Hogwarts Mystery - GdR Harry Potter

Posts written by corinne.

  1. .
    Si era fatta un po’ pregare, prima di accettare l’invito di Ralph e quello di Karen a trascorrere le vacanze natalizie insieme alle rispettive famiglie. Non per snobismo, ma perché l’idea di far loro così tanta pena da vederli costretti ad invitarla la feriva terribilmente. Ci era voluta qualche lusinga per persuaderla che la sua presenza fosse più che desiderata, e pur non ammettendolo apertamente era davvero felice di passare il Natale con loro. Per quanto amasse il suo appartamento era alquanto deprimente starsene lì da soli per le feste. Pochi giorni prima aveva ricevuto un gufo da parte del padre in cui si scusava per non poterla invitare a stare da lui in quei giorni, ma sarebbe stato fuori città per qualche settimana con la nuova compagna ed il figlio. Della madre non aveva avuto alcuna notizia invece, e Corinne ipotizzò si trovasse in qualche angolo remoto del mondo ad intraprendere qualche pratica buddista, o qualcosa del genere.
    Finì di preparare il borsone, essendo in dubbio su quale potesse essere il mood di casa Finnick ci infilò dentro diversi generi di vestiti. Era difficile capire fino in fondo che tipo di famiglia potesse essere quella di Ralph, certo a giudicare dai suoi racconti si trattava di una normalissima famiglia, ma magari avrebbe scoperto che lui era il figlio uscito peggio e che in realtà proveniva da una nobile ed altolocata stirpe di maghi. Si avviò quindi al treno, con la testa piena zeppa di paranoie su come avrebbe dovuto comportarsi, parlare, muoversi, respirare. Per lei era già decisamente troppo essere ospitata a casa di qualcuno, non voleva quindi risultare una presenza sgradevole per i suoi familiari, ed essendo consapevole di quanto fosse semplice per lei essere percepita come assolutamente insopportabile temeva di combinare un disastro. L’atmosfera natalizia del villaggio le trasmetteva un notevole senso di angoscia, per chi come lei non possedeva più una vera famiglia con cui condividere quell’allegria il Natale diventava l’emblema della propria solitudine. Immersa in quegli inquieti pensieri, fu riportata con i piedi per terra dal Grifondoro che la esortò a salire con lui sul treno. «Che c’è, hai paura che mi riveli qualche oscuro segreto di infanzia? Guarda che ti si legge in faccia che sei uno di quelli che si è pisciato addosso fino ai dodici anni» lo punzecchiò vivacemente, lanciandogli con forza il proprio borsone dritto nello stomaco. Rivolse alla Grifondoro uno sguardo indagatorio, c’era qualcosa in lei che non le piaceva affatto, ma il proprio giudizio fu interrotto dalla brusca ed inaspettata uscita di Ralph, che intimò le altre di non toccare le sue castagne. «Mi spieghi perché diavolo hai tutte queste castagne? Vuoi rivenderle e farci la cresta, o è tipo una tradizione di casa Finnick?» domandò tra lo scherzoso ed il perplesso. Aveva fiutato in lui l’odore di quando era in procinto di espellere dalle ghiandole sudoripare ogni molecola d’acqua presente nel suo corpo, e si domandò come mai fosse così agitato. Lo guardò con un sopracciglio alzato ed un’espressione dubbiosa, convinta che ciò che avesse in mente di combinare non fosse nulla di positivo. «Sei sicuro di sentirti bene?» lo conosceva troppo per non sospettare della sua ambiguità, ma per quanto le sue sensazioni potessero averla messa in guardia, mai si sarebbe aspettata accadesse quello che effettivamente nel giro di poco accadde. Qualcosa di assolutamente inaspettato fece sì che il treno deragliasse, iniziando a precipitare inevitabilmente negli abissi del lago al di sotto dei binari. Corinne non ebbe il tempo materiale di rendersi conto di ciò che era appena successo, la forza di gravità la scaraventò dalla parte opposta dello scompartimento in cui si trovava, facendole sbattere violentemente la testa contro il vetro del finestrino e provocandole un trauma cranico ed una ferita da cui iniziò a fuoriuscire del sangue. La vista le si annebbiò, le urla degli studenti le arrivavano come lontanissime. Era sicura di stare per morire, e pensò che quella caduta interminabile non fosse altro che il viaggio verso l’aldilà. Per un momento credette di vedere la sua dolce Melanie che allungava una mano verso di lei, ma l’immagine della sorella svanì quando, dopo la caduta, la mora avvertì l’acqua gelarle il sangue. Il freddo la aiutò a risvegliare i sensi persi, a quel punto il dolore al braccio iniziò ad intensificarsi sempre di più, rendendosi presto conto di essersi lussata una spalla dal momento che l’osso non si trovava dove avrebbe dovuto trovarsi, vale a dire all’interno della sua scapola. Provò a prendere la bacchetta dall’interno della sua tasca, ma ogni movimento le costava una fatica immane e soprattutto la testa non smetteva di pulsarle gravemente. Non si era neanche accorta della presenza di Karen a pochi metri, ma per fortuna l’amica doveva averla sentita. Con poche forze in corpo si lasciò curare, annuendo alla domanda e provando a mettersi in piedi. Le gambe le tremavano così tanto che non appena si alzò cadde nuovamente all’indietro. «Pensa a salvarti» disse alla rossa con un filo di voce e lo sguardo assente che guardava attraverso di lei. Si era resa conto della gravità della situazione in cui si trovavano, di lì a poco il vagone sarebbe sprofondato nelle acque ghiacciate del lago ed era fondamentale che ognuno pensasse alla propria salvezza. Si stava gradualmente convincendo di doversi arrendere, di stare per morire, quando André con l’aiuto di Ralph la fece salire su quella che sembrava essere un’enorme papera galleggiante. «Non io, lei, sempre» afferrò il braccio del Tassorosso e guardandolo dritto negli occhi lo supplicò di provvedere alla sicurezza di Karen come priorità assoluta. Il pensiero che le potesse succedere qualcosa le diede la spinta nel cercare di riprendere il controllo di sé. «Testabolla» castò con convinzione l’incantesimo sul capo della grifa, assicurandosi in questo modo che non sarebbe affogata neanche se fosse finita in acqua, dopodiché lo castò su sé stessa. Si sentiva così inutile e debole, anche il solo parlare le portava via una quantità di energie di cui non era in possesso. Si voltò verso Ralph per incontrare i suoi occhi, temendo seriamente che potesse essere l’ultima volta.



    Corinne ha sbattuto la testa e sta perdendo sangue, inoltre si è lussata una spalla.
    Interagito con Ralph, Karen e Andrè.
    Testabolla su Karen e su sé stessa.
    E' messa male ed è anche molto inutile attualmente, spero che non mi muoia ahahhahahaha
  2. .
    «Grazie Finnick, ma preferisco di no. Magari però domani facciamo qualcosa insieme» declinò con serenità l’invito del Grifondoro ad aggiungersi alla comitiva di studenti che il sabato sera si riuniva allegramente ai Tre Manici di Scopa. Era in una fase della sua vita di chiusura. Non aveva mai il desiderio di incontrare gente, al di fuori del suo paio di amici, per conversare o bere semplicemente qualcosa. Non aveva voglia di conoscere persone nuove, non era alla ricerca di guai o di esperienze adrenaliniche che la facessero sentire “viva”. Al contrario si sentiva un fantasma, invisibile agli occhi di tutti, e per qualche strana ragione si stava adagiando a quella condizione. Tutti i comportamenti eccessivi che aveva sempre manifestato nel corso della sua vita non erano altro che una continua ricerca di attenzioni, e ciò appariva alquanto ovvio anche a chi non possedeva una laurea in psicologia. L’essersi sentita inesistente e l’essere stata privata dell’affetto e della protezione da parte delle figure genitoriali le avevano plasmato non tanto il carattere, quanto il modo in cui lei stessa desiderava essere percepita all’esterno. Il vero punto di domanda era, perché aveva gradualmente smesso di fare l’esibizionista? di comportarsi come tutti si aspettavano che Corinne Miller si comportasse? Certo non erano mancati episodi di protagonismo, o comunque atteggiamenti di rivalità e di sfida soprattutto per quanto riguardava il Quidditch e le lezioni, ma chiunque la conoscesse da un po’ non aveva potuto non notare un cambiamento nella sua persona. Quello che stava avvenendo era un processo di maturazione o un sintomo di depressione? Il lato positivo era che, avendoci dato un taglio con le serate all’insegna di alcol, sesso e droga, aveva iniziato a dedicare gran parte del suo tempo non solo ai suoi hobby, ma anche al miglioramento delle sue abilità magiche. Aveva sempre avuto come pallino il riuscire a padroneggiare gli incantesimi in maniera non verbale, e più si esercitava in tal senso più naturalmente migliorava, più migliorava e più si sentiva forte e bene con sé stessa. Ciò che stava realmente facendo era sostituire il senso di potere che le regalava il conquistare le attenzioni di un uomo con il senso di potere dell’essere bravi in qualcosa. Prima le era successo con il Quidditch, campo in cui aveva ottenuto meriti e riconoscimenti, ma proprio l’essere diventata così tanto brava nello sport le aveva fatto acquisire una sicurezza tale da sentirsi, per lo meno ad Hogwarts, quasi senza rivali. Questo non stava a significare che desiderasse diventare la prima della classe in tutte le materie, al contrario i voti non le suscitavano il benché minimo orgoglio, quello che pensavano gli insegnanti o i suoi compagni non la toccava affatto, le importava solo della considerazione che lei stessa aveva di sé. Fatta qualche eccezione. «Hey, è così che tratti anche le tue reclute? Ecco perché ne scappa una al mese» le urlò di rimando mentre andava ad aprire la porta. L’idea di trascorrere il sabato sera con Sarah l’aveva messa di buon umore sin da quando le era stata fatta la proposta. L’auror rappresentava per lei più di quanto la stessa Corinne riuscisse a descrivere, l’aveva aiutata in mille modi diversi nel corso degli anni e la Miller gliene sarebbe stata grata per tutta la vita. La sua opinione era una delle poche che contava davvero, per la mora. Nonostante la differenza d’età si erano prese al volo sin da subito, e in un certo senso per lei era una sorta di sorella maggiore. «Che dici, è a prova di sbirro? Ho nascosto la droga e gli altri artefatti illegali per bene, dimmi se ne scovi qualcuno» rispose col suo solito sarcasmo, in realtà era da un pezzo che la Miller non si faceva e questo Sarah lo sapeva bene. L’appartamento era ancora alquanto incasinato, nonostante fossero passati oramai un paio d’anni Corinne non aveva ancora finito di sistemare gli scatoloni del trasloco. Continuava a procrastinare l’apertura di alcuni di essi per non dover affrontare il dolore che ciò avrebbe comportato. In compenso le pareti erano ricche di riproduzioni di opere famose, poster di band, foto e soprattutto scaffali con libri. «Ho sentito bene? Padrona di casa? Fa strano detto dalla vera padrona di casa!» sorrise divertita, compiaciuta per quell’affermazione. Era di buon umore grazie a lei, prese due delle birre che Sarah aveva portato ed andò a sedersi accanto a lei sul divano, porgendogliene una. «Tieni, direi che ne hai bisogno. Come sta andando ai quartieri alti?» domandò seria. Sapeva che quello fosse un periodo tutto fuorché tranquillo, ma stando ad Hogwarts la percezione era sicuramente più ovattata rispetto a ciò che succedeva al di fuori. Sperava di ottenere qualche informazione aggiuntiva a quelle che giravano per i corridoi del castello o a quanto si poteva leggere sui giornali. Un parere “dall’interno” aveva tutto un altro peso. «Come potevo rifiutare birra e cibo gratis?» fece spallucce aprendo la busta con il cibo indiano e distribuendo le vaschette sul tavolino davanti al sofà. «E’ che ci tenevo a farti vedere come ho disposto la collezione di vinili, sono almeno tre settimane che non passi qui su!» disse tra un boccone e l’altro, lanciandole una frecciatina non troppo sottile ma senza rancore. Adesso che non lavorava più a Mielandia non erano “costrette” a vedersi regolarmente, e Corinne sentiva la sua mancanza. Con Sarah smetteva di sentirsi invisibile, nonostante l’auror fosse piena di impegni e di pensieri di gran lunga più importanti riusciva sempre a farla sentire come una priorità quando era in sua compagnia, e la Miller lo aveva notato subito perché era forse l’unica persona con cui fosse mai successo. Con Sarah esisteva, e aveva la percezione che a lei interessasse davvero ciò che la turbava, e tutto senza mai chiedere nulla in cambio. «Vanno… quidditch ottimo, lezioni ni, rimedio sempre troppe punizioni… il resto abbastanza così così, non è un gran periodo a dirla tutta» inclinò leggermente il capo riprendendo a mangiare, volgendo per un istante lo sguardo sulla Barbie di un metro riposta in un angolo della stanza, un progetto che aveva da poco ultimato e che le aveva fatto compagnia durante quei lunghi mesi autunnali. «Andrò prima da Ralph e poi da Karen, si sono offerti di ospitarmi per non farmi stare da sola. Non che fosse un problema, lo sai che sono abituata… ma sono stati carini» cercò di fare la dura, evitando di incrociare il suo sguardo per nascondere la contentezza che aveva provato nell’essere stata invitata dai suoi amici. «E tu invece? Non dirmi che sei di ronda»
  3. .
    «Non è un’idea del tutto cattiva la tua. Se ci organizziamo per bene potremmo mettere su un bel giro d’affari, sempre meglio che farlo gratis come lo sto facendo ora» ironizzò a sua volta, nascondendo un sorriso tra gli angoli delle labbra. Sul viso di Karen era comparsa una chiazza dovuta al trucco, e per evitare di metterla ulteriormente in imbarazzo Corinne estrasse la bacchetta con nonchalance e gliela puntò dritta in volto; con un incantesimo non verbale – di quelli imparati sui magazine magici di moda per intenderci – le mise apposto il make-up, che risultò essere leggero e assolutamente perfetto per i lineamenti dolci della giovane Grifondoro. Uno stratagemma che le era tornato utile nelle numerose mattinate di hangover e che sarebbe stata lieta di condividere con la rossa, proprio come avrebbe fatto una sorella maggiore. «Un po’ a tutti e un po’ a nessuno. Mi conosci, tendenzialmente sono sempre io la causa dei miei problemi, quindi magari se mi facessi esplodere una caccabomba in faccia imparerei la lezione, ma non ci metterei la mano sul fuoco…» le iniziò a raccontare, giocherellando con tutto ciò che le capitava tra le mani, senza troppo pensare all’eventualità che uno di quegli affari potesse davvero esplodere e scatenare uno sgradevole effetto domino. «Beh, a proposito di fuoco… Ho avuto qualche problemino con incantesimi. C’è la prof nuova, su cui ti farò una parentesi a parte se ci tieni a saperne di più, e durante una sua lezione io mi stavo terribilmente annoiando, e visto che l’argomento del giorno era l’Incendio e l’Aguamenti ho deciso di testare i riflessi dei miei colleghi… è finita che l’aula ha preso fuoco e la prof ci ha fatto evacuare. Ti rendi conto? Evacuare! Siamo dei fottutissimi maghi, dico io, e alcuni in procinto di uscire da qui, e quello che fanno è trattarci come fossimo una scolaresca di babbani» necessitava di sfogarsi un po’, anche se non se ne rendeva affatto conto. L’assenza di Karen aveva intensificato il senso di inadeguatezza della Miller, che si sentiva costantemente come un pesce fuor d’acqua. Con chiunque parlasse, fatta eccezione di Ralph, aveva l’impressione di essere presa per fuori di testa, e di risultare da tutti assolutamente indesiderata. Erano anni che andava avanti in quel modo, ed ormai la Corvonero si era abituata a quel trattamento. Non se ne lamentava, ma quando capitavano occasioni come quella si ritrovava a spendere un fiume di parole per un episodio qualunque, semplicemente perché nessuno le aveva chiesto prima come si sentisse riguardo un qualcosa che le era successo. Il fatto che si fosse abituata alla solitudine non significava di certo che non le pesasse, anche se non lo avrebbe ammesso. «K... non c’è bisogno che te lo dica ma te lo dirò lo stesso. Sarò i tuoi occhi, le tue orecchie e anche il tuo culo se dovesse servire. Ti scorterò ovunque tu debba andare» le disse con una serietà che voleva allo stesso tempo essere calda e rassicurante. Si sentì una sciocca ad avercela avuta in qualche modo con lei, sentendo poi quello che le era successo insieme agli altri solo pochi mesi prima le venne la pelle d’oca, c’erano così tante informazioni da metabolizzare che quasi non riuscì a starle dietro. Karen aveva vissuto delle esperienze devastanti, cose orrende che una ragazzina della sua età non dovrebbe mai essere costretta ad affrontare. Eppure era lì di fronte a lei, che le raccontava ciò che era successo con estremo coraggio. Al suo posto la mora non avrebbe avuto la stessa fermezza di nervi. In quel momento Corinne si rese conto di quante cose avesse da imparare da quella che fino a un momento prima aveva sempre e solo considerato come la sua bambina. «La madre di Daisy era una mangiamorte? Non ci sto capendo nulla, mi sento una perfetta idiota» si passò una mano tra i capelli, sentendosi divampare. L’idea che la Grifa avesse nuovamente rischiato di perdere la vita le fece venire un piccolo attacco di panico che la Miller cercò a tutti i costi di mascherare, con il risultato che sembrava solo un'isterica piena di tic nervosi. «Oh Karen, non scherzare. Tu hai vissuto… tutto questo. Di cosa avresti dovuto vergognarti? La maggior parte di noi adesso sarebbe dentro un ospedale psichiatrico a curarsi i nervi, dopo aver visto quello che hai visto tu. Spero tu ti renda conto di quanto sei cazzuta» le rivolse un sorriso dolce e fiero, avvicinandosi a lei d’impulso e stringendola forte al suo petto. Alcune lacrime le solcarono il viso, ma la differenza d’altezza le offriva il vantaggio di poter non essere vista dall’altra, nonostante la stretta con cui la teneva a sé potesse destare sospetti. «So che non hai bisogno di me. So che ci sono tante persone che ti amano e che sarebbero disposte a dare la vita per te, ma ti prego non tagliarmi fuori. Permettimi di aiutarti anche se il mio aiuto non ti serve, perché serve a me» le disse tramante. Probabilmente non sarebbe stata in grado di dirle parole di quel calibro guardandola negli occhi. Karen non poteva conoscere il reale movente di quell’affermazione, non conosceva la storia di Melanie ed il senso di colpa legato alla sua morte. Eppure il suono della voce di Corinne era affilato e penetrante a tal punto da rendere lampante il fatto che dietro quelle parole si celasse il più grande tormento della Miller.
  4. .
    Come al solito, in un modo o nell’altro toccava sempre a lei avere la peggio. Si era appena beccata una punizione di un mese, rischiando per poco di aggiungere un mese extra al proprio bottino se solo quei pochi neuroni rimasti non l’avessero obbligata a starsene zitta al proprio posto evitando di ribattere. Ma in un modo o nell’altro il professore le avrebbe pagato questo affronto. Si limitò ad incenerirlo con il suo penetrante sguardo blu, desiderando che i capelli biondi del docente prendessero fuoco.
    Dopo tutto il putiferio, Karen sembrava particolarmente scossa e la mora percepì immediatamente il disagio dell’altra, per cui provò a tranquillizzarla con un abbraccio, aspettando la fine di quell’interminabile lezione per poterla prendere in disparte e distrarla un pochino. Ma a quanto sembrava quella dannatissima lezione non ne voleva sapere di finire. La rossa era decisa a non tornare dal suo gruppo come invece il prof l’aveva esortata a fare, e a quel punto fu un’altra Grifondoro a scoppiare definitivamente. La compagna di stanza di Karen prese a riversare sulla rossa una serie di accuse e lamentele, che istantaneamente fecero scattare in Corinne un campanello d’allarme che strillava “SCOIATTOLA DA DIFENDERE”. «Senti deficiente» esordì così, diretta e senza mezzi termini, ignorando che ci fosse Korko a pochi passi da lei pronto a riprenderla e a scagliarle contro l’ennesima punizione. «Per caso c’era qualche sostanza tossica in quel calderone? Perché mi sembra tu abbia sniffato troppi acidi vista la tua uscita assolutamente fuori luogo. Probabilmente ti ritieni troppo simpatica e straordinaria per sopportare l’idea che a qualcuno potresti non interessare, ma spero che dopo questo tuo sfogo da psicopatica in cerca di attenzioni tu abbia capito da sola il motivo per cui magari Karen non vuole esserti amica, o ti serve un disegnino?» fu brutale, e anche alquanto minacciosa, ma la Miller non avrebbe mai accettato di sentir parlare all’amica in quel modo, soprattutto se reputava l’accusa un’assurdità come in quel caso. Karen non doveva sentirsi obbligata ad essere amica di nessuno, per lei era stato già incredibilmente difficile tornare ad Hogwarts dopo tutto quello che aveva passato, ed era importante che trascorresse del tempo unicamente con chi la faceva sentire al sicuro e che sapeva distrarla. Di certo non aveva bisogno di persone infantili ed egocentriche come quella tipa lì. «Fidati non sarà colpa di questa lezione se sarai una strega di merda» rispose con cattiveria all’altra bionda del tutto impazzita che aveva iniziato a fare insinuazioni a caso. Ad ogni modo non le interessava discutere oltre con loro, la sua priorità restava Karen ed in quel momento voleva tirarla fuori dagli impicci, ancor meno le interessava portare a termine la pozione che, tra parentesi, non aveva mai realmente iniziato a preparare. Fece cenno a Karen con la testa, indicando la porta d’uscita e prendendola poi per un braccio «Accompagno la Cavanaugh a prendere aria, qui dentro non si può più stare» con la scusa che si stesse sentendo male trascinò la grifa fuori dall’aula, sapendo che di lì a poco avrebbe ricevuto una bella comunicazione via gufo di una punizione bonus.



    Interagito con Annie, Vanilla, Karen e prof
  5. .
    Corinne Miller
  6. .
    «Che palle. Devo andare» informò svogliatamente il Grifondoro che le era seduto accanto in biblioteca. Non era stata una sessione di studio particolarmente proficua, lei e Ralph avevano trascorso la maggior parte del tempo a interrogarsi su quesiti inutili ed assurdi ma allo stesso tempo di fondamentale importanza come per esempio “i pinguini hanno le ginocchia?”. Non era arrabbiata per il dover scontare una punizione (la prima di tante di quel quinto anno), a quello ormai ci era abituata, era più che altro annoiata ed insieme indispettita. A giudicare dal primo incontro avuto con l’insegnante che per l’appunto l’aveva punita, non aveva aspettative troppo alte né nei i suoi riguardi né tantomeno per quanto concerneva la suddetta punizione. Corinne era fatta in questo modo, studiava le persone e se ne faceva un’idea a parer suo accurata, dopodiché riuscire a farle cambiare opinione diventava praticamente impossibile. Era pur sempre una Corvonero in fondo, anche se alquanto atipica. «Oh wow una punizione in guferia, chissà proprio che mi aspetta» bisbigliò sarcasticamente tra sé e sé mentre si dirigeva verso il luogo dell’appuntamento. Non si sentiva particolarmente predisposta allo scontro, probabilmente era troppo scocciata dalla sola idea di essere costretta a gettare via il proprio tempo libero per qualcosa di cui non nutriva il benché minimo interesse, ma nello stesso momento era perfettamente conscia che sarebbe bastato pochissimo per fare scattare in lei la vena della stronzaggine, e a quel punto si sarebbe al contrario divertita visto che provava una sorta di perversione nell’irritare ed istigare. Tutto – o quasi – sarebbe dipeso dalla Starling, che con molta probabilità si era costruita, proprio come aveva fatto la Miller, un’idea della Corvonero abbastanza precisa. «Salve professoressa» si annunciò alla docente e ad i gufi presenti con la disinvoltura e la tranquillità di chi è consapevole di non avere proprio nulla da perdere. «Oh, grazie mille di averlo chiesto, vediamo un po’» esclamò con un sorriso volutamente forzato per poi fingere di dover davvero pensare a cosa avrebbe voluto dire. Era successo. Con quella apparentemente innocua domanda la Starling l’aveva sfidata, era illusa di detenere lo scettro del potere e che di conseguenza la Miller non avrebbe osato lamentarsi o proferire parola in merito a quello che l’avrebbe costretta a fare. «Ah sì, qualcosina ci sarebbe» continuò ancora per un istante con quella finta gentilezza, per poi rivelare la sua reale espressione da impertinente. «So che lei è nuova, ed essendo anche così giovane capisco che con molta probabilità la sua intenzione è quella di dimostrare fin da subito di essere una tipa tosta, una che si fa rispettare e che non ha paura di dare imbarazzanti punizioni agli studenti che fanno i cattivi, anche se questo vuol dire inimicarseli» si esprimeva con chiarezza e senza distogliere mai lo sguardo da quello di lei, cercando al contempo di leggere sul volto dell’insegnante una reazione. «Lasci però che le dica una cosa. Non sarà dando a noi studenti punizioni mortificanti che otterrà il nostro rispetto, piuttosto in questo modo riuscirà a trasmettere solo la sua immensa insicurezza e il suo senso di inadeguatezza nel vestire i panni del docente» arricciò le labbra e fece spallucce in maniera volontariamente antipatica. Non le era affatto piaciuto il modo in cui aveva gestito la situazione durante la sua prima lezione, quell’invito a mettersi al centro dell’aula per fare da cavia Corinne l’aveva interpretato come una vera istigazione, un palese modo di voler prevalere su di lei dall’alto della sua posizione. Se la Starling desiderava giocare a quel gioco, aveva sicuramente trovato nella Miller una degna rivale. «Alla luce di quanto detto, sono davvero curiosa di sapere quale sarà la punizione che devo scontare» concluse a mo’ di sfida, con la sua solita faccia da schiaffi, e per tutto il tempo non smise di guardarla dritta negli occhi. Era quindi in attesa di scoprire se la professoressa avrebbe optato per una punizione diversa da quella evidentemente stabilita in partenza. In caso contrario Corinne era già prontissima nel controbattere.
  7. .
    Ci risiamo. Alzò gli occhi al cielo e sbuffò rumorosamente, gettando via sul banchetto la matita che aveva in mano. Per via di un innocuo bigliettino si era guadagnata l’ennesima punizione. Non che non ci fosse abituata, ma già presagiva l’infinita scocciatura che sarebbe stata scontare la punizione con Korczak. Per lei la lezione poteva anche finire lì, non aveva più alcuna voglia di impegnarsi, il suo mood era stato decisamente compromesso. D’altronde era finita nei guai nei primi 5 minuti, tanto valeva rilassarsi nel resto dei 55 e perché no, prendersi qualche piccola soddisfazione nei confronti dell'uomo che aveva deciso di rendere le giornate dei suoi studenti più pesanti di quanto già non fossero (con il rischio di accaparrarsi una punizione extra, ma questo rientrava perfettamente nell'indole di Corinne). Incrociò le braccia al petto, indispettita, e da quel momento in poi smise di prestare particolare attenzione a ciò che veniva detto da quel palo in culo che si trovava come insegnante. Prese a fissarlo, studiandone i tratti e le movenze, ragionando sul perché quell’uomo fosse così maledettamente frustrato. «Che rotto in culo» commentò sottovoce con Karen, riferendosi alle osservazioni a dir poco antipatiche e sicuramente scoraggianti che il professore stava rivolgendo al resto della classe. Neanche il tempo di finire la frase che quello la stava già fulminando con la sguardo, e fu allora che la Corvonero esplose. «Ha bisogno di qualcosa, professor Korczak?» gli domandò a mo’ di sfida, rimanendo nella sua posizione con gambe e braccia incrociate, con lo sguardo da ostile provocatrice. Andò poi a sistemarsi al tavolo assieme ai suoi compagni di squadra, svogliata e infastidita dal dover starsene lì a fare ciò che le era stato ordinato di fare. Si fece un testabolla ed indosso i guanti, con l’intenzione di non apportare alcun particolare contributo al proprio team. Eppure le piaceva così tanto pozioni, ma decisamente l’approccio del docente non si confaceva affatto alla sua personalità. «Io mi nomino supervisore, starò qui a controllare che facciate i bravi bambini seguendo tutti i passaggi» disse ai compagni sedendosi sul tavolo e distendendo le braccia per appoggiarcisi con i palmi, mettendosi quindi comoda con le gambe accavallate. Probabilmente gli altri non ne sarebbero stati troppo contenti, ma era sicura che ce l’avrebbero fatta senza alcun problema anche senza il suo contributo. «Stai cercando di essere messo in punizione anche da me, McCormac?» rispose di rimando al Caposcuola che la stava punzecchiando. A un certo punto però, mentre osservava l’operato degli altri le salì istintivamente l’impulso di intromettersi, era pur sempre una Corvonero, e quando le cose non venivano fatte secondo quello che lei reputava il metodo giusto era difficile trattenersi. Scese dal tavolo e si posizionò tra Logan ed Andrè, ed iniziò a sbucciare il grinzafico con delicatezza. «No, non cedo proprio niente mi spiace. Con quello stronzo è una guerra personale!» rispose al Tassorosso ironicamente, senza rendersi conto che nel frattempo Karen era pronta a scatenare un terremoto. Non seppe neanche come, ma alcune provette caddero per via della Grifondoro, e in men che non si dica un tremendo odore si diffuse nell’aula facendole arrossare gli occhi. «Cavanaugh, sei proprio un impiastro» le disse sorridendo divertita, mettendole poi un braccio attorno al collo e baciandole la testolina. «Non dire che sei stata tu, lascia fare a me» le sussurrò all’orecchio, sapendo che di lì a poco Korczak avrebbe scatenato l’inferno.


    Corinne Miller, V anno, Corvonero
    Interagito con team, Karen e prof
  8. .
    “Alla buon’ora!” bisbigliò tra sé e sé la Corvonero, dopo aver letto il biglietto inviatole da Karen. Come naturale che fosse, Corinne non aveva accolto di buon grado il mistero di cui la rossa si era avvalsa durante tutti quei mesi. Le missive che si erano scambiate l’estate precedente e le settimane addietro le erano sembrate vaghe e in un certo qual modo anche sconclusionate. Più di una volta la Miller aveva arricciato il naso ed aggrottato la fronte nel leggere le poche righe con cui la Grifondoro la liquidava ad ogni risposta. Corinne aveva celato il proprio riserbo con maestria, sapeva che sotto ci fosse qualcosa di sicuramente poco piacevole per la piccola K, ma questo non la frenava dall’essere irritata per essere stata trattata con sufficienza. Non aveva dimenticato ciò che lei stessa aveva fatto solo un anno prima, ma questo non le proibiva di sentirsi ugualmente offesa. Ciò non significava che fosse pronta ad aprire l’ennesima guerra all’amica, non era tanto stupida ed egocentrica da voler mettere i propri rancori dinnanzi alle problematiche della rossa, ma sicuramente non sarebbe riuscita a dissimulare a tal punto da apparire perfettamente imperturbata. Tuttavia sapeva che non le avrebbe tenuto il broncio per molto, la preoccupazione nei riguardi della grifa superava di gran lunga ogni genere di fastidio. Aveva trascorso ogni dannato giorno nel cercare di darsi in autonomia le risposte che cercava dall’amica, temendo il peggio per lei e allo stesso tempo sapendo di non poter fare praticamente nulla per aiutarla, a parte offrirle il proprio supporto morale. Uscendo dalle mura del castello si imbatté nel freddo di novembre, dirigendosi quindi al negozio in cui Karen lavorava. Il cuore era pesante in petto, e Corinne aveva come un presentimento negativo, come se sapesse di già che dalla conversazione che avrebbero avuto non sarebbe venuta a conoscenza di nulla di buono. Entrò quindi all’interno del locale a testa alta e con il suo solito passo sicuro, abbassandosi quindi il cappuccio del mantello e scoprendo la lunga chioma scura ed un viso severo. Karen la travolse di parole ancor prima che la Miller potesse ricambiare il saluto, a giudicare dalla sua esuberanza appariva quindi non diversa dal solito, ma Corinne sembrava essersi messa in testa che quella della rossa fosse una messa in scena per distogliere l’attenzione dai propri problemi. «Non saprei che dirti della divisa, non riesco a togliere lo sguardo dalla tua faccia e dai 4 kg di fondotinta e terra con cui l’hai coperta» voleva essere una battuta, ma il tutto suonò più come un commento acido e Corinne se ne rese immediatamente conto. Il suo non voleva essere un insulto al suo modo di truccarsi, tutt’al più una critica al tentativo di mascherare il pallore. «Ed io sono contenta che sei di nuovo tra noi, non sai quanto è silenziosa la scuola senza le tue lagne!» sorrise debolmente, provando a rimediare con un atteggiamento più accomodante. È che non poteva fare a meno di guardarla e di trovarla… male. Quel suo fingere che non fosse successo nulla, come se fosse stata via tutti quei mesi per una vacanza alle Maldive la mandava fuori di testa. «Oh, il solito. Lezione-punizione e punizione-lezione. Sai come funziona la vita ad Hogwarts» rispose, gironzolando tra i vari scaffali e prendendo tra le mani i diversi oggetti di cui erano zeppi, in un modo sicuramente poco esaustivo come d’altronde erano state poco esaustive le lettere di Karen. «A casa?» domandò come se le avessero appena schioccato le dita davanti agli occhi per farla svegliare da una trance. «No. Ho alloggiato come al solito nell’appartamento sopra Mielandia. Ho lavorato un po’ in giro a Edimburgo, di giorno servivo ai tavoli in un caffè, e la sera suonavo il piano in alcuni locali. Ho risparmiato qualcosina» si strinse nelle spalle, raccontando come effettivamente aveva trascorso la sua estate. Riconosceva a sé stessa un certo cambiamento, negli anni era maturata diventando quindi più responsabile. Non lo andava raccontando ai quattro venti, ma era soddisfatta dei piccoli miglioramenti che era riuscita ad ottenere. Fino a due anni prima non lo avrebbe mai creduto possibile. «Oh sì… è stato tremendo K, sono felice che tu te lo sia perso. È stata una sensazione stranissima, diversa da tutte quelle che ho provato prima. Tutt’a un tratto mi sono sentita gelare, ed ho sentito penetrarmi nella pelle un senso di… di oscurità… ed era paralizzante» non fu affatto semplice spiegare a parole ciò che aveva provato, ed il solo ricordo di quell’immagine le fece salire un brivido lungo la schiena. Passò qualche minuto prima che la sua mente riuscisse gradualmente a cancellare quelle sensazioni. «Possiamo adesso parlare di quello che è successo a te? Ti prometto che dopo parleremo di tutto quello che cazzo vuoi, ma penso ci sia un ordine di priorità, porca puttana!» non fu cattiva nello sputarle in faccia il pensiero che più la attanagliava, piuttosto era palese quanto le stesse a cuore la questione, ed in un certo senso poteva addirittura fare tenerezza mentre se ne stava lì a fissarla con gli occhi azzurri sgranati, imploranti di sapere cosa le fosse accaduto. «Per primissima cosa voglio sapere: come stai adesso?»
  9. .
    Dopo aver passato metà della notte a ripetere insieme a Karen l’intero contenuto dei libri di pozioni studiati negli ultimi cinque anni, quello che desiderava era proprio una bella lezione mattutina con l’adorabile professor Korczak. «Cavanaugh, se quello ti chiede qualcosa e tu fai di nuovo scena muta con l’espressione da orata come l’ultima volta, giuro che ti do un pugno» le rispose così dopo che la rossa ebbe indovinato l’ennesimo quesito. Aveva avuto modo di metterla sotto torchio per diverse ore e sapeva quanto fosse preparata, se la Grifondoro avesse preso un brutto voto l’avrebbe ritenuto un fallimento personale. «Non te la prendere, mia piccola bambina. Sai cosa si dice degli uomini che pensano che due minuti siano tanti, no?» ironizzò maliziosamente. Ormai era abituata anche a fare battute di quel tipo con Karen, non era più lo scricciolo che aveva conosciuto e questo aveva fatto sì che il loro rapporto avanzasse di un gradino. «Cosa?! Ancora con questi trucchetti del cazzo? Dopo la lezione vado proprio a dirgli quanto è banale» banale almeno quanto la scusa che trovò la Corvonero per giustificare la visita che sarebbe andata a fargli. Arrivarono fortunatamente in tempo, la mora deviò lo sguardo prima che la prefetta ed il caposcuola potessero avvicinare le rispettive labbra, atto che le suscitava sempre un po’ di stranezza, e prese a sistemare le sue cose sul banco, lasciando che i due potessero avere il loro momento senza sentire il giudizio della Miller alitargli addosso. «Ti pare? Quello manco la morte lo vuole» neanche il tempo di finire la frase che lo vide apparire nella sua consueta forma smagliante. Eppure era un bell’uomo, ma la sua personalità lo rendeva spesso indesiderabile. Korczak iniziò la sua lezione utilizzando il classico metodo del terrorismo psicologico, Corinne si limitò a rispondere mentalmente alle domande senza affannarsi ad alzare la mano. «Te la spaccherei in fronte una pietra sobria. Se vuoi dire qualcosa, dilla! Non cagarti addosso, sfigata» rispose bisbigliando al commento della Grifondoro, stringendo i denti sulle ultime due frasi e intimandola con lo sguardo a rispondere alle domande che il professore stava ponendo. Non voleva essere cattiva con lei, ma quello era il suo personale modo per incentivarla a superare le sue paure e dare il meglio di sé. Mentre aspettava che la lezione iniziasse ad essere interessante e che quindi si trasformasse da teorica in pratica, si vide arrivare un bigliettino dal banco davanti al suo. “Preferirei bruciarmele le ciglia. E poi ti sbagli, non sono mica io quella solita vendersi il culo per qualche misero punticino” scrisse di fretta sul pezzo di carta ricevuto e restituì la pallina a McCormac in un momento in cui il prof era di spalle. Per quanto potesse sembrare strano da parte della Miller, non desiderava affatto attirare l’attenzione del docente di pozioni.


    Corinne Miller, V anno, Corvonero
    Interagito con Karen e Logan
  10. .
    Per poco gli occhi non le uscirono dalle orbite, quando gli sentì terminare la frase con “mezza veela”. Un sorriso malizioso le illuminò il visino scarno, dandole un’aria tutt’altro che benevola e comprensiva. Decisamente quella notizia la rallegrò, ma dopo qualche secondo di sarcasmo e perfidia cercò di darsi un contegno, dal momento che l’espressione di Ralph denotava una poca predisposizione allo scherzo su quel preciso argomento. «OH! Ehm… mi dispiace?! … Ok, no, è che mi viene da ridere e non so bene cosa dire» era più forte di lei, non riusciva a togliersi quel sorrisetto divertito dalla faccia, ma allo stesso tempo si sentiva tremendamente in colpa perché il fastidio del Grifondoro lo si poteva affettare. Ma cosa ci trovava, poi, di così divertente? L’idea che l’amico fosse stato preso terribilmente in giro per così tanto tempo (e in un certo senso questo avrebbe dovuto infastidirla visto quanto teneva a lui)? Oppure dietro quei sorrisi si nascondeva un’inconsapevole gioia dovuta al fatto che Ralph non fosse stato sinceramente attratto e innamorato di quella ragazza? Avrebbe sicuramente riflettuto a riguardo in maniera approfondita nei giorni e mesi seguenti. «Scusami. Sai che sono una stronza, ma sto provando a migliorare» stavolta gli rivolse un sorriso di sincero dispiacere, sperando di addolcirlo un pochino dopo avergli quasi riso in faccia in modo sicuramente poco delicato. «Deduco che abbiate rotto. Come l’hai scoperto?» non voleva troppo ficcanasare, e se fosse successo un paio di anni prima forse avrebbe accolto l’informazione con un semplice “ne troverai un’altra da scoparti”, ma Corinne stava davvero provando a cambiare. Aveva sempre preferito essere discreta e riservata, anche con le persone a lei più vicine, ma dopo tutto ciò che era successo forse aveva finalmente capito che in certe circostanze, e soprattutto con le persone a cui si vuole bene, è meglio essere indiscreti e dimostrarsi interessati. E a lei interessava di Ralph. «Oppure puoi invitarmi a continuare la conversazione da qualche altra parte al caldo, o sei preoccupato che la tua ex mezza veela ci veda insieme?» rispose così alla provocazione sul morire congelata. Classico stile Miller: chiedere qualcosa senza chiederla davvero. Voleva passare del tempo insieme al suo grifo preferito, le mancava farlo e voleva farsi snocciolare da lui ogni singolo motivo per cui era visibilmente così affranto, ma dirglielo in maniera esplicita era per Corinne qualcosa di assurdamente complesso. Aspettò quindi che lui le desse una risposta, dissimulando in maniera impeccabile la speranza ed il desiderio che si accesero nei suoi occhi. «Ed io potevo esserci. Ma non c’ero. È inutile ragionare con ciò che poteva essere fatto» fece spallucce, mordicchiandosi l’interno della guancia. Lo sguardo si oscurava quasi istantaneamente quando si tornava su quel tema. «Non devi sentirti in colpa per me… per quella sera…» non avevano mai più parlato apertamente dello scontro che avevano avuto, erano stati reciprocamente feroci, ruvidi e allo stesso tempo empatici e delicati. La verità era che la Corvonero provava un certo imbarazzo nei suoi confronti per via di quel litigio, sapeva di averlo in qualche modo sconcertato con la sua manifestazione di fragilità. «Lo capisco, davvero» le venne un nodo alla gola nel sentirlo parlare. Per qualche ragione iniziò a provare un senso di ansia, di disorientamento, di paura. Come se avesse appena visto con i propri occhi qualcuno tentare il suicidio. Non le era difficile empatizzare con Ralph, indovinare i pensieri e le emozioni che avesse provato. D’altronde aveva visto morire sua sorella davanti a sé, e certe sensazioni non le si scrollano mai di dosso, al massimo restano assopite per un po’ aspettando di essere risvegliate. «Cosa pretendi di capire? È una ragazza, e devi riconoscere che non sei un esperto della categoria. In più è un’adolescente. Non è il tuo campo, Finnick» gli diede un buffetto sul braccio, tentando di sdrammatizzare. Le proprie stesse parole ebbero l’effetto di infliggerle un dolore inaspettato. Sapeva che invece quello era il suo di “campo”. Tra lei e la grifa c’era sempre stata una connessione particolare, e Corinne era sempre riuscita a capire ed interpretare lo stato d’animo ed i pensieri dell’altra. Era inevitabile portare i propri pensieri nel mondo dei se e dei ma. Se non se ne fosse andata via da Hogwarts, se le fosse rimasta accanto forse avrebbe intuito tutto, forse avrebbe potuto fermarla… «Parli delle occhiaie? O dell’irascibilità più spiccata del normale?» fece dell’autoironia, pensando a quanto potesse apparire brutta e pazza in quel periodo. «E’ per tutto. Sicuramente per lei principalmente, ma sai, credo che non fossi completamente apposto nemmeno prima, non credi?» gli rivolse un sorriso furbo, sicura di non dovergli ricordare le proprie eccentricità. «E tu? È solo per la fidanzatina? Perché o era l’amore della tua vita, oppure la rottura non giustifica quell’espressione mezza cane bastonato e mezza “sono un maledetto lasciatemi in pace”» lo stuzzicò un pochino, toccando volontariamente i suoi nervi scoperti per farlo scattare.
  11. .
    Alla timida domanda dell’amica, la Miller rispose con un’occhiata che suggeriva un “devi anche chiederlo?”. Tante cose potevano esser detta malignamente sul conto di Corinne, ma non che non fosse discreta. Lei stessa nascondeva così tanti segreti, che tenere la bocca chiusa su fatti che non le riguardavano non le costava alcuno sforzo. La confessione di Karen provocò comunque un breve vuoto allo stomaco della Corvonero, di quelli che si provano sulle montagne russe. Le aveva posto la domanda sapendo già la risposta, eppure le parole della rossa in qualche modo la sorpresero. «Ralph ti vuole bene, non credo si allontanerebbe per questa cosa. Ad ogni modo concordo sul fatto che non abbia alcun senso dirglielo, perché rischiare?!» un suggerimento forse un po’ vigliacco, ma d’altronde non era lei la Grifondoro tra le due, ed il coraggio non era tra le qualità di spicco della Miller. Certo, una buona amica dispensa i migliori consigli a prescindere da ciò che farebbe personalmente, ma sarebbe stato da vera ipocrita indurle una confessione quando lei era la prima a tenere i sentimenti per sé. «Non vi parlate come prima per via di quella sciacquetta?» insinuò, e di lì a poco arrivarono le opinioni spietate di una Grifondoro altrettanto spietata. Corinne ascoltò le parole dell’amica con vivido interesse, soprattutto perché se era stata proprio Karen a vederci tanto marcio, che tendenzialmente era una ragazzina socievole e gentile con tutti seppur vivace, poteva star certa che avesse ragione. La Miller si fidava moltissimo dell’opinione della rossa, aveva sempre apprezzato il suo modo vispo di curiosare, indagare ed infine trarre le proprie conclusioni fidandosi del proprio istinto. «E’ la classica finta santarellina, ma fidati, quelle così sono le peggiori in tutti i sensi. Sarò stronza e superficiale, ma se conosco quel testa di cazzo scommetto che sta insieme a lei solo per le tette» rispose dando quindi ragione alla grifa, con un tono velatamente infastidito dall’argomento. In parte sperava fosse così, vale a dire che Finnick stesse con la Tassorosso unicamente per l’aspetto estetico, quantomeno poteva escludere l’ipotesi che fosse talmente deficiente da trovare interessante una tipa del genere. Non la conosceva affatto, eppure si era fatta un’idea precisa di lei e di quella relazione, e difficilmente qualcuno sarebbe stato in grado di smuoverla da quella posizione. «Stai scherzando? È davvero così pazza ed insicura? E quell’idiota di Finnick sta ancora insieme a lei dopo questa cosa?» sbottò, indispettita da quella narrazione. Non che lei fosse in grado di dispensare consigli su partner o relazioni amorose, ma l’idea che il suo amico stesse con una così la mandava in bestia. Venne a galla il ricordo del loro primo incontro dopo il suo ritorno ad Hogwarts, quando al campo di Quidditch l’aveva visti baciarsi per la prima volta. Decise in quel momento che avrebbe dovuto fare qualcosa a tal proposito, dopotutto era uno dei suoi amici più cari, non poteva lasciare che si facesse abbindolare in quel modo. Credette che la gelosia che le stava montando dentro fosse in qualche modo protezione o senso del dovere in nome dell’amicizia. «E quattordici sono comunque ancora troppo pochi per ubriacarsi, soprattutto se pesi 20 kg e sei alta un metro e una bacchetta spezzata!» sottolineò, con fare comunque dolce e non accusatorio come voleva far credere. Tuttavia poteva aprirsi un’epoca in cui magari avrebbero potuto iniziare ad andare a bere qualcosa assieme, così che potesse monitorare il suo grado di resistenza con i propri occhi e quindi darle una regolata aggiustando il tiro. «Karen… non devi iniziare a bere per conciliare il sonno… è sbagliato e lo sai, non ti porterà a niente di buono» rimase spiazzata da quelle parole. Lo stomaco improvvisamente si contrasse provocandole un senso di nausea. Per un attimo fu come vedere sé stessa qualche anno addietro, si sentì mancare l’aria ed istintivamente si mise una mano al petto per controllare che quello continuasse ad alzarsi ed abbassarsi regolarmente. «Questa cosa non va bene. Non esiste. Non la devi fare più.» le disse in tono fermo non appena ebbe ripreso fiato, guardandola intensamente negli occhi con la massima serietà. «E non te lo dico tanto per, te lo dico perché ci sono passata prima di te. E a te non deve succedere, no, a te no, tu non farai quello che ho fatto io» continuava a guardarla con fermezza mista a disperazione, si sentiva come in un brutto incubo dal quale sperava di svegliarsi presto. Ogni sorta di brutto pensiero associabile a Karen e a quello che le sarebbe potuto accadere se avesse preso le sue orme le comparve davanti agli occhi offuscandole la vista. «Se non riesci a dormire vieni da me, ti ospiterò io in camera o andremo a farci un giro da qualche parte. Qualsiasi cosa, basta che mi prometti che non inizierai ad immischiarti con questa merda» voleva che in quell’istante le giurasse che non lo avrebbe mai più fatto, che non sarebbe mai più ricorsa a tali metodi per riposare, o per scacciare i pensieri o per qualsiasi altra cosa che non fosse divertirsi con gli amici. Ed improvvisamente le piovvero addosso anche tutti i sensi di colpa per essere stata assente, che dal loro incontro in quella stanza si erano condensati in nuvole grigie e pesanti pronte a scatenare un diluvio. L’abbraccio che ebbero dopo fu pregno di affetto e di frustrazione. Le voleva un bene dell’anima, eppure con lei aveva sempre sbagliato e continuava imperterrita a commettere errori. Entrambe stavano piangendo silenziosamente ed altrettanto silenziosamente stavano curandosi le ferite a vicenda. «Non sapevo lo odiassi» fu l’unica cosa che riuscì a dirle mentre ancora erano strette in un abbraccio, tra i più belli che si fossero mai dati in tutti quegli anni. Ascoltò la voce di Karen come si ascolta una dolce melodia, attenta a non perdersi alcun dettaglio della voce e del viso, sapeva quanto l’espressività fosse fondamentale nel capire l’amica, sempre così limpida anche nel manifestare le emozioni. La Miller rimase quasi a bocca spalancata quando le sentì dire che si era fidanzata. «Di quanto più grande?» ci tenne a sapere come informazione preliminare, prima di partire con il farle il terzo grado. Il suo istinto da sorella maggiore uscì fuori ma in maniera più pacata del previsto, Corinne guardò gli occhi trasognanti della rossa e intuì subito che fosse davvero molto felice nella sua relazione. Karen era diventata bellissima, per questo non era affatto sorpresa dalla notizia che avesse un fidanzato, non aveva dubbi sul fatto che ci fossero tanti ragazzi a ronzarle intorno. «E chi è questo principe azzurro che per forza di cose ti ama e per forza di cose ti tratta da regina altrimenti rischia di crepare male?» chiese tutto d’un fiato con fare ironico e serio insieme. L’avrebbe stalkerizzato ed esaminato per bene, per capire se fosse davvero all’altezza della sua Karen. Dopo la brutta esperienza con Stefan, e le brutte disavventure della vita, la Grifondoro meritava un po’ di serenità con un ragazzo che la facesse divertire e stare bene. «Anche a me scoiattola… mi sei mancata così tanto. Vorrei tornare ad essere per te un punto di riferimento, ma so che dovrò ancora faticare per riacquistare la tua fiducia, non mi illudo. Ma sono disposta a mettercela tutta, devi credermi» le disse dolcemente, sperando che quell’incontro potesse sancire un nuovo inizio nel loro rapporto. Aveva ancora tante cose da domandarle, ma allo stesso tempo serbava una paura tremenda di rovinare quella dolce riconciliazione che sembrava essere avvenuta per volere del fato in quella stanza.
  12. .
    Quello che accadde di seguito alla sua piccola bravata fu assolutamente prevedibile. L’intera classe fu coinvolta in quello che poteva definirsi un picco di noia alla Miller. Ciò che non si aspettava, invece, era che la caposcuola Serpeverde si sfilasse la gonna fumante rimanendo quindi in slip. In parte ne apprezzava il menefreghismo, tante delle altre signorine perbene lì presenti non avrebbero avuto la stessa audacia ed impudenza, dall’altra non potette fare a meno di pensare che quella fosse la mossa più stupida che potesse vedere da parte di un mago armato di bacchetta. «E io spero che tu abbia intenzione di restituire i ciuffi di capelli bruciati a Finnick!» le restituì il rimbecco, dopo averla vista fare un attentato alla chioma del suo Grifondoro. Quella frase fece tremare le budella del ragazzo in questione, che le rivolse uno sguardo terrorizzato al quale Corinne rispose con un Reparo indirizzato al suo didietro. Almeno così non gli si sarebbero viste più le mutande. Nel frattempo il fuoco aveva mangiato via via gran parte delle tende, provocando una nube tossica e costringendo la professoressa ad intervenire. Con passo strascicato e provocatorio uscì dalla classe, ignorando del tutto ciò che la Caposcuola Corvonero le avesse detto. Si avvicinò a Ralph con le mani in tasca ed un fare di nonchalance. «Però! Lezione interessante, non trovi?» gli domandò ironicamente, facendo finta di non essere la causa di tutto quel delirio e soprattutto di non essere guardata male da tre quarti degli studenti. Rientrati in aula, l’odore era quasi peggiore di quello di pochi minuti prima, ma non se ne lamentò. Sapeva che era arrivato il momento dei rimproveri e quant’altro, ma la Miller ci era talmente abituata da ormai cinque anni da esserne del tutto indifferente. Se ne stette ad ascoltare la giovane professoressa a braccia conserte, fin quando non venne interpellata. «Oh non credo proprio» le sorrise in maniera affabile come se avesse appena rifiutato un caffè, per poi continuare. «Se la sua intenzione è quella di punirmi, non vedo il motivo per cui debba accettare la sua proposta di umiliazione, sconterò quello che devo scontare senza mettermi faccia a muro o indossando un cappello da asino. Mi sembra un metodo alquanto antico quello di ridicolizzare gli studenti per i loro errori. Eppure è un’insegnante così giovane…» la guardò sbattendo gli occhioni con fare volutamente irritante. Ormai si era già cacciata nei guai, tanto valeva averlo fatto per un qualcosa di più interessante rispetto ad una tenda bruciacchiata. Per quanto riguardava il tavolo, ci aveva a stento fatto caso tra tutta quella confusione, ma quando sentì O’Connell partire con quella bella invettiva ebbe il sospetto che fosse stato proprio lui, tutto quell’interesse per la giustizia le puzzava. «Sono d’accordo con O’Connell. Io me ne lavo le mani del tavolo, non è nel mio stile fare disastri senza metterci la faccia. Sarò punita per le mie azioni, non per quelle di qualche ragazzino che ha paura di prenderle dal preside» alzò gli angoli della bocca in un sorrisetto sarcastico, voltandosi subito a guardare il Serpeverde per lanciargli uno sguardo eloquente della serie “so cosa hai fatto”. Chiaramente non era sicura fosse lui il colpevole, ma in quel modo stava cercando di capirlo, non perché desiderava incastrarlo ma piuttosto perché le piaceva avere ragione.


    Risposto a Euphemia
    Riparato mutanda di Ralph
    Risposto alla prof
    Interagito con Rick
  13. .
    Alla domanda sul motivo della sua esplosione di rabbia Corinne non seppe con precisione cosa rispondere. Fissò per qualche secondo il vuoto alle spalle del Grifondoro, alzando le scapole come a voler dire che spesso era complesso anche per sé stessa dare spiegazioni ai suoi comportamenti. «E’ un po’ di tempo che odio il genere umano e di conseguenza non voglio essere rotta le palle e non voglio avere niente a che fare con nessuno, tutto qui» un sorrisino furbo provò a farla scagionare dall’inchiesta del moro, che oramai era abituato alle mezze risposte della Miller che volevano significare tutto e niente. Non voleva tenerlo all’oscuro dei suoi pensieri, se il grifo avesse voluto approfondire l’argomento probabilmente avrebbe trovato consenso da parte della ragazza, è che a fregarla era come al solito il coraggio di fare la prima mossa. Avrebbe così tanto desiderato andare da lui nel bel mezzo di una delle sue notti insonni e dirgli “non riesco a dormire, ti va di fare due chiacchiere?”, trascinarlo da qualche parte e alleggerirsi la mente e l’anima sfogandosi con lui. Ma la paura di non essere desiderata, di essere un peso, di essere fastidiosa ed inopportuna la frenava da qualsiasi iniziativa nei suoi confronti. «Come mai?» risposte di rimando senza aspettare più di un secondo. Lo sguardo le si assottigliò nell’attesa di udire dall’amico una risposta che non fosse elusiva o semplicistica. Ci teneva a saperne di più, non perché credeva di avere il dono di alleviarlo dalle sue pene con la sola forza del suo sguardo da cerbiatta, ma piuttosto perché se ci fosse stata anche solo una qualsiasi cosa che avrebbe potuto fare per lui per aiutarlo, lei non ci avrebbe pensato due volte. «Non ti far pregare Finnick, abbiamo già giocato al gioco del silenzio e non ha funzionato» gli sorrise affabilmente, provando a punzecchiarlo un pochino nella speranza di ottenere ciò che voleva. Dopo tutti i danni che aveva recato per via della propria assenza, il minimo che poteva fare era fornire il suo supporto più totale adesso che era lì e poteva aver bisogno di lei. Lo guardava intensamente dritto nelle iridi nocciola, ed era intenzionata a non togliergli gli occhi di dosso fin quando lui non si fosse arreso, e Ralph sapeva bene quanto la Miller sapesse essere insistente. Stranamente apprezzò il gesto di premura che ebbe nei suoi confronti allungandole il mantello, si stupiva sempre quando qualcuno faceva qualcosa di carino per lei senza particolari doppi fini, ma ciò non significava che gli avrebbe dimostrato la propria gratitudine. «Forse il tuo stare troppo a contatto con docili ragazzine ti ha fatto dimenticare che non tutte desideriamo la protezione di un nobile gentiluomo» lo provocò apertamente in un duplice modo, nella sua solita chiave ironica che si spacciava per seria. In primis, sì, la sua era senza dubbio una frecciatina indirizzata alla sua relazione con la Tassorosso che a pelle non le sembrava il tipo di persona con cui sarebbe andata d’accordo, e a tale considerazione si erano aggiunte poi quelle di Karen, che le aveva raccontato qualche episodio che non aveva di certo aiutato la causa. In secondo luogo, amava stuzzicarlo ostentando una finta presa di posizione tipica di una pseudo donna alpha che non ha bisogno di un pene per badare a sé stessa. «E comunque sei proprio un Grifondoro, con questa mossa cavalleresca sei sembrato McCormac!» infilò il dito nella piaga, mettendo su un sorrisino malizioso volto proprio a farsi mandare a fanculo. Quando passarono a parlare della Cavanaugh i toni si fecero più seri, e con quella domanda Corinne non si sarebbe aspettata di certo una confessione come quella che seguì. La cosa che la colpì di più non fu solo la naturalezza con cui Ralph abbozzò delle scuse nei suoi confronti, ma il fatto che non riuscisse realmente a guardarla negli occhi mentre lo faceva. Inevitabilmente si irrigidì, ma al contrario del Grifondoro ci teneva a mantenere vivo quel contatto visivo. «E perché non avresti dovuto?» domandò con tono duro. Scosse la testa e si morse un labbro, sforzando di non mettersi troppo sulla difensiva. «Hai fatto bene a dirmelo. Ammetto che mi ha devastata, non posso di certo negarlo, ma non ti avrei mai perdonato se non me lo avessi detto» disse ammorbidendosi un po’, guardandolo con occhi improvvisamente più comprensivi e meno severi di giusto un attimo prima. Non contava a nulla come si sentisse lei a posteriori dopo averlo saputo, non riusciva ad immaginare come si fosse sentito lui nel durante. Il minimo che poteva fare era prendersi un po’ di quella montagna di merda ed ingoiarla in silenzio. «E comunque tu fai sempre casini, Finnick, non solo ultimamente. Mi dici che cazzo hai?» non voleva mettere il solito muro che innalzava ogni qual volta si parlasse di argomenti più pesanti di una piuma d’oca, ci teneva ad avere una conversazione normale con lui, se così si poteva chiamare, almeno una volta nella vita. «Non lo so, forse non le ha nominate perché non sono abbastanza grandi. Il poeta William Baldballs mi inizia a far dubitare del mio corpo» le serviva una generosa dose di sarcasmo prima di iniziare a parlare di un qualunque argomento in maniera decente, ma d’altronde Ralph sembrava comportarsi allo stesso modo. Da quel punto di vista non erano poi così diversi quei due. «E’ che non è facile. Tra me e lei sta andando meglio, ma continuo ad avere gli incubi per quello che le è successo, o per quello che le sarebbe potuto succedere» ammise, abbassando infine lo sguardo per perdersi tra i suoi pensieri più che per nascondersi dagli occhi del grifo. Anche se lui non poteva saperlo, la Corvonero aveva bisogno di lui in quel momento più che di chiunque altro. Era l’unico che avrebbe potuto capire.
  14. .
    Il Grifondoro fu immediatamente fulminato dallo sguardo della Miller non appena quella gli sentì dire la parola “vecchi”. «Chi è che va pazzo per i vecchi adesso? Questa avrà tipo 35 anni!» passò subito al contrattacco, per qualche ragione infastidita da quel commento leggero. Sicuramente la professoressa non ne dimostrava trentacinque, ma Corinne ci tenne a sminuirla ai suoi occhi. Faceva parte di quell’insieme di comportamenti e pensieri ambigui che aveva nei confronti del Finnick e di cui a stento si rendeva conto, piuttosto preferiva non soffermarcisi a pensare onde evitare il rischio che le esplodesse il cervello. «Se vuoi puoi sempre fare branco con i tuoi concasati, O’Donogh mi sembra pronto ad accoglierti sulle sue ginocchia» gli suggerì sbattendo gli occhioni. Assistette alla sfilza di domande e spiegazioni dei vari compagni, alzando prepotentemente il sopracciglio quando fu il capellone che aveva di fianco a prendere parola. Gli occhi le rotearono compiendo un triplo giro mortale. «Fai sul serio? Guarda che non te la dà neanche se impari il manuale a memoria» commentò acidamente. Quando l’insegnante assegnò agli studenti degli anni superiori la supervisione degli altri quasi non stava per imprecare ad alta voce, ed invece si limitò a farlo nella sua testa. Si trascinò malvolentieri al suo gruppo, priva della benché minima intenzione di socializzare a differenza delle ragazze che le si presentarono come se fosse stato il primo giorno di asilo. «Corinne Miller» rispose secca ad entrambe, senza sforzarsi di simulare dell’interesse. Aspettò che la Tassorosso svolgesse il suo esercizio, buttando un occhio sul resto della classe per osservare cosa stesse succedendo, constatando che in effetti non accadeva proprio niente. «Senti, facciamo così: la prof ha detto che dovete fare i pompieri, giusto?» chiese retoricamente alla concasata, dandole poi le spalle per iniziare la sua esercitazione. «Incendio» puntò la bacchetta verso la tenda che immediatamente prese fuoco e iniziò a fumare, inondando le narici dell’intera classe con la puzza di bruciato. «Scusami, ho proprio una pessima mira» alzò le spallucce verso la Corvonero. Non ce l’aveva con lei, ne con nessuno in particolare. Semplicemente si stava annoiando e non c’era modo migliore che iniziare l’anno scolastico con una bella lezione movimentata. Si guardò intorno senza realmente sapere cosa o chi cercare, e nel mirino ci finì la gonna della Caposcuola Serpeverde, roba che se avesse puntato un centimetro più in basso le avrebbe depilato una gamba. «Perdonami cara, è che odio le gonne troppo lunghe» le disse quando quella si girò nella sua direzione. Non ci provava neanche a fingersi dispiaciuta o a simulare un incidente, ostentava la sua bella faccia tosta con una nonchalance invidiabile. «Bello questo, se lo rifai addosso a quel Grifondoro ti do 5 galeoni» disse alla Tassorosso che aveva di fianco quando quella provocò un mezzo fuoco d’artificio, indicandole Ralph come papabile preda. Sapeva non avrebbe accettato, ma tentar non nuoceva – o almeno, a lei non nuoceva; a Ralph forse si –.


    Interagito con Ralph, Feyre, Teresa, Euphemia
    - dato fuoco alla tenda
    - dato fuoco alla gonna di Euphemia
  15. .
    Un’alzata di sopracciglia accompagnò l’espressione incredula che si dipinse sul volto della Corvonero. Non tanto per quello che la rossa disse, ma piuttosto per la spavalderia con cui lo fece. Una parte di lei si disse fiera della ormai non più ragazzina che aveva davanti, l’altra parte invece ne era terrorizzata. Ricordò con nostalgia dei tempi in cui la piccola grifa le chiedeva consiglio su come sedurre il suo fortunatamente ex fidanzato, all’epoca Corinne rappresentava per lei un vero guru degli uomini e questo chiaramente era motivo di lusinga per la mora. Probabilmente i loro ruoli avevano subito un processo di inversione, a giudicare dall’ultima volta che la Corvonero “aveva dormito” nel letto di un ragazzo forse avrebbe dovuto chiedere consiglio all’amica. «Acqua passata. Quindi stai ammettendo che hai avuto una cotta per lui?» continuò a torturarla, non avrebbe avuto pace fin quando non lo avrebbe confessato apertamente. Non glielo disse, ma pensò fosse stato un bene che lui non provasse interesse nei suoi confronti, l’idea di loro due occupati a scambiarsi baci salivosi le faceva venire l’orticaria oltre che il voltastomaco. «Gusti di merda dici… la biondina non ti va a genio? È successo qualcosa?» indagò, facendosi più seria nei toni. Non la conosceva affatto, ma a pelle la fidanzata di Ralph non le suscitava simpatia, il che voleva dire tutto e niente dal momento che non le piaceva mai nessuna persona. «Fa la stronza con Ralph? Le dobbiamo spaccare la faccia?» disse con un tono scherzoso che mascherava un velo di sincerità. Era sparita per diverso tempo dalle loro vite, ma questo non significava che non fosse interessata a ciò che gli succedeva. Se avesse scoperto che Ralph veniva trattato male dalla prima Tassorosso che passava non si sarebbe fatta alcun problema nel renderle la vita un inferno. Come al solito Corinne si sentiva l’unica in diritto di poter fare determinate cose, e prendere per il culo Finnick rientrava tra queste. «Alzato il che? Ma tu non hai tipo tredici anni? Chi è che ti fa bere incendiario?» la stuzzicò un altro po’, aspettando di veder comparire il rossore sul suo viso. Ricordava bene quanti anni avesse, e anche se quando aveva la sua stessa età aveva fatto cose ben peggiori di prendersi una sbronza, non le piaceva affatto l’idea di saperla ad ubriacarsi in giro, non le piaceva l’idea che potesse in qualche modo essere simile a lei. «Ehi tigre rilassati, non facevo mica sul serio. Cioè, mi dispiace per le povere palle di Sbirro, ma posso immaginare le rotture di coglioni - letteralmente - che ci sono state» tentò di rassicurarla vedendola così agitata a riguardo. Era evidente ci fossero stati svariati problemi su quella storia, e l’ultima cosa che le interessava fare in quel momento era discutere con lei per il coniglio, considerando che avevano argomenti ben più importanti da trattare. Corinne non era ancora riuscita a trovare il coraggio necessario per aprire il discorso e porgerle le domande che tanto la angosciavano da settimane. Stava andando così bene e aveva paura di rovinare tutto, preferiva per il momento godere di quel tempo con lei. A spezzare la magia ci pensò però lei chiedendole di Cris. Le conclusioni a cui Karen era arrivata erano corrette, e per questo motivo fu estremamente difficile per Corinne reggere il suo sguardo. «Sei cresciuta così tanto in così poco tempo» le sorrise dolcemente, con gli occhi che le brillavano inumiditi dalle lacrime che minacciavano di scendere. Con dignità mantenne una postura composta e la testa alta, nonostante si trattasse di Karen non le piaceva mai mostrarsi fragile. La Grifondoro era maturata non solo nell’aspetto ma anche nella mente, era arrivata a delle conclusioni a dir poco precise senza avere neanche così tante informazioni. «Si è così, era lui» affermò, guardando dritta davanti a sé. Il ricordo di Ruben le faceva ancora tremare il cuore, la rabbia che provava per quello che le aveva fatto non sarebbe mai andata via. «Lo so, sono un’idiota. Ci sei arrivata tu che l’hai conosciuto poco e non ci sono arrivata io che ci trascorrevo intere giornate insieme» se non era mai riuscita a perdonare Cris per ciò che aveva fatto, allo stesso modo non riusciva a perdonare sé stessa per essersi fatta raggirare. Lei che si era sempre creduta una spanna sopra tutti era stata ingannata nel più ridicolo dei modi. «È inutile dirti cose che già sai. All’epoca mi ero presa una bella sbandata per Ruben, o Cris o come cazzo si faceva chiamare. È stata la prima ed unica che abbia mai preso» le confessò, sentendosi insicura e fragile come una qualsiasi adolescente in crisi. Ricordava quei giorni ancora con estrema frustrazione, ed era certa che se l’avesse rincontrato avrebbe provato per lui lo stesso rancore di quando lo aveva visto per l’ultima volta. «Quando mi ha detto la verità sono impazzita, puoi immaginarlo… poi si è incasinato tutto ancora di più… anche lui si era innamorato di me, ma io non riuscivo a fidarmi di lui. Non volevo averci più niente a che fare, ma più lo respingevo e lui più provava a rimediare. Non riuscivo a staccarmi da lui. Anche se lo odiavo, anche se lo allontanavo… ne ero in qualche modo ossessionata. È stato un periodo di merda» quasi non credeva al fatto di starne parlando ad alta voce. Non era entrata nel dettaglio degli eventi, parlarne le procurava comunque molto dolore, ma aveva fornito alla Grifondoro un quadro approssimativo di come erano andate le cose. Alzò la testa verso il soffitto, nel tentativo di far tornare le lacrime da dove erano venute. Si domandò come mai nonostante gli anni quel ricordo le bruciasse così tanto. Il suo problema più grande era che non riusciva a dimenticare, né tantomeno a perdonare. «Non avrebbe avuto senso chiedermelo prima, non ne avrei parlato e lo sai bene. È strano anche che lo stia facendo adesso. All’epoca era ancora troppo fresca» non voleva che l’amica si sentisse in qualche modo in colpa, Karen era soltanto una ragazzina quando lei soffriva per il professore di difesa contro le arti oscure, non poteva rendersi conto di ciò che stesse succedendo. -ti saresti sentita meno sola… e forse avresti avuto un motivo per restare.- con quelle parole, prima che potesse rendersene conto Corinne si buttò tra le braccia dell’amica. Ne aveva un bisogno smodato, e dopo averlo fatto si sentì sciogliere pian piano. «Mi sei mancata così tanto» strinse la mascella. Dopo tanti mesi per la prima volta non si sentì più sola. Non ricordava più cosa significasse abbracciare qualcuno, sentirne il calore, il rumore del battito, la velocità del respiro. Corinne era sempre sola, da tempo non aveva una famiglia né amici, soltanto molte persone che le giravano intorno per un motivo o per un altro. Era sempre completamente sola. «Per oggi basta parlare di me. Voglio sapere di te. Devi dirmi come stai, e devi essere sincera come lo sono stata io» le disse in un tono che suonava metà come un ordine e metà come supplica. La guardò piena di speranze, con l’aspettativa di vedere i suoi sforzi nell’aprirsi essere ripagati.
68 replies since 26/3/2020
.
Top