Hai presente quella pessima idea?

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    Da qualche giorno che Anastasia era particolarmente silenziosa.
    Non che fosse poi una cosa così strana: la piccola di Casa Carter, che già di suo non era mai stata una grande amante delle chiacchiere futili, sprofondava talvolta in qualche giorno di silenziosa introspezione spesso causato da qualche idea che aveva iniziato a frullarle insistente fra le meningi. Qualche giorno prima si era alzata così, con poca voglia di parlare, e da allora non aveva pronunciato che le poche parole necessarie ad un vivere civile con chi la circondava.
    Aveva tenuto normalmente le lezioni che le toccavano ma invece che condividere i pranzi con colleghi e alunni com’era solita fare quando si trovava al castello era sparita ad orario di pranzo e cena, isolandosi da qualche parte del castello con la testa immersa in qualche volume che non stava leggendo davvero.
    Chiunque la conoscesse abbastanza sapeva che quando era di quell’umore si poteva solo lasciarla nel proprio brodo e attendere che la cosa che le stava maturando fra i pensieri si facesse abbastanza strutturata da poter essere condivisa, di solito sotto forma di un piano bene elaborato o di un progetto in dieci o dodici fasi. L’intera ristrutturazione dell’ala sud del Maniero di famiglia era nata da un periodo del genere, e anche l’avvio del “Fondo Carter per la Protezione delle Creature Magiche del Sud America”: tutte cose che erano passate dal non esistere nemmeno sulla carta alla piena formazione nel giro di qualche settimana.
    Certo, Indigo di tutti quei precedenti aveva solo una vaga conoscenza.
    Lei sapeva solo che Anastasia in quei giorni aveva qualcosa per la testa, che era normale che ogni tanto capitasse e che non c’era tropo da preoccuparsi se, chiuse nell’intimità del piccolo appartamento riservato alla professoressa di Cura delle Creature Magiche, Anastasia se ne stava sprofondata da oltre un’ora nella poltrona sistemata accanto alla finestra.
    Il tonfo del libro che si chiudeva rappresentò tanto la fine della lettura quanto quella del periodo di isolamento mentale in cui si era chiusa. Si allungò a posare il volume sul davanzale della finestra, alzò le braccia sopra la testa a stirarsi la schiena e si alzò in piedi. Sorrise a Indigo mentre la raggiungeva sul letto a baldacchino e ci gattonava sopra, stendendosi poi a pancia in giù ad osservarla felina. Posò il mento sulle mani intrecciate e portò gli occhi azzurri a specchiarsi in quelli di lei.
    - Ma tu - disse dopo qualche istante di silenzio - Li vorresti dei figli? -
     
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    -Sapone di bava di Troll, utile contro l’acne e contro gli inestetismi della pelle- , per le streghe comuni era una cosa normale spalmarsi sul viso ogni sorta di bava o di estratto di creatura magica, per Indigo invece il sol pensiero le causava nausea e un colorito del volto giallognolo simile a quello provocato dalla gelatina tutti i gusti + 1 al gusto vomito. Passò alla pagina successiva di Strega Moderna evitando così le pubblicità accattivanti di prodotti dal dubbio gusto, ogni tanto si concedeva un momento per ammirare la sua Anastasia intenta nella lettura. La luce filtrava dalla finestra incorniciandole il volto in un perfetto contouring e il risultato era quasi onirico, in un altro mondo forse sarebbe stata sicuramente un elfo. Ultimamente, ma come spesso accadeva, la donna era distratta dai suoi drammi interiori che solo a volte condivideva e mai spontaneamente. Indigo aveva imparato a rispettare i suoi silenzi, attendendo con pazienza le rare aperture spontanee, questo funzionava. Non creava a nessuna delle due ansie o dispiaceri ed era semplicemente un perfetto equilibrio che man mano diveniva sempre più semplice da calibrare. Interrotta dal tonfo delle pagine del libro, chiuse d’istinto anche la sua rivista aspettando la dolce compagnia di quelle labbra dal sapore del miele. Seduta con le gambe incrociate, lasciò che lei si distendesse prona al suo fianco, un rapido sguardo bastò però per comprendere che ciò che aveva desiderato di farle doveva attendere perché in quella folle testolina bionda, qualcosa frullava più del solito. In effetti fu così, solo che la sua domanda detta anche un po’ troppo francamente, lasciò la povera Indigo per alcuni secondi in uno stato di trans difficile da interpretare.
    Siamo già a quel punto? Avrebbe voluto dirle, non come fosse una cosa negativa anzi, solo che non ci aveva mai pensato. Clinicamente sapeva da tutta la vita di non poter generare naturalmente bambini ma questo non era mai stato un problema, le adozioni o tanto meglio la magia, offrivano soluzioni diverse e a volte anche più sagge. Deglutì. “Perchè tu no?” forse era una domanda a trabocchetto, di quelle dove qualsiasi risposta era quella sbagliata, nel dubbio preferì essere sincera come sempre. “Non ci ho mai pensato ma.. Immagino di si”. Prima di Anastasia non aveva mai pensato all’amore inteso come famiglia, le sue relazioni precedenti lasciavano al quanto a desiderare e solo adesso era riuscita a fidarsi nuovamente di qualcuno tanto da aprirsi all’amore con una tale foga da esserne travolta. Della sua sterilità poi ne avevamo già parlato, più come informazione generica che per palesare una reale necessità di maternità, per Indigo non poter avere bambini era da sempre una cosa normale, sua madre le aveva insegnato il rispetto per se stessa non si era mai sentita diversa dalle altre ragazze. Semplicemente era sterile e questo non le aveva mai dato modo di pensare che in futuro non avrebbe mai potuto avere dei bambini. Mordicchiò nervosamente il labbro inferiore “Non sei incinta vero? Perchè sono quasi sicura di non essere io il padre” le sorrise stando attenta però a non sminuire la sua domanda.
     
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    Anastasia era rimasta ferma sul letto a fissare Indigo e le sue reazioni. Non avrebbe saputo dire cosa si sarebbe aspettata di vedere ma il modo in cui l’americana incassò il colpo senza panico apparente o troppa agitazione le piacque molto. Tutto finiva con il piacerle, di lei, anche quanto quella parte piccola e meschina di lei cui faticava a dare un nome faceva di tutto per trovare qualcosa di sbagliato su cui far leva.
    - Sì - ne aveva sempre voluti, e aveva sempre dato per scontato che prima o poi ne avrebbe avuti. Non che prima di quei giorni avesse davvero mai pensato al “come” fare per averne, nemmeno dopo essersi resa conto di non apprezzare l’altra metà del mondo necessaria al concepimento: aveva semplicemente dato per scontato che in qualche maniera avrebbe fatto - Non adesso, ok, ma sì - aggiunse, più per se stessa che per lei. Le erano sempre piaciuti i bambini ma non era mai stata il tipo di ragazza che perdesse il senno di fronte ad un neonato. Era più come…ecco, come sapere che prima o poi ci sarebbero stati, il volerlo, ma il non vedersi mai nell’atto pratico di gestire la cosa.
    - E’ complesso - ammise anche. Scosse la testa, sospirò e si girò su se stessa, a fissare il soffitto del baldacchino - Vorrei evitare di avere dei figli che possano venire usati contro di me in questo particolare periodo storico…o nel prossimo. O in quello dopo ancora, o ancora… - il concetto era chiaro, ovvio, ma doveva essere stato chiaro anche per suo padre eppure non lo aveva fermato, così come non aveva fermato suo nonno ancora prima - Ma non voglio nemmeno che ragionamenti del genere limitino la mia vita - borbottò, prima di guardarla di nuovo da lì, sottosopra - Li vorresti qui o in America? -
     
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    Immobile non lasciò sfuggire alla sua attenzione nulla delle espressioni di Anastasia, un piccolo cenno di scherzo o di dubbio, niente. Era serissima, forse come mai l’aveva vista prima, quell’argomento doveva averla toccata particolarmente. “Allora facciamolo” sollevò appena le spalle con una tale naturalezza da fare paura persino a se stessa. “Non adesso ovviamente ma quando ci sentiremo pronte” anche adesso in realtà, chi in fondo era mai pronto a diventare genitore? Allungò una mano sul suo volto accarezzandolo dolcemente, la paura che spesso tormentava i suoi pensieri non l’avrebbe abbandonata mai, per nessun motivo, nemmeno in un mondo di pace. “Potrei essere usata anche io contro di te” l’indice sul suo naso perfetto. “E poi non sei più da sola. Proteggerei la nostra famiglia con le unghia e con i denti. Chi si metterebbe mai contro di me? Sono adorabile”.
    La lasciò solo per un secondo per distendersi al suo fianco “Magari prima mi piacerebbe sposarmi” fece una pausa prima di precisare “Una cerimonia semplice. Mi piace pensarla come una promessa importante, un impegno d’amore eterno, che poi.. è un po’ quello che rappresenta l’avere un figlio”. Forse Anastasia a questo punto si sarebbe resa conto che era tutto un po’ troppo e sarebbe fuggita via, continuando la sua vita lontano e rinchiusa nel suo maniero.
    Un piccolo sorriso le sfuggì alla sua ultima domanda, la fuga in America per Ania era considerata un po’ una sorte di protezione, più lontano era Indigo più la riteneva al sicuro e così anche un eventuale figlio. “Ovunque ci sei tu, quindi non in America Anastasia Carter.”
    Senza contare poi che entrambe avevano un ottimo lavoro e degli amici, Indigo iniziava a sentirsi più a casa di quanto avesse mai immaginato, le sue mamme sarebbero state felicissime di accoglierle lì ma in fondo sarebbe stato un po’ come fuggire.
     
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    Ci doveva essere nel viso di Indigo una qualche forma di dubbio o di incertezza. Anastasia ne scrutò con attenzione i lineamenti senza però trovarci nulla che indicasse anche solo lontanamente che la ragazza non stesse dicendo sul serio. Nemmeno la scarsa cognizione che aveva della sua sfera emotiva nei momenti in cui non la stava guardando volontariamente indicava qualcosa di diverso dalla tranquillità - Ok - si limitò ad annuire, seria quanto lo era stata in tutti quei giorni. Avrebbero avuto tempo per pensare al “come”, tanto più che le cose cambiavano molto se un figlio avesse avuto o meno il suo sangue: gran parte degli incantesimi che proteggevano il Maniero o il loro patrimonio alla Gringott si basavano sul sangue. Sarebbe stato stimolante trovare il modo di aggirare quel problema.
    - E’ proprio quello a fregarmi - rise Anastasia, arricciando il naso appena il naso appena toccato da Indigo. Era vero, era adorabile. Solo che non si trattava esclusivamente di quello, e definirla “adorabile” sarebbe stato decisamente riduttivo. Ania osservò il modo in cui la luce che filtrava dalle tende ne tratteggiava i lineamenti, donando qualcosa di nuovo a quel viso ogni volta che cambiava espressione. Osservarne le espressioni era come guardare il formarsi di un arcobaleno, e Anastasia non vedeva come potesse stancarsi di quel genere di spettacolo nel corso della vita.
    - Semplice per te o semplice per me? - perchè avevano già capito che le due cose non collimavano sempre. Anastasia ruotò su se stessa, mettendosi a sedere con le gambe incrociate sotto al corpo - Perché il giardino del Maniero sarebbe sprecato con meno di trecento invitati - avrebbero dovuto usare una delle sale interne, ma che peccato sarebbe stato? C’era il Giardino delle Rose che sarebbe stato tanto adatto e…- Ok, è solo che non ho questa grandissima opinione dei matrimoni -ammise. Bella la cerimonia, bella la festa, bello tutto ma... - Insomma, non funzionano molto dalle mie parti. Mio nonno si è sposato tre volte solo per divorziare e mio padre…beh, lui e mamma stanno ancora insieme, ma probabilmente avrebbe avuto più senso se si fossero lasciati qualche anno fa -
     
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    Agosto – Vacanze estive post diploma

    Fluttuava leggera mossa dal vento, sdraiata sul divanetto a dondolo della casa in campagna che tanto amava. Osservava il mondo al rovescio, le gambe distese lungo lo schienale del divanetto, la testa oscillava seguendo il flusso ondulatorio, era felice e lo sapeva. Le voci delle sue mamme riempivano il giardino, l’aria festosa era coinvolgente, socchiuse gli occhi lasciandosi avvolgere dal profumo di carne arrostita che con prepotenza prese posto, coprendo quasi del tutto il profumo del gelsomino, che rigoglioso cresceva lungo la recinzione.
    Passavano in quella villetta quasi tutte le vacanze estive, costruivano ricordi felici e dimenticavano per un po’ tutta la frenesia della città. La madre di Indigo, quella che faceva il chirurgo, doveva spesso tornare in città per lavoro, ogni qual volta tornava, soprattutto nel fine settimana, tutte e tre passavano le giornata con i piedi accarezzati dal mare o dall’erba fresca. Ecco cos’era per Indigo la felicità, la sua famiglia, ricordi sui quali aveva costruito le proprie certezze e prima di Anastasia non aveva nemmeno mai osato sperare di crearne degli altri, consapevole del fatto che l’amore che le sue mamme provavano l’una per l’altra sapeva di vaniglia e zucchero filato. Un gusto tanto dolce quanto difficile da replicare senza annoiare.

    Oggi

    L’idea di famiglia a cui era legata era fatto di questo. Risate, amore e una villa in campagna. Non avrebbe mai potuto accettare altro se non questo. La famiglia
    Anastasia le aveva offerto se stessa e con sempre più intensità, Indigo aveva iniziato a nutrire la speranza che il loro amore sarebbe durato davvero per sempre. Un sogno ad occhi aperti a cui faceva spesso affidamento nei momenti più difficili.
    “Trecento persone non è ciò che intendo io per semplice” avrebbe accettato un evento così grande solo per farle piacere ma nella sua immaginazione, le soluzioni erano molto diverse, avrebbero persino potuto unirsi semplicemente in una cerimonia privata celebrata sulle scogliere Scozzesi. Il viso di Anastasia avvolto dai raggi del Sole al tramonto, i capelli di entrambe decorati con fiorellini di stagione e perché no, una persona cara a celebrare la cosa.
    “Uhm” le labbra si arricciarono tutte su un lato evidenziando la fossetta sulla guancia. Imitò i suoi movimenti sedendosi a gambe incrociate. “Sono una romantica, mi piace tutta la parte delle promesse, stringersi la mano e perché no, la prima notte di nozze. Però.. Ecco.. Non è necessario. Un figlio è un impegno sufficiente ed è per sempre. ”
    Indigo pretendeva poche cose in un rapporto, fedeltà, sincerità e condivisione. Su altro invece viveva il tutto in maniera piuttosto serena, non si creava problemi ed evitava di crearne ad Anastasia. Si fidava di lei, di ciò che provavano e non avrebbe mai immaginato di poter affrontare discorsi così intensi con qualcuno senza sentire le ginocchia tremare e una folle voglia di scappare lanciandosi giù dalla finestra.
    “A tuo nonno piacevano tanto i matrimoni forse..” sposarsi tre volte? Chi poteva osare così tanto, una volta, una soltanto e poi mai più. Restò in silenzio, nella testa qualcosa iniziò a frullare, un sentimento più forte e intenso del solito, non riuscì a sostenere il suo sguardo per più di qualche secondo colta da un improvviso desiderio di leggervi attraverso.
    “Sarebbe bello se avesse i tuoi occhi” ammorbidí le parole accarezzandole piano in un sussurro. Esistevano ormai innumerevoli modi per avere un bambino biologicamente e poi c’era comunque l’adozione.
    “Certo il donatore dovrebbe essere una persona di fiducia. Qualcuno con un bel patrimonio genetico” era così che si facevano i bambini? Tutta la parte divertente della procreazione dov’era finita?
    “Tipo Harris. Sicuramente molto meglio di uno sconosciuto. Io sono nata cosi.. le mie mamme provarono l’inseminazione diverse volte prima di riuscirci. Nel loro caso il donatore era sconosciuto” Le aveva già raccontato più o meno tutto della sua vita ma ogni tanto si concedeva il lusso di ripetere qualcosa.
    “Ma non dovresti farlo tu per forza ecco.. Potremmo comunque adottare” si ammutolì appena. Le sarebbe piaciuto portare in grembo un figlio? Non ne era certa, non ci aveva semplicemente mai pensato visto la consapevolezza del non poterlo fare.
    “Sto correndo troppo lo so” alzo le mani in segno di resa. Aveva divagato ed era andata oltre ma non se ne pentiva. La libertà con cui riusciva ad aprirsi così con Anastasia era una delle cose che più amava della loro storia ma non disse nient’altro, ignorando il terremoto che questo discorso le aveva provocato.
     
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    Anastasia sorrise al ricordo di tutte le storie che suo nonno raccontava riguardo ai suoi matrimoni. Era sempre stato chiaro a tutti che la sua prima moglie, la nonna di Anastasia, fosse l’unica che meritava davvero la considerazione data ad una “donna della vita” ma la piccola Carter ricordava con una sorta di tenerezza anche le altre due nonne pro-tempore. Era davvero un sacco che non le sentiva. Avrebbe dovuto scrivere loro, in quei giorni - A mio nonno piacevano un sacco di cose - le sfuggì. Maximiliam era stato il genere di uomo attorno a cui la vita sembrava accelerare in un vortice capace di rapirti prima ancora che te ne rendessi conto - E’ un peccato che tu non l’abbia conosciuto. Gi saresti piaciuta - e di quello, visto il sorriso che Indigo sapeva tirare fuori, Anastasia aveva pochissimi dubbi.
    - Mark? - Anastasia si raddrizzò, una breve risata a rotolarle fuori dalle labbra - Non pensavo fosse il tuo tipo di uomo - aggiunse, ma non era stato davvero quello a scatenare la sua prima, istintiva reazione. Mark era…Mark! Aggrottò appena la fronte mentre quell’idea le rotolava avanti e indietro per la testa. Mark era una delle persone cui voleva più bene al mondo, un fratello poco meno di Russell, con la differenza che a differenza di suo fratello Harris era davvero affidabile.
    Mosse la mano per aria - I miei avi erano fissati con la linea di sangue, Indi. Tutti gli incantesimi di protezione seguono una linea diretta - borbottò mentre la testa seguitava a sforare quell’idea. Perché Mark le sembrava un’idea tanto assurda, se era davvero una delle persone migliori che conosceva? Oltre al fatto che sarebbe stato un bellissimo bambino, senza dubbio.
    - Sì, direi che stiamo andando davvero troppo oltre - sospirò. Non era di sicuro una cosa che avesse intenzione di fare in quel momento, ne in un prossimo futuro. L’idea, se pure capace di affascinarla, era al contempo capace di turbarla come poche altre cose al mondo. Il futuro, in genere, la turbava.
    Si mise a gattoni sul letto e si allungò a cercare le labbra di Indigo. Ne carezzò il sapore con la lingua, indugiando - Che ne dici, abbiamo il tempo di fare un paio di prove? - le domandò nel suo respiro.
    In fondo le era piaciuta la svolta che aveva preso quella conversazione.
     
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    Puntata numero 69

    Indigo è seduta sul divano, le gambe incrociate e le mani strette l’una sull’altra.

    Indigo: Era proprio necessario?

    Anastasia entra nella sala

    Applausi

    Ania: Sei stata tu a proporlo e poi il dottore è stato chiaro, il metodo naturale è il migliore.
    Si sfiora la pancia ormai prossima all’esplosione

    Musica dolce

    Indigo sorride poi ci ripensa e appende il broncio

    Indigo: E se avesse la sua faccia?

    Momento di silenzio
    Entra Mark Harris

    Applausi

    Mark: Buonsalve gente

    Applausi e risate

    Mark: Come stanno le mie due signorine preferite?
    Raggiunge Ania e le accarezza la pancia

    Ania: Ciao Mark, quante volte ti ho detto di avvisare prima di venirci a trovare?

    Indigo: Ciao Mark, quante volte ti ho detto di non venirci a trovare?

    Applausi e risate
    Musica divertente

    Mark: Faccio parte della famiglia adesso giusto? Posso venire quando voglio

    Indigo tira fuori la bacchetta
    Ania urla, le si rompono le acque

    Ania: Per Morgana la bambina sta per nascere

    Indigo: Porcamiseria

    Mark: Credo sia ora di andare, alla prossima

    Risate


    Ospedale, post parto
    Ania stringe tra le mani la bambina, Indigo è alla sua destra e Mark alla sua sinistra.

    Ania alza un sopracciglio

    Ania: Somiglia a… Ehm…

    Inquadratura sulla bambina
    Una riproduzione in miniatura di Mark Harris con tanto di barbetta e pizzetto
    Risate, applausi musica divertente



    ……

    La vista dell’americana era sfocata, poco chiara, il volto di Mark Harris era impresso su quello della sua futura bambina, -Non pensavo fosse il tuo tipo di uomo-. Un brivido corse lungo la colonna vertebrale, sfociando poi sul collo e dietro l’orecchio. Non riuscì a dissimulare una smorfia di disgusto, no Mark Harris non avrebbe generato sua figlia ne ora e ne mai. La loro vita non era una sitcom americana e non avrebbe mai condiviso la propria famiglia con nessun amico, parente o altro individuo. “Non lo è” tagliò corto, non avrebbe mai dimenticato quella visione quasi ad occhi aperti. Percepì ancora l’assurda sensazione di nausea e un senso di spossatezza dovuto all’incubo appena fatto.
    “Basta così, non sono pronta a condividerti con Harris o con altri” improvvisamente la sua stessa idea le sembrò tanto sciocca. Tamburellò nervosamente con le dita sul ginocchio, certi discorsi non erano facili da affrontare, non lo erano per le coppie più veterane e figuriamoci per loro, fidanzate novelle. “Facciamo così..” sgranchì le dita intrecciandole “se un giorno decideremo di avere un bambino il tempo a nostra disposizione sarà ridotto, dunque hai ragione, facciamo pratica e non sprechiamo nemmeno un secondo” ricambiò il suo bacio tirandola a se più velocemente del dovuto. Ne assaporò il sapore dolciastro misto lavanda. “Voglio fare una lista” la baciò ancora e la lasciò un secondo solo per prendere fiato “una lista di tutte le cose che vorremmo provare, signorina Carter non mi dica che non ha desideri incompiuti perché non le credo” sorrise maliziosamente aiutandola a sfilarsi la maglietta. “Partiamo da qui e vediamo la cosa dove ci porta”. A quel punto Indigo perse completamente la voglia di parlare, preferì dedicarsi ad attività molto più consone al luogo e soprattutto al paesaggio circostante.
     
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7 replies since 14/12/2023, 11:01   113 views
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