Ormai s'è capito che al Castello giravano sempre un sacco di balle sul mio conto. Abbiamo già sdoganato quella in cui venivo definito un bastardo traditore — mai tradito nessuno in vita mia — che mi voleva pure libertino e promiscuo — mi sono sempre fidanzato prima di concludere qualcosa. Poi c'erano le voci legate al fatto che fossi asiatico — ed era già una conquista quando non mi definivano un cinese ching-chong — e che facessi arti marziali. Una volta un gruppo di studenti del secondo anno mi chiese se davvero fossi in grado di librarmi in aria mentre meditavo e giurarono che un loro amico mi avesse visto svolazzare nel cielo dalla Torre di Astronomia. Insomma, un calderone di stronzate di cui però non mi importava molto. Ero fatto così: ci ridevo su e spesso rincaravo la dose, confermando o esagerando le voci più assurde per il gusto di confondere la gente. Ma c'era un pettegolezzo, uno solo, che mi faceva veramente incazzare e che mi davo la pena di smentire, ossia quello che mi vedeva come un bulletto classista con la puzza sotto il naso. Era una cosa che mi mandava fuori di testa, sicuramente perché i miei ne sarebbero stati piuttosto e la cosa mi provocava conati di vomito mica da ridere. Se fosse stato vero... chissà... magari mi avrebbero accolto a casa a braccia aperte... mia madre mi avrebbe chiesto cosa volevo per cena e mio padre mi avrebbe invitato a versargli un bicchierino di 법주 bòp-ju (tipo di vino di riso chiaro tipico della città d'origine dei miei, Gyeongju), rivolgendomi un mai udito 잘 했다 char-èttà (ben fatto). 와아아아아아아 씨발 waaaaaaaaaa, cazzo, non riesco neanche ad immaginarmi la sua voce mentre lo dice... Be', il punto è che, forse, quando quel giorno di settembre di un annetto fa incontrai Justin nel luogo più sacro e mistico del castello — il cesso — lui doveva essersi sentito intimidito. Così gli avevo parlato sfoderando la nonchalance più demenziale di cui ero dotato — giusto per mettere in chiaro che non ero una merda umana. Inutile dire che aveva funzionato a meraviglia ed ora potevo definire quel nanetto geniale mio amico. Justin era tanto intelligente quanto imbranato — e in effetti quel pomeriggio era riuscito a farmi rotolare lungo la discesa che portava ad Hogsmeade. Scivolando, si era aggrappato alla mia sciarpa da Serpe e, rischiando di strozzarmi, mi aveva fatto finire col culo nella neve. Cintura nera di taekwondo sto cazzo proprio: era in quei momenti che mi appariva la testa fluttuante del mio Maestro — versione trasparente ed incorporea ma non meno temibile — che, con sguardo di disapprovazione, diceva: "Un bagno di umiltà che, evidentemente, ti era necessario". Oh, ho saputo di te e Lyra... Mi difhpiace. Era da tanto che fhtavate insieme? Mi stavo ancora massaggiando una chiappa quando ci addentrammo per le vie del paesino. Mhm, pensavo di avertelo detto, no? O forse eri rimasto a quando stavamo uscendo?, gli chiesi aggrottando le sopracciglia. Di solito lo aggiornavo, ma c'era da dire che nell'ultimo periodo ero stato molto preso. Ormai le vacanze di Natale erano alle porte e sebbene non fossi uno che si prodigasse in grandi regali ce ne erano due a cui tenevo particolarmente. Uno era per la mia sorellina Yu-Hwa. Noi siamo maghi coreani, perciò il Natale non si festeggia — tradizionalmente siamo buddhisti — ma Yu-Hwa aveva anche amiche inglesi e sapevo che sperava di ricevere dei regali pure lei. Ed io ero il fratello peggiore del mondo (o migliore?) ed amavo viziarla schifosamente, quindi... mi ero impegnato molto quest'anno. Mi mancavano solamente i dolcetti ed ero a posto. Il secondo regalo a cui tenevo era proprio per quel secchione dal cuore d'oro che mi aveva quasi strozzato poco prima e che ora camminava tutto agitato accanto a me. Era da quando aveva cominciato a parlarmi di fumetti — inevitabile, li amava alla follia — che pensavo ad un modo per colmare la sua ignoranza in fatto di opere letterarie coreane. Anche da noi c'erano quelli che in Occidente chiamavano fumetti: prendevano il nome di manhwa e, sebbene il genere avesse preso piede oltreoceano solo negli ultimi tempi, in realtà era piuttosto antico. In effetti, noi maghi ci solluccheravamo con dipinti animati già da parecchi secoli... ed in tutto quel tempo si era andata a creare una montagna di materiale. Di ottimo materiale. C'era una serie in particolare, intitolata 마지막 기합 (magi-mak-ki-hap) L'ultimo Kihab (kihab = tecnica di respiro usata nella disciplina dell'Hapkido), ambientata all'epoca di Shilla (nono secolo d.C.) e che parlava del celeberrimo gruppo dei poeti-guerrieri, i super elitari Hwarang. Era una storia di intrighi, tradimenti, amicizie, amori, taaaaante arti marziali e soprattutto... tante, tantissime rappresentazioni MOLTO grafiche. E promiscue. Un classico della letteratura erotica antica. Quella serie mi era capitata tra le mani all'età di 9 anni e credetemi se vi dico che mi ha reso l'uomo che sono oggi. Perciò nel mio cuore sentivo che era giunto il momento anche per Justin di affrontare quel rito di passaggio. Così avevo recuperato i primi dieci volumi e mi ero messo all'opera... ma il lavoro di traduzione si era rivelato più arduo del previsto perché vi erano una caterva di parole in cinese che non capivo manco per il cazzo. Eh, e poi c'è chi dice che il coreano è difficile! Ok, sarà la lingua con più vocabolario al mondo, ma almeno noi abbiamo un alfabeto. E non ci sono tutti quei toni di sta minchia. Vabbè, il punto è che ci avevo messo un mese a tradurre tutto ed ora il problema era consegnare a Justin il suo regalo senza fargli capire che ci avevo messo una vita e senza ingigantire la cosa. Comunque mica tanto, erano tipo dieci giorni. Lascia perdere, non era destino, dissi tagliandola corta. Non avevo molta voglia di parlare di Lyra, soprattutto perché l'argomento mi faceva inacidire parecchio. Comunque senti, poffhiamo andare dappertutto, ma non ai Tre Manici. Feyre lavora lì e non voglio che pensi che la voglio affhillare, ok? Al momento ce l'ha con me e voglio farla fhbollire, prima che venga mollato anch'io per una caffhata e mi dica che non vuole più paffhare il Natale con me. E allora non andremo ai Tre Manici, gli dissi mettendogli un braccio attorno al collo e scompigliandogli i capelli. Non verrai mollato, amico. Anche se non capisco cosa tu abbia fatto di tanto terribile... Quella pseudo-relazione che Justin aveva con la Starfoll non l'avevo mai capita, ma non avevo mai voluto approfondire. Non volevo scoraggiarlo ed era giusto che si facesse le sue esperienze, senza che l'amico popolare di turno cominciasse a fargli venire ansie o dubbi inutili. Tu che le comprerefhti? Qualcosa da mettere addoffho, un gioiello, qualcosa di incantato? Sai, Athel, è il mio primo Natale nel mondo magico e non vorrei fare un casino. Ma che casino e casino, andrai benissimo. Io le prenderei un gioiello, niente di esagerato. Magari qualcosa che le ricordi un momento passato insieme. Non hai una foto di voi due? Potresti inserirla nel ciondolo in modo che quando lo apre la vede. Tu hai già preso dei regali? Mhm, biascicai facendo il vago, guardandomi intorno con noncuranza. Qualcosa, sì. Niente di speciale, e, così facendo, concentrando lo sguardo su una bancarella di dolci, tirai fuori dalla giacca una scatola di latta, nella quale erano racchiusi, rimpiccioliti per magia, i famosi dieci volumi tradotti de L'ultimo Kihab. Gliela passai, picchiettandola sul suo cappotto. Forza, su, che là vedo una bancarella che potrebbe fare al caso nostro, gli dissi, mentre lo spingevo in quella direzione.
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