Graciousness and Ambition

per Indigo

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    Il mantello sottobraccio, i capelli lucidi e fluenti che ricadevano in morbide onde lungo la schiena, tenuti lontani dal viso da dei fermacapelli sui lati, la divisa fresca di bucato e le scarpe lucidate. Forse era un po’ esagerato, la professoressa le sembrava una persona alla mano, molto informale e cordiale, da quel poco che aveva potuto vedere a lezione, ma voleva fare una buona impressione, quindi si era sistemata a dovere, senza lasciare niente fuori posto.
    Sistemò un’ultima volta le pieghe invisibili della mantellina che stava riportando alla sua legittima proprietaria, ovviamente lavata e profumata dagli elfi del castello, non voleva riportarle qualcosa che aveva indossato senza prima farla tornare al suo antico splendore, e bussò alla porta, attendendo il permesso ad entrare.
    Aveva un piano in mente: doveva cancellare la pessima impressione che aveva fatto alla docente, magari chiedendo nel frattempo un aiuto per finire la lezione che era stata così malamente interrotta da quella Corvonero annoiata. La fronte le si arricciò in disgusto al solo pensiero della ragazza, non riusciva proprio a comprendere come qualcuno potesse inventarsi qualcosa del genere per divertimento.
    Quindi le cose da fare erano poche e semplici: numero uno riconsegnare il mantello. Numero due scusarsi. Numero tre chiedere di aiutarla a completare l’incantesimo. Niente di più semplice, era un piano infallibile che aveva solo lati positivi. Non serviva fortuna o impegno, bastava essere garbata e tutto sarebbe filato liscio.
    L’invito ad entrare la scosse dai suoi pensieri ed Euphemia stampò sul volto il suo sorriso più sincero – che non lo era mai del tutto, ma non era colpa sua se la sua espressione normale sembrava arrabbiata ai più – ed entrò nell’aula, la schiena ritta, il passo felpato ed elegante e con giusto una punta di timidezza per non sembrare arrogante, rischio che si correva, quando si era sicuri di se stessi e si faceva di tutto per raggiungere il proprio obiettivo.
    “Buongiorno professoressa, mi dispiace disturbarla, volevo solo riportarle il mantello e ringraziarla ancora una volta per avermelo prestato” non avrebbe fatto cenno all’altra ragazza e alla sua indignazione per l’incidente, voleva sembrare una persona matura che non dava peso alle piccolezze degli altri e non voleva nemmeno sembrare la caposcuola che andava a lamentarsi dai professori. Aveva tutto sotto controllo, era lì solo per lei, non per altri.
    Si mosse verso la docente, ponendole il capo d’abbigliamento quasi con reverenza, trattandolo come un oggetto prezioso e qualcosa da maneggiare con cura, come era giusto che fosse. Un oggetto poteva essere anche il più economico sulla faccia della terra, ma poteva essere di estremo valore per la persona che lo possedeva, sarebbe stato un grande errore trattarlo con negligenza e finire per fare una brutta figura.
    “Spero non ci siano state ripercussioni da quell’incidente, purtroppo i miei compagni a volte tendono a lasciarsi prendere la mano e faticano a capire le ricadute delle loro azioni. Se posso fare qualcosa per aiutarla non si faccia remore a chiedere, sono più che disponibile”
    Non stava dando la colpa a nessuno, stava anzi proteggendo i suoi compagni dando una leggerezza alle loro azioni che era sicura non fosse presente. No, entrambi avevano fatto con cognizione di causa quello che avevano fatto, cercando di creare più scompiglio possibile. Non sarebbe stata però una buona caposcuola, come aveva ricordato Rick, se non avesse tentato di difenderli, per quanto possibile, quindi stava cercando quel giusto equilibrio per risultare giusta ad entrambe le parti.
    “Se non le dispiace avrei un favore da chiederle. Se ha del tempo libero sarebbe disposta ad aiutarmi ad apprendere al meglio l’incanto? Purtroppo la lezione è stata un po’… Deragliata, verso la fine e non ho avuto modo di padroneggiare l’incantesimo ad un livello tale da sentirmi proficiente a riguardo” non voleva farla sentire in colpa per non aver concluso la lezione al meglio, però voleva anche far notare le carenze per non far sembrare che fosse lei quella incapace di apprendere. Aveva un certo ego Euphemia, non avrebbe mai permesso a nessuno di crederla stupida.
    “Sa, purtroppo sono un po’ una perfezionista” non era un difetto, almeno non ai suoi occhi e sperava nemmeno a quelli della professoressa “e non voglio lasciare le cose a metà. Ma se non ha tempo magari può indicarmi qualche lettura da fare nel tempo libero per approfondire l’argomento?”
    Sempre propositiva, era quello il trucco. Lasciare più opzioni per non far sentire la persona in trappola o in obbligo di aiutare, altrimenti avrebbe finito per provare risentimento e non era di certo quello che voleva la Serpeverde. Voleva dimostrarsi una studentessa attenta e vogliosa di imparare, non saccente e richiestiva. Sperava solo di aver trovato il canale giusto di comunicazione, non tutti rispondevano bene ai suoi modi formali e alle sue richieste di miglioramento.
     
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    Socchiuse le labbra in un impercettibile smorfia di dissenso, le dita affusolate stringevano tra l’indice e il medio una penna stilografica sui toni dello smeraldo. Cerchiò l’ennesimo errore sul compito da correggere, la relazione assegnata non le era sembrata poi così complicata eppure la maggior parte degli studenti l’aveva consegnata con non pochi errori. Disattenzione forse, oppure una scarsa preparazione, doveva assolutamente provvedere nel fornire agli studenti tutti gli strumenti necessari per raggiungere almeno una sufficienza. Non che fosse poi così difficile, Incantesimi, presupponeva, era forse la materia per eccellenza preferita dagli studenti, un mezzo con il quale arricchire la propria vita quotidiana semplificando e migliorando i piccoli gesti, con incantesimi messi appuntino. Per non parlare poi delle infinite possibilità difensive scaturite da semplici incantesimi banali, persino un acquamenti sortiva il suo fascino. Evidentemente però, Difesa contro le Arti oscure o Pozioni, vantavano ancora un fascino letale, persino ai suoi tempi era così. Scosse la testa segnando una T (Troll) piuttosto grande sulla pergamena, la sistemò sulla pilla alla sua sinistra e passò alla successiva. Prima che potesse intraprendere nuovamente l’arduo compito del correggere relazioni scarse, sollevò appena lo sguardo verso la porta incrociando così quello della ragazzina dai capelli rossi, sorpresa ma non troppo le fece cenno di accomodarsi. Il suo nome lo ricordava bene, così come anche il tragico epilogo che aveva coinvolto la sua gonna. L’accolse alzandosi, un sorriso sfiorò appena le labbra dipinte di rosa, non si aspettava alcuna visita ma conoscere i propri studenti era un suo dovere e dopo la sua prima lezione, era diventato anche un dovere morale.
    “Signorina Le Grant, apprezzo molto la sua premura” sfiorò l’indumento fino a stringerlo tra le mani, era stato tirato a lucido molto meglio di quanto lei stessa era in grado di fare. La ragazzina lo aveva maneggiato con cura e così fece anche lei prima di lasciarlo sparir via con un colpo di bacchetta. “Mi dispiace molto per la tua gonna, spero tu sia riuscita a reperirne un’altra quanto prima” non che ne dubitasse, si era informata giusto un po’ sulla classe, della ragazzina sapeva poco ma quel tanto bastava. “Accomodati facciamo due chiacchiere” con un movimento circolare del polso, una sedia scivolò lentamente verso la ragazza posizionandosi proprio davanti alla cattedra. L’aula era stata messa a lucido e tutto era tornato al proprio posto, le tende ridotte in cenere erano state sostituite con tessuti più consoni all’immagine che Indigo dava di se, un bianco perfettamente candido aveva reso l’aula meno austera e più luminosa. Lasciò la bacchetta sulla cattedra e si accomodò a sua volta.
    “Per me no di certo, per loro forse qualcuna ma sono cose che accadono. Non mi preoccuperei tanto, so che svolgi già un ottimo lavoro come caposcuola e non oserei mai servirmi della tua disponibilità più di quanto tu già faccia” se la ragazzina fosse sincera o no, Indigo non riusciva a decifrarlo. L’educazione con la quale esprimeva i propri pensieri lasciavano supporre anche una certa abilità nel utilizzare la diplomazia come arma a doppio taglio o come mezzo per raggiungere i propri tornaconto. Soffermò le iridi verdi sulla spilletta perfettamente appuntata sulla divisa della ragazza, poi sfiorò il suo sguardo e decise che forse essere prevenuta non l’avrebbe affatto aiutata nel farsi degli amici ma bensì dei nemici, gli studenti nutrivano già diversi dubbi sulle sue capacità di insegnamento, non aveva bisogno di alimentare quel fuoco di paglia. Morse il labbro inferiore persa per un attimo nei suoi pensieri e prima che quel silenzio potesse diventare più che imbarazzante, accolse ben volentieri la richiesta della ragazza. “Ma certo, possiamo darci da fare anche adesso se vuoi. Questi compiti non miglioreranno comunque e io ormai inizio a vederci doppio. Se assegno anche solo un’altra T mi licenzio”.
    In fondo lei stessa era una caparbia per natura, odiava lasciare le cose a metà e detestava ancora di più non essere in grado di padroneggiare un incantesimi difensivo o di attacco. Aveva chiesto aiuto al povero Mark per questo ma sapeva bene quale fosse il vero problema, aveva paura. Ogni qual volta ripensava a quella casa avvolta nell’oscurità le gambe iniziavano a tremarle, la voce di quell’uomo le riempiva le orecchie e inevitabilmente l’incantesimo faceva cilecca. Il sol fatto di essere così inibita da tanta paura l’aveva fatta sentire debole e inerme. Si era ripromessa di darci un taglio ma ogni volta ci ritornava su e diventava sempre più difficile poiché si era aggiunta anche una fastidiosa ansia da prestazione. Per lo meno, tutto questo non era visibile durante le lezioni, non riusciva a difendersi o ad attaccare ma tutto il resto era rimasto immutato. “Proviamo a non dar fuoco alle tende però, queste qui mi piacciono molto. Ti andrebbe di esercitarci altrove? All’aria aperta magari”
     
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