You cannot read loss, only feel it

Corinne

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    Grifondoro
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    Novembre 2023


    CITAZIONE
    Aye, Miller!
    Spero tu non te la sia data a gambe in mia assenza perché stasera hai un appuntamento con la rossa più bella e affascinante del castello.
    Me la sono presa comoda prima di rientrare, lo ammetto, se sono sparita è perché… diciamo che quest’estate non è andata al top.
    Spero che a te sia andata meglio… ne parliamo meglio davanti a una burrobirra?
    Ti aspetto più tardi da Zonko. Tienimi compagnia mentre finisco il turno.

    K


    Se il gufo avesse trovato la finestra aperta avrebbe lasciato il pezzetto di carta stropicciata sul baldacchino della Corvonero per poi volare via senza attendere una risposta; in caso contrario l’avrebbe cercata ovunque finché non avesse completato la missione, ne era sicura. Il messaggio doveva arrivare a destinazione a tutti i costi: Karen era rientrata al castello da una settimana ma non aveva ancora avuto modo di dedicare un momento a Corinne che andasse oltre lo scambio di qualche battuta a lezione e desiderava rimediare il più in fretta possibile. Mentre infilava il cambio in borsa lanciò un’ultima occhiata al proprio riflesso nello specchio, che le restituì un’immagine del viso molto pallida alla quale rimediò colorando le guance con un trucco abbondante. Era quasi ora, rifletté tra sé e sé sciogliendo i capelli sulle spalle per ravvivarli con le dita. Avvolta nel mantello si lanciò fuori dal dormitorio apprestandosi a raggiungere Hogsmeade. I primi giorni al castello erano stati i più duri; non solo per la quantità esorbitante di lezioni perse, che stava recuperando con grande difficoltà, ma soprattutto per riuscire a riconquistare la routine che quell’estate le aveva strappato via.
    -Sono sette galeoni e tre falci-, riprendere a lavorare in negozio rientrava tra i progetti piacevoli che intendeva riprendere; quel pomeriggio sarebbe stato il primo giorno dal rientro, per qualche ora le stava consentendo di staccare la spina ed essere di nuovo padrona delle proprie emozioni. Dopo quanto accaduto nella tenuta dei McCormac la Grifondoro aveva avuto una pesante ricaduta emotiva: c’erano stati giorni, negli ultimi mesi, in cui non era riuscita nemmeno a mettere piede fuori casa senza essere colta da un attacco di panico, tanto che all’idea di tornare a scuola e di separarsi dalla sua famiglia le era mancato di colpo il respiro.
    -I mantelli nascondini sono finiti ma non si preoccupi… riceveremo la nuova rifornitura il prossimo lunedì!- le crisi si erano intensificate per frequenza durante la notte: i volti insanguinati di Logan e di André popolavano gli incubi svegliandola spesso di soprassalto con la tachicardia o con il respiro corto, lasciandole sotto la pelle una angoscia profonda. Era stato solo grazie alla presenza di Logan, che aveva deciso di restare al suo fianco rinviando a propria volta la partenza, e della sua famiglia, con suo padre e lo zio Jack che l’avevano spronata a reagire, se Karen aveva trovato la serenità e la sicurezza per ricominciare.
    -Zonko si è assentato un attimo per spedire dei pacchi in posta. Tornerà più tardi-, c’erano ancora momenti in cui l’ansia tornava a farsi viva, indipendentemente che il pericolo fosse reale o immaginato. Per questo quando intravvide un’ombra sgusciare tra gli scaffali, dopo un’iniziale esitazione, credette di essersi suggestionata e non indagò.
    -Ehi, Miller! Era ora che arrivassi!-, il sorriso che si aprì sul suo viso nel vedere l’amica entrare nel negozio era sincero. Karen le andò incontro, approfittando di essere sole per fare una giravolta su sé stessa e mostrarle la divisa.
    -Sono le nuove divise, che te ne pare? Il proprietario non era molto convinto di volerle accorciare ma nessuno può resistere al fascino della rossa. Dice che il verde mi dona, io non sono molto convinta… fa troppo serpe. Aspetta un attimo-, Karen si allontanò per ruotare il cartello all’ingresso, che sull’esterno adesso presentava la dicitura chiusi; che qualcuno vi facesse caso o meno non le interessava, il negozio non sarebbe andato in bancarotta per la chiusura anticipata.
    -Ora che siamo sole possiamo fare due chiacchiere in santa pace. Sono contenta che non ci siamo ancora liberati di te-, soprattutto era contenta di averla ritrovata: l’anno scorso l’aveva affrontato con l’ansia perenne di vederla sparire di nuovo da un giorno all’altro, quando meno se l’aspettava.
    -Allora… come ti vanno le cose? A scuola o in generale... aggiornami un po’, non farti pregare.-, sapeva che prima o poi la Corvonero avrebbe voluto spiegazioni, ma non voleva monopolizzare la conversazione inondandola con i suoi problemi. Di tanto in tanto durante l’estate le aveva scritto, salvo poi smettere di colpo poco dopo il compleanno di Logan. Sperava non ce l’avesse con lei per questo ma conoscendola… non poteva mai metterci la mano sul fuoco.
    -Sei tornata a casa quest’estate?-, lo sguardo di Karen si fece più attento, fu allora che la ragazzina cercò di osservarla meglio e di trarre qualche indizio al riguardo. Non sapeva in che rapporti fosse con la sua famiglia, se avesse approfittato dell'apertura straordinaria di Hogwarts per passare l'estate a scuola...
    -Lo zio mi ha detto... che il Marchio Nero è comparso sulla scuola. Non si parlava d'altro...-

     
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    “Alla buon’ora!” bisbigliò tra sé e sé la Corvonero, dopo aver letto il biglietto inviatole da Karen. Come naturale che fosse, Corinne non aveva accolto di buon grado il mistero di cui la rossa si era avvalsa durante tutti quei mesi. Le missive che si erano scambiate l’estate precedente e le settimane addietro le erano sembrate vaghe e in un certo qual modo anche sconclusionate. Più di una volta la Miller aveva arricciato il naso ed aggrottato la fronte nel leggere le poche righe con cui la Grifondoro la liquidava ad ogni risposta. Corinne aveva celato il proprio riserbo con maestria, sapeva che sotto ci fosse qualcosa di sicuramente poco piacevole per la piccola K, ma questo non la frenava dall’essere irritata per essere stata trattata con sufficienza. Non aveva dimenticato ciò che lei stessa aveva fatto solo un anno prima, ma questo non le proibiva di sentirsi ugualmente offesa. Ciò non significava che fosse pronta ad aprire l’ennesima guerra all’amica, non era tanto stupida ed egocentrica da voler mettere i propri rancori dinnanzi alle problematiche della rossa, ma sicuramente non sarebbe riuscita a dissimulare a tal punto da apparire perfettamente imperturbata. Tuttavia sapeva che non le avrebbe tenuto il broncio per molto, la preoccupazione nei riguardi della grifa superava di gran lunga ogni genere di fastidio. Aveva trascorso ogni dannato giorno nel cercare di darsi in autonomia le risposte che cercava dall’amica, temendo il peggio per lei e allo stesso tempo sapendo di non poter fare praticamente nulla per aiutarla, a parte offrirle il proprio supporto morale. Uscendo dalle mura del castello si imbatté nel freddo di novembre, dirigendosi quindi al negozio in cui Karen lavorava. Il cuore era pesante in petto, e Corinne aveva come un presentimento negativo, come se sapesse di già che dalla conversazione che avrebbero avuto non sarebbe venuta a conoscenza di nulla di buono. Entrò quindi all’interno del locale a testa alta e con il suo solito passo sicuro, abbassandosi quindi il cappuccio del mantello e scoprendo la lunga chioma scura ed un viso severo. Karen la travolse di parole ancor prima che la Miller potesse ricambiare il saluto, a giudicare dalla sua esuberanza appariva quindi non diversa dal solito, ma Corinne sembrava essersi messa in testa che quella della rossa fosse una messa in scena per distogliere l’attenzione dai propri problemi. «Non saprei che dirti della divisa, non riesco a togliere lo sguardo dalla tua faccia e dai 4 kg di fondotinta e terra con cui l’hai coperta» voleva essere una battuta, ma il tutto suonò più come un commento acido e Corinne se ne rese immediatamente conto. Il suo non voleva essere un insulto al suo modo di truccarsi, tutt’al più una critica al tentativo di mascherare il pallore. «Ed io sono contenta che sei di nuovo tra noi, non sai quanto è silenziosa la scuola senza le tue lagne!» sorrise debolmente, provando a rimediare con un atteggiamento più accomodante. È che non poteva fare a meno di guardarla e di trovarla… male. Quel suo fingere che non fosse successo nulla, come se fosse stata via tutti quei mesi per una vacanza alle Maldive la mandava fuori di testa. «Oh, il solito. Lezione-punizione e punizione-lezione. Sai come funziona la vita ad Hogwarts» rispose, gironzolando tra i vari scaffali e prendendo tra le mani i diversi oggetti di cui erano zeppi, in un modo sicuramente poco esaustivo come d’altronde erano state poco esaustive le lettere di Karen. «A casa?» domandò come se le avessero appena schioccato le dita davanti agli occhi per farla svegliare da una trance. «No. Ho alloggiato come al solito nell’appartamento sopra Mielandia. Ho lavorato un po’ in giro a Edimburgo, di giorno servivo ai tavoli in un caffè, e la sera suonavo il piano in alcuni locali. Ho risparmiato qualcosina» si strinse nelle spalle, raccontando come effettivamente aveva trascorso la sua estate. Riconosceva a sé stessa un certo cambiamento, negli anni era maturata diventando quindi più responsabile. Non lo andava raccontando ai quattro venti, ma era soddisfatta dei piccoli miglioramenti che era riuscita ad ottenere. Fino a due anni prima non lo avrebbe mai creduto possibile. «Oh sì… è stato tremendo K, sono felice che tu te lo sia perso. È stata una sensazione stranissima, diversa da tutte quelle che ho provato prima. Tutt’a un tratto mi sono sentita gelare, ed ho sentito penetrarmi nella pelle un senso di… di oscurità… ed era paralizzante» non fu affatto semplice spiegare a parole ciò che aveva provato, ed il solo ricordo di quell’immagine le fece salire un brivido lungo la schiena. Passò qualche minuto prima che la sua mente riuscisse gradualmente a cancellare quelle sensazioni. «Possiamo adesso parlare di quello che è successo a te? Ti prometto che dopo parleremo di tutto quello che cazzo vuoi, ma penso ci sia un ordine di priorità, porca puttana!» non fu cattiva nello sputarle in faccia il pensiero che più la attanagliava, piuttosto era palese quanto le stesse a cuore la questione, ed in un certo senso poteva addirittura fare tenerezza mentre se ne stava lì a fissarla con gli occhi azzurri sgranati, imploranti di sapere cosa le fosse accaduto. «Per primissima cosa voglio sapere: come stai adesso?»
     
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    -Se ogni volta che ci vediamo non riesci a fare a meno di complimentarti con me in questo modo finirò per montarmi la testa. Corva avvisata…-, commentò sarcastica, nascondendo dietro l’ironia quanto ci fosse rimasta male per la critica al suo aspetto. Karen approfittò di esserle di spalle mentre chiudeva il negozio per strofinare un palmo della mano contro le guance, e prima di tornare da lei controllò di sfuggita nel riflesso della vetrina se era riuscita a rimuovere una buona parte di trucco. Non si accorse di aver fatto di peggio, distratta da quello che aggiunse poco dopo la sua amica.
    -Dovrei aprire un banco scommesse allora, 10 a 1 che finisci in punizione anche per la prossima lezione… mi faresti guadagnare un mucchio di falci…-, ironizzò, rivolgendole un sorriso che non nascondeva un po’ di preoccupazione.
    -A chi dobbiamo farla pagare?- domandò, incrociando le braccia al petto mentre si appoggiava contro il bancone.
    -Caccabombe, polvere ruttosa… tazzine mordinaso. Scegli quel che credi faccia al caso tuo e considera fatto il misfatto: nemmeno il Professore più sveglio o il Caposcuola più palo in culo del castello scamperebbero la tremenda vendetta che li aspetta.-, Corinne non aveva bisogno di lei, ciononostante Karen teneva a farle capire che poteva contare sulla sua complicità, indipendentemente che fosse per finire nei guai insieme o per sfogarsi.
    -Perché ti hanno messa in punizione?- per un attimo scelse di mettere da parte l’ironia per essere molto più diretta. Essere punita costituiva per la Miller la normale amministrazione dall’alba dei tempi, eppure la Grifondoro non poteva fare a meno di chiedersi se lo fosse davvero, o se invece sotto non stesse covando le stesse emozioni negative dalle quali qualche anno prima si era sentita soffocare al punto da spingerla a cercare in un’altra scuola una via di fuga. Impressione che si rafforzò quando le confermò di non essere tornata a casa per l’estate. Non l’aveva mai sentita menzionare i suoi genitori, tanto che si domandò se la Corvonero non avesse un posto dove tornare, dove sentirsi realmente a casa. Non sapendo come introdurre l’argomento si riservò di farlo non appena si fosse presentata l’occasione giusta. La sensazione appena descritta dalla Corvonero suonò familiare, tanto che Karen si sentì percorrere la schiena da un brivido di paura. La cosa più preoccupante di pericoli come quello annunciato era stata realizzare che chiunque si nascondesse dietro l’evocatore si sarebbe facilmente mimetizzato tra di loro, sembrando in tutto e per tutto una persona comune… come le era parsa la mamma di Daisy.
    -Il Marchio è comparso anche in Irlanda. Quei bastardi hanno minacciato mio padre…-, commentò sovrappensiero, preoccupata. La sua espressione venne attraversata da un’ombra di dispiacere mentre Corinne la rimproverava; non tanto per il tono usato, quanto più per la confusione che quella domanda portava con sé.
    -Non lo so-, ammise, sciogliendo le braccia per afferrare il margine del tavolo su cui era poggiata.
    -Meglio, credo… sono stata peggio-, commentò, faticando ad articolare in parole emozioni e pensieri. Dopotutto, era riuscita a tornare a scuola; aveva ripreso anche con il lavoro, sforzandosi di affrontare la paura che l’aveva bloccata in casa. Percorrere lo stesso tragitto con André spesso le era di aiuto: quando si trovava in compagnia dei suoi amici l’ansia diventava più gestibile.
    -Ci sono momenti in cui ho ancora ansia ad uscire dal dormitorio… o dal castello… perché ho la sensazione che possa succedere qualcosa di terribile. Nessun posto è mai davvero sicuro… forse non lo sono mai stati. Prima, però, per quanto possa sembrare paradossale… prima mi sentivo come se alcuni lo fossero ancora.-, nonostante il sequestro fosse avvenuto a casa dei suoi nonni col tempo Karen era riuscita ad avvertire nuovamente casa loro come un luogo piacevole dove fare ritorno: in parte era stato merito loro, che le erano stati vicini facendola sentire di nuovo protetta, e in parte era stato merito di Corinne, che con la sua presenza l’aveva aiutata ad associare Galway a nuovi ricordi. Per Kinnitty dopo l'attacco di Wyrd provava lo stesso conflitto.
    -Sono stata a casa di Logan quest’estate. Per il suo compleanno ho invitato anche Daisy e André… mi sembrava una bella occasione per stare insieme e dimenticare per una sera tutto il resto. È stata un’idea di merda, Rinnie: mentre i nostri papà erano a lavoro siamo stati attaccati da due maghi.-, Karen fece un respiro profondo, mordendosi il labbro. Cercò di controllarsi perché il tono non risultasse incrinato. Corinne poteva intuire da sé quale inferno avesse rivissuto quella notte e cosa significasse parlarne. Karen tacque a lungo, cercando con lo sguardo gli occhi della sua amica come per aggrapparsi perché la aiutasse a non affondare nei sensi di colpa. Non riuscì ad andare nel dettaglio: il ricordo di quella notte era ancora vivido, troppo doloroso senza che nel farlo scoppiasse a piangere.
    -Tra loro c’era… la mamma di Daisy. Nel tentativo di portare via me… e sua figlia… è morta. Anche André e Logan hanno rischiato. Ho temuto non si riprendessero più.- Karen si rigirò nervosamente il bracciale tra le dita, abbassando lo sguardo. Sapere che André fosse stato gravemente avvelenato e vedere di nuovo Logan in coma, seppur questa volta indotto dai farmaci, l’aveva letteralmente mandata in tilt. Il timore di essere odiata da Daisy si era aggiunto al resto del carico, facendola crollare definitivamente.
    -So di essermi comportata male con te. Non ti ho permesso… di fare nulla e di questo mi dispiace. Avrei voluto parlartene, ma non volevo farlo per lettera… e all’idea di tornare a Londra… non riuscivo più ad uscire da casa senza pensare che sarebbe accaduto ancora. Avrei potuto chiederti di raggiungermi, so che lo avresti fatto… ma non volevo che mi vedessi in quello stato. Me ne vergognavo.-

     
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    «Non è un’idea del tutto cattiva la tua. Se ci organizziamo per bene potremmo mettere su un bel giro d’affari, sempre meglio che farlo gratis come lo sto facendo ora» ironizzò a sua volta, nascondendo un sorriso tra gli angoli delle labbra. Sul viso di Karen era comparsa una chiazza dovuta al trucco, e per evitare di metterla ulteriormente in imbarazzo Corinne estrasse la bacchetta con nonchalance e gliela puntò dritta in volto; con un incantesimo non verbale – di quelli imparati sui magazine magici di moda per intenderci – le mise apposto il make-up, che risultò essere leggero e assolutamente perfetto per i lineamenti dolci della giovane Grifondoro. Uno stratagemma che le era tornato utile nelle numerose mattinate di hangover e che sarebbe stata lieta di condividere con la rossa, proprio come avrebbe fatto una sorella maggiore. «Un po’ a tutti e un po’ a nessuno. Mi conosci, tendenzialmente sono sempre io la causa dei miei problemi, quindi magari se mi facessi esplodere una caccabomba in faccia imparerei la lezione, ma non ci metterei la mano sul fuoco…» le iniziò a raccontare, giocherellando con tutto ciò che le capitava tra le mani, senza troppo pensare all’eventualità che uno di quegli affari potesse davvero esplodere e scatenare uno sgradevole effetto domino. «Beh, a proposito di fuoco… Ho avuto qualche problemino con incantesimi. C’è la prof nuova, su cui ti farò una parentesi a parte se ci tieni a saperne di più, e durante una sua lezione io mi stavo terribilmente annoiando, e visto che l’argomento del giorno era l’Incendio e l’Aguamenti ho deciso di testare i riflessi dei miei colleghi… è finita che l’aula ha preso fuoco e la prof ci ha fatto evacuare. Ti rendi conto? Evacuare! Siamo dei fottutissimi maghi, dico io, e alcuni in procinto di uscire da qui, e quello che fanno è trattarci come fossimo una scolaresca di babbani» necessitava di sfogarsi un po’, anche se non se ne rendeva affatto conto. L’assenza di Karen aveva intensificato il senso di inadeguatezza della Miller, che si sentiva costantemente come un pesce fuor d’acqua. Con chiunque parlasse, fatta eccezione di Ralph, aveva l’impressione di essere presa per fuori di testa, e di risultare da tutti assolutamente indesiderata. Erano anni che andava avanti in quel modo, ed ormai la Corvonero si era abituata a quel trattamento. Non se ne lamentava, ma quando capitavano occasioni come quella si ritrovava a spendere un fiume di parole per un episodio qualunque, semplicemente perché nessuno le aveva chiesto prima come si sentisse riguardo un qualcosa che le era successo. Il fatto che si fosse abituata alla solitudine non significava di certo che non le pesasse, anche se non lo avrebbe ammesso. «K... non c’è bisogno che te lo dica ma te lo dirò lo stesso. Sarò i tuoi occhi, le tue orecchie e anche il tuo culo se dovesse servire. Ti scorterò ovunque tu debba andare» le disse con una serietà che voleva allo stesso tempo essere calda e rassicurante. Si sentì una sciocca ad avercela avuta in qualche modo con lei, sentendo poi quello che le era successo insieme agli altri solo pochi mesi prima le venne la pelle d’oca, c’erano così tante informazioni da metabolizzare che quasi non riuscì a starle dietro. Karen aveva vissuto delle esperienze devastanti, cose orrende che una ragazzina della sua età non dovrebbe mai essere costretta ad affrontare. Eppure era lì di fronte a lei, che le raccontava ciò che era successo con estremo coraggio. Al suo posto la mora non avrebbe avuto la stessa fermezza di nervi. In quel momento Corinne si rese conto di quante cose avesse da imparare da quella che fino a un momento prima aveva sempre e solo considerato come la sua bambina. «La madre di Daisy era una mangiamorte? Non ci sto capendo nulla, mi sento una perfetta idiota» si passò una mano tra i capelli, sentendosi divampare. L’idea che la Grifa avesse nuovamente rischiato di perdere la vita le fece venire un piccolo attacco di panico che la Miller cercò a tutti i costi di mascherare, con il risultato che sembrava solo un'isterica piena di tic nervosi. «Oh Karen, non scherzare. Tu hai vissuto… tutto questo. Di cosa avresti dovuto vergognarti? La maggior parte di noi adesso sarebbe dentro un ospedale psichiatrico a curarsi i nervi, dopo aver visto quello che hai visto tu. Spero tu ti renda conto di quanto sei cazzuta» le rivolse un sorriso dolce e fiero, avvicinandosi a lei d’impulso e stringendola forte al suo petto. Alcune lacrime le solcarono il viso, ma la differenza d’altezza le offriva il vantaggio di poter non essere vista dall’altra, nonostante la stretta con cui la teneva a sé potesse destare sospetti. «So che non hai bisogno di me. So che ci sono tante persone che ti amano e che sarebbero disposte a dare la vita per te, ma ti prego non tagliarmi fuori. Permettimi di aiutarti anche se il mio aiuto non ti serve, perché serve a me» le disse tramante. Probabilmente non sarebbe stata in grado di dirle parole di quel calibro guardandola negli occhi. Karen non poteva conoscere il reale movente di quell’affermazione, non conosceva la storia di Melanie ed il senso di colpa legato alla sua morte. Eppure il suono della voce di Corinne era affilato e penetrante a tal punto da rendere lampante il fatto che dietro quelle parole si celasse il più grande tormento della Miller.
     
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    Quando vide Corinne puntarle la bacchetta in faccia Karen si irrigidì involontariamente alcuni istanti, come aspettandosi di essere attaccata. Fu solo dopo aver sentito la formula che realizzò di non aver avuto motivo di porsi sulla difensiva. Provò a nascondere dietro un sorriso impacciato il lieve moto di disagio per l’irrazionalità della propria reazione.
    -Prima o poi dovrai tramandarmi i trucchi del mestiere. Come farei se non ti trovassi nei paraggi per pararmi il culo?-, a discapito delle proprie parole era lieta che certe cose non fossero affatto cambiate: nella normalità e nella quotidianità di quei gesti poteva trovare la rassicurazione di cui aveva bisogno per lasciarsi alle spalle gli eventi di quell’estate.
    -Scherzi? Certo che ne voglio sapere di più! Pretendo un resoconto dettagliato di tutto quello che mi sono persa.- la ascoltò parlare della sostituta del prof. Carter, di cui era già circolata voce nella torre Grifondoro fosse una loro ex concasata; la nuova prof. di incantesimi sembrava aver ricevuto un battesimo nel fuoco nel senso più letterale del termine perché l’aula era stata inghiottita velocemente dalle fiamme. Non aveva potuto farsi un’opinione su di lei, ma conosceva l’amica a sufficienza da credere alle sue parole, condividendone la perplessità e l’incredulità per l’abitudine che alcuni professori avevano preso di tenerli sotto una campana di vetro. Si domandò però il motivo di quel gesto e via via che la ascoltava ebbe l’impressione che ci fosse qualcosa che non andava e di cui Corinne non riusciva a parlarle esplicitamente.
    -I nostri professori non sembrano capire quanto potremmo sprofondare nella merda da un secondo all’altro. L’unico che ci prende sul serio è il vecchio… ma ho paura che le sue lezioni non bastino.-, a Kinnitty gli insegnamenti di Jack avevano fatto la differenza tra la vita e la morte, ma se alla fine non fossero intervenuti gli Auror in loro soccorso… non sarebbero state lì a parlarne.
    Addestrami come addestreresti un tuo auror, aveva chiesto a Rya perché non dovesse mai più sentirsi impotente; da quando la sua mentore si era dileguata, la Grifondoro risentiva della mancanza di una guida. Karen non se la sentiva di sottrarre allo zio o a suo padre tempo dai loro doveri; degli altri Professori non si fidava o non si erano creati i presupposti affinché potesse chiedere il loro aiuto e non sapeva dove sbattere la testa.
    -Faremmo prima a gestirci da soli. Sai… ci stavo pensando da un po’-, le confidò, decidendo di metterla al corrente senza riserve di un progetto che non aveva ancora preso una forma concreta.
    -Il reparto proibito è pieno di volumi con incantesimi avanzati. Non credo che ci darebbero l’autorizzazione per prenderli in prestito… ma unendo le forze aggirare queste restrizioni non dovrebbe essere un problema.- se avessero negato loro il permesso potevano sfruttare il suo mantello per prendere in prestito il materiale che serviva e restituirlo a tempo debito, non era un problema insormontabile. Il problema vero e proprio sarebbe sorto nel momento in cui loro sarebbero tornati per farla da padroni: farsi cogliere impreparate era un lusso che non potevano permettersi.
    -Grazie…-, impacciata ma grata di sentirla dalla propria parte, Karen le dedicò un sorriso sincero. Corinne non poteva immaginare quanto significasse per lei poter contare sulla sua presenza e sul suo supporto: l’equilibrio su cui si stava muovendo era fragile come il cristallo, sarebbe bastato veramente poco per incrinarlo e ridurlo in pezzi. L’espressione tornò seria e gli occhi carichi di dolore quando, scuotendo la testa in un cenno di diniego, respinse l’ipotesi secondo cui la madre di Daisy fosse una seguace dei Mangiamorte.
    -È complicato… non posso dirti molto-, ancora una volta, Karen si ritrovò davanti a quel bivio: parlare significava esporla al pericolo, non farlo… a che era servito? André e Daisy avevano rischiato di morire comunque. Non avevano potuto scegliere se stare ugualmente al suo fianco nonostante i rischi a cui sarebbero incorsi perché ignari della loro esistenza. Karen non sapeva più se aveva taciuto solo perché aveva temuto per loro… o per il desiderio egoistico di non essere abbandonata. A causa di quell'omissione erano quasi morti per colpa sua e senza neanche conoscere il perché. A quel pensiero un nodo le serrò la gola e le lacrime pizzicarono gli occhi.
    -Ma cercavano me… sono loro il motivo per cui l'anno scorso ci siamo trasferiti a Londra. Papà voleva nascondermi dove non potessero trovarmi… però ci sono riusciti comunque e stavano per portarmi via. Se André, Daisy e Logan non fossero stati lì per impedirlo… hanno rischiato di morire e… non riesco a non sentirmi di merda per questo-, per un attimo Karen immaginò che le braccia che la stavano stringendo con trasporto fossero rigide e fredde, il petto della Corvonero immobile. Le lacrime sfuggirono al suo controllo rigandole le guance, arrestandosi sulla divisa della sua amica. Per un po’ stette in silenzio, aggrappandosi alla maglietta di Corinne come se fosse un’ancora di salvezza. Qual era la cosa giusta da fare?
    -Perché continuo a ripetermi che se non li avessi invitati non sarebbe successo niente. Né a loro… né alla mamma di Daisy-, pronunciò in un sussurro, tirando su col naso. Non riusciva a togliersi dalla testa le immagini delle ferite che avevano riportato e il modo con cui Daisy e André li avevano guardati l’ultima volta che avevano parlato da Logan, il dolore negli occhi di lei e il biasimo negli occhi di lui. C’era sempre una scelta, aveva detto André… l’unica che Karen era riuscita a vedere per evitare quell’epilogo vedeva sé stessa nelle mani dell’Alchimista. E la sola idea la atterriva.
    -Ho paura che mi detestino per questo-, paura che potessero odiarla, perché ogni volta che l’avrebbero vista avrebbero ricordato che la druida era morta a causa sua. Una paura irrazionale che talvolta diventava tanto forte da soffocare la promessa di André di lottare ancora per lei, perché alcuni sentimenti non erano razionali o comprensibili nell’immediato – come la paura che Corinne le aveva appena esternato. Karen rimase esterrefatta dalle sue parole.
    -Se hai pensato che io non abbia bisogno di te sei un’idiota, Miller… non ho mai pensato di tagliarti fuori… non intendo cominciare adesso.-, Karen poggiò il capo contro il petto dell’amica, gesti rari d’affetto che era solita riservare soltanto a chi come Corinne aveva guadagnato un posto speciale nel suo cuore. La Corvonero non poteva neanche lontanamente immaginare quanto l’avrebbe fatta soffrire se si fosse allontanata ancora. La abbracciò con forza, come temesse potesse fuggire alla sua presa e sparire. Non intendeva perderla, non adesso che finalmente si erano ritrovate e riconciliate, rinsaldando il loro legame.
    -Tu sei sicura di stare bene? In questo periodo sembri sempre triste-, il malumore dell’amica sembrava coincidere con l’avvicinarsi delle vacanze, ma era in particolare durante il periodo estivo che i suoi occhi assumevano una malinconia che Karen aveva trovato di frequente solo negli occhi di suo padre. Tristezza, rimorso… si era domandata spesso se non fosse stato soltanto il frutto della sua immaginazione e se invece vi fosse un fondo di verità. Alla fine si disse di non poter più rimandare quella conversazione, per quanto scomoda fosse, e si decise a porre una domanda che sapeva avrebbe potuto avere conseguenze imprevedibile.
    -Non parli mai della tua famiglia. So così poco di te... che a volte non capisco quanto posso spingermi oltre... senza rischiare di allontanarti.-
     
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