What the hell kind of story is this?!

☽ Victoria & Feyre ☾

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    Un’altra giornata di lavoro stava iniziando ai Tre Manici. La corva entrò nel locale, facendo tintinnare la campanella, infagottata nel cappottino imbottito, con sciarpa e cappello nei colori della sua Casa. Salutò Rosmerta con una mano, picchiettando gli anfibi per ripulirli dal lieve strato di neve, avvertendo il calore del camino che scoppiettava nel locale e sentendosi di nuovo al mondo. Andò dritta nel retro, spogliandosi dei vari strati per rimanere con una felpa blu della squadra di Quidditch di Corvonero e i jeans. Legò il grembiule e tornò nella sala.
    Visto il clima, si aspettava un bel po’ di gente nel locale. Il piano suonava già in automatico e un paio di maghi se ne stavano ad un tavolo, avvolti nel fumo della pipa e parlottando a voce bassa
    Ah Feyre! C’è un po’ di roba da sistemare nel magazzino e da rifornire un po’ il bancone. Sono finiti i dolci e vanno messi di nuovi, alcuni sono in forno” Madame Rosmerta le si avvicinò mentre parlava “Pensa intanto al magazzino, tanto al momento c’è poco e posso stare io qui
    Annuendo alla donna legò i ricci in una mezza coda -Perfetto, tiro fuori io le torte- la rassicurò, sparendo nel magazzino per mettersi all’opera

    Quando tornò nella sala con due torte alle noci fumanti il brusio era nettamente aumentato. Avventori di tutte le età adesso aspettavano da bere o parlavano tra loro. Salutò qualche faccia conosciuta, aiutando Rosmerta a sfoltire un po’ di ordini, sorridendo a tutti.
    Le sarebbe venuta una paresi se continuava a quel modo, ma il lavoro prevedeva anche un bel faccino allegro… e lei aveva bisogno di soldi.
    La nonna aveva diminuito un po’ la sua paghetta e metteva sempre meno alla Gringott, senza spiegarle bene il perché di quella scelta. Alla fine non poteva nemmeno pretendere chissà cosa... avrebbero dovuto pensarci quei due esseri che l’avevano messa al mondo. Ma finché aveva la forza e la volontà, non avrebbe chiesto loro mai niente.
    La campanella suonò sulla porta quando questa si aprì per l’ennesima volta -Salve!- salutò la nuova arrivata, una bellissima bionda che non aveva mai visto. Si soffermò a guardarla per un momento, mentre questa si guardava in giro, come alla ricerca di qualcuno.
    Scrollò le spalle e tornando a tagliare la torta adesso tiepida e mettendola in esposizione
    -Posso servirle qualcosa?- alla fine la donna si era seduta al bancone e lei riprese a guardarla, senza capire perché avesse un’aria vagamente familiare. Chissà, forse l’aveva già vista da qualche parte
     
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    C'era qualcosa di magico a Hogsmeade per Victoria. Mentre attraversava la via principale del villaggio e osservava con una certa nostalgia i tetti di Hogwarts che si stagliavano di fronte a lei, pensò a quanto tempo era ormai passato dall'ultima volta che si era trovata lì. Dieci? Quindici anni? Non se lo ricordava più. Victoria non era un tipo di donna a cui piaceva rivangare il passato, soprattutto se questo includeva ricordi poco piacevoli che includevano la sua famiglia. Perché il tempo che aveva passato alla scuola di stregoneria più famosa d'Europa non era stato facile. Scrivere tutte quelle lettere alla sorella, non avere mai risposta e dannarsi nella sua stanza per il senso di colpa che se la mangiava da dentro. Un periodo molto buio che solo i suoi vecchi compagni di scuola erano riusciti a farle dimenticare. Tornare in quei luoghi non era stato facile per lei, nonostante fossero passati diversi anni quelle sensazioni sembravano attaccate a lei con la colla più dura di sempre. Ma era tornata per una ragione ben precisa e non poteva esimersi.
    Vide la porta dei Tre Manici di Scopa da lontano, mentre camminava sui ciottoli del villaggio con una sicurezza che ormai la contraddistingueva da anni. Aveva imparato a sue spese a camminare a testa alta e ormai era diventata un'abitudine che, da fuori, la faceva sembrare sempre molto arrogante. Ne era consapevole, ma era ormai un tratto che faceva parte di lei e considerando quanto le importasse del giudizio altrui, non gliene importava nulla. Girò la maniglia della porta e si fece inondare di quell'odore tipico dei pub inglesi. Un misto di legno, alcol e cibo che non era sicura le fosse mancato così tanto. Si fece strada tra le persone che si erano fermate vicino alla porta chiedendo permesso e si guardò intorno. Non era sicura di poter trovare quello che stava cercando, ma aveva ricevuto delle notizie abbastanza precise su dove potesse trovarsi la persona che avrebbe voluto trovare. Aveva fatto le sue ricerche, aveva chiesto in giro ad amici fidati e si era assicurata che nulla di tutto quello che stava facendo potesse arrivare alle orecchie della sua famiglia d'origine.
    Quando sentì la voce della cameriera dei Tre Manici salutarla, Victoria girò la testa nella direzione da dove veniva la voce e si fermò per qualche istante a osservare la persona dietro al bancone. Si accigliò per qualche secondo, mentre si avvicinava agli sgabelli di fronte a lei. Ciao. Si sedette continuando a guardare quella ragazza bruna con attenzione. Vista l'ora e la temperatura direi un bel tè caldo. Iniziò a togliersi il cappotto di dosso e posò il borsone sul bancone accanto a lei, mentre dei fascicoli gialli della Gringott tentavano di uscire fuori. Si guardò intorno con curiosità. Questo posto non è cambiato di una virgola in vent'anni. Lavoravo anche io qui, sai?
     
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    Canticchiava leggermente mentre finiva di sistemare il bancone, poteva quasi sentire l’odore di dicembre nell’aria e con quello il suo compleanno. Finalmente maggiorenne, libera da ogni legame che non aveva scelto. Basta “clandestinità” forzata. Poteva già pregustare quella sensazione
    La bionda aveva l’aria smarrita dentro al locale, forse chi stava cercando non era ancora arrivato. La guardò sedersi ed ordinare un tè. L’occhio le cadde sul borsone che aveva poggiato sul bancone, senza tentare di nascondere il suo interesse, sembrava che il contenuto tentasse la fuga. Chissà cosa conteneva e che lavoro mai faceva la donna?
    -E tè sia- annuì, preparando il tutto. Scelse la teiera più carina che avevano e la sua tazza in tema, aspettando che l’acqua scaldasse e dandole la cassetta di legno contenente i vari tipi -Scelga pure il gusto- nel mentre sorrise ad un altro cliente, allungandosi per prendere le monete e la sua mancia -Grazie mille!- cinguettò, tornando a dedicarsi alla bionda
    -Ah si?- quindi era un ex studentessa, non che la cosa la stupisse più di tanto. Quanti ne aveva visti capitare li? Tutti attratti dal richiamo della scuola, incapaci di staccarsi del tutto da quelle mura. Poteva ben capirli
    -Io ho iniziato l’anno scorso. Se voglio continuare con l’ Accademia devo mettere via più soldi possibili- le mise davanti la teiera fumante e alcuni biscottini.
    -Provo ad indovinare, lei era…- piegò la testa, osservandola e sorridendo leggermente -Grifondoro. Si, decisamente- le ricordava un po’ Annie -Cosa la porta qua? Nostalgia di casa?- scherzò, ma sicuramente non era poi tanto lontana dalla realtà.
    Si mise a ripulire il bancone dalle macchie dei fondi di boccale. Sorrise ad un mago che chiese un secondo giro di Incendiario, servendolo alla svelta e prendendo la moneta per metterla in cassa e tornando a pulire
    Non riusciva a non posare gli occhi su quella donna, mentre sorseggiava il suo tè. C’era qualcosa nei suoi tratti, un vago ricordo che non sapeva collocare nello spazio-tempo. Di certo si sbagliava, perché era difficile dimenticare un bel volto così, con quei due occhi azzurri sfumati di verde… se non avesse avuto l'eterocromia, li avrebbe voluti di quel colore.
    “Feyre! Vai a prendere le altre torte!” Rosmerta la richiamò all’ordine. Mollò lo straccio -Corro!- fece un sorriso alla donna, correndo verso la cucina, ma con la mente ancora in cerca della donna nei suoi ricordi.
     
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    Eh sì, ero proprio lì dietro al bancone dove ti trovi tu ora. Un'esperienza...affascinante. Victoria si guardò intorno, cercando di raccogliere tutti i ricordi che aveva di quel posto. Le avventure dietro al bancone del locale insieme alla proprietaria, i baci rubati al fidanzato dell'epoca e le lettere non aperte che aveva nascosto nei cassetti dove nessuno andava mai a guardare. Chissà se erano ancora lì, ma si ritrovò a pensare che forse negli anni qualcuno prima o poi quei cassetti li avrebbe aperti eccome. Prese la tazza che la ragazza bruna le aveva messo davanti e se la rigirò tra le mani prima di tornare con lo sguardo su di lei ed evitare di perdersi ulteriormente nei ricordi. Non era mai stata così nostalgica, ma il motivo per cui si trovava lì e quell'atmosfera che non percepiva da anni la stavano mettendo in una situazione davvero curiosa. Victoria Turpin nostalgica dei tempi andati, una sorpresa per tutti! Beh, è un ottimo piano, soprattutto se non hai aiuti dall'esterno. Aprì distrattamente la teiera per vedere il fumo dell'acqua bollente che scappava da sotto il coperchio e lo richiuse. La bustina del tè dentro l'acqua stava piano piano cedendo il proprio aroma all'acqua, la quale si era iniziata a colorare di un marrone non ben definito. Qualche altro minuto e sarebbe stato pronto. Nell'attesa prese un biscotto che la ragazza le aveva offerto e ne morse un'estremità, assaporando il burro che la cuoca o chi per lei ci aveva messo dentro. Una goduria per il palato, ma Victoria avrebbe preferito che fosse al cioccolato.
    Un'intuizione fortunata. Fiera grifondoro. Cosa mi ha tradito? Finì il biscotto che aveva iniziato ad addentare qualche secondo prima, mentre si ripuliva la bocca da qualche briciola che le era sfuggita. Finì di masticare con una certa grazia, per poi passare a versarsi un po' di tè nella tazza. L'acqua, ormai colorata di un marrone intenso, fumava pesantemente e Victoria capì che per quanto il tè potesse essere pronto, non sarebbe stato bevile per qualche altro minuto. Così incandescente si sarebbe bruciata la lingua. A meno che...Tirò fuori la bacchetta dalla tasca sinistra e la puntò sulla tazza fumante. Con un colpo deciso castò un Frigidus non verbale e la colonna di fumo caldo si fermò gradualmente. No, in realtà sono venuta a cercare una persona che non vedo da molti anni... Non fece in tempo a pronunciare quella frase che un urlo da dentro la cucina attirò l'attenzione di molti clienti seduti al bancone. Victoria non alzò lo sguardo, finché non associò il nome che era stato pronunciato e la risposta pronta della ragazza che aveva di fronte. Si chiese, con un certo sgomento, quante possibilità ci fossero che la ragazza che stava cercando fosse proprio quella che l'aveva accolta al locale. Sorseggiò il suo tè durante l'assenza della cameriera, ma non appena questa tornò, Victoria alzò lo sguardo. Effettivamente avrebbe potuto essere lei. Ti chiami Feyre? Poggiò la tazza sul piattino e la spostò un po' lontano da lei. Infilò una mano nella borsa che aveva poggiato accanto a lei e, frugando, tirò fuori una foto sbiadita. Sto cercando questa bambina. Si chiamava Deoiridh quando l'ho conosciuta io.
     
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    -Di certo non mancano le cose interessanti qui- disse divertita. Metà delle volte succedeva qualcosa nel locale. Bisticci tra adulti, ma anche tra studenti. Sopratutto le coppiette, stare dietro al bancone le offriva gossip continui, che non mancava di condividere con le altre. Ogni tanto Juss le faceva compagnia li al bancone, sorseggiando una burrobirra e passando così un po’ di tempo assieme come una normale coppia
    La donna aveva un’aria così nostalgica mentre aspettava che il tè si rafreddasse un po’. Chissà in quali ricordi si stava immergendo, mentre l’odore dell’infuso riempiva il piccolo spazio.
    Annuì -Potrei dire di essere orfana- commentò amaramente, ma senza dilungarsi troppo. Non era professionale discutere dei propri drammi sul posto di lavoro. Passò oltre, scrollando le spalle. Ancora un mese e poi sarebbe stata finalmente maggiorenne
    Piegò la testa osservandola, un sorriso divertito sulle labbra -Non saprei… voi Grifoni avete quell’aria così spavalda. Lei mi ricorda un po’ la mia miglior amica che è una Grifondoro- si, avevano quell’aria sempre così sicura che invidiava un po’.
    Il grido di Rosmerta riempì il locale, facendola correre ancora di più. Tornò nel salone, una torta al cioccolato e una alla mele fumanti e invitanti
    -Stava dicendo?- tornò dalla bionda, cercando di riprendere il filo del discorso, ma quella posò una foto un po’ spiegazzata e sbiadita
    -Si, sono Feyre piacere- le disse, prendendo la foto e osservandola. Ritraeva una bambina, piccola forse tre anni, che sorrideva all’obbiettivo.
    Strinse gli occhi per osservarla meglio, trovando la piccola fin troppo familiare. Poi la bionda disse il suo nome, quello babbano. Alzò la testa di scatto, scrutandola adesso con crescente sospetto.
    -Perché la cerca? Lei chi è?- posò la sua foto, perché si era riconosciuta in quella bambina, ma non lo disse -Cos’è, adesso Daniel ingaggia anche maghi e streghe per cercarmi?- fece un passo indietro, appoggiandosi al piano dietro di lei, la mano sul fodero della bacchetta appesa ai jeans. Non poteva essere altrimenti, chi mai poteva essere sennò? -Incredibile, non si è ancora arreso?- scosse la testa, guardandola con durezza -Puoi dire a mio padre che non tornerò mai più a casa. Deoiridh non esiste più, Feyre è l’unica persona che sono e lo sarò fino alla fine. Non gli darò altro modo per tormentarmi ancora, l'ha già fatto abbastanza- tirò su le spalle, passandosi la mano tatuata tra i capelli, amareggiata. Quanto odiava quell'uomo -E se pensa di portarmi via con la forza, non le renderò le cose facili- si sarebbe ribellata in tutti i modi possibili

    Edited by …Feyre… - 6/1/2024, 23:45
     
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    Quasi si prese un colpo. Lo sconcerto della ragazza di fronte a lei la lasciò per qualche istante interdetta, altrettanto sconvolta da una reazione che non si sarebbe aspettata. Erano anni che non la vedeva, anni che pensava a come sarebbe stato incontrare nuovamente una nipote che le era stato impedito di vedere. E ora, eccola là, di fronte a lei pronta a respingerla per tutte le buone ragioni. Per un momento, mentre Feyre cercava di mettere insieme due parole che avessero un senso, Victoria si chiese se avesse fatto bene ad andarla a trovare nel suo luogo di lavoro. Avrebbe potuto scriverle un gufo, prima, o farle arrivare un messaggio in qualche altro modo per attutire il colpo. Stava pensando sicuramente a quanto fosse stato spregevole da parte sua non essersi fatta viva per tutti quegli anni per poi ripresentarsi di fronte a lei pretendendo di essere ascoltata. I sensi di colpa la stavano mangiando viva e più ascoltava la ragazza, più Victoria aveva voglia di smaterializzarsi in quel preciso istante e sparire nuovamente dalla sua vita. Che coraggio.
    Si alzò dallo sgabello e sollevò le mani, in simbolo di resa. Chi era Daniel e perché la ragazza pensava che avesse a che fare con lei? Victoria era confusa, più di quanto non lo fosse stata negli ultimi anni. Lasciò parlare la giovane donna di fronte a lei, mentre, con le mani ancora alzate all'altezza delle spalle, boccheggiava per trovare il coraggio di dire qualcosa. Anni di avventure pericolose, mostri orribili e incanti da far gelare il sangue ed eccola lì, di fronte a un'adolescente incapace di ribattere.
    Tuo padre? Io non capisco. Victoria si avvicinò al bancone, impossibilitata ad avvicinarsi alla nipote. Forse era meglio così, non sapeva quanto un avvicinamento in quel momento avrebbe potuto giovare alla situazione già instabile. Victoria si stava sentendo piccola come un verme per aver fatto preoccupare a quel modo la ragazza. Ti stai sbagliando, nessun Daniel mi ha mandato a prenderti e non ho intenzione di portarti via da nessuna parte, ok? La donna poggiò una mano sul bancone, tenendo lo sguardo fisso sulla ragazza di fronte a lei. Senza distogliere lo sguardo, Victoria prese nuovamente la foto tra le mani e la mostrò alla ragazza. Questa è mia nipote. Mi chiamo Victoria, Victoria Turpin. Deglutì, posando la foto sul bancone. Si mise una mano all'altezza del cuore. Credo di essere tua zia. Puoi fidarti di me, te lo giuro.
     
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    La paura le faceva martellare il cuore nel petto. Paura che la bionda che aveva davanti allungasse una mano e la portasse via, smaterializzandosi con lei chissà dove.
    La donna alzò le mani, in segno di resa e questo la calmò un attimo, ma il sospetto continuava a dilagare nel suo petto. Vide la sua espressione, sembrava sinceramente sconvolta e non capiva perché. Forse aveva reagito troppo duramente? Forse poteva darle l’occasione di spiegare chi era e cosa voleva da lei. Ma la paura aveva preso il sopravvento e ora si sentiva come un animale braccato davanti al predatore. Poteva chiamare Rosmerta e chiederle di mandarla via… o forse… forse poteva calmarsi un attimo e farle qualche domanda.
    -Quindi non lavori per mio padre?- chiese con voce sommessa, sentendo un leggero sollievo nel cuore. Erano mesi che aveva smesso di chiamare Daniel padre o papà, per lei era solo un uomo che aveva contribuito a metterla al mondo, ma non era altro.
    -E allora chi…- aveva iniziato a porle quella domanda, quando la bionda prese la foto, mostrandogliela e dicendo la parola Nipote.
    Si appoggiò ancora di più allo scaffale dietro di se, facendo tintinnare le bottiglie negli scaffali, sentendosi soffocare
    Victoria, Victoria Turpin. Il cognome era come quello della nonna e della madre.
    -Cosa?- adesso era lei ed essere sconvolta. Zia? No, non era possibile. Scosse la testa, sia per negare sia per schiarirsi le idee
    -N-no è possibile. Mia nonna ha solo una figlia…- disse, ma non era poi così convinta ora. La stava osservando e in lei vide i tratti della nonna e anche qualcosa di sua madre. Gli occhi, si rese conto, erano uguali a quelli di sua nonna
    -Zia..- ripetè sottovoce, dandole la schiena per qualche minuto, pensando furiosamente. Prese un bicchierino, versandosi un incendiario e buttandolo giù alla velocità della luce, riempiendolo ancora
    -Dimostralo- disse voltandosi nuovamente verso di lei, il bicchiere ancora tra le mani -Una foto non basta come prova, dimmi qualcosa che solo tu puoi sapere- Un dettaglio di casa, della nonna o della… mamma. Qualcosa che le provasse che quello che diceva era vero. Bevve un altro sorso, il liquido che bruciava giù per la gola
     
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    Le mani di Victoria si abbassarono lentamente mentre cercava di capire se la ragazza di fronte a lei fosse abbastanza sicura delle sue parole per tornare in una posizione normale. Continuava a non capire perché si fosse messa così subito sulla difensiva, si chiedeva chi fosse Daniel e perché a Feyre tremassero le mani. Cos'era successo in quegli anni in cui Victoria era sparita dalla sua vita? Che fine aveva fatto sua sorella e perché mai il cognato, che una volta aveva conosciuto anche lei, ora era diventato motivo di panico per la ragazza? Non aveva fatto tutta quella strada per farsi cacciare via dalla paura della ragazza; era arrivata in quel locale per cercarla, trovarla e riallacciare l'unico rapporto familiare che valesse, forse, la pena di mantenere vivo.
    No, io non lavoro per nessuno... Non del tutto esatto, ma non era il momento per mettere i puntini sulle i su una questione che non riguardava quello per cui non era venuta. Guardava Feyre negli occhi, senza distogliere lo sguardo da lei mentre le mani della donna si abbassavano definitivamente. Erano intorpidite dopo quei minuti passati in aria a cercare di difendersi dalle accuse della ragazza. Stava per avvicinarsi al bancone di nuovo, quando sentì uscire dalla bocca di Feyre un'affermazione che la ferì non poco. Erano passati anni dall'ultima volta che aveva rivisto la madre e la sorella e non aveva mai avuto con loro un rapporto facile, ma eliminarla a quel modo dalle loro vite era un affronto che ancora le faceva male. Alzò un sopracciglio, sgomenta. Una sola figlia? Piano con le parole signorina. Ti hanno raccontato questo? Guardò Feyre negli occhi. Quanto le assomigliava fisicamente, eppure percepiva che il carattere fosse completamente diverso da quello di sua sorella. Era possibile che non avesse preso da quelle due arpie della madre e della nonna? Che si fosse salvata, in un certo senso, riuscendo a rendersi indipendente mentalmente da due persone abusanti? Feyre... Fece due passi diretti verso il bancone e poggiò una mano sopra alla foto, che era rimasta lì testimone di quel tentativo di riavvicinamento.
    Scusa? Dimostrarlo? Cosa voleva, una prova del DNA che Victoria fosse realmente la sorella della madre di Feyre? Victoria strabuzzò gli occhi e, in un attimo, incrociò le braccia al petto, continuando a guardare Feyre dubbiosa. Cosa avrebbe potuto dirle? Victoria era confusa e anche un po' infastidita da quella richiesta. Aveva fatto tutte quelle ricerche, aveva smosso conoscenze che non vedeva da anni per trovare la nipote che aveva visto una volta sola in tutta la sua vita e quello era il trattamento che si meritava? Cosa vuoi che ti dica? Feyre, fidati di me, non voglio farti del male. Non vedo tuo padre da almeno quindici anni, tua madre nemmeno a dirlo... Si passò una mano sulla fronte, al limite della disperazione. Va bene. Se è quello che vuoi. Sbatté la mano sul bancone e la fissò. Doreen, tua madre, mia sorella, ha una brutta cicatrice sul braccio sinistro. Gliel'ho fatta io con la magia, quando eravamo piccole. Non so cosa ti abbiano raccontato, ma io c'ero, ci sono stata per tutta la loro vita e...e tu mi stai dicendo che non ti hanno mai nemmeno raccontato di me? Io ti ho vista Feyre. Sbarrò gli occhi. Non che ci tenesse particolarmente a essere ricordata, ma non pensava che quelle due arpie potessero arrivare a tanto.
     
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    Annuì alla sua domanda, il cervello che ancora cercava di elaborare quell’informazione e continuando a fissare quella donna
    -Non ho mai sentito parlare di te- le disse con estrema sincerità -E.. non ho mai visto nemmeno una tua foto- eppure aveva passato giornate a sfogliare gli album di famiglia, anche quelli più antichi che la nonna costudiva gelosamente, cercando qualcuno con gli occhi come lei… un qualcuno con cui condividere quella condanna
    -Beh? Di che ti meravigli?- storse il naso di fronte alla sua sua espressione infastidita -Piombi qui, dici di essere mia zia e io dovrei fidarmi e basta? Non sono quel tipo di persona- incrociò le braccia a sua volta. Non si fidava nemmeno di se stessa, figuriamoci della prima bionda che le capitava davanti.
    Sussultò quando sbatté la mano sul tavolo, socchiudendo gli occhi mentre parlava di quell’incidente
    Ok… forse stava dicendo la verità. Ricordava chiaramente la cicatrice sul braccio di sua madre, era una di quelle che portava a fare domande su come era stata fatta -Mi ha sempre detto che era stata dell’acqua bollente, che si era rovesciata addosso per sbaglio….- abbassò gli occhi, sentendosi in colpa per aver dubitato della sua parola. E poi capì che lei le stava dicendo il vero. Perché sua madre non aveva mia posto domande sulla scuola, ma sapeva qualcosa… perché delle volte, quando suo padre non era nei paraggi, aveva chiesto delle cose troppo specifiche.
    Come la nonna del resto… pur non avendo frequentato Hogwarts sapeva troppe cose…come che i bagni erano infestati, o che nel lago non c’era solo il calamaro gigante… si era chiesta come conoscesse quei dettagli, ma poi aveva lasciato perdere.
    Ed ecco li la risposta, Victoria aveva già raccontato loro tutto. Era quasi comica come situazione
    -Mi dispiace- le disse semplicemente -Non ne sapevo niente, non hanno mai accennato a te- e lei l’aveva aggredita come una stronza -Mi hai vista? Quando sei andata via?- alzò lo sguardo su di lei
    -Perché sei andata via?- era quasi un’accusa. Aveva bisogno di sapere, bisogno di sentire quella verità che le era stata taciuta per diciassette anni.
    -Madama Rosmerta! Vado in pausa- le annunciò senza giri di parole, facendo poi il giro del bancone, portandosi dietro la bottiglia dell’incendiario e due bicchieri, facendole un cenno. Si diresse al tavolo più isolato, non voleva occhi ed orecchie indiscrete intorno.
    Sii sedette pesantemente su una delle sedie e aspettò con pazienza che lei facesse lo stesso -Ok Victoria, zia… devi dirmi tutto. E’ chiaro che la nonna e Doreen mi hanno mentito per tutta la vita- la sua fiducia era appena andata in frantumi. Se le avevano nascosto quella donna, chissà cos’altro avevano omesso
    -Inizia dal principio, non voglio indorature di pillola o altro- posò i bicchieri sul tavolo che le divideva, riempiendoli -Perché ti hanno cancellato dalla mia vita? Hai combinato qualcosa di grave?- era il momento delle confessioni
     
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    Non ho mai sentito parlare di te. Una stoccata al cuore di Victoria che non pensava avrebbe fatto così male. Il fatto che sua sorella e la madre l'avessero cancellata dalle loro vite era già abbastanza, ma sapere che anche Feyre non aveva memoria di lei la ferì nel profondo. Sapeva che non era colpa della ragazza, ma come faceva a non rimanere stupita da quelle parole? Ci mise qualche secondo prima di tornare con la mente al volto sconvolto di Feyre, al locale nel quale si erano ritrovate e alla confusione che c'era di sottofondo. Si rese conto nel giro di qualche istante che aveva interrotto il lavoro della nipote, come le era venuto in mente?
    No, ma hai ragione. Ma mettiti anche nei miei panni. Prese un bel respiro e fece uscire quella quantità d'aria in poco tempo. C'era un bel po' di lavoro da fare con quella ragazza, pensò, ma ne valeva la pena. Quel giorno era entrata ai Tre Manici di Scopa con uno scopo ben preciso e questo si stava realizzando. Non proprio nel modo che la donna aveva previsto, ma era già qualcosa. Feyre si rilassò quando Victoria le raccontò la storia della cicatrice. Curioso, si ritrovò a pensare, come una storiella familiare come quella fosse stata nascosta egregiamente a quel modo per tutti quegli anni. Victoria scosse la testa, non tanto confusa dal mascheramento della verità quanto dal modo in cui Feyre glielo stava raccontando. Era sconvolta tanto quanto lei, quasi forse di più. Aveva sperato che la ragazza non avesse ripreso gli atteggiamenti orribili di Doreen e per il momento non li aveva mostrati. Forse c'era ancora speranza per loro due. Feyre aveva delle domande, domande che Victoria aveva previsto e alle quali, ora, si trovava in difficoltà a rispondere. Non aveva abbandonato un figlio, non l'avrebbe mai fatto, ma aveva abbandonato l'unica anima che poteva ancora salvarsi da quella famiglia disfunzionale che entrambe si erano ritrovate ad avere. Victoria la osservò mentre la ragazza faceva il giro del bancone e le fece segno di seguirla. Quella sicurezza un po' la spaventava. Quasi come se si rivedesse in lei, in un certo senso.
    Hai delle domande ed è giusto così. Victoria si sedette, mettendo la borsa con i suoi averi sul tavolo di fronte a loro. Aveva sempre avuto questo vizio di non buttarla a terra come facevano tutti...ci teneva troppo. Giunse le mani di fronte e sé, deglutendo quando sentì la parola zia riecheggiare in quell'angolo del locale. Ho sempre avuto una vita...diversa da quella che si aspettavano tua madre e tua nonna. Non l'hanno mai capito. Non la guardava negli occhi, come se avesse paura di arrivare alla verità che quell'incontro stava tirando fuori. Feyre, me ne sono dovuta andare, non sarei sopravvissuta un giorno in più in quella gabbia di matti. Prese un bel respiro. Sono una spezzaincantesimi, sai? Loro non hanno mai approvato. Troppa magia fatta a modo mio. Tua madre poi... Si passò una mano tra i capelli, addolorata di star dicendo quello che le stava per uscire dalle labbra. ...è stata lei a mandarmi via del tutto. Non avrebbe mai sopportato che sua sorella strega avesse un rapporto con te.
     
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    Si metteva nei suoi panni e riusciva anche a capirla. Sentì una stretta al cuore quando vide la sue espressione ferita; forse non si aspettava di trovare una situazione così. Forse pensava di trovare una nipote che l’avrebbe accolta a braccia aperte… e invece davanti a lei aveva trovato solo una ragazzina che la considerava una perfetta estranea, quasi una minaccia. Le sembrava che come determinazione fossero molto simili, un tratto che forse aveva ereditato da lei. Fece uno sbuffo divertito a quel pensiero, ironico che adesso cercasse un po’ di se stessa in Victoria.
    Si sentì per l’ennesima volta in difetto, dispiaciuta di non poter darle quell’accoglienza calorosa che molto probabilmente la donna si meritava.
    Nella mente le domande si sovrapponevano e non sapeva nemmeno da dove cominciare. E mentre alcuni pezzi di un puzzle più grande andavano al loro posto, altri si scollavano completamente dal quadro finale.
    In un momento immaginò come quella zia potesse essere un supporto in una situazione già difficile… oppure la definitiva rottura di rapporti così fragili.
    La guardò mettere la borsa sul tavolo, alzando leggermente un sopracciglio. Lei la sua borsa la mollava per terra, ogni tanto la dimenticava pure in giro… che Victoria fosse una maniaca dell’ordine?
    Allungò le gambe sotto il tavolo, ascoltando le sue spiegazioni, mordendosi le labbra per non interromperla con la valanga di domande che ne scaturivano.
    -Una spezzaincantesimi... devi aver vissuto diverse avventure- le disse, cercando di mettere ordine nella caos della sua mente. Giocherellò con il bicchiere, buttando poi giù un sorso di liquore -Mi piacerebbe sentirne qualcuna- abbozzò un sorriso timido, voleva davvero sentire le sue parole, la sua storia -Io seguirò la strada delle pozioni, sono abbastanza brava in quel campo- le disse di getto, forse per renderla partecipe di quel piccolo pezzo di vita
    -Quindi ti hanno cancellata solo perché hai deciso di seguire la tua vocazione?- le sembrava un po’ esagerato -E che aspettative poteva avere mia madre su di te? E la nonna? Mi ha sempre spinta a seguire il mio cammino..- che avesse imparato dagli errori commessi con quella figlia perduta? -Certo, magari cercava di farmi capire che certe scelte erano migliori di altre… ma lasciandomi sempre la scelta- ma mentre lo diceva si rese conto che forse… non era proprio così. Certe volte, alla fine lei sceglieva l’opzione sussurrata dalla nonna, anche se non era d’accordo.
    -Oh mia Dea- si prese la testa tra le mani -Mi ha manipolata tutta la vita senza che me rendessi conto?- che fosse stata così stupida? Tutto quello che aveva fatto con la nonna... erano solo bugie e manipolazioni per farle fare cosa voleva? Le stava crollando tutto intorno, le veniva da piangere e ridere allo stesso tempo. Fu l’affermazione sulla madre a farla crollare ed iniziò a ridere nervosamente
    -Come ti ha mandata via?- chiese perplessa mentre si teneva la pancia continuando a ridere -Buffo no? Alla fine sono una strega pure io! Forse è per questo che la cara Doreen mi odia. Sai, ha preferito lasciarmi dalla nonna quando ho iniziato a manifestare i miei poteri- si asciugò le lacrime, osservandola -Forse ti rivedeva in me più di quanto avrebbe voluto- buttò giù il resto dell’incendiario.
    -Non ti sto dando la colpa per come mi ha trattata- precisò velocemente -Per quello la colpa è solo di mio padre- dichiarò con fermezza, scuotendo la testa.
     
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    Il fatto che Feyre si stesse aprendo in quel modo mise Victoria in una condizione di serenità che non si era aspettata. Guardava la giovane donna di fronte a lei e provava un senso di protezione che forse aveva avuto solamente con AJ nei loro tempi d'oro. Non era così strano, a dire il vero, visto che l'ultima volta che Victoria aveva messo gli occhi su Feyre quest'ultima era davvero minuscola. Vederla così cresciuta, così indipendente e...rabbiosa, quasi la rendeva orgogliosa. Lo era di meno per la poca fiducia che la ragazza aveva nel genere umano e soprattutto nella sua famiglia. La loro famiglia. Victoria si sarebbe aspettata qualsiasi cosa da una persona cresciuta all'interno di un ambiente così poco sano, ma sperava che come era successo a lei anni prima, anche Feyre si fosse fatta una corazza tale da potersi allontanare definitivamente da tutti. Anche guardandola con attenzione, Victoria non era ancora riuscita a capire se questa cosa fosse avvenuta o meno.
    Le pozioni sono un campo molto redditizio, soprattutto di questi tempi. Le faceva strano parlarle con questa calma, ma Vic capì che forse era proprio ciò di cui la ragazza aveva bisogno in quel momento. Aprirsi in quel modo non doveva essere stato facile, tanto meno con l'inizio burrascoso che avevano avuto. La ascoltava con attenzione e, forse, i suoi racconti sulla vita insieme alla madre e alla nonna non avevano aiutato a distenderla, anzi. Sembravano aver sortito l'effetto contrario. Una valanga di parole uscì dalla bocca di Feyre e Victoria provò con le mani a bloccarla all'istante, senza riuscirci. Appena sentì uno spiraglio per entrare, la donna allungò una mano verso la giovane nipote e gliela prese. Feyre, calmati tesoro. Victoria inspirò profondamente chiudendo per qualche secondo gli occhi. Sentire che sua madre aveva cresciuto Feyre con metodi opposti ai suoi le faceva più male di quanto avesse preventivato. Come sarebbe a dire che ti ha manipolata? Mia madre...tua nonna, ha un modo particolare di esprimere affetto. Vuole che le cose siano fatte solo a modo suo e quando mostri i tuoi veri desideri allora non le va giù e ti chiude tutte le porte in faccia. Ha fatto così anche con te? Victoria le accarezzava le mani con delicatezza, cercando di far sentire la giovane donna che aveva davanti più al sicuro possibile dai suoi dubbi e preoccupazioni. Temo che possa essere così. Tua madre ha un rapporto non risolto con la sua mancanza di poteri. E come dimenticarsi gli sguardi pieni di odio e invidia quando Victoria la lasciava sola a casa perché doveva partire per Hogwarts? La donna non aveva ancora dimenticato gli occhi della sorella e il silenzio punitivo che aveva scontato nei mesi in Scozia. Mi dispiace che ci sia finita di mezzo anche tu, Feyre. Ma da una parte speravo che potessi avere i poteri anche tu...sarebbe stato qualcosa che ci avrebbe tenute insieme anche a distanza. Le sorrise con dolcezza, mentre con la mano continuava a carezzarle il dorso morbido della sua. La sua giovinezza le metteva tranquillità. In lei c'era ancora tutto il potenziale che Victoria aveva combattuto per tenersi, tutta l'energia che sarebbe stata necessaria affinché Feyre diventasse una donna emancipata dalla sua famiglia in tutto e per tutto. Non mi è mai stato simpatico. Ma cos'è successo? Mi sei sembrata terrorizzata prima, dietro al bancone...
     
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    Annuì alle sue parole -Sempre se la magia durerà quanto basta a farmi finire di studiare- di certo le notizie che arrivavano da fuori non erano delle migliori.
    Le sue parole fluivano come un fiume in piena, prendendo consapevolezza di tutto quello che era successo nella sua vita.
    Possibile che la nonna l’avesse manipolata con parole dolci? Se ci pensava, tutto le sembrava sbagliato. Aveva davvero scelto qualcosa di sua sponte o aveva assecondato i desideri di miele della nonna?
    Più guardava la bionda davanti a se, più si sentiva come in una centrifuga. Victoria allungò le mani, cercando di parlarle, ma lei non poteva tacere. Non ancora almeno.
    Tacque però, quando le prese le mani; un gesto semplice ma anche estremamente confidenziale. Le mani della zia non erano proprio lisce, dovuto sicuramente al suo lavoro, e il suo tatuaggio spiccava ancora di più mentre trovava un leggero conforto in quella stretta.
    …calmati tesoro” un colpo al cuore. Nessuna delle donne che l’aveva cresciuta l’aveva chiamata così, con quel tono così dolce e carico d’affetto. Deglutì alzando lo sguardo per incrociare quello della donna
    -Non ne sono più sicura. La nonna non è mai stata espansiva o dolce; mi ha spinta a fare cosa volevo ma… credo che fosse quello che voleva lei. Se magari volevo uscire e lei voleva che rimanessi a casa.. alla fine mi convincevo che era meglio rimanere con lei. E pensavo che fosse un’idea mia- si mordicchiò il labbro, pensierosa -Ma era davvero così? O era solo una sua manipolazione?-
    Si sentiva come se fosse fatta di cristallo al momento, un piccolo colpetto e poteva cadere in frantumi -La mia vita è tutta una bugia… zia, mi sembra tutto un brutto sogno-
    Che la madre la odiasse non c’erano dubbi, lo dimostrava il fatto che non aveva mai preso le sue parti e non l’aveva mai difesa dalla rabbia del padre. Poi si rese conto che Victoria non sapeva la grande novità -Tu non lo sai… ma a settembre Doreen… mamma ha avuto un bambino: Dave. Lui non ha poteri o così dice la nonna. Me l’ha annunciato con una lettera, dicendo che adesso aveva un figlio normale di cui prendersi cura-
    Normale. Quella era la chiave della sua esistenza. Lei che di normale non aveva niente -Io sono stata l’errore di gioventù. Non conoscerò mai mio fratello, non saprà mai nemmeno che esisto. Un po’ com’è successo con te, ironico vero?- sua madre era bravissima ad insabbiare tutto.
    Ricambiò il suo sorriso con un po’ di titubanza. Alla fine poteva davvero creare un bel rapporto con quella donna, doveva solo imparare a fidarsi e darle una possibilità.
    Si irrigidì alla sua domanda sul padre. Da dove iniziare? Era una storia troppo lunga, troppo complessa... ma doveva dirle pur qualcosa, per farle capire
    -Ti dirò la cosa più recente, altrimenti non ci basterebbe questa serata- decise, guardandosi intorno come se potesse sbucar fuori da un momento all’altro
    -Daniel, papà, ha ricevuto un lavoro, una cattedra in Francia. Volevano portarmi via con l’inganno. Rapirmi in un certo senso- buttò fuori l’aria, stringendo un po’ le sue mani per trarne forza -Appena scesa dal treno a Londra mi avrebbero presa di peso e portata via con loro. La nonna mi ha avvertito con una lettera e ho chiesto aiuto al guardiacaccia Regan O’Toole, non so se lo conosci, e quindi ho passato l’estate divisa: una settimana qui a scuola e una settimana da lui in Irlanda. Ho lavorato nel pub del suo paese e qui ai tre manici. E’ stato difficile zia, molto- le confessò, ritirando una mano dalla sua presa per passarla tra i capelli.
    -Daniel mi ha ripudiata, ma ho sempre paura che sbuchi da qualche parte e riesca ad acciuffarmi. Per fortuna tra poco sarò maggiorenne- ormai il suo compleanno era sempre più vicino e con lui la libertà che desiderava. Rimase in silenzio alcuni minuti, riprendendo a parlare con tono sommesso -Mi sono sentita abbandonata dalla mia famiglia. La nonna non ha mosso un dito per fermarli alla fine, mi ha lasciata andare, senza lottare per farmi tornare da lei- si, le aveva scritto la lettera ma alla fine non aveva provato a far cambiare idea ai suoi. E questo l’aveva fatta sentire come un pacco da dover restituire.
    -Tu hai famiglia? Fidanzato, marito.... moglie?- chiese cambiando repentinamente argomento, curiosa di scoprire quello che le era stato negato per diciassette anni.
     
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