Hogwarts Mystery - GdR Harry Potter

Posts written by Battlin' Jack

  1. .
    "Non l'ho mai messo in dubbio, Rossa. Però, è qui temo che stenterai tu a credermi, i molteplici ruoli che ricopro non mi permettono di sprecare tempo in inutili spostamenti."
    Alzo le spalle, prendendo posto decisamente più comodamente tra lei e Kain dopo il mio intervento rivolto ai presenti.
    "Velocità e tempismo sono tutto nella nostra professione, prendi appunti."
    Chiudo strizzandole l'occhio con un cenno del capo, volendo alludere a quelli che sono i nostri accordi circa il suo "arricchimento professionale".
    Dopodiché, semplicemente, congiundo le dita e ascolto i vari interventi. Puntando gli occhi, a turno, su ognuno degli Auror quando prendono parola.
    Non lascio volutamente trasparire emozioni benché, alcune prese di posizione sterili che conducono ad inutili giri di parole adatti solo a sviarci dal fulcro del discorso, mi lascino su per giù piuttosto basito.
    L'ho sospettato e lo temevo, gli strascichi della fin troppo riflessiva gestione Ramirez, su questo dipartimento, si protrarranno a lungo. Non ci resta che sperare, dunque, che tali circostanze non si rivelino una debolezza per noi.
    "Oppure si potrebbe riservare l'incarcerazione ad Azkaban solo ai criminali più, diciamo, irrecuperabili. Spostando eventuali prigionieri minori in altre strutture, così da facilitare la sorveglianza sull'isola."
    Faccio eco in modo pubblico alle parole del neo Capo Britannico, non tanto per volerlo contraddire quanto più per sottolineare una possibile falla nella sua proposta.
    "Per quanto apprezzi l'idea di sapere quei bastardi punzecchiati a dovere dai dissennatori, eviterei di puntare nuovamente su tali creature. Come tutti sappiamo, già altre volte in passato ci hanno voltato le spalle non appena il lato oscuro ha promesso di soddisfare più ampiamente la loro fame di emozioni e anime."
    Ciò detto, ovviamente, Azkaban rimane entro la loro giurisdizione. Per tanto, tutto ciò che il sottoscritto può fare si limita a tentare di metterli in guardia su una simile scelta.
    Una cosa è però certo: quegli esseri indecifrabili e maledetti non fluttueranno mai intorno alla mia scuola finché avrò fiato in corpo.
    A questo punto, mi ritrovo a riflettere sulle parole che mi vengono rivolte direttamente. Prendendomi tutto il tempo di rispondere.
    "Naturalmente più gli eventi si faranno serrati, più gli studenti avranno bisogno di sapersi al sicuro. E si, ovviamente Hogwarts presto o tardi finirà nelle mire del lato oscuro. Per tutta una serie di motivi, che ritengo inutile ripetere.
    Ciò che mi chiedo, tuttavia, è: come pensiamo di poterne sorvegliare a dovere i confini quando, in qualsiasi momento, i ragazzi possono essere pescati fuori da essi ed imperati, o comunque costretti, ad agire per conto del nemico una volta rientrati al castello?
    Di certo, e vi prego di credermi, dei pattugliamenti ordinari non saranno sufficienti."

    A prescindere dalle barriere fisiche offerte dal territorio, nemmeno con un piccolo esercito di Auror si avrebbe l'assoluta certezza di evitare eventuali infiltrazioni all' interno dei confini scolastici.
    A mio avviso ciò è, difatto, virtualmente impossibile. Ci sono però alcune precauzioni che, con un enorme impiego di risorse su tutti i fronti, si potrebbero prendere.
    "Come presumo possano immaginare tutti i presenti, la vita della maggioranza degli studenti, durante l'anno scolastico, si svolge principalmente tra il castello e Hogsmeade.
    Dunque sto valutando di negare i permessi per lasciare la scuola nel fine settimana, riducendo dunque i giorni di assenteismo dal castello, per gli studenti, solo durante le festività di rito."

    Alcuni di loro però lavorano al villaggio per mantenersi, quasi tutti vi si recano per compere, faccende e altre basilari azioni di routine. Soprattutto gli allievi maggiorenni, o comunque più grandi.
    "Difatto dunque, ritengo che sarebbe opportuno includere anche il villaggio stesso entro un eventuale piano di protezione. Analizzando nel dettaglio, possiamo tranquillamente affermare che, fatta eccezione per il valico all' apice Nord, l'intera area comprendente i territori scolastici e Hogsmeade è protetta ad Est e Ovest dalle montagne, e a Sud dal Lago Nero. Questo però non deve rassicurarci. Dopotutto loro come noi sono maghi, pertanto i banali ostacoli geografici non rappresentano una protezione neanche lontanamente sufficiente su cui contare."
    Che loro disquisiscano pure di etica e moralità se lo ritengono opportuno, tuttavia mi perdoneranno se, dal canto mio, preferisco concentrarmi in primis sulla salvaguardia delle vite umane. Siano esse quelle dei miei studenti, degli abitanti del villaggio o di qualsivoglia altro civile.
    "Pertanto, se si dovesse configurare uno scenario più...stringente, vi dico che l'unica via vagamente sicura da percorrere implicherebbe rendere l'intera area indisegnabile, chiudendo tutti i camini ogni qualvolta essi non si rivelino strettamente necessari per i nostri spostamenti, e gettando incantesi anti- materializzazione simili a quelli posti sul castello entro un perimetro deciso a tavolino dal ministero.
    Il quale, idealmente, dovrebbe comprendere la scuola, il villaggio e le vie di collegamento dall'una all'altro.
    Così facendo, si avrebbe decisamente più controllo su chi giunge in quella regione e allora, intensificando anche la presenza dei nostri alla stazione ferroviaria, forse potremo avere qualche chance di evitare che il villaggio, la foresta o la scuola cadano preda di possibili piccole incursioni che, col tempo, si riveleranno dei cancri incurabili.
    Dopotutto parlo per esperienza, non sarebbe di certo la prima volte che tali zone strategiche finiscano con ritrovarsi alla mercé del nemico..."

    E qui, come sempre, chi avrà sufficiente cervello capirà l'allusione. Ovviamente non sto incolpando i presenti, è però un fatto che, in passato, l'incompetenza Inglese ha permesso all'oscuro di infiltrarsi laddove non ci sarebbe mai auspicato che ciò accadesse.
    Da qui in poi, in tutta sincerità, mi limito ad ascoltare i vari interventi finché, a suo tempo, il messaggio trasmutato non finisce tra le mie mani.
    Né studio il senso, con tutti i vari, e terribili, significati che reca seco, inorridendo internamente all' idea che possano passare da loro per arrivare a noi. Ripresomi dal momento, poi, focalizzo l'attenzione sullo scritto, battendo colpetti discreti di gomito sia a Kain che a October.
    "Guardate le linee... l'inchiostro è di pregio e non c'è quasi nessuna interruzione tra una lettera e l'altra. La grafia è meticolosa, curata... quasi nobile. Secondo me, l'ha scritto una donna."
    È un misto di deduzione scaturita dallo studio e di sensazioni instintiva a farmelo dire. Ed è raro che qualcosa di simile mi capiti.
    Molto più spesso, o è tutta logica, o tutto istinto.
    Alzo un sopracciglio in direzione del compatriota finito tra le fila degli inglesi, e una volta ancora non mi meraviglio di come ciò sia potuto accadere.
    "Vediamo le stesse cose, Doyle?", domando con schietta retorica, "Per la prima volta, nella storia recente, dobbiamo fronteggiare un nemico che non si limita ad agire solo strisciando nell' ombra ma fa la cresta su tutto, attaccando repentinamente in punti nevralgici con capillarità strategica preoccupante e tu dici di non vederci uno stacco netto con le rappresaglie rinfuse che spesso hanno caratterizzato il lato oscuro in passato?
    È ovvio che è sempre la sete di potere a muovere quei cani, eppure il nemico è completamente diverso. Lo stile usato nel recapitarci i messaggi, l'aver seccato Moon - che già di per sé garantiva loro una posizione di certo rilievo - in quel modo, per non parlare della sfrontatezza mostrata nel maledire uno studente per lanciare il marchio nero su Hogwarts. Credimi, questi sono avversari ben più temibili del normale e non verrano per le briciole ma per tutta la cazzo di tavola, dessert compreso. Mirano a noi perché, geograficamente e storicamente, siamo i primi sulla loro lista dopodiché, vi ci potete giocare il distintivo tutti, hanno intenzione di mettere le mani anche sulle comunità magiche di tutto il mondo. E se qualcuno pensa che ad oggi quella gentaglia sia ancora attaccata coi paraocchi ai soli ideali di purezza e liniaggio, allora vuol dire che vive in un mondo tutto completamente fantastico e fuori dal tempo."

    Al alba del primo quarto del ventunesimo secolo, perfino i Mangiamorte sarebbero tacciabili di incredibile stupidità qualora perseguissero all' unanimità ideali così vetusti. Addirittura tra le loro fila, voglio sperare, è ormai chiaro il messaggio che accoppiandoci solo tra noi ci saremo estinti decenni fa.
    "Per quanto riguarda l'antilupo Nott, come sa ho contatti in buona parte del mondo magico, Oriente e africa compresi. Sono certo che, in caso di bisogno, potremmo importare gli ingredienti smuovendo le persone giuste. Certo Irlanda e Gran Bretagna, così facendo, dovranno anche fare i conti con dei costi che, verosimilmente, avranno un certo impatto economico.
    Inoltre, senza che lei lo chieda, il progetto di cui è a conoscenza può essere ampliato e adattato qualora ciò venga ritenuto necessario."


    Interagito con October, Kain, Nott, Stormind e Brian.

    Il progetto di cui Jack parla rivolgendosi al ministro, fa riferimento all' isola che Hogwarts ha messo a disposizione durante i pleniluni per gli studenti affetti da licantropia
  2. .
    "Mi vedo costretto a correggerti, o meglio, ad aggiustarti il tiro, October., ribatto con somma pacatezza, e un velo di leggero divertimento. Per quanto possibile. "Io non mostro nulla, a livello sentimentale, nell' ambito lavorativo o professionale. Nella sfera privata invece, specialmente con le persone verso le quali nutro un sincero sentimento di legame, non taccio mai ciò che provo o penso realmente."
    È raro, certo, eppure difatto so essere un libro aperto. Quantomeno nei contesti adatti, o con coloro i quali si sono guadagnati nel tempo la mia confidenza e il mio rispetto.
    Sono contento che i "traumi" del suo passato non le tormentino almeno il sonno e, dal canto mio, non posso far altro che provare qualcosa di vagamente simile ad una leggera invidia nei suoi confronti. Mi piacerebbe, anche solo per una notte, dormire come se le mie mani non si fossero mai macchiate di nulla. Ahimè, temo però che ciò, con ogni probabilità, non mi sarà più possibile.
    "Hai oggettivamente ragione, su tutta la linea.", le confermo dopo averla ascoltata limitandomi solo, di tanto in tanto, ad esprimerle assenso col capo.
    "Eppure, temo che non riuscirò a farlo. Nascondere o ritardare la verità, per quanto doloroso, a mio avviso non può fare altro che rimandare un dolore necessario.
    È comprovato che chi approfondisce la conoscenza, allo stesso tempo, accrese anche il dolore. Questo però è un dolore necessario e, in un certo senso, inutile da rimandare."

    A mio avviso, comunque, tacere una verità solo per ritardare un processo ineluttabile equivale a mentire. Ed io non posso peccare di sincerità, non con i "miei" ragazzi. Non per etica, quella l'ho accantonata da anni, tutt'al più per principio.
    Voglio che loro abbiano fiducia in me e, presto o tardi, impareranno che a questo mondo è consigliabile fidarsi solo - ed esclusivamente - delle persone sincere. Poiché chi mente, soprattutto sui temi più scomodi o importanti, ha di certo qualcosa da nascondere.
    "Non fraintendermi, ciò non vuole significare che stia scansando i tuoi consigli. Né, tantomeno, che non rispetti il tuo modo di vedere le cose. È solo che mi conosco, e so già che non sarei in grado di agire come suggerisci."
    Rimango per un po' così, figurativamente - e anche letteralmente - immobile e aggrappato alla sua presenza che, inspiegabilmente, mi è di grande conforto in questo specifico momento più di quanto m'aspettassi. Poi, così come è giunto il moto di naturale ricerca d'un contatto umano rientra. Spingendomi a ritirare il braccio e ricompormi, con una certa premura, farfugliando qualcosa di molto simile ad uno: [coloro=Orange]"Scusa."[/color]
    Interdetto dalle mie stesse azioni, sebbene per nulla in imbarazzo, poggio ora il gomito sulla balaustra e volgo la postura, a mia volta, in direzione di October. Sostenendo, tranquillamente, il suo sguardo.
    Prima di aprirmi in un ghigno, stavolta sinceramente carico di divertimento.
    "Se mi consideri ancora così vecchio nell' aspetto, evidentemente, qualcosa dev'essere andato storto."
    Lascio che un paio di secondi di silenzio intercorrano tra le mie parole, tenendola volutamente sulle spine per diletto prima di esaurire completamente la sua curiosità.
    "Si, è stata quella Druida a maledirmi lo scorso halloween. E no, nel caso tu te lo stia chiedendo, a quanto pare non morirò più. O, quantomeno, non di quello."
    Sospiro e le strizzo un occhio, stringendomi anche nelle spalle. Hanno provato a spiegarmi nel dettaglio tutta la storia, tuttavia temo che, viste le mie decisamente deludenti doti in medimagia, dovrà accontentarsi di un sunto. Il quale, in tutta onestà, non sarà neanche troppo dettagliato.
    "Per farla breve, il discorso tra me e lei, da quando mi ha maledetto, è sempre stato: mors tua, vita mea. Inteso letteralmente. Con la sola differenza che io avevo una spada di Damocle sulla testa legata ad una scadenza, che ho abilmente rimandato mediante l'aiuto di terze parti e precauzioni decisamente poco gradevoli, e lei no."
    Una lotta impari insomma, come d'altronde sarebbe stato lecito aspettarsi da un soggetto simile. Se sono ancora qui, difatto, lo devo solo alle cure di Darragh, alle "prescrizioni" della sorella di Kain, e all'aiuto di un amica che, così come dal nulla è giunta, nel nulla è tornata.
    "Ti perdono per avermi dato, di nuovo, del vecchio solo perché, a quanto dicono gli esperti, ci vorrà un po' di tempo prima che gli strascichi della maledizione spariscano del tutto dal mio organismo.
    Tuttavia ti suggerisco di stare in guardia, perché non ho dimenticato ciò che mi hai chiesto e, da qui a qualche giorno, sarò di nuovo in perfetta forma fisica."

    Mi chino in sua direzione, avvicinandomi al suo viso con un sopracciglio alzato e, difatto, tutta l'aria di chi ha appena deciso che la tensione di questa specifica giornata debba essere necessariamente allentata.
    "E allora, Vichinga, saranno solo cazzi tuoi."
  3. .
    "Hai sentito? Quelli ci spediscono pezzi di esseri umani, certo pessimi esseri umani, dentro delle scatole di bacchetta, e loro disquisiscono di etica professionale."
    Discosto l'orecchio dal focolare acceso e, per un istante, incrocio lo sguardo di Kain. Lui, mio amico, fratello e compagno d'armi, prima ancora che diretto superiore e ghinearál.
    "Sai, se la situazione non fosse così in preda alle escalations, e non avessi preso tu in persona la decisione di collaborare con loro, probabilmente mi sarei fatto mozzare il braccio destro piuttosto di concedere a quelli anche solo una parvenza di giurisdizione sul nostro territorio."
    Appoggio la schiena contro la colonnetta del tirafumo del camino, finendo indisturbato la sigaretta che ho tral le labbra. Come se, di fatto, non finiremo col trovarci di qui a poco immersi fino al collo in una riunione piena zeppa di fottuti inglesi.
    "Per fortuna Nott mi piace. E credimi, avrei preferito morire prima di proferire, anche solo lontanamente, un giudizio simile su un figlio d'Inghilterra."
    Espiro a pieni polmoni, osservando la nuvola di fumo che rapidamente viene risucchiata all' esterno.
    Il finestrone della torre ove si trova il mio ufficio ad Hogwarts, d'altronde, è praticamente sempre aperto. Un po' per mio vezzo, lo ammetto, e un po' per il continuo via vai gufi, patronus e missive varie.
    "Ti anticipo, visto che ora abbiamo altro a cui pensare, i nostri ragazzi stanno bene. Anzi, benissimo direi.
    In realtà, non più di qualche giorno fa', stando al professor Korckzak hanno contribuito nel mettere a soqquadro l'aula di pozioni. Come, maledizione, è lecito aspettarsi da quelle due teste di cazzo."

    Sorrido, di gusto, battendogli una pacca amichevole sulla spalla.
    Finisco la sigaretta, me ne libero, e dismetto i panni del preside per indossare il soprabito d'ordinanza in pelle di drago. Assicurandomi, come di consueto, che ogni singola fibbia, arma od oggetto potenzialmente utile, sia al proprio posto. "Dai, andiamo a fare il nostro dovere."
    Entro nel camino con un pugno di polvere nelle dita, gettandola immediatamente nel fuoco mentre, con tono serafico, pronuncio la meta prestabilita. E si, dannazione, continuo a preferire altri metodi di spostamento a questo. Decisamente.
    Fuoriesco dall' altro capo del focolare nel bel mezzo della loro discussione, scrocchiandomi il collo. Che Merlino mi sia testimone, il giorno che gli strascichi della maledizione mi lasceranno del tutto aprirò quell' incendiario del '86.
    "Ministro, è un piacere come sempre.", annuncio stringendo la mano a Nott prima di rivolgere un cenno di saluto a tutti i presenti.
    "Colleghi, buonasera."
    Individuando le due sedie vuote nel giro di pochi istanti, mi dirigo in direzione di esse con passo deciso. Riservando appena un accenno di saluto più personale alla Matthews, prima, e un decisamente vistosto colpo sulla spalla di October poi. "Ciao Rossa.", chiudo lasciandomi cadere, più o meno pesantemente, nel posto vuoto accanto al suo. Dopodiché seguo l'ingresso del mio compare, in rispettosa attesa, prima di prendere la parola con un rumoroso schiarimento di voce.
    "Avrei un paio di cose da dire, se per voi non è problema." Ed anche se dovessere esserlo, rimarrebbe loro solamente, temo.
    "Innanzitutto, come Preside di Hogwarts, ci terrei a ringraziare l'auror Matthews, e la sua squadra, per l'ottimo lavoro svolto con le attività di sorveglianza alla scuola. Fin'ora non sono sorti disordini ed anche le lamentele, trattandosi di frangenti così delicati, si possono definire più che gestibili e comprese entro ciò che sarebbe lecito aspettarsi."
    Difatto, nonostante i timori iniziali e qualche incertezza, bene o male gli studenti ed il personale tutto hanno deciso di collaborare e rendersi disponibili. Il che, a mio avviso, la dice lunga sulla nostra comunità.
    "In secondo luogo, senza giudicare nessuno, ritengo sia necessario esporvi il mio pensiero circa la situazione attuale.
    Così come voi immagino avrete appreso oggi..."
    , alludo indicando col capo il pezzo di pergamena sul tavolo, "...Anche noi Irlandesi siamo a conoscenza delle dimissioni rassegnate dall' ormai ex Capo-Auror Britannico Ramirez. Dell è stato un ottimo elemento, e negli anni ho anche avuto il piacere di incontrarlo. Benché, lo ammetto, le occasioni di collaborazione stretta tra noi due non siano mai state molte.
    Tuttavia, e lo dico senza l'intenzione di offendere, ho appreso delle suo forfait con un totale sentimento di assenso. Poiché, se è vero che la sua preparazione l'ha reso un perfetto gestore nei tempi passati, fin dalle prime avvisaglie di questa nuova minaccia incombente ho avuto l'impressione che il suo..."codice etico"..."
    , e con nonchalance mimo effettivamente le virgolette con le dita,"... Non gli avrebbe permesso di affrontare a dovere ciò che, statene certi, ci pioverà addosso nel prossimo futuro."
    Con lo sguardo, incrociando le dita sul tavolo della riunione, passo in rassegna tutti presenti.
    "Stiamo per scontrarci con gente che uccide, tortura, profana e spedisce pezzi di corpi trasfigurati dentro a delle dannate scatolette di legno. Non ci sarà spazio per ripensamenti o quesiti etici contro di loro. Il massimo che potremo fare sarà cercare di battere il nemico sul tempo, rispondendo al fuoco col fuoco, e cercando di mantenere quel minimo di rettitudine che dovrà differenziare i nostri obbiettivi dai loro."
    E da qui in poi, per me, chiunque dirà che non esiste un "noi e loro" ma solo persone da riabilitare o catturare "eticamente", potrà anche prendere il suo bel distintivo e gettarlo al diavolo. O ficcarselo su per il posteriore.


    Edited by Battlin' Jack - 25/2/2024, 09:38
  4. .
    "Thurisaz, disegnata in orizzontale. È strano."
    L'ho confermato poco fa alla recluta, prima di lasciare la casa incriminata. Per discorrere della possibile simbologia, forse addirittura letterale, intrinseca nella scelta di quel preciso pezzo degli scacchi.
    Quella specifica runa, associata nell' antichità al dio Thor, ha molteplici significati. Può significare forza di spirito, così come fungere da monito contro le scelte più sconsiderate e compiute troppo frettolosamente. Posta così però, in orizzontale, potrebbe anche voler significare un mix tra le cose. Per nostra grandissima "sfortuna", al sottoscritto non è mai fregato un cazzo di rune antiche.
    La scelta del pezzo dalla scacchiera, l'alfiere nero, è tuttavia molto interessante. Soprattutto se correlata alla runa di cui sopra.
    Pezzo che assume le sembianze del vescovo, nelle rappresentazioni anglosassoni. L'elefante, in quelle medio-orientali. Per non parlare del suo esser storicamente individuato nel "portabandiera", dalle popolazioni mediterranee.
    Checché se ne voglia dire, sia figurativamente che letteralmente, la figura dell' alfiere è strettamente legata alla forza. Alla stazza. Ad un ruolo di spicco.
    Thurisaz...cosa ci stava dicendo la vittima? Era forse un' ulteriore descrizione psicofisica del sospettato quella che ci stava fornendo? Probabile poiché, mentre riappariamo nei pressi della nostra meta, tutte le linee cominciano a puntare verso una comune convergenza.

    "Quesito complicato, ragazza.", ribatto circa la sua domanda riguardante la natura dei Patronus, " Personalmente, ritengo che non siano necessariamente i traumi a dettare il cambiamento.
    La risposta, a mio avviso, starebbe negli enormi, ed eventuali, sbalzi emotivi del singolo. Siano essi positivi o negativi."

    Ascolto la sua riflessione ad alta voce, corrucciando appena le sopracciglia. Che cosa potrebbe mai esserle successo, di recente, per spingere il suo Patronus a mutare?
    Il semplice cambio di carriera professionale, non è sufficiente. Cosa mi sta nascondendo?
    "Mutato dici eh... interessante. Eri particolarmente affezionata alla sua forma precedente? E dimmi, qualcosa ti infastidisce in quella attuale? I delfini sono universalmente riconosciuti come animali propiziatori, no?"
    Ne osservo i tratti resi sfocati dalla nebbia per qualche istante, voltando poi lo sguardo in direzione del suo interlocutore nel momento stesso in cui lo scenario ci muta attorno.
    "Sta attenta ora.", le sussurro all' orecchio prendendola a braccetto sotto gli occhi di tutti per scortarla più avanti, in mezzo al brusio.
    "Non c'è bisogno di mantenere un atteggiamento formale, o da "copertura". L'effetto sorpresa è svanito esattamente un minuto fa, quando sei entrata qui dentro con me."
    In questi ambienti, io, non necessito di mostrare il distintivo per esser riconosciuto. Difatti, gli sguardi della metà dei presenti, sono già tutti rivolti in nostra direzione.
    "Sai chi sono io, omuncolo? Se ti dico che voglio parlare con la volpe, intendo adesso. Digli di muoversi. Saremo seduti laggiù, portaci due whiskey."
    Indico alla mia recluta un tavolo posto contro la parate, non troppo lontano dal "ring".
    È il massimo che si possa ottenere qui, in fatto di privacy, per poter scambiare due chiacchiere con un informatore.
    "Ti starai chiedendo il perché io ostenti così tanto la mia nomea... Potresti addirittura trovarla una mossa azzardata, tuttavia vedi...", afferro il bicchiere che viene fatto scivolare sul tavolo e ne traggo un sorso ristoratore mantenendo un contegno ineccepibile,"Questo è un banale ricettacolo di pesci piccoli, i reati più gravi commessi qua dentro spaziano dal gioco d'azzardo allo spaccio di Erballegra. E, nel computo totale delle cose, per il dipartimento è molto più conveniente chiudere un occhio e far si che, questa gente, sia bendisposta a collaborare con noi."
    Una breve occhiata sui presenti qui attorno, i quali volgono le loro attenzioni altrove non appena i nostri occhi s'incontrano per qualcosa più di un istante.
    "Tuttavia, è bene ricordar sempre loro che, con un movimento del polso, potrei sbatterli tutti al fresco per una notte o anche più. O che, su questo territorio, la legge c'è e, quando non vede qualcosa, lo fa solo perché sceglie di girarsi altrove.
    A costo di ripetermi, i criminali sono una razza vigliacca e codarda, sai? Dai loro una nomina, un simbolo o un volto da temere, e si cagheranno nei calzoni appena se lo troveranno davanti."

    Un tonfo secco sopraggiunge dal quadrato cordato di fortuna, segnando dunque la fine dell' incontro clandestino.
    Scegliendo di scommettere, avrei vinto di sicuro. Poiché lui, difficilmente perde ad un combattimento di boxe a nocche scoperte.
    Non passano molti secondi, che la sedia posta di rimpetto a noi viene fatta scivolare cosicché possa accogliere comodamente l'occupante appena giunto.
    Un uomo dalla figura muscolosa ma slanciata, con un mantello legato al collo sopra il tronco nudo, e la bacchetta ancora occupata a passarne in rassegna il volto. Presumibilmente, nel tentativo di accelerare la guarigione delle ferite appena procurate.
    - Battlin' Jack, e questa immagino sia la tua ultima scoperta...-
    Allude con tono profondo, accennando alla recluta Auror seduta di fianco a me. - M'hanno detto che è stata lei a cercarmi per prima appena siete entrati, la biondina ha fatto i compiti a casa.-
    Inspiro col naso, lo guardo di sottecchi, poi lo accolgo con un mezzo ghigno.
    "Recluta Wildflower, lui è l'uomo di cui hai chiesto poco fa. Ti spiacerebbe procedere da te ai convenevoli esponendo i fatti, ragazza? Io, nel frattempo, terrò sott'occhio il nostro amico. Più che pronto a mostrargli come, di fatto, dentro questa bettola ci sia qualcuno in grado di picchiare più forte perfino di lui. Questo, ovviamente, solo se le sue risposte dovessero sembrarmi meno sincere del solito. O altrettanto meno utili."
    Lui sa. Lui sa sempre tutto. Se un verme dovesse strisciare sotto terra nel sottobosco criminale da Waterville a Monaghan, il soggetto che ci fronteggia adesso, sarebbe in grado di fornire l'esatta planimetria del cunicolo scavato dal medesimo.


    Edited by Battlin' Jack - 22/2/2024, 18:50
  5. .
    Apprezzo le sue credenze circa, e cito, "quello che smuove tutto". Dico davvero. A prescindere che si tratti del Dio, di qualch'altra forza misteriosa o, semplicemente, d'una concomitanza di fattori che, ineluttabilmente, conducino a tutto quel che accade.
    In una parola, si tratta del destino. Sia esso dettato da una forza ignota, dal caos o dalla matematica.
    Personalmente, da buon figlio d'Irlanda, sono stato cresciuto nel più ferrato cattolicesimo. Si, esatto, proprio quello stesso dogma che secoli fa ci avrebbe voluti tutti morti. Dimentico, con ogni probabilità, che fin dentro la stessa chiesa di Roma erano presenti soggetti appartenenti al nostro gruppo sociale. Questo mio divagare, comunque, è per riflettere su un qualcosa di più concreto.
    Ovvero che, se davvero esiste la forza di cui sopra, allora noi dobbiamo averle recato qualche grande torto senza neppure essercene accorti. Altrimenti, cazzo, tutto questo accanimento non si spiega.
    "Si, il precettore dell' ospedale me l'ha assicurato personalmente cinque minuti fa. Nessuno di loro avrà danni fisici permanenti, tuttavia temo invece che il discorso sarà un po' diverso per quanto riguarda l'aspetto mentale.
    Prima o poi comunque, chi più chi meno, faranno pace con questo particolare evento del loro passato... I ragazzi d'oggi sono più forti di quanto non sembri."

    Sono ormai giunto al filtro, restano giusto un paio di tiri, e me li assaporo completamente prima di rispondere a quella che, senza dubbio, è la domanda più complicata che la rossa mi abbia mai rivolto.
    "Io vedo tutti i loro volti, October.
    Le facce di coloro che, a ragione o per necessità, ho ucciso durante i miei anni di servizio, mi perseguitano. E vuoi sapere qual'é l'ironia di tutto ciò? Che so di averlo fatto con ragione e, pertanto, anche col famigerato "senno di poi", mi comporterei esattamente allo stesso modo."

    Ecco, questo è il perfetto autoritratto del sottoscritto.
    Un uomo che, voglia ammetterlo o meno, è provato fin nella sfera personale dalla medesima vita condotta fin'ora. Eppure, in cuor suo, sa che ormai continuerà lungo il medesimo cammino. Perché questo è il suo posto nel mondo.
    Lancio il mozzicone in aria, facendolo evanescere con un cenno della mano. Questo, e poco altro, è tutto ciò che sono riuscito ad apprendere della magia senza bacchetta dai miei vecchi amici Africani.
    Ah l'Africa, quante cose sarebbero cambiate se non fossi mai tornato da laggiù...
    "Nonostante ciò, difficilmente lascio che il senso di colpa o il rimorso trovino strada nei miei pensieri. Eppure stavolta è diverso. Provo pena e dolore, in egual misura.
    Non per quella cagna rognosa che è morta, no, per sua figlia. Mi chiedo se riuscirà mai a convivere con sé stessa dopo l'altra notte, se mi ritenga responsabile e, in tal caso, abbia mai modo di perdonarmi.
    Soprattutto però, da padre e come preside, vorrei poterla aiutare...in modo completo. Tangibile."

    Direttamente o meno, poco importa. Non hanno rilevanza nemmeno le circostanze in realtà, poiché il risultato è sempre il medesimo: Ai suoi occhi, mi sono preso la vita di colei che chiamava madre. Questo è quanto.
    "Solo due?", ribatto mentre, con il tempismo tipico solamente delle emozioni umane, un momento di apertura mi spinge a poggiare il capo sul suo in risposta alla confidenza appena mostrata. Nonché a cingerle la schiena con il braccio libero come se questa, ora, fosse la più naturale del cose.
    "Ti è andata bene, solitamente Darragh predilige puntate più alte..."
    I fumi prodotti dal tram tram della metropoli sottostante si alzano fin qui, ponendosi difatto come unico ostacolo all'altrimenti immacolato panorama che, con l'aiuto della luce ormai quasi crepuscolare, ci permette di scorgere fino alla parte più ad ovest del Liffey.
    La, dove le persone, pian piano, lasciano la città per riabbracciare in piano la rusticità di questa nostra bella terra.
  6. .
    Uno ci prova anche ad essere gentile, poi però si realizza che le persone non possono scostarsi da sé stesse. E a quel punto, le strade percorribili divengono due: o si continua a mantenere la calma oppure, in alternativa, si è me.
    "Associazione a delinqure."
    Ribatto tra i denti, con il più roco e schifato dei toni a mia disposizione.
    "Intralcio alla giustizia."
    Punto le nocche sul tavolo, spingendo il busto in sua direzione. Tanto da ritrovarmi, di repente, faccia a faccia con lei.
    "Concorso in omicidio."
    Taccio. Riprendendo alla cieca le manette, e sbattendogliele davanti.
    "È abbastanza per buttarti dentro, a marcire dentro una cella in mezzo al fottuto mare del nord per i prossimi vent'anni.
    Forse dodici, se sarai sufficientemente brava da intenerire il Wizengamot."

    Certi soggetti, forse per un'innata genuinità di intendi o magari per semplice superficialità, hanno la straordinariamente disarmante capacità di affogarsi in un mare di letame con le proprie mani.
    "Un esilio...ha sentito, ministro?", con sarcasmo volto il capo in direzione del diretto interessato.
    Solo per poi tornare, di scatto e battendo un palmo sulla scrivania, con tutta l'attenzione sulla "professoressa migliore di tanti altri".
    "In quale cazzo di periodo storico credi di trovarti, Every? Perché mi vedo costretto a chiarirti una cosa: nonostante questo sia un castello, non siamo nel medioevo.
    I criminali, oggi, vengono processati. Al massimo hanno accesso a sconti e benefici se, come hai dichiarato di voler fare, collaborano con la giustizia."

    Respiro pesantemente, tornando poi a sedermi congiungendo la punta della dita dinanzi al viso.
    "E poi dimmi, fino a due minuti fa eri la professoressa modello, una amata da tutti per tutto, ed ora hai già perso la tua passione per il mestiere che svolgi?
    Quella che ti stiamo facendo, Every, è una gentilezza. Dal canto mio, in un certo senso, dettata anche dagli anni di conoscenza che ci legano.
    Quindi no, non ti è concesso di avanzare richieste. Seremo noi, eventualmente, a valutare se concederti ulteriori sconti in virtù della tua collaborazione o meno."

    Inspiro dal naso, riassumendo un certo contegno.
    Credo che adesso, in una parola, tutto sia più chiaro a tutti.
    Dopo anni di sospetti, abbiamo avuto la certezza del suo coinvolgimento. Per sua stessa ammissione.
    Ed io avevo ragione, nonostante essa giunga tardiva, nel non volerla a contatto con i miei studenti. Il che, se possibile, mi irrita ancora di più.
    "Adesso scegli: o te ne torni nei tuoi alloggi, conscia di quanto appena successo e disposta a fare di tutto per tirarti fuori dalla merda, oppure prendi quei maledetti ferri e fai pure che metterteli ai polsi da sola.
    Così, almeno, la smetteremo buttare al diavolo del tempo."
  7. .
    "Non sarò mai troppo moscio per proposte simili, dopotutto, al contrario di tanti altri, sono Irlandese."
    A tratti mi urta averla attorno, non ne ho mai fatto mistero, eppure è forse una delle poche persone che, anche in circostanze simili, ha la capacità di strapparmi del sano spirito.
    Lei, è quel suo fottutamente odioso e innato sarcasmo.
    Aspiro a pieni polmoni, accorgendomi sol'ora di quanto, negli ultimi mesi, mi sia effettivamente mancato poterlo fare a dovere.
    Anche l'esperienza del fumo, per quanto già di per sé tossica, durante la maledizione era diventata una tortura. Della quale, comunque, per vizio non ho potuto fare a meno.
    "Dev'essersi rincoglionito.", ribatto con fine sarcasmo sbuffando fuori una nuvola grigiastra e profumata, "Se ha pensato che la presenza di una persona così fastidiosa, in qualche modo, potesse tirarmi su di morale."
    Curvo appena un lato della bocca in una sorta di sorriso a malapena accennato, sbuffando col naso in modo genuinamente ironico nonostante tutto.
    "A quanto dicono, si. Dovrebbe riprendersi del tutto nel giro di qualche settimana. Però è... tosta."
    Tanto tosta in realtà, in un modo che è incredibilmente difficile da descrivere.
    Ho visto decine di uomini conciati peggio, e altrettanti cadaveri dilaniati. Solo che, dannazione, nessuno di loro era mio figlio. Ecco tutto.
    "No October, solo..."
    Resto in silenzio per un paio di secondi, gettando lo sguardo verso l'orizzonte mentre una miriade di pensieri si rincorrono nella mia mente.
    "Poteva restarci. Potevano morire, tutti e quattro. A casa mia.
    Capisci che intendo?"

    Mi sento toccato, nel vivo. Ho sempre visto il Manor e la foresta circostante come un luogo sicuro, inattaccabile. E sebbene sia io che gli altri abitanti di quel luogo ci siamo già attivati affinché una cosa simile non possa ripetersi tanto facilmente, temo che una tale esperienza rimarrà sempre lì. A turbarmi il sonno.
    "E poi c'è quella ragazza, Daisy. Non riesco a fare a meno di pensare che, l'altra notte, non avrei esitato un secondo ad uccidere sua madre a sangue freddo."
    E l'ho quasi fatto. La bacchetta era tesa, la formula già pronunciata per metà e l'intenzione, cazzo, c'era tutta.
    "Non fraintendermi, lo rifarei. E che..bhe immagino che tu lo capisca, dopo sopraggiungono pensieri e sensazioni che ti portano a riflettere su chi tu sia realmente."
    Uno dei buoni, certo, eppure neanche poi così tanto forse.
    Non se, trovandoti in una situazione simile, il tuo primo pensiero e quello di erigerti a giudice e giuria per decretare, su due piedi, l'immediata morte di qualcuno
    "Grazie.", pronuncio a voce così bassa da non essere quasi udibile, "Mi fa piacere che tu sia qui, dico davvero.
  8. .
    Uno straordinario sguardo d'intesa col ministro Inglese mi sfugge prima ancora che io possa decidere se elargirlo o meno, mentre la Westwood, finalmente, inizia a cantare come un maledetto usignolo.
    Incrocio la braccia, osservando la scena quasi da mero spettatore non pagante. Ogni sua singola parola, verrà da me esaminata e catalogata a dovere. Ed io la custodirò qui, nella mia stessa mente, cosicché qualora la confessione scritta del ministro dovesse andar perduta, entrambi ne avremo sempre una copia disponibile.
    Io non ho domande per lei, l'onore è tutto di Nott, quindi mi limito a seguire con cipiglio il fiume di parole dal quale ora veniamo, a mano a mano, travolti.
    Nemmeno ribatto alla sua asserzione circa l'esser stata una buona docente poiché, se è pur vero che io giudico come un difetto l'eccessiva modestia, lo è altrettanto che certi giudizi non possano essere auto enunciati. Saranno altri, eventualmente, a valutare il suo operato da insegnante, valutandola "migliore di tanti altri". Non lei stessa.
    "Molto bene.", sentenzio infine.
    Tornando al mio posto dietro la scrivania, solo per afferrare un paio di manette dal primo cassetto e metterle sul tavolo.
    "Un ultima domanda: Ad oggi, sei ancora in contatto con tuo fratello o, comunque, hai in tuo possesso informazioni che potrebbero in qualche modo condurre a lui o alla sua cattura? E con "informazioni", intendo di qualsiasi tipo. Ogni singolo dettaglio potrebbe rivelarsi fondamentale."
    Per un istante incrocio il suo sguardo, scovando sul fondo di esso, dietro gli effetti della pozione, una donna veramente provata per quanto ha vissuto e raccontato ora.
    I suoi sono occhi non poi così dissimili, invero, da quelli della ragazza che camminava con me per questi stessi corridi ormai decenni fa.
    Né così diversi, merlino mi è testimone, dai medesimi che potrebbe avere una buona madre in seria pena per il figlio. O che io, mio malgrado, potrei avere nel sapere Logan in pericolo.
    Se al mondo ci fosse qualcosa ancora in grado di toccarmi fino a rendermi sentimentale, ecco, forse tutto questo potrebbe riuscirci. Forse.
    Ad ogni modo, comunque, deve esistere una differenza tra noi e loro. Sia essa in grande o piccola misura.
    "Prima che tu risponda, ascoltami.", soggiungo alzando una mano per fermare il suo intento a parlare.
    "Ad occhio avrai sulla testa diversi capi d'accusa, alcuni piuttosto gravi. La naturale conclusione, a questo punto, ti vedrebbe in carcere. Con poche visite, visto il tuo status di prigioniera strettamente sorvegliata."
    La scruto per un paio di secondi, in rigoroso silenzio. Soppesandone le reazioni.
    "Tuttavia..."
    Vacillo nelle mie buone intenzioni. Per un secondo, un singolo fottuto istante, poso gli occhi sulle foto di Karen, Gwyn...di October ridotta in quelle condizioni. Ed un moto di rabbia, proveniente da qualche parte vicino allo stomaco, mi sale fino al cervello. A fatica, comunque, lo ingoio nuovamente. Cercando una volta ancora di fare quella che, a mio parere, ritengo essere "la cosa giusta".
    "Ecco la mia proposta: accetta di collaborare con noi, sii un nostro punto di contatto con tuo fratello e i suoi compagni di merende, ed io ti permetterò di scontare la pena che sarà decisa per te qui, protetta entro i confini del castello. Dove, seppur sotto osservazione e solo qualora non ci darai motivo per dubitare della tua piena collaborazione, potrai anche mantenere la carica di insegnante.
    Eccezion fatta dei presenti, e immagino del Wizengamot..."
    , mi volgo in direzione di Nott per trovare conferma in tutto ciò, "...Sarà a conoscenza del tuo stato di informatrice."
    Senza nemmeno accorgermene, pur avendo parlato in tono calmo, la schiena mi si è fatta più eretta sulla sedia, e le nocche hanno incontrato la superficie dellla scrivania.
    "So cosa ti sta più a cuore, la sicurezza di tuo figlio. Com'è normale che sia...", ancora una volta mi trovo a dover scendere a patti con il ministro. Il quale, vista la possibilità di ottenere un vantaggio strategico, immagino appoggerà ogni punto delle mie proposte.
    "Il ministero e il corpo Auror Inglese non possono garantirne l'incolumità, come ti ha già detto il Ministro. Tuttavia, per esperienza, so che sarà possibile gestire il lavoro di tuo figlio affinché sia il meno esposto possibile.
    Potrebbe venir assegnato al Ministro stesso, ad esempio, o magari essere mandato di tanto in tanto in servizio all' ingresso del castello. Così che tu, eventualmente, possa vederlo.

    Ritiro le manette in mia direzione con uno scatto, lasciando comunque la mano posata con decisione su di esse mentre la guardo dritta in faccia.
    "A te la scelta ora: il patto che ti è stato offerto, o una cella di tre metri per due."
    Tutta la comprensione, e l'umanità, che potevo offrirle, si trovano ora sul piatto. Che sia lei a scegliere il suo destino.
  9. .
    Una mano si alza, tendendosi in sua direzione e offrendole il palmo. È un chiaro segno di demarcazione. Uno stop.
    Non c'è spazio, qui, per lo spirito. Oggi meno che mai.
    "Qualcosa di simile.", ho ribattuto riponendo il frammento d'uovo fra le pieghe del soprabito.
    Solo per poi offrirle uno sguardo obliquo, nel momento in cui le sue attenzioni hanno virato sulla salute del ragazzo.
    "Tutt'altro, in questo caso apprezzo l'interessamento. Starà bene, tu però pensa a non distrarti."
    Giunti poi sul luogo imputato al piano superiore, ho osservato le sue azioni e ascoltatone le congetture. E seguito a farlo tutt'ora.
    - L'intuizione è buona, tuttavia non verosimile se osservata con con la più fredda delle logiche."
    Ho già in mente uno scenario, e pian piano l'intera scena si sta ricostruendo nella mia mente come se fosse una moviola stessa che procede a ritroso.
    "Questa è una residenza di maghi e, in quanto tale, con i proprietari in vita non è verosimile che non fosse possibile materializzarsi entro in confini della proprietà stessa. L'assassino ha forzato la finestra, entrando da lì. L'uomo, che giace davanti a noi, si trovava nella camera con le altre due vittime."
    Scavalco il cadavere, facendo attenzione a non inquinare la scena, e punto nuovamente lo sguardo su madre e figlia ormai private della vita. Nonché, si direbbe, d'una buona parte del liquido ematico una volta presente nei loro organismi.
    "Perché?!", ribatto con una buona dose di schifato sarcasmo,"Certe azioni non hanno un perché, Roxanne. Soggetti come quello che ha operato qui, nelle loro deviazioni, le compiono per ottenere il proprio tornaconto e basta."
    Perdendo così, a mio avviso, il loro diritto ad un qualsiasivoglia tipo di quartiere da parte del corpo Auror, con particolare accezione del sottoscritto. Questo, però, è un altro paio di maniche.
    "Probabile. Il sospettato, o sospettata che sia, conosceva la casa. Sapeva esattamente cosa cercare e dove trovarlo, pertanto possiamo dedurne che abbia avuto qualche tipo di legame con le vittime."
    Il mio sguardo si posa per qualche istante sul corpicino della piccola, ed in particolare sulla sua mano che, ancora adesso, cerca disperatamente quella della madre.
    "Magari avranno anche condiviso del tempo insieme ad un certo punto delle loro vite, chi può dirlo..."
    Feccia. Questo è l'unico pensiero che riesco a formulare se mi fermo a cogitare riguardo il colpevole del delitto.
    Feccia, della peggior specie. Immeritevole di qualsiasi riguardo.
    I bambini non si toccano, mai.

    "Il colpevole ha usato la finestra per entrare...", inizio a ricostruire per entrambi così che anche lei possa figurarsi la scena in mente.
    "Osserva il cadavere dell' uomo, vedi quel colorito violaceo delle falangi? Qualcosa l'ha costretto, alterandone la pressione sanguigna poco prima della morte."
    Congiungo le mani dietro la schiena, e cammino in direzione della mia recluta.
    "Il colpevole avanza lentamente nel corridoio, finché, ad un tratto, il padrone di casa non irrompe da una porta laterale. Questa...", tocco con la punta del dito il battente dietro al quale giacciono gli altri due corpi.
    "L'aggressore è più svelto, e lo lega con un incarceramus.
    È qui per qualcosa di tangibile, certo, ma anche per ottenere delle informazioni. Interroga il padrone di casa per in merito alle stesse e, quando questi gliele nega, tortura le altre vittime davanti ai suoi occhi con la promessa di smetterla una volta ottenuto ciò per cui è venuto."

    Il tutto prende forma, assumendo sempre più un senso compiuto con lo scorrere dei secondi.
    "Mente.
    Ottenute le informazioni, fa evanescere le costrizioni poste sul padrone di casa. Facendogli credere che tutti loro si salveranno forse, per mero divertimento.
    Dopodiché lo uccide, e lascia che le altre vittime muoiano dissanguate.
    Solo ora scende di sotto, rubando ciò per cui è venuto."

    Mi trovo adesso di fronte a lei, e mentre i miei occhi la fissano in realtà la mente sta ancora vagando altrove.
    "La sua però è una razza vigliacca e codarda, così inscena la colluttazione che ha messo a soqquadro l'intera casa, dopodiché, come suggeriscono le impronte, torna qui. Probabilmente, per sincerarsi cue tutti siano realmente morti cosicché che nessuno possa incolparlo."
    Abbasso il capo, seguendo la seconda serie di impronte, decisamente meno visibile della prima, finché esse non svaniscono. Repentinamente.
    "Vieni, osserva qui. Vedi l'inclinazione e i segni di sfregamento? Qui è dove si è girato su se stesso, per smaterializzarsi una volta che gli incantesimi antimaterializzazione sono decaduti dopo la morte dei padroni di casa."
    Ora esco dal mio "palazzo mentale", e torno a posare la mia completa attenzione sul tempo presente. Appoggiando il capo alla parete del corridoio e annuendo alla domanda della bionda.
    "Ottimo Roxanne, è esattamente quello che ho dedotto anche io. Un incrocio simile, sarebbe devastante."
    Le faccio cenno con il capo di seguirmi verso l'uscita, avanzando a mia volta. Ora a passo svelto.
    "Le impronte sul pavimento appartengono ad uno stivale tipo carroarmato numero quarantaquattro o quarantacinque. Ben marcate, la sinistra vagamente strascicata.
    Ergo, è verosimile presumere che il ricercato sia di sesso maschile, dotato di una corporatura robusta e, forse, offeso permanentemente alla gamba sinistra. Non del tutto zoppo, però sicuramente imperfetto nella deambulazione."

    Le comunico, con praticità, una volta giunti nuovamente oltre la porta di ingresso.
    "Invia un patronus al dipartimento con tutte le informazioni del caso. Io e te, ora, andiamo nella parte più sporca della Dublino magica.
    Dobbiamo incontrare qualcuno."

    E quando dico sporca, lo intendo sia letteralmente che figurativamente.
    Servono gli avvoltoi per scovare una carogna, ed io di rapaci simili ne ho parecchi a libro paga. Basterà ungerli a dovere.
  10. .
    - Jack ascolta, come ti ho già detto...-
    "No Kieran, ascoltami tu! Non me ne frega un cazzo delle tue rassicurazioni. Ti ho fatto una domanda semplice, pertanto mi aspetto una risposta che lo sia altrettanto.
    Ripeto: Avrà danni permanenti? E, soprattutto, per quanto dovrà stare così?"

    Senza rendermene conto, prima ancora che la mia mente possa elaborarlo, mi ritrovo con le mani serrate sulle spalle del guaritore. Il quale, per miracolo oserei dire, non reagisce cercando di colpirmi o urlando affinché qualcuno giunga per aiutarlo.
    - Jack....-, riprende afferendomi i polsi per liberarsi dalla presa, - Ti conosco da vent'anni, quindi, per favore, levami le mani di dosso.-
    Lo faccio, senza obbiezione alcuna, riacquisendo in un attimo, così come l'ho persa, la facoltà di ragionare più o meno lucidamente. " Kieran io..."
    - Sisi, ti dispiace ma non me lo dirai mai apertamente, lo so. Non c'è problema.-
    Si sistema il camice con noncuranza, prima di strizzarmi un occhio con più confidenza di quella che il sottoscritto, ora, si meriterebbe.
    - È in uno stato di incoscienza, indotto su mio ordine. Questo sarà propedeutico alla sua più rapida e completa guarigione. Della quale, all' incirca, avremo riscontro tra una settimana o poco più.-
    Lui spiega, forse per la terza o quarta volta, ed io ormai non posso fare altro che starlo a sentire cercando disperatamente il meglio nelle sue parole.
    - Per quanto riguarda la permanenza di eventuali danni, né dubito fortemente. Si porterà dietro delle cicatrici, quello si. Nulla più.-, ora è una sua mano a posarsi sulla mia spalla, - Come purtroppo è già accaduto in passato, ancora una volta abbiamo fatto tutto il possibile per lui. Non devi preoccuparti ora, va a casa. Riposati. Ne hai bisogno.-
    Dissento col capo, congendandolo infine con un po' più di calma e, si, anche una sana dose di gratitudine nei suoi confronti. In fin dei conti, è la seconda volta che si fa carico di salvare e curare il mio ragazzo. Gliela devo.
    Rimasto solo, circondato dal silenzio di questa stanza "d'ospedale" pregna degli odori delle pozioni curative, mi accosto a mio figlio per studiarne il volto. È rilassato, al punto che parrebbe quasi nel pieno del più tranquillo dei sonni. Tuttavia chi può sapere se e quanto, tra sé e sé, stia rivivendo ancora il trauma che lo perseguita. Lui, che da quel fottuto giorno teme l'impotenza del nulla più d'ogni altra cosa.
    Gli bacio la fronte, dirigendomi poi verso il corridoio. E da lì, percorrendolo, fin sull'ampio sbocco esterno offerto dall'ampia terrazza sul piano. La Dublino magica vive sotto di me, in tutte le sue sfumature. Ed ora, sebbene le barriere antibabbano scricchiolino per via dei recenti avvenimenti, non riesco a curarmene. Ne a preoccuparmene, di fatto, come farei in altri momenti.
    Raggiungo la balaustra, frugando distrattamente nella tasca interna del soprabito finché non trovo una sigaretta. Mai tanto agoniata come adesso, in tutta onestà.
    La accendo d'istinto e inizio ad assumere l'ennesima dose di nicotina, puntando lo sguardo dritto sull'orizzonte. Distratto momentaneamente, per ovvi motivi, da qualsivoglia avvenimento circostante. Questo, almeno, finché la portafinestra non viene aperta e richiusa alle mie spalle, ed un passo di cui riconosco la cadenza sopraggiunge.
    "Tu, qui...", rifletto a mezza voce tra me e me prima di girarmi in direzione della Norvegese, "Posso fare qualcosa per te, October?"

  11. .
    "Più poi che prima, se non ti deciderai alla svelta a metterti in riga.", così ho tagliato corto. Offrendole un abbozzo di risposta durante il nostro cammino, solo per poi inseguirla all' interno dell'abitazione posta sotto sigilli. Con lo sguardo maniacalmente attento, e gli occhi ben pronti a cogliere il ben più che minimo dettaglio.
    Osservo la scena con minuziosa metodologia, ricreando mentalmente ogni singolo scenario possibile. Lì potrebbe esserci stata una colluttazione, in quell'altro punto, invece, qualcuno si è curato mediante il dittamo da una ferita. Verosimilmente, lacero-contusa.
    "Non sono io quello sotto esame, dovresti esser tu a dirmi a quale creatura appartiene.", osservo quasi distrattamente avvicinandomi alla recluta.
    Un'occhiata, dalla durata d'uno schiocco di palpebre, è più che sufficiente.
    "Era un uovo di Drago. Di un dorso rugoso Norvegese, per la precisione."
    Afferro un frammento di uovo dalle dita della giovane e, senza troppo cerimonie, lo ripongo in tasca. Senza fornirle, volutamente, spiegazioni di sorta.
    Se non quelle che potrà dedurre da sé, forse, prestando attenzione.
    "Precisamente. E non solo...seguimi."
    Le indico il piano superiore con un cenno del capo, al tempo stesso conscio e profondamente turbato per ciò, ahimè, so che troveremo là sopra.
    "Ora, prima di avanzare, voglio che tu ti figuri nitidamente quali effetti devastanti potrebbe avere un drago con quelle caratteristiche nelle mani sbagliate e, soprattutto, quanto in là potrebbe spingersi certa gente per raggiungere i propri obbiettivi."
    La precedo lungo le scale, aprendo definitivamente la porta già socchiusa che dà nel corridoio sul quale tutte le stanze si affacciano.
    Nessuno, su mia precisa richiesta, ha anche solo pensato di sfiorare la scena del crimine. Pertanto, ogni singolo oggetto distrutto, impronta o schizzo di sangue è rimasto esattamente dov'era.
    Il cadavere di un uomo, riverso, giace a terra senza riportare alcuna traccia di ferite o contusioni. Dalla fessura di una porta sulla destra, invece, una grossa macchia di sangue semi rappreso si riversa sul pianerottolo.
    "Esamina la scena. Voglio sapere quali saranno i tuoi pensieri e, in definitiva, le tue prime conclusioni."
    Appoggio una spalla al montante d'ingresso, scuotendo brevemente il capo prima da accendermi, più per necessità che per vizio in questo caso, una sigaretta.
    [Color=orange]"Non tralasciare nulla."


    CITAZIONE
    Seconda fase: Proseguio e prime conclusioni.

    - Il cadavere appartiene ad un uomo sulla trentina e, come detto, nulla potrebbe ricondurre ad una morte violenta. La bacchetta del medesimo, giace a pochi centimetri dal corpo.

    - L'intero corridoio, così come la stanza introdotta in on, é sconquassato e reca evidenti segni di colluttazione e scontro.

    - La finestra a fine corridoio è aperta. Ci sono orme insaguinate sul pavimento, le quali si dirigono unicamente dal piano attuale a quello sottostante.

    - Nella camera suddetta, una volta entrati, si scopriranno altri due cadaveri. Una donna, sulla trentina, e una bambina di circa dieci anni. Entrambe giacciono in una pozza di sangue, le mani ancora intrecciate a cercare un ultimo contatto.

    - Sulla scrivania nella camera patronale, macchiato dagli schizzi, si trova una trattato scritto a mano dal titolo: "Nero delle Ebridi: come allevarlo in sicurezza prima del reinserimento.

    -Nessun indizio, al momento, conduce ad un/una palpabile sospetta/o.
  12. .
    Il mio limite, la massima soglia di sopportazione che posso tollerare in questa conversazione, è quasi raggiunto. Eppure, nonostante ciò, ascolto sia il racconto della Westwood che le risposte del ministro britannico con il mio solito, glaciale, portamento. Per ora l'unica pressione che mi concedo di esercitare sulla mia ex compagna di studi, è quella impressa dal mio più freddo sguardo che resta perennemente posato su di lei. Sia quando il "pezzetto" di Moon viene buttato alla mercé del dialogo, sia in ogni singolo istante successivo a tale azione. Ed esso, non si distoglie nemmeno quando, con tutta l'accademica calma di questo mondo, estraggo una sigaretta arretrando fino alla finestra più vicina per accendermela.
    "Every.", la richiamo ora senza più far trasparire nemmeno la più piccola traccia di comprensione o accomodanza, "Voglio essere del tutto sincero. Io, qui ad Hogwarts, non ti avrei mai voluta. Si, prima che tu lo chieda, è per partito preso e no, non posso fidarmi di te. Non in questo preciso momento storico, e men che meno basandomi sul comportamento che stai adottando ora."
    Emetto un sottile sbuffo di fumo, che immediatamente viene risucchiato verso l'esterno senza appestare troppo l'aria del mio ufficio.
    "Se Castiel ha mai fatto qualcosa di buono in tutta la sua parassitaria esistenza, poca importa. Nulla sarebbe comunque sufficiente a redimere anche solo una minima parte della sua persona da ciò che è veramente."
    In buna sostanza, uno dei peggiori, più efferati, psicotici e pericolosi Mangiamorte che la storia moderna possa registrare.
    "Ho esaurito la pazienza, ed è tempo per te di schierarti apertamente da una parte o dall' altra."
    Afferro il cilindretto di tabacco artigianale dal filtro, e lo pongo in verticale tra a noi. Mostrandoglielo apertamente.
    "Hai trenta secondi per scegliere, ovvero finché questa fottuta sigaretta non si sarà esaurita.
    Bevi quella pozione e mostra di stare con noi, o puoi star certa che, come diceva poc'anzi il ministro, ti entrerò nella testa per prendere ciò che ci serve prima di consegnarti personalmente la lettera di licenziamento."

    Un tiro, volutamente più lungo, atto solo ad opprimerla ulteriormente con una malsana dose d'ansia.
    "Nel caso tu non l'abbia ancora capito, siamo in guerra. Ed io sono un fervente fautore del fine giustificato dai mezzi in situazioni simili.
    Venti secondi."

    Chi sono i buoni o i cattivi? Questo, certamente, non sono io a poterlo decretare con assoluta certezza.
    Una cosa la so però, ovvero che il sottoscritto, in tutta la sua esistenza, non ha mai avuto dubbi sul quale fosse il lato della barricata da occupare.
    A prescindere dai metodi.
  13. .
    "No, non propriamente.", rispondo con completa e leggera sincerità inarcando appena un sopracciglio, "Però so cosa vuol dire non essere compresi, condivisi, o accettati per le proprie idee. Che tu ci creda o meno, negli anni, anche io ho dovuto serrare pugni e toni in più d'una circostanza. L'approcio con cui mi relaziono "al mestiere", il quale lo ammetto è sempre stato tutto fuorché convenzionale, non sempre è stato accettato di buon grado. Men che mai tollerato.
    A dirla tutta, di tanto in tanto capita ancora tutt'oggi."

    Pile e pile di scartoffie riempite con varie segnalazioni di sorta redatte su o per conto del mio nome e i miei metodi, le quali tuttavia vengono puntualmente archiviate o usate per accendere il fuoco nei camini dopo ogni mia singola cattura o minaccia scongiurata.
    "Col tempo, io credo, ci si fa il callo a non essere ascoltati. O capiti. E si finisce per concludere che i fatti, perché siano tali, devono essere compiuti da sé.
    Pur rispettando, seppur magari a grandi linee, le gerarchie del nostro lavoro, si intende."

    Le schiaccio un occhio e permango nella stessa posizione rilassata di poc'anzi, fissando poi distrattamente il soffitto per qualche istante mentre le meditabondazioni sullo scambio d'opinioni in corso si susseguono con chiarezza nella mia mente. Ed un mezzo sorriso, quasi perentorio, mi compare in viso alla sua risposta.
    "Non c'è mai nulla di facile con te, vero?" La schernisco quasi, riaccostandomi ora un po' più il mio capo al suo. "Non scambiare l'ottimismo con la consapevolezza, October. Poiché se il primo è un qualcosa di puramente astratto, come dici, la seconda invece può smuovere le montagne."
    La consapevolezza, in tutte le sue sfumature, è il vero motore del mondo. E di chi, come noi, non può vivere attaccandosi alle astratte banalità di questa terra.
    Consapevolezza dei propri mezzi, delle capacità, dei pericoli e, talvolta, di quello che potrebbe essere l'unico - e magari anche terribile - modo per scongiurarli.
    "Molto.", me lo immaginavo.
    Il tono di voce, il suo struggersi tacitamente, tutto indicava ciò che, ora, lei stessa mi sta confermando.
    Mi volto in sua direzione nel sentirmi chiamare, ritrovandomi quasi per caso a poco più d'un palmo da lei. Così vicino, sostanzialmente, da poter leggere nei suoi occhi ciò che la bocca ora, forse, non riesce ad esprimere.
    Annuisco, afferandole quasi dolcemente la spalla per la frazione di un secondo.
    "...Qualora ciò dovesse accadere, saprai su chi contare."
    È forse mai possibile, per me, trovarmi contemporaneamente così tanto infastidito a tratti da alcuni comportamenti d'una persona e, al contempo, largamente instradato sulla via dell' affezionamento alla medesima? Non saprei. Né, onestamente, l'avrei creduto possibile.
    "Per oggi credo possa bastare, hai dato tanto. Sia fisicamente che psicologicamente intendo."
    Mi alzo e, con un tocco della bacchetta, rassetto e faccio sparire tutto il superfluo dall' armeria. Ripristinando, con minuzia, la quasi maniacale organizzazione della stanza imposta da Darragh. Difatto, penso, ho sempre creduto che a lui tutte queste armi piacessero tanto quanto al sottoscritto, se non addirittura di più.
    Poso gli occhi sulla norvegese con un'ombra di indecisione nelle intenzioni, corrugando appena le sopracciglia in una perfetta espressione d'apertura, contraddistinta, altresì, da un generoso quantitativo di disinvoltura.
    "Se vuoi fermarti a cena, sei la benvenuta.
    A meno che il naso non mi tradisca, dovrebbe esserci un fantastico brasato alla birra sul fuoco."

    A modo mio, questo, è pur sempre un invito cortese. Probabilmente.
  14. .

    - Logan -

    C'è tanta...nebbia. Tutta intorno a noi. Tento invano di riempire i polmoni con il pensiero, disperato, di potermi rialzare per continuare a combattere. Ad opporre una stregua resistenza. Perché io devo proteggerla. È un mio dovere, oltreché tutto ciò che voglio con la più assuluta certezza.
    Eppure, benché ci provi, le gambe non mi reggono, le mani tremano, e ogni singolo canale presente nella mia persona è ora soggetto ad un sanguinamento sempre più incessante. Tanto che in pochi secondi, esponenzialmente, avverto in modo quasi tangibile il flusso della vita sfuggire via dalle mie vene. Eppur ecco che sono in piedi, il braccio sinistro teso di fronte a me, seppur tremante e con la vista resa sfocata dal sangue che mi innietta gli occhi. Allora che sia pan per focaccia, dopotutto è il mio cavallo di battaglia."Conjunct.."
    Lei è più veloce. Blocca me è André sul posto, costringendomi a veder Karen sparire nel nulla insieme a quell' altro. Urlerei, se solo potessi muovermi. Per un attimo vedo i leprecani, tutto il clan di Seanan e la Banshee farsi avanti, poi è il buio. Seppur temporaneo.

    Una ragazza con i capelli scarlatti mi dà le spalle, e incede lungo il sentiero d'una foresta morente. La seguo come se le galleggiassi dietro, osservando la scena da spettatore non visto. E, con ogni probabilità, nemmeno fisicamente presente. Riconosco la terra d'Irlanda, seppur a fatica, poiché non potrei mai confonderla con nessun altra. In nessun caso.
    Eppure qualcosa è cambiato, l'intero paesaggio attorno a noi sembra molto più... silenzioso. Com'è palese ci troviamo dentro una foresta, non dissimile dalla brughiera, eppure non si vedono nemmeno l'ombra di una fata o un asticcello a far capolino dagli alberi come sarebbe lecito aspettarsi.
    La ragazza si volta appena, e qui la sua somiglianza fisica con Karen mi lascia quasi impietrito. C'è qualcosa, nel cristallino del suo sguardo, che richiama la Cavanaugh in modo impressionante. Sebbene sia subito chiaro ai miei occhi come non sia lei, ovviamente, la persona che ora mi trovo dinnanzi.
    Il suo sguardo si poggia sui rimasugli d'un vecchio accompagnamento, di quelli che gli esploratori magici ergono durante le loro spedizioni, ed entrambi condividiamo una smorfia nel posare lo sguardo, quasi contemporaneamente, su quella che dovrebbe essere una covata di Ashwinder.
    Dovrebbe, appunto. Poiché le uova sono del tutto spente, prive di ogni fuoco o vibrazione magica e, con ogni probabilità, ormai infeconde.
    La ragazza estrae allora la bacchetta, la studia per qualche istante,npoi tenta un banalissimo incantesimo di levitazione su un oggetto qualsiasi. Non accade nulla.
    Si porta una mano a coprire il viso, io sbarro gli occhi, e la scena svanisce proprio nel momento in cui, la stecca non più magica affidata alla gravità dalla sua padrona, si incontra col suolo. E quest'ultima, con un mezzo sorriso sul volto, tenta la medesima azione di poco prima senza l'ausilio di strumento alcuno. Fatta eccezione della sola magia che scorre lungo le sue vene.


    - Jack -


    Non sono mai stato un asso nel volo, né in tutta la mia vita l'intenzione di migliorare in tale pratica ha scalfito i miei pensieri. Ed ora, mentre il continente sfreccia sotto di noi in modo sfocato, mi maledico.
    Forse, se da ragazzo avessi prediletto le scope alle due ruote, adesso potrei trovarmi a cavalcare un manico eccellente, recato sempre appresso a me mediante l'uso d'un qualche incantesimo apposito, e utile per raggiungere una distanza adatta a materializzarmi nel minor tempo possibile. E invece, abbiamo dovuto perdere del tempo per defilarci dall' incontro, addizionandolo poi a dell'altro necessario a procurarci una passaporta di fortuna.
    Potrebbe già essere troppo tardi. Terribilmente, e irrimediabilmente, troppo tardi. Se così fosse, non me lo perdonerei mai. Noi, non potremo mai farlo.
    Attero al limite esterno della mia proprietà, lì ove gli incantesimi invalicabili segnano un netto confine per gli intrusi. O così sarebbe dovuto essere, almeno.
    Scambio uno sguardo con i miei due compagni, legandolo in particolare a Kain, prima di pronunciarmi in un singolo sostantivo.
    "Darragh!!", Crack!
    - Signor Jack! Signore! Il signorino Logan, e i suoi compagni...la signorina Karen...lei era strana signore, sisi, ha preso Darragh di sorpresa! E poi..."
    " Trovali. ORA!"
    Crack!, dieci secondi mal contati e assurdamente infiniti, altro Crack!
    - Due dei ragazzi sono alle rovine dei tumoli, insieme a loro ci sono i centauri, i leprecani e un intrusa. Forse due.
    Le ragazze, loro sono più ad est, vicino alla quercia degli asticelli. Poco lontano dalla casa del signorino Logan e della signor..."

    "Io vado ai tumuli. Kain, tu sai dov'è la casa dei ragazzi. L'albero è vicino alla stalla degli Ippogrifi. Prendi lei con te. Darragh, tu vieni con me."
    Un movimento del polso porta la bacchetta a fendere l'aria, ciò ci permetterà di oltrepassare la barriera magica per correre in soccorso dei nostri ragazzi.
    Dico nostri perché io, oltreché un figlio e la piccola, corro il rischio di vedermi scivolar via dalle dita anche due dei miei studenti. E questo, tutto questo, è semplicemente inammissibile per il sottoscritto.
    Giro sui tacchi e, completamente dimentico della nausea vista la situazione, in meno di un secondo la mia intera fisicità si palesa a centinaia di metri.
    Lo scenario è surreale, caratterizzato dai tratti più distintivi d'una battaglia appena consumatasi. Frammenti di vetro e legno sono sparsi ovunque sul pavimento, il branco di Séanan smania, i leprecani insorgono e una donna, che riconosco immediatamente, è in piedi dritta davanti a me, con lo Stormind e Logan a poca distanza da lei.
    Il primo sembra messo decisamente male, il secondo è svenuto e reca segni inconfondibili che lo pongono come messo pure peggio del suo compagno.
    "Portali via, curati di loro, poi va da Kain.", comando - per la prima volta in vita mia - all' Elfo. Il quale, ne sono certo, capirà la situazione e perché, viste le circostanze, questa volta non potrà restare al mio fianco per combattere.
    "CRUCIO!, è puro istinto.
    Il cervello comanda il da farsi al resto del corpo prima ancora che la coscienza, in qualche modo, riesca a interporsi.
    "La mia carne, la mia vita, il mio sangue... sono un conto, puttana.
    Mio figlio, la mia famiglia, però, sono tutt'altra cosa."

    Per esser certo di non sbagliare, ripeto la maledizione più di una volta. Con ogni fibra del mio essere che ora, sospinta da questa indicibile morsa allo stomaco per l'ennesima incertezza sulla sorte di coloro che mi sono più cari al mondo, vuole infliggere dolore. Lo brama davvero.
    - Jack, placa la tua...-
    "Avada Kedav...", un sibilo secco mi sfiora la guancia, graffiandomela. Con la coda dell' occhio, interrompendomi a metà, scorgo Seanan abbassare il suo arco.
    Tutto ciò che ora riesco a scorgere, sono il bagliore scarlatto prodotto dall' impennaggio di una freccia scagliata verso il petto della Druida e una figura femminile, a malapena visibile e distinguibile, che lentamente arretra fra gli alberi con un bagliore vagamente sinistro lì dove immagino debbano esserci due occhi decisamente non umani. Così come non del tutto umano, almeno nelle intenzioni, sono ora io stesso.


    Edited by Elhaz - 14/10/2023, 12:55
  15. .
    "Bene. Per esperienza personale, posso solo risponderti che l'istinto, checché se ne dica, di rado sbaglia. Anche se, come immagino saprai, spesso non è saggio affidarsi solo ed esclusivamente ad esso. O almeno questo è ciò che mi sento ripetere da ormai vent'anni."
    Tant'è vero che, facendole cenno di andare avanti, sono le sue stesse parole a confermare il contenuto del mie.
    Le sensazioni primordiali di una persona, soprattutto quelle provate da soggetti come noi, i quali siamo costantemente messi davanti a determinate scelte, non hanno mezze misure. Solitamente portano al successo più definitivo o al peggiore dei fallimenti. Punto.
    "Vero, potrebbe non ucciderti. Ora, io non conosco questa persona, tuttavia...", seguito roteando il bicchiere tra le dita, "Resto fermo sulle mie convinzioni.
    Con una situazione così instabile, non so quanto sia auspicabile esporsi volutamente ad un rischio. Per quanto minimo questo possa essere. Tuttavia, come dovresti aver già capito da te, io stesso solitamente non opero in modo convenzionale. Quindi, se sei così convinta che la cosa potrebbe funzionare..."
    , Hai il mio appoggio.
    E le ultime quattro parole, sottintese, le faccio trasparire dallo sguardo accomodante che le riservo. Ed esso, già da sé, si mostra sufficientemente esplicativo da evitarmi di doverle pronunciare.
    "Questa era quasi divertente.", ribatto con stizzita teatralità alzando le sopracciglia.
    "Tuttavia, se ho capito di te la metà di quello che credo, immagino che la nostra conversazione non possa terminare con una banale sdrammatizzata.", ed è esattamente così che vanno le cose.
    La scruto nel suo vagare ancora nel vuoto con gli occhi per qualche secondo, mentre io poggio il bicchiere e congiungo nuovamente la punta delle dita sporgendomi appena in avanti.
    La lascio nuovamente parlare a ruota libera, limitandomi ad accennare un "si" col capo quando è lei stessa, con buona logica, a sottolineare come il dover accettare collaborazioni spinose non sia proprio la mia massima aspirazione, per così dire.
    "Se davvero credi che io mi limiti ad agitare bacchetta e pistole Rossa, perdonami, temo che tu mi abbia compreso meno di quanto credessi."
    Le strizzo l'occhio con noncuranza, distendendo ora i muscoli della schiena fino a trovare, infine, un po' di sollievo muscolare nell'appoggiare la nuca contro la parete dietro di me.
    "Dalla greca Atena alla romana Minerva, e da loro fino al vostro Tyr e la nostra Mórrígan, l'interpretazione che l'essere umano ha sempre dato alla guerra si base su tre principi fondamentali: saggezza, strategia e aggressività.
    Io, semplicemente, elaboro i primi due basandomi sul terzo. Ecco tutto."

    D'altronde è il mio storico a parlare poiché, se è vero che da una parte non mi sono mai risparmiato in una battaglia, lo è altrettanto che ogni singolo incantesimo, proiettile o maledizione lanciati nella mia carriera hanno sempre avuto un forte ragionamento e una salda cognizione di causa alle spalle.
    "Permettimi una domanda October. Continui a parlare di questa persona e mentre lo fai, nella tua voce, si nasconde qualcosa. Qualcosa che, sorprendentemente, nemmeno io riesco bene a decifrare.
    Dimmi, quanto sei coinvolta dal punto di vista personale in tutta la faccenda?
    Perché questo è un fattore, Rossa, che ha sempre un determinato peso specifico quando si tratta di prendere decisioni, soprattutto se esse ci conducono a dover poi scendere a patti con loro stesse."
113 replies since 30/7/2020
.
Top