo con occhi colmi di disprezzo. Erik non era un suo subordinato, né lo sarebbe mai stato ed era necessario che Killian tenesse bene a mente la sua superiorità, intellettuale e di casata.
    -Se è il “fidanzatino” di sua figlia con cui vuole confrontarsi non serve cercare altrove. Sono io e in quanto tale garantisco che Marsilda goda della protezione e della tutela della mia famiglia-, commentò gelido, scrutandolo con serietà. Se Killian non fosse stato tanto irrispettoso il ragazzo avrebbe esitato davanti alle sue richieste; alla luce di come gli si stava rivolgendo, dell’eccessiva supponenza che stava mostrando e della rapida degenerazione delle sue azioni Erik era deciso più che mai a contravvenire ai suoi ordini, fermo nel non consegnargli i suoi compagni e forte del prestigio e del timore reverenziale di cui la propria famiglia godeva nel mondo magico. Killian si sarebbe confermato oltremodo stolto a toccarlo: braccato dagli Auror da un lato, bersaglio dei Mangiamorte dall’altro, avrebbe segnato definitivamente la propria condanna a morte.
    -Dovrebbe essermene profondamente grato, Killian: grazie alla sua sconsideratezza la propria discendenza e quella di sua figlia saranno infangate per sempre dal sangue di una babbana. La nostra unione le restituirà il prestigio di un tempo ed è più di quanto meriti un inetto come lei.-
     
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    Killian Everett-Millais è abituato ad essere trattato con riguardo e reverenziale timore da sottoposti e datori di lavoro in egual modo, per non parlare di chi convive con lui tra le mura della grande villa londinese che chiama casa: Octavié è la moglie perfetta, silenziosa e fedele, mentre Marsilda era un'esempio di ligio rispetto.
    Killian si bea del terrore che provoca negli altri, lo fa sentire potente ed in pieno controllo della situazione, e chi ha a che fare con lui sa quanto sia pericoloso averlo dalla parte sbagliata del coltello. Nella testa dell'uomo, questa è opinione comune e universalmente riconosciuta, poichè il suo ego non gli permette di credere di potersi meritare altro oltre all'altrui deferenza.
    Ed è per questo che, dinnanzi al tono sfrontato di Erik, rimane inizialmente incredulo.
    Lo guarda con sopracciglia aggrottate, gli occhi chiari e penetranti che, in quel breve momento di lucidità, studiano il viso del ragazzo per cercare di cogliere un qualsiasi accenno di scherzo, follia o desiderio di morte, ma tutto ciò che trova è sincero disprezzo. Per lui. Tutto quel fastidio è per lui, e a Killian sembra un'enorme affronto.
    Ha tirato questo ragazzo fuori dai guai, gli ha dato uno scopo all'interno di quel castello ormai colmo di gente priva di spina dorsale... E lui osa ribellarsi? Il mondo è impazzito, ed i suoi abitanti con esso.
    Il proseguire di quel discorso suona, alle orecchie dell'assassino, come una discesa negli inferi: è stato tradito non solo dal suo stesso sangue, ma anche da colui che dovrebbe solo baciare la terra su cui cammina. Tutti gli hanno infilato un coltello tra le scapole mentre guardava altrove! Tutti hanno perso il rispetto che l'esimio signor Everett, con le sue mani costantemente sporche di sangue, sente di meritare!
    La furia torna ad annebbiargli la mente, e la goccia che fa traboccare il vaso di quella giornata iniziata male e proseguita peggio è il sentirsi dare dell'inetto e la presunzione con cui Erik si eleva ad uno status più alto del suo, solo perchè possiede del sangue puro. L'unica qualità di Killian, se si può chiamare così, è la totale mancanza d'interesse per questioni futili come la purezza dei maghi: ha scelto sua moglie perchè era bella e la voleva per sé piuttosto che su di un palco a farsi ammirare da chiunque, e l'ha ottenuta; Marsilda sarebbe stata perfetta anche da mezzosangue, se solo gli avesse sempre dato retta invece d'immischiarsi con tali soggetti.
    Riesce a vederli mentre si scambiano effusioni e ridono di lui, l'inetto dinnanzi cui poter sbandiera la propria forza e magnificenza. Però Killian non è disposto a lasciar correre, non dopo i pugni ed i rifiuti ricevuti poco fa.
    Se Erik si fosse presentato prima dei due amici di Marsilda, forse Killian sarebbe stato più lucido ed in grado di capire quanto attaccare quel ragazzo sia un'atto stupido. Magari gli avrebbe persino dato la sua benedizione, se messo di fronte alla prospettiva di un futuro roseo per sua figlia... Ma adesso nel suo cuore vi è solo la furia, ed il modo in cui digrigna i denti in direzione del ragazzo lo fa sembrare un'animale impazzito e alla ricerca di sangue.
    Sectusempra!
    C'è qualcosa nella sua natura che lo spinge a tagliare, fare a pezzi la vittima per vedere scorrere a terra la loro linfa vitale. Come se, togliendo loro qualcosa, ne guadagnasse in forza e soddisfazione.
    Alarte Ascendare!
    Vuole fare male al ragazzo, rompergli le ossa e togliergli dalla faccia quella maledetta espressione carica di disprezzo. Cancellargli i tratti del viso, per sempre.
    Vapom!
     
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    Per tutta la durata del monologo Erik non interruppe il contatto oculare con Killian: il ragazzo di Durmstrang ebbe modo di leggere nelle iridi del mago l’indignazione per essere stato invitato a ricordare quale fosse il proprio posto ed ebbe il tempo di prepararsi alla furia cieca che di lì a poco sarebbe esplosa.
    -Protego horribilis-, la barriera respinse l’incanto oscuro, che fendette l’aria alle proprie spalle. Se Killian attaccava per uccidere Erik attaccava per sopravvivere.
    -Probellum!-, deviò così il secondo incantesimo, guadagnando terreno via via che l’altro si lasciava domare dall’ira. Fin dall’inizio la fuga da quella situazione non era stata minimamente contemplata: il ragazzo era intenzionato ad aprire e chiudere il duello in fretta, liberandosi definitivamente dal vincolo di dovere che fino a quel giorno lo aveva legato a un uomo tanto infimo. Dalla propria aveva il vantaggio della premeditazione, lucidità mentale che l’avversario invece aveva perduto al punto da dimenticare che Hogsmeade pullulava di Auror pronti a pattugliare la zona vicina non appena il chiasso e il colore degli incantesimi ne avessero attirato l’attenzione.
    -Ius reliquit-, tentò il tutto per tutto schivando lateralmente e contrattaccando con un incantesimo mentale: se fosse andato a segno Killian avrebbe indirizzato il vapom contro la propria, di faccia, regalando al ragazzo un vantaggio che non avrebbe esitato a sfruttare per porre fine allo scontro.
    -Exulcero! Accio bacchetta!- Erik mirò alla mano che reggeva il catalizzatore, pronunciando gli incantesimi con fermezza mentre sentiva l’adrenalina scorrere nel sangue. Non intendeva ucciderlo: non era un assassino, inoltre aveva così poca considerazione di lui da ritenere che non valesse la pena sporcarsi le mani di sangue. Questo non significava lasciarlo andare via indenne. Mirava a disarmarlo per ritorcergli contro la stessa arma con la quale aveva tenuto sotto scacco sua figlia per una vita intera, intenzionato riservargli un trattamento assai peggiore della morte. Condannandolo all’oblio avrebbe evitato alla propria famiglia il fastidio di dover mettere a tacere per sempre un mago diventato sgradito e avrebbe stroncato sul nascere un possibile problema futuro, nel caso in cui il mago avesse voluto usare quel che conosceva sul ragazzo per commutare la condanna del Wizengamot. Tuttavia, non si sarebbe limitato a cancellare la memoria di quell’incontro, o di ciò che aveva fatto per lui la scorsa estate: Erik intendeva eliminare dalla mente del Signor Everett l’esistenza della figlia insieme a qualsiasi traccia della sua personalità malata, in modo che non avrebbe più potuto nuocere per sempre a nessuno. Sia lui che Marsilda avrebbero potuto camminare senza la sua ombra proiettata su di loro, libero ciascuno di proseguire per la propria strada.
     
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    Killian agisce come un cane a cui è stato negato il cibo per settimane ed ora si trova un grande piatto di carne cruda a poca distanza, ma protetto da spesse sbarre.
    L'animale in questione sbaverà, morderà il metallo con furia rischiando persino di farsi male ed attaccherà chiunque oserà portargli via anche solo una briciola di cibo. Così è il padre di Marsilda, acciecato da rabbia e desiderio di ferire, non vede oltre il suo naso ed in tutta la sua vita non si è mai dovuto preoccupare d'imparare troppo a difendersi, poichè già ai tempi della scuola vagava tra i corridoi di Hogwarts a testa alta, fiero del timore che leggeva negli occhi degli studenti a cui donava le sue attenzioni sotto forma di piccole torture.
    L'uomo è sempre stato nulla più di un bullo, una bestia rabbiosa con gli occhi iniettati di sangue.
    Ora che tutte le sue certezze si stanno sgretolando però, per un breve istante, si chiede perchè nello sguardo di sua figlia prima e di Erik ora, non ha percepito quel terrore che ha sempre pregustato sulla lingua come un saporitissimo brandy.
    E' lui che sta invecchiando o sono questi ragazzini a possedere più coraggio di quanto avesse preventivato? Al momento Killian non si preoccupa di darsi una risposta, attacca colui che ha osato sfidarlo perchè vuole vederlo cadere e sanguinare, soffrire fino a che non gli chiederà pietà.
    Eppure lo ha sottovalutato, il ragazzo para e schiva i suoi incanti con la facilità di un'adulto esperto, e la sorpresa è tale, insieme alle pochissime se non nulle difese mentali erte, che l'uomo viene colpito dallo Ius Reliquit ed il vapom colpisce buona parte del suo viso e della spalla. Grida dal dolore, digrigna i denti ma tiene stretta la bacchetta con tutte le forze che ha, persino quando ulteriori ustioni gli incidono la pelle della mano.
    La furia gli permette di resistere e non perdere la bacchetta, se non fosse stato colpito da nessun incanto sarebbe rimasto a combattere fino alla morte di uno dei due, ma Killian tiene molto alla propria libertà e l'idea di essere sconfitto da un ragazzino infastidisce parecchio la parte di sé che è rimasta lucida.
    Ci sarà tempo di guarire e tornare, di farli fuori tutti e smettere quell'insensata follia.
    Come il codardo che in realtà è, Killian Everett-Millais si smaterializza lontano, non prima di aver riservato al suo precedente aiutante un ultimo ghigno di folle furia. Nel suo patetismo, spera ancora di poter fare paura, e non ammetterebbe mai di essere stato umiliato da degli adolescenti, sarebbe troppo per il suo ego.
    No, ha solo scelto di prendersi tempo per pianificare la giusta vendetta, e quando avrà scelto la pagheranno tutti.
     
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    attraverso la rigidità della postura e lo sbarramento dello sguardo Erik riusciva a percepire nel suo avversario lo smarrimento. Killian stava pagando il prezzo per aver ritenuto irrealisticamente tutti coloro di cui era circondato marionette senza anima da muovere a proprio piacimento e il suo errore più grande era stato porsi su un piano superiore nell’illusione di disporre a proprio piacimento della vita e delle azioni del giovane mago, così come per tanti anni aveva fatto con sua figlia. La superbia del ragazzo di Durmstrang era tale da ritenere quell’uomo una minaccia in misura di gran lunga inferiore rispetto a quanto i Sanders e i Murray avrebbero potuto esercitare nella comunità magica a proprio piacimento, decretando, se lo avessero voluto, la rovina di Killian. Fu in virtù di tanta sicurezza che continuò quindi ad attaccarlo, determinato ad andare fino in fondo per ripulire la stirpe purosangue da un uomo indegno perfino di respirare nella polvere, indegno perfino di scomodare chi che sia per essere ucciso. Era una morte diversa dalla concezione più stretta del termine alla quale si era prefissato di condannarlo, perché vederlo sfigurato e gridare dal dolore non gli procurava alcun piacere, tanto meno sarebbe stato di alcuna utilità; del resto, fino a un decennio prima altre condanne simili per effetti erano state in vigore nel loro mondo, un trattamento di gran lunga lusinghiero se paragonato alla vita di sofferenze e di sevizie alla quale quel mostro aveva sottoposto la figlia.
    La smaterializzazione del mago e la sua seguente scomparsa non lo avrebbero salvato dalla furia della sua famiglia: con quella fuga Killian aveva soltanto posticipato la propria fine, presto o tardi avrebbe finito mezzi e alleati e braccato da Auror e Mangiamorte sarebbe stato catturato o ucciso senza alcuna remora di sorta.
    -Periculum-, rimasto solo nella radura, sollevò la bacchetta al cielo sparando una manciata di scintille rosse per segnalare agli Auror la propria posizione: non avrebbe lasciato che le tracce del passaggio di quel mostro restassero inosservate. I resti delle creature assassinate e seviziate brutalmente avrebbero segnalato, insieme all’incantesimo, la presenza di una anomalia sulla quale il corpo auror non avrebbe potuto non tenerne conto, essendo il villaggio di Hogsmeade, frequentato dagli studenti, nelle immediate vicinanze.
    Prima che potessero raggiungerlo, decise di smaterializzarsi per tornare al villaggio dove avrebbe atteso che si facesse ora di rientrare al castello: comportarsi come non fosse cambiato nulla era imperativo per dare l’impressione di normalità, del resto non era una questione che non potesse attendere l’indomattina.
    -Devo spedire un gufo nel Wiltshire-, fu la richiesta che avanzò all’addetto dell’ufficio postale. Poche righe che sua madre avrebbe saputo decifrare, circa un aneddoto su un re babbuino, annegato nel lago nella convinzione di poter afferrare la luna, tratto in inganno dalla sua superficie riflessa nell’acqua.

     
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